Sentenza del 29. Novembre 2005, n. 409; Pres. Demattio, Est. Mosna
In tema di valutazione del costo del lavoro per l'esecuzione di prestazioni di servizi, la stazione appaltante – in sede di verifica delle offerte anomale – è vincolata dalle disposizioni che provengono non solo da una fonte normativa, ma anche da tutte quelle determinazioni cui l'ordinamento attribuisce carattere imperativo, ed in tale contesto vanno annoverati anche i minimi retributivi fissati dai contratti collettivi di lavoro, la cui inderogabilità è sancita da disposizioni normative: ciò in conformità di quanto disposto dall'art. 25 del D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 157, recante l'attuazione della direttiva 92/50/CEE sugli appalti pubblici di servizi.
Nel caso in cui l'offerta di un'impresa partecipante ad una gara contenga un costo orario di lavoro inferiore a quello previsto dalla normativa vigente, le giustificazioni relative ad elementi contrastanti con valori minimi fissati da norme cogenti non possono essere prese in considerazione, in quanto precluse dal secondo comma dell'art. 25 del D.Lgs. n. 157/1995, con la conseguenza che l'offerta va inevitabilmente dichiarata inammissibile dall'autorità di gara, non disponendo l'amministrazione di alcun potere discrezionale al riguardo. Un tanto assume particolare rilievo nel settore degli appalti aventi ad oggetto servizi di pulizia, attesa la preponderante incidenza del costo del lavoro. Così (come nella fattispecie) la previsione della durata delle prestazioni inferiore a quella prescritta nel capitolato costituisce una intollerabile lesione delle condizioni della lex specialis, che comporta l'esclusione dell'offerente dalla gara.
Poiché l'aggiudicazione provvisoria di un appalto non è suscettibile di creare posizioni giuridiche qualificate ma solo una mera aspettativa alla conclusione del procedimento, l'amministrazione non è tenuta a dare comunicazione dell'avvio del procedimento volto ad adottare un provvedimento di annullamento o di revoca dell'aggiudicazione provvisoria già disposta, tanto più se questa viene subordinata alla positiva verifica dei chiarimenti e delle giustificazioni richieste in ordine all'attendibilità dell'offerta.
L'art. 30 della direttiva 93/37/CEE non stabilisce alcun limite quantitativo minimo all'ambito della verifica dell'anomalia delle offerte, rimettendo la relativa regolamentazione alla discrezionalità dei legislatori nazionali. In proposito, la Corte di giustizia del Lussemburgo, nella sentenza in data 27 novembre 2001, ha ritenuto che le giustificazioni debbano essere richieste sui punti precisi che abbiano suscitato perplessità da parte dell'amministrazione, venendo quindi ad escludere implicitamente la necessità che l'indagine si estenda a tutte le componenti dell'offerta, in quanto la verifica in contraddittorio deve vertere solo sulle questioni dubbie emerse nel corso dell'esame della proposta economica.
In caso di anomalia delle offerte – considerato che l'interesse primario dell'amministrazione è quello di evitare il rischio che offerte eccessivamente basse possano arrecare gravi danni nel caso di carente e intempestiva esecuzione delle prestazioni da parte dell'offerente – va anche tenuto presente che i proponenti di offerte del genere possono bensì vincere, attraverso la procedura di verifica, la presunzione di poca serietà, restando però logicamente a loro esclusivo carico l'onere della prova in ordine alla affidabilità e serietà dell'offerta. Conseguentemente, la prova dell'affidabilità dell'offerta deve essere particolarmente rigorosa, come rigorosa dev'essere la valutazione delle giustificazioni da parte dell'amministrazione.