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Costituzione della Repubblica italiana
Statuto di autonomia e norme di attuazione
Legge statale o legge costituzionale
Decreto del Presidente della Provincia / della Giunta provinciale
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In vigore al: 18/08/2017
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Sentenze della Corte costituzionale
2000
Corte costituzionale - Sentenza N. 477 del 08.11.2000
Corte costituzionale - Sentenza N. 477 del 08.11.2000
Riordinamento delle Camere di commercio - Mancato adeguamento della legislazione regionale
Attendere, processo in corso!
Sentenza (25 ottobre) 8 novembre 2000 n. 477; Pres. Mirabelli - Red. Zagrebelsky
Ritenuto in fatto:
1. Con ricorso notificato l'8 ottobre 1994 e depositato il 15 ottobre 1994, il Presidente del Consiglio legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), questione di legittimità costituzionale di molteplici disposizioni della legislazione della Regione Trentino-Alto Adige in materia di camere di commercio.
In particolare, gli artt. 1, 3, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 15, 16, 19, 21, 22, 25, 27, 29, della legge regionale 9 agosto 1982, n. 7 (Ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura di Trento e di Bolzano), gli artt. 1 e 2 della legge regionale 9 novembre 1983, n. 14 (Modifiche alla legge regionale 9 agosto 1982, n. 7 «Ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura di Trento e di Bolzano»), che modificano marginalmente gli artt. 7 e 11 della precedente legge regionale, gli artt. 3, 4. 6. 8 e 9 della legge regionale 17 ottobre 1988, n. 22 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 9 agosto 1982. n. 7, modificata dalla legge regionale 9 novembre 1983. n. 14. sull'ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano), che sostituiscono, rispettivamente, gli artt. 8, 9, 15, 25 e 27 della legge regionale n. 7 del 1982, sono censurati per violazione dell'art. 4, numero 8), dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), non essendo stati adeguati nei termini prescritti ai principi introdotti in materia di camere di commercio dalla legge 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura). L'impugnativa è poi estesa agli artt. 1, 6, 11 della legge regionale 22 maggio 1980, n. 8 (Norme sullo slato giuridico e sul trattamento economico del personale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano), all'art. 4 della legge regionale 27 novembre 1983, n. 18 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 22 maggio 1980, n. 8, contenente «Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano»), agli artt. 2, 5, 7 della legge regionale 18 giugno 1987, n. 8 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 22 maggio 1980, n. 8 e alla legge regionale 27 novembre 1983, n. 18, recanti norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano), tutti in materia di stato giuridico del personale delle camere di commercio, in quanto non adeguati ai principi recati dalla legge 23 ottobre 1992. n. 421 (Delega al governo per la razionalizzazione e la revisione delle disciplina in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale) e dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), richiamati dall'art. 19 della legge n. 580 del 1993.
Secondo il ricorrente le disposizioni statali che definiscono la struttura delle camere di commercio, ne precisano le funzioni, ne fissano la composizione e il funzionamento, disciplinano il personale, vanno considerate come norme fondamentali di riforma economico-sociale, cui anche le regioni a statuto speciale debbono conformarsi, in quanto le camere stesse, per le funzioni e i poteri riconosciuti loro dall'ordinamento (e in particolare quelli di tenere il registro delle imprese, di costituirsi parte civile nei giudizi relativi ai delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, di promuovere azioni per la repressione della concorrenza sleale) costituiscono strumenti di primario rilievo pubblico. La normativa dettata dalla Regione Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento delle camere di commercio non risulterebbe essere stata adeguata ai nuovi principi, secondo quanto disposto dall'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992.
In particolare vengono avanzate le seguenti censure:
a) l'art. 1 della legge regionale n. 7 del 1982, definendo le camere di commercio «enti locali non territoriali, di diritto pubblico» contrasterebbe con il principio desumibile dall'art. 1, comma 1, della legge n. 580 del 1993, che le qualifica «enti autonomi di diritto pubblico». mentre il successivo art. 3 della legge statale attribuisce loro potestà statutaria, non contemplata invece dalla legislazione regionale;
b) l'art. 3 della medesima legge regionale contrasterebbe con l'art. 2, commi 3 e 4, della legge n. 580 del 1993, in quanto non prevede, tra le attribuzioni delle camere di commercio, la possibilità di realizzare interventi a favore delle imprese, partecipando agli accordi di programma di cui all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, né la possibilità di predisporre e promuovere contratti tra imprese, loro associazioni e associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti, né quella di promuovere forme di controllo sulla presenza di clausole inique nei contratti e di esercitare l'azione per la repressione della concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2601 cod. civ.;
c) l'art. 6 della medesima legge regionale, nello stabilire il numero dei componenti del consiglio delle camere di commercio (quarantacinque), e la sua composizione (quattro quinti in rappresentanza degli imprenditori e un quinto in rappresentanza dei liberi professionisti), contrasterebbe con i principi di cui all'art. 10 della legge n. 580 dei 1993, che fissa il criterio di proporzionalità tra il numero dei componenti il consiglio e il numero delle imprese iscritte nel registro, nonché il particolare principio di ripartizione dei consiglieri secondo le caratteristiche economiche delle circoscrizioni e di rappresentatività di determinali settori e tipi di impresa, prevedendo, inoltre, la rappresentanza in seno al consiglio delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle associazioni di tutela dei consumatori;
d) di conseguenza, anche l'art. 7 della medesima legge regionale n. 7 del 1982, che prevede che le designazioni per la nomina dei componenti il consiglio siano effettuate dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative nell'ambito delle province nonché dagli ordini professionali, contrasterebbe con i principi di cui all'art. 12 della legge n. 580 del 1993, secondo il quale tali designazioni devono essere effettuate da parte delle organizzazioni rappresentative delle imprese appartenenti agli specifici settori di cui all'art. 10, comma 2 rispettando, per ciascuno di tali settori, il criterio di proporzionalità della loro rappresentatività in ambito provinciale nonché delle organizzazioni sindacali e delle associazioni di tutela dei consumatori;
e) l'art. 3 della legge regionale n. 22 del 1988, che sostituisce l'art. 8 della legge regionale n. 7 del 1982, stabilendo i requisiti per la nomina a membro del consiglio fisserebbe condizioni soggettive più restrittive e comunque diverse da quelle enunciate nell'art 13, comma 1. della legge n. 580 del 1993;
f) l'art. 9 [recte. 4] della legge n. 22 del 1988, che sostituisce l'art. 9 della legge regionale n. 7 del 1982, concernente le cause di ineleggibilità e di incompatibilità con la carica di membro del consiglio camerale, non sarebbe coerente con i principi di cui all'art. 13, comma 2, della legge n. 580 del 1993 che, alle lettere a), b), d) e), e f), enuncia un numero assai più vasto di cause ostative alla carica di consigliere;
g) conseguentemente, anche l'art. 6 della legge regionale n. 22 del 1988, che sostituisce l'art. 15 della legge regionale n. 7 del 1982, riguardante le cause di decadenza degli organi camerali non sarebbe in linea con l'art. 13, comma 3. della citata legge statale, recando un'elencazione diversa dei motivi ostativi alla prosecuzione della carica e non contemplando quale causa di decadenza la sopravvenienza delle situazioni di cui alle lettere d), e), e f) dell'art. 13, comma 2; il medesimo art. 6 non prevede inoltre la possibilità di opzione per una delle cariche qualora sopravvengano le situazioni di cui alle lettere a), h) e c) dell'art. 13, comma 2, della legge n. 580 del 1993;
h) l'art. 10 della legge regionale n. 7 del 1982, che individua i compiti del consiglio, detterebbe una disciplina che non è in linea con quanto disposto dall'art. 11 della legge n. 580 del 1993, in quanto non prevede alcuni compiti che la norma statale attribuisce al consiglio, quali la predisposizione e deliberazione dello statuto e delle relative modifiche, e la determinazione degli emolumenti per i componenti degli organi delle camere di commercio;
i) l'art. 11 della medesima legge regionale, concernente la composizione e i compiti della giunta, contrasterebbe poi con i principi di cui all'art. 14 della citata legge statale. Infatti: il comma 1 dell'art. 11 disciplinerebbe la composizione, il numero e la modalità di elezione dei componenti della giunta in maniera difforme da quanto previsto nei commi 1 e 2 dell'art. 14 della legge n. 580; il comma 3 dell'art. 11 disciplinerebbe la nomina del vicepresidente in modo contrastante con quanto è stabilito dall'ari. 14, comma 3;
l) l'art. 12 e l'art. 16, comma 2, lettera b), della medesima legge regionale, riguardanti l'elezione e la durata in carica del presidente, non sarebbero conformi all'art. 16, comma 1, della legge n. 580 del 1993;
m) l'art. 13 della medesima legge regionale, relativo alla nomina e ai compiti del collegio dei revisori dei conti, non sarebbe coerente con i principi di cui all'art. 17 della legge n. 580 del 1993 sotto più profili: sia per ciò che attiene all'individuazione dei soggetti deputati alla designazione dei membri, sia per ciò che riguarda i requisiti che devono avere i membri effettivi e i supplenti, sia per ciò che concerne la nomina del presidente, le funzioni di controllo (che la legge statale prevede più penetranti), nonché le connesse responsabilità;
n) l'art. 16 della medesima legge regionale prevede modalità di adozione delle deliberazioni camerali che non sarebbero conformi ai principi stabiliti dall'art. 15 della legge n. 580 del 1993;
o) l'art. 19 della medesima legge regionale non sarebbe in linea con l'art. 18 della legge statale in quanto non prevede la nuova forma di finanziamento che tra l'altro, indica anche criteri per la determinazione del diritto annuale;
p) l'art, 21 della legge regionale n. 7 del 1982 e l'art. 11 della legge regionale n. 8 del 1980, riguardanti rispettivamente i compiti e la qualifica di segretario generale, non sarebbero conformi ai principi di cui all'art. 20 della legge n. 580 del 1993, che, (tra l'altro, al comma 2, disciplina la modalità per le nomine e i requisiti necessari per ricoprile tale carica;
q) l'art. 22 della legge regionale n. 7 del 1982, attinente alle unioni regionali, non sarebbe in linea con l'art. 6 della legge n. 580 del 1993, laddove non prevede la maggioranza dei due terzi dei componenti per la delibera dello statuto disciplinare dell'attività dell'unione regionale;
r) gli artt. 8 e 9 della legge regionale n. 22 del 1988, che sostituiscono rispettivamente gli artt. 25 e 27 della legge regionale n. 7 del 1982, concernenti l'indicazione delle deliberazioni camerali soggette ad approvazione e controllo, contrasterebbero con la legge n. 580 del 1993 in quanto non contemplano tra tali delibere quella indicata nel comma 2 dell'art. 4 di tale legge, relativa alla costituzione di aziende speciali, e inoltre prevedono una procedura di controllo difforme da quella stabilita nell'art. 4, commi 5 e 6;
s) l'art. 29 della legge regionale n. 7 del 1982 non sarebbe conforme ai principi di cui all'ari. 5 della legge n. 580 del 1993, in quanto tra i casi di scioglimento del consiglio non prevede quello relativo alla mancata approvazione nei termini del bilancio preventivo e del conto consuntivo [comma 1, lettera c)] e quello relativo alla mancata elezione del presidente (comma 1, lettera d)];
t) l'art. 1 della legge regionale 22 maggio 1980, n. 8. come modificato dalla legge regionale 27 novembre 1983, n. 18 e dalla legge regionale n. 8 del 1987, contrasterebbe con i principi di cui all'art. 19 della legge n. 580 del 1993. che prevede l'applicazione al personale delle camere di commercio delle disposizioni della legge n. 421 del 1992 e del decreto legislativo n. 29 del 1993: la legislazione regionale, infatti, opera un rinvio alla normativa in vigore relativa al personale della Regione Trentino-Alto Adige, che non risulta essere stata adeguata ai principi generali del decreto legislativo n. 29 del 1993 e successive modifiche;
u) in particolare, sarebbe da censurare l'art. 5 della legge regionale n. 8 dei 1987, che sostituisce l'art. 6 della legge regionale n. 8 del 1980, il quale prevede la presenza di organi rappresentativi del personale in seno al consiglio per l'organizzazione e il personale, in contrasto con quanto disposto dall'art. 48 del decreto legislativo n. 29 del 1993; così anche l'art. 7 della stessa legge regionale, che sostituisce l'art. 4 della legge regionale n. 8 del 1980 [recte: n. 18 del 1983], e che rimanda all'art. 20 della legge regionale n. 7 del 1982 per la disciplina delle procedure concorsuali, sarebbe illegittimo in quanto fa riferimento a una normativa in contrasto con il decreto legislativo n. 29 del 1993, il quale esclude che possa far parte delle commissioni di concorso un rappresentante del personale.
2. Con atto depositato il 7 novembre 1994 si è costituita in giudizio la Regione Trentino-Alto Adige, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con successiva memoria, la difesa della Regione afferma die la sua costituzione in giudizio avvenuta nel ventesimo giorno dal termine stabilito per il deposito del ricorso, notificato l'8 ottobre va ritenuta tempestiva, in quanto al procedimento de qua non andrebbe applicato l'art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (secondo il quale «la parte convenuta può presentare deduzioni e costituirsi entro venti giorni da quello del deposito del ricorso»), ma, in virtù dell'esplicito richiamo operato dall'ari. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per cui, ai sensi dell'art. 25 della stessa legge e dell'art. 3 delle citate norme integrative la costituzione in giudizio deve avvenire nel termine di venti giorni dalla pubblicazione del ricorso nella Gazzetta Ufficiale.
Nel merito, la Regione sostiene che la vigente legislazione regionale, emanata nell'esercizio della potestà legislativa primaria in materia di ordinamento delle camere di commercio, ha anticipato la riforma statale, e che le due discipline, statale e regionale, non sono mai state così simili e corrispondenti. Inoltre, essa ritiene che non .si possa far derivare dallo svolgimento, da palle delle camere di commercio, di funzioni di primario livello pubblico il carattere di norme di principio vincolanti anche le legioni speciali della intera normativa statale in materia.
Considerato in diritto: 1. II Presidente del Consiglio dei ministri, a norma dell'art. 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino Alto-Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), impugna una serie di disposizioni contenute in leggi della Regione Trentino-Alto Adige, a partite dalla legge regionale 9 agosto 1982, n. 7, per mancato adeguamento ai prìncipi stabiliti dalla legge statale 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianale e agricoltura), la quale ha sostituito il sistema istituito dal decreto legislativo luogotenenziale 21 settembre 1944. n. 315 (in particolare con la norma transitoria dell'art. 9), a sua volta sostitutivo dei consigli e degli uffici provinciali dell'economia corporativa istituiti con r.d. 20 settembre 1934. n. 2011. Ritiene il ricorrente che il riordino delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura operato con la legge n. 580 del 1993, relativamente alla loro natura giuridica di enti autonomi di diritto pubblico, alle loro funzioni, alla composizione e al funzionamento dei loro organi e alla natura giuridica del loro rapporto col personale dipendente, abbia comportato l'introduzione di norme di principio cui anche la Regione Trentino-Alto Adige deve adeguarsi nell'esercizio della potestà legislativa che le è riconosciuta dall'art. 4. numero 8), dello statuto speciale (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), il quale prevede in materia di «ordinamento delle camere di commercio» una competenza da esercitarsi nel rispetto «delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica».
Le numerose censure mosse alla legislazione regionale impugnata possono raggrupparsi a seconda che riguardino: a) la natura delle camere di commercio e i loro poteri di autonomia, in particolare statutaria (art. 1 della legge regionale, in relazione all'art.1, comma 1, della legge statale); b) le loro attribuzioni (art. 3 della legge regionale, in relazione all'ari. 2, commi 3 e 4, della legge statale); c) il numero dei componenti il consiglio delle camere di commercio e i criteri della sua composizione, che non comprende, in particolare, la rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle associazioni di tutela dei consumatori (art. 6 della legge regionale, in relazione all'ari. 10 della legge dello Stato): d) i criteri di designazione dei consiglieri (art. 7 della legge regionale, in relazione agli artt. 10. comma 2, e 12. della legge dello Stato); e) i requisiti soggettivi per la nomina a consigliere e le cause di ineleggibilità e di decadenza (artt. 8, 9 e 15 della legge regionale, come sostituiti dagli arti.. 3, 4 e 6 della legge regionale n. 22 del 1988, in relazione all'art. 13 della legge dello Stato); f) i compiti del consiglio (art. 10 della legge regionale, in riferimento all'art. 11 della legge dello Stato); g) la composizione, il metodo di elezione e i compiti della giunta e l'elezione e la durata in carica del presidente (artt. 11, 12 e 16, comma 2, lettera b), della legge regionale, in relazione agli artt. 14 e 16 della legge dello Stato); h) la struttura, i requisiti dei componenti, il potere di designazione, la nomina del presidente del collegio dei revisori dei conti, nonché la natura del controllo da esso esercitato e le relative responsabilità (art. 13 della legge regionale, in relazione all'art. 17 della legge statale); i) le modalità di adozione delle delibere camerali (art. 16 della legge regionale, rispetto all'art. 15 della legge statale); l) le modalità del finanziamento delle camere, con particolare riferimento al «diritto annuale» a carico delle imprese (art. 19 della legge regionale, rispetto all'art. 18 della legge statale): m) i compiti, la qualifica, le modalità di nomina e i requisiti del segretario generale (art. 21 della legge regionale in questione e art. 11 della legge regionale n. 8 del 1980, rispetto all'art. 20 della legge statale); n) le modalità di adozione dello statuto disciplinare delle attività dell'unione regionale delle camere (art. 22 della legge regionale, rispetto all'art. 6 della legge statale); o) l'ampiezza del controllo sulle delibere delle camere e il procedimento relativo (artt. 25 e 27 della legge regionale. come sostituiti dagli artt. 8 e 9 della legge regionale n. 22 del 1988, rispetto all'art. 4 della legge statale); p) i casi di scioglimento del consiglio camerale (art. 29 della legge regionale, rispetto all'art. 5 della legge statale); q) la disciplina generale del rapporto di impiego del personale dipendente (art. 1 della legge regionale n. 8 del 1980, come sostituito dall'art. 2 della legge regionale n. 8 del 1987, in connessione con la disciplina contenuta nelle leggi regionali n. 18 del 1983 e n. 8 del 1987, rispetto all'art. 19 della legge statale) e, nell'ambito di questo motivo di doglianza, la disciplina del consiglio per l'organizzazione del personale (art. 5 della legge regionale n. 8 del 1987 in relazione a quanto previsto dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, richiamato dall'art. 19 della legge n. 580 del 1993) e la normativa in tema di procedure concorsuali (art. 7 della stessa legge regionale n. 8 del 1987, rispetto a quanto previsto dal citato decreto legislativo n. 29 del 1993).
2. La Regione Trentino-Alto Adige si è costituita in giudizio ma tale costituzione non può ritenersi tempestiva. Poiché il deposito del ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri presso la Corte costituzionale è avvenuto il 15 ottobre 1994, e quello dell'atto di costituzione in giudizio della Regione resistente il 7 novembre 1994, il termine di «venti giorni da quello del deposito del ricorso», previsto dall'art. 23, ultimo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale con riguardo ai giudizi di legittimità costituzionale in via principale tra i quali rientrano quelli per «mancato adeguamento» a norma dell'art. 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 266 del 1992 non può ritenersi essere stato rispettato. Di fronte all'inequivoca portata della norma che prevede il termine in questione, termine di carattere perentorio (tra le molte, sentenze nn. 191 del 1980, 72 dei 1981, e ordinanza n. 109 del 1975), non vale la tesi della Regione resistente che argomenta la tempestività della sua costituzione in giudizio sulla base della considerazione che tale termine decorrerebbe non già dal deposito del ricorso come stabilito ma dal termine «previsto per il deposito» cioè, nel caso di specie, dal 18 ottobre, con la conseguenza che il deposito della memoria di costituzione della Regione resistente sarebbe avvenuto nei venti giorni a tal fine previsti. La lettera della norma esclude la possibilità di tale interpretazione (sentenze nn. 71 del 1982 e 155 del 1985). Alla stregua della normativa vigente, pertanto, la costituzione in giudizio della Regione Trentino-Alto Adige deve essere dichiarata inammissibile.
3. Nel merito, il ricorso del Presidente del Consiglio è solo parzialmente fondalo.
3.1. La legge n. 580 del 1993. con la quale è stato operalo il «riordinamento delle camere di commercio. industria, artigianale e agricoltura», è il risultato di una gestazione protratta per più legislature, vigente il decreto legislativo luogotenenziale n. 315 del 1944, con il quale si provvide ad abolire il precedente sistema di organizzazione degli interessi economici in ambito provinciale, facente allora capo ai consigli e agli uffici dell'economia corporativa, disciplinati dal r.d. n. 2011 del 1934. adottato dopo che le originarie camere create con la legge 6 luglio 1862, n. 680, erano state abolite dalla legge 18 aprile 1926, n. 731. La soppressione del sistema corporativo portò all'istituzione in ogni capoluogo di provincia di una camera di commercio, industria e agricoltura, ente di diritto pubblico, avente compiti di coordinamento e di rappresentanza degli interessi commerciali, industriali e agricoli della provincia ed esercitante i poteri in precedenza attribuiti ai consigli dell'economia. Le nuove camere, secondo il disegno del decreto legislativo luogotenenziale avrebbero dovuto essere amministrate da un consiglio, composto ed eletto secondo criteri di rappresentanza degli interessi economici locali, in base a norme da emanarsi con un successivo decreto legislativo (artt. 4 e 8). L'art. 9 prevedeva che, fino all'elezione del consiglio, l'amministrazione delle camere sarebbe stata affidata a una Giunta composta da un presidente e da quattro membri nominati il presidente dal Ministro per l'industria e il commercio, di concerto col Ministro per l'agricoltura e foreste (e. a norma dell'art. 64 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, col presidente della giunta regionale) e i quattro membri, da scegliersi uno tra i commercianti, uno tra gli industriali, uno tra gli agricoltori e uno tra i lavoratori (secondo la dizione del secondo comma dell'art. 9) dal prefetto con l'approvazione del Ministro per l'industria e il commercio.
Non essendo stato emanato il decreto legislativo previsto dall'art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale n. 315 del 1944, le camere di commercio, industria e agricoltura furono rette «transitoriamente» per cinquant'anni le camere di commercio, industria e agricoltura furono rette «transitoriamente» per cinquant'anni dalle giunte camerali previste dal citato art. 9, la cui composizione fu successivamente integrata con esponenti di altri settori o figure del mondo produttivo ( legge 12 luglio 1951, n. 560 e legge 29 dicembre 1956, n. 1560), ciò che giustificò la denominazione di camere di commercio, industria, artigianale e agricoltura stabilita dalla legge 26 settembre 1966, n. 792. Rimase così in vita per un lungo arco di tempo una formula organizzativa in cui non solo, secondo tradizione, la funzione rappresentativa e organizzativa degli interessi economici veniva a sommarsi a poteri pubblicistici di carattere amministrativo, ma soprattutto nella quale carattere locale degli interessi a matrice statale degli organi chiamati a rappresentarli convivevano in una figura istituzionale difficilmente definibile. Il sistema venutosi a creare non risultava chiaramente inquadrabile nell'organizzazione dei poteri locali prevista dalla Costituzione nella quale le camere, una volta mantenute in vita, avrebbero dovuto essere inserite, e poneva problemi di coesistenza tra le funzioni regionali e quelle delle camere di commercio negli .stessi ambiti di competenza. Nel riordino delle Funzioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali che portò al d.P.R. n. 616 del 1977, fu stabilito il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative allora esercitale dalle camere di commercio nelle materie trasferite o delegate alle regioni stesse (art. 64, primo comma) ma il nodo della configurazione istituzionale delle camere non fu sciolto. Venne stabilito, ancora una volta in via transitoria, che «le funzioni istituzionali e le restanti funzioni amministrative [sarebbero state] esercitate dalle camere di commercio sulla base della legge di riforma dell'ordinamento camerale e del relativo finanziamento» (alt. 64, secondo comma).
La riforma contenuta nella legge n. 580 del 1993; del mancato adeguamento alla quale da parte della legislazione della Regione Trentino-Alto Adige si duole il Presidente del Consiglio dei ministri ha alle spalle la vicenda così sommariamente ricostruita. Di contro, la Regione Trentino-Alto Adige, disponendo unica tra tutte le regioni di una propria potestà legislativa in materia, ha essa stessa delineato nel corso degli anni un proprio ordinamento camerale, facente capo alla legge regionale n. 7 del 1982 (oggetto di successive modificazioni) che ha introdotto rilevanti innovazioni rispetto al sistema previsto dalla legislazione statale allora in vigore, costituita ancora, come si è detto, dalle norme provvisorie contenute nel decreto legislativo luogotenenziale n. 315 del 1944. La Regione, prima, e lo Stato, poi, hanno quindi operato una propria riforma e nel presente giudizio, si chiede se quella precedente della Regione, per non essere (stata) adeguata a quella successiva dello Stato, sia incostituzionale. Non essendo stato emanato il decreto legislativo previsto dall'art. 4 del decreto legislativo luogotenenziale n. 315 del 1944. La Regione, prima e lo Stato poi hanno quindi operato una propria riforma e nel presente giudizio, si chiede se quella precedente della Regione per non essere (stata) adeguata a quella successiva dello Stato, sia costituzionale.
3.2. II problema dell'adeguamento della legislazione regionale a quella statale in materia di ordinamento delle camere di commercio si pone nei termini indicati dall'art. 4 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, come problema di coerenza rispetto alle «norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica».
La nozione di «norme fondamentali di riforma economico-sociale» che, come la Corte ha numerose volte precisato, deve essere determinata in relazione a indici di valutazione oggettivi, che vincolano lo stesso legislatore, cui non spetta un potere arbitrario di qualificazione in tali termini delle norme che pone (sentenza n. 349 del 1991) si ricava dall'esigenza di unità sotto il profilo delle scelte politiche fondamentali della Repubblica, alla difesa della quale tale limite è preordinato: dall'esigenza cioè che le grandi scelte riformatrici poste con la legge dello Stato non siano contraddette da orientamenti diversamente ispirati del legislatore regionale. Della necessità di circoscrivere la nozione in questione alle sole leggi effettivamente dotate di contenuto riformatore, per non estenderla a ogni legge genericamente nuova, la giurisprudenza di questa Corte è sempre stata consapevole, avendo costantemente affermato che non qualsiasi modifica legislativa merita la qualificazione di «riforma economico-sociale», ma solo quelle innovazioni che corrispondono a scelte di «incisiva innovatività» in settori qualificanti la vita sociale e in particolare, quelle che mirano a strutturare tali settori attraverso istituzioni che, per la natura degli interessi che coinvolgono, non possono che valere su tutto il territorio nazionale (da ultimo, sentenze nn. 406 del 1995 e 352 del 1996).
Alla luce dei criteri anzidetti, non v'è dubbio che la legge n. 580 del 1993 debba ricomprendersi nella categoria delle leggi in questione, le quali vincolano la potestà legislativa della Regione Trentino-Alto Adige alla stregua dell'art. 4 del suo statuto. Rispetto all'indefinibile situazione esistente in precedenza, le camere di commercio sono state riqualificate come «enti autonomi di diritto pubblico che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali» (art. 1), e che rappresentano nel proprio consiglio, formato da componenti designati o eletti dalle organizzazioni delle imprese, dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti, la struttura economica locale (artt. 10 e 12). Si è venuto così a configurare un ente pubblico locale dotato di autonomia funzionale, die entra a pieno titolo, formandone parie costitutiva, nel sistema dei poteri locali secondo lo schema dell'art. 118 della Costituzione, diventando anche potenziale destinatario di deleghe dello Stato e della Regione (art. 2, comma 1). Non c'è dubbio quindi che, per questo suo contenuto, la legge in questione presenta i caratteri della «riforma economico-sociale» alla quale la legislazione regionale deve attenersi.
II suddetto carattere di «riforma economico-sociale» da riconoscersi alla legge n. 580 del 1993 non significa peraltro che uguale carattere debba essere riconosciuto a tutte le disposizioni della legge dello Stato die determinano la struttura, le funzioni, la composizione e il funzionamento degli organi e disciplinano il rapporto d'impiego del personale delle camere di commercio, con la conseguenza die la legislazione della Regione Trentino-Alto Adige debba conformarsi a esse in ogni loro dettaglio. L'inaccettabilità di tale proposizione die pare sorreggere una parte delle doglianze prospettate dal Presidente del Consiglio dei ministri è resa manifesta dalla conseguenza: la normazione regionale si ridurrebbe di fatto a mera esecuzione o, al più, integrazione della legge dello Stato, se questa ne prevedesse lo spazio ipotesi che, nella specie, nemmeno si verifica, in quanto la legge n. 580 del 1993, per l'attività normativa ulteriore che si rende necessaria ai fini dell'attuazione delle sue prescrizioni, prevede regolamenti governativi e ministeriali. Tutto ciò sarebbe in pieno contrasto con l'ampiezza della potestà legislativa riconosciuta alla Regione dall'art. 4 numero 8), del suo statuto speciale: una potestà che, per la natura dei limiti che incontra, si usa definire di tipo esclusivo, non essendo subordinata, a differenza di altro tipo di potestà legislativa, nemmeno all'ordinario limite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.
Il vincolo per la legislazione regionale è invece limitato alle «norme fondamentali» della legge di riforma, cioè a quelle che contengono le opzioni di fondo che costituiscono l'ossatura dell'intervento riformatore: «la qualifica di fondamentale da attribuire alle norme della nuova disciplina può derivare dal costituire esse un elemento coessenziale alla riforma economico-sociale, in quanto la caratterizzano o formano la base del suo sviluppo normativo»; dunque «non tutte le disposizioni, ne il loro compiuto tenore letterale, costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale [...] ma solo i nuclei essenziali del contenuto normativo die quelle disposizioni esprimono, per i principi enunciati o da esse desumibili» (sentenza n. 482 del 1995). A questa precisazione è da aggiungere soltanto che partecipano della medesima natura e godono pertanto della medesima protezione costituzionale anche le norme che, pur non svolgendo di per sé la funzione di gettare le basi della nuova disciplina, sono legate a quelle da un rapporto di coessenzialità o di necessaria integrazione, tale die la loro assenza, o la loro contraddizione da parte di altra normativa finirebbero per pregiudicare il raggiungimento degli obbiettivi riformatori o per modificarne o snaturarne la portata (sentenze nn. 99 del 1987 e 323 del 1998).
4. Alla stregua di queste precisazioni, si può procedere all'esame delle specifiche doglianze mosse, per «mancato adeguamento» alla legge n. 580 del 1993, contro la legislazione della Regione Trentino-Alto Adige in materia.
4.1. Un primo gruppo di censure riguarda l'autonomia delle camere, autonomia che, sancita nella legge dello Stato non lo sarebbe, o non lo sarebbe adeguatamente, nella legge della Regione.
La legge n. 580 del 1993 a parte i poteri relativi alla tenuta del registro delle imprese di cui all'art. 2188 del codice civile, disciplinati dall'art. 8 attribuisce alle camere le «funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese» e per la cura dello «sviluppo nell'ambito delle economie locali» (art. 1, comma 1). nonché per il «supporto e la promozione di interessi generali delle imprese» e fatte salve le competenze delle amministrazioni statali e delle regioni quelle nelle materie amministrative economiche relative al sistema delle imprese. nelle forme e con gli strumenti, di natura essenzialmente non autoritativa, previsti dall'art. 2.
Tali funzioni si esercitano in un regime qualificato dall'ampiezza della discrezionalità delle scelte consentite, dalla limitazione dei controlli sugli atti e sugli organi e dall'esclusione di poteri di ingerenza (diversi dalla semplice richiesta di riesame) sul merito delle scelte stesse nonché dal riconoscimento alle camere della potestà statutaria (art. 3). Questa potestà è configurata dalla legge dello Stato in termini assai ampi: essa è da esercitare in conformità ai principi della legge e concerne l'ordinamento e l'organizzazione delle camere, le competenze e le modalità di funzionamento degli organi, la loro composizione per le parti non disciplinate dalla legge [compresa la ripartizione dei consiglieri secondo le caratteristiche economiche della circoscrizione territoriale di competenza (art. 10, comma 2) e la possibilità di sostituire il sistema di designazione e nomina nei consigli previsto dalla legge (art. 12, commi 1-4) con quello dell'elezione (art. 12. comma 5)] e le forme di partecipazione.
Tale regime è compendiato nella definizione delle camere quali «enti autonomi» (art. 1, comma 1) principio informatore della riforma insieme a quello di rappresentatività del quale si dirà in prosieguo che, pur nell'ambito della tradizionale struttura delle camere come enti pubblici (ancora art. 1, comma 1) altro principio fondativo della disciplina costituisce, per così dire un riflesso nel loro regime giuridico dell'autonomia dei privati operanti nel sistema delle attività economiche a esse facenti capo.
L'anzidetta definizione legislativa, per il suo carattere di fondamento della nuova disciplina, mentre vale a condurre a unità di ispirazione i singoli aspetti di quest'ultima, si impone come limite (positivo) alla legislazione regionale esclusiva.
Di contro a questa impostazione della legge dello Stato sta la legislazione della Regione Trentino-Alto Adige. Essa indubbiamente, per molti suoi aspetti, costituisce un'anticipazione della legge di riforma statale nel senso di una disciplina delle camere di maggiore garanzia, rispetto alla situazione risultante dal decreto legislativo luogotenenziale n. 315 del 1944, nei confronti dell'amministrazione statale o, nel caso del Trentino-Alto Adige, regionale. Ma questa legge, definendo le camere di Trento e di Bolzano «enti locali non territoriali» definizione generica, compatibile con soluzioni istituzionali (legatrici di ogni manifestazione di autonomia e perfino con una configurazione delle camere come enti strumentali di altri enti pubblici non si spinge fino a riconoscerne il carattere di ente autonomo. C'è dunque su questo punto un contrasto con la legislazione dello Stato: un contrasto non soltanto formale o di parole poiché si tratta di definizione legislativa non solo descrittiva ma anche normativa che la Regione, a norma dello statuto e dell'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992, era tenuta a eliminare adeguandosi alla legislazione dello Stato che la vincola.
Che la legislazione regionale, sul punto dell'autonomia da riconoscersi alle camere, non sia allineata a quella statale risulta specificamente dal fatto che essa non prevede un aspetto che di tale autonomia, secondo quest'ultima, è qualificante, vale a dire la potestà statutaria. Nulla è detto in proposito, in particolare, nell'art. 10 della legge regionale n. 7 del 1982 che definisce i compiti del consiglio camerale. E' bensì vero che la Regione Trentino-Alto Adige, con l'art. 1 della legge regionale 14 agosto 1999, n. 5 (Norme in materia di ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano), ha stabilito che i consigli delle camere di Trento e di Bolzano «definiscono, previo esame con le organizzazioni sindacali del personale camerale, i principi fondamentali dell'organizzazione, le strutture organizzative, le modalità di preposizione alle medesime, la dotazione organica complessiva, nell'ambito della dotazione complessiva le dotazioni organiche per le singole qualifiche». Tale potestà normativa, peraltro, riguardando soltanto aspetti dell'organizzazione amministrativa delle camere, non equivale, né formalmente, né sostanzialmente, a una potestà statutaria e, in particolare, a quella prevista negli artt. 3 e 11 della legge dello Stato.
Pertanto, deve ritenersi l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale n. 7 del 1982, nella parte in cui, definendo la natura delle camere di commercio, manca di qualificarle come enti dotati di autonomia, nonché dell'art. 10 della medesima legge regionale, nella parte in cui, indicando i poteri del consiglio camerale, manca di inserire tra questi l'approvazione dello statuto dell'ente, senza disciplinarne contenuti e procedura conformemente ai principi della legge statale.
4.2. Altro aspetto fondamentale di principio della disciplina di riforma, chiamato in causa dal ricorso in esame, è la configurazione delle camere non solo come rappresentanti ma, soprattutto, come enti rappresentativi della rete dei soggetti che, secondo la legge, costituiscono la struttura dell'economia provinciale: configurazione che non corrisponde a un'espressa dizione definitoria, analoga a quella che esprime il principio di autonomia, ma che si ricava inequivocabilmente dalla volontà del legislatore, consegnata ai lavori parlamentari relativi alla legge n. 580 del 1993, di differenziare, proprio e innanzitutto su questo punto, il nuovo regime da quello provvisoriamente vigente dal 1944 e, quel che più conta, che risulta dalla disciplina riguardante l'organo su cui fa perno l'organizzazione delle camere. Il carattere rappresentativo del consiglio camerale, organo che esprime gli altri organi di governo il presidente e la giunta ed è chiamato ad assumere le deliberazioni principali di competenza delle camere stesse (artt. 1, comma 3, 3, comma 2, e 11), risulta dall'art. 12 della legge, il quale stabilisce che la scelta dei consiglieri avviene tramite designazione da parte dei soggetti da rappresentare (comma 1) ovvero, ove così sia stabilito dallo statuto per i rappresentanti delle categorie produttive, tramite elezione diretta (comma 5).
Ma ente rappresentativo di chi? Il lato sostanziale della rappresentatività, relativo all'individuazione dei soggetti formanti il sistema economico facente capo alle camere, è essenziale quanto quello formale, concernente il principio rappresentativo, relativo al metodo di provvista dei componenti il consiglio (designazione o elezione).
La legge n. 580 del 1993 non si limita a prevedere che i componenti del consiglio sono designati (salva l'ipotesi dell'elezione diretta) dalle imprese appartenenti ai settori dell'agricoltura, dell'artigianato, delle assicurazioni, del commercio, del credito, dell'industria, dei servizi alle imprese, dei trasporti e spedizioni, del turismo e agli altri settori di rilevante interesse per l'economia della circoscrizione provinciale, ma aggiunge altresì una rappresentanza delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e delle associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti (artt. 10, commi 2-7; 12, comma 1). La definizione di questo spettro di soggetti interessati alla rappresentanza qualifica in senso fortemente innovativo la struttura delle camere attuali rispetto a quelle esistenti sotto il regime del decreto legislativo luogotenenziale n. 315 del l944. Quest'ultimo, quanto alla composizione del consiglio elettivo rinviava a un decreto legislativo mai emanato e in attesa, prevedeva una giunta i cui membri erano scelti fra i commercianti, gli industriali, gli agricoltori e i lavoratori (art. 9, comma 2).
La legislazione regionale, sul punto del carattere rappresentativo del consiglio, dopo avere definito le camere enti «a struttura rappresentativa» (art. 1, comma 1, della legge regionale n. 7 del 1982) e avere attribuito loro «funzioni di rappresentanza unitaria delle categorie economiche in esse operanti» (art. 2), stabilisce che i quattro quinti dei componenti il consiglio rappresentano gli imprenditori ivi compresi i lavoratori autonomi, e un quinto i liberi professionisti (art. 6). Alle nomine si provvede da parte della giunta regionale su designazione delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative nell'ambito della provincia, nonché degli ordini professionali (art. 7, comma 1). Gli specifici settori economici e le categorie professionali da considerarsi ai fini della designazione sono determinati dalla giunta regionale (art. 7. comma 2).
È evidente che, su questi aspetti essenziali della materia, la legislazione regionale si discosta dai principi della riforma dello Stato. Nella Regione Trentino-Alto Adige, la determinazione dei soggetti economici rappresentati nelle camere si differenzia, per difetto e per eccesso rispetto a quanto avviene negli ambiti provinciali delle altre regioni, alterando così il carattere rappresentativo dell'ente, quale stabilito, con norma fondamentale di riforma, dalla legge dello Stato.
A ciò è da aggiungere che la legge regionale attribuisce alla giunta regionale poteri determinanti circa l'individuazione dei settori economici e delle categorie professionali da considerare ai fini della richiesta di designazione dei membri del consiglio (art. 7. comma 3, della legge regionale n. 7 del 1982 come modificato dall'art. 1 della legge regionale n. 14 del 1983) senza prevedere strumenti di partecipazione o tutela dei potenziali interessati (del tipo ad esempio di quelli indicati dall'art. 12, comma 3, della legge n. 580 del 1993) e soprattutto senza attribuire agli statuti camerali (come si e visto, non previsti dalla legislazione regionale) la possibilità di definire la ripartizione dei consiglieri in rappresentanza dei diversi settori economici (come invece è fatto dall'art. 10, comma 2, della legge statale). Tutto ciò, oltre a finire per incidere sulla struttura rappresentativa dell'ente, viola altresì il principio di autonomia di cui già si è detto, attribuendo, in Trentino-Alto Adige, all'autorità regionale poteri interferenti con la struttura delle camere sconosciuti altrove.
Anche per questi aspetti attinenti al principio di rappresentatività deve dunque rilevarsi che la Regione Trentino-Alto Adige ha mancato di adeguarsi alla legislazione dello Stato e, pertanto, deve essere dichiarata l'illegittimità costituzionale degli artt. 6 e 7 della legge regionale n. 7 del 1982.
5. Altre censure proposte dal Governo sono invece infondate. Esse muovono dal presupposto che qualunque deviazione dalla specifica disciplina posta dalla legge dello Stato, qualunque disposizione della legge regionale «non in linea» (come si esprime il ricorso) con una corrispondente disposizione della legge statale costituisca un'esorbitanza dai limiti della competenza legislativa della Regione: il che, come detto in precedenza, non è esatto. Nella specie, è questione esclusivamente di rispetto di «norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» o, se del caso, come il ricorso del Governo si limita ad adombrare, di «armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato» (secondo la dizione dell'art. 4 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), cosicché non ogni mancata corrispondenza tra disciplina posta dallo Stato e disciplina posta dalla Regione si risolve di per sé in illegittimità di quest'ultima.
Questa ragione di rigetto delle censure in esame è assorbente rispetto ad altre considerazioni che pur potrebbero valere a contrastare l'interpretazione data dal Governo di questa o quella disposizione di legge regionale (ad esempio l'art. 3 della legge regionale n. 7 del 1982, in tema di attribuzioni e compiti delle camere, l'art. 7, in tema di nomina a membro del consiglio camerale di cittadini comunitari; l'art. 10, in tema di funzioni dei consiglio [salvo che, per quanto si è detto, in relazione alla potestà statutaria]; l'art. 19, in tema di finanziamento delle camere con riferimento al cosiddetto «diritto annuale» introdotto dal decreto- legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito nella legge 28 febbraio 1982, n. 51; l'art. 29 circa i casi di scioglimento del consiglio camerale), delle quali sarebbero invece sostenibili interpretazioni conformi alla legislazione statale.
Non attengono dunque a quel nucleo normativo indisponibile da parte del legislatore regionale (o, comunque, nessun argomento è portato a favore di tale attinenza):
a) le disposizioni, nelle parti invocate dal ricorrente, contenute nella legge dello Stato relative alle specifiche attribuzioni delle camere indicate dall'art. 2 (in riferimento all'art. 3 della legge regionale n. 7 del 1982);
b) le disposizioni sulla composizione in dettaglio del consiglio, sulla sua costituzione, sui requisiti e le cause ostative per la nomina, sulle cause di decadenza, contenute negli artt. 10, 12, 13 [in riferimento agli artt. 6, 7, 8 (come modificato dall'art. 3 della legge regionale n. 22 del 1988), 9 (come modificato dall'art. 4 della legge regionale n. 22 del 1988), 15 (come modificato dall'art. 6 della legge regionale n. 22 del 1988) della legge regionale n. 7 del 1982] salvo quanto detto sul carattere rappresentativo del consiglio;
c) le disposizioni concernenti la specificazione dei compiti del consiglio, contenute nell'art. 11 (in riferimento all'art. 10 della legge regionale n. 7 del 1982), salvo quanto detto a proposito della potestà statutaria;
d) le disposizioni relative alla giunta camerale e al presidente contenute negli artt. 14 e 16 (in riferimento agli artt. 11, 12 e 16, comma 2, lettera b), della legge regionale n. 7 del 1982);
e) le disposizioni sul collegio dei revisori dei conti, contenute nell'art. 17 (in riferimento all'art. 13 della legge regionale n. 7 del 1982);
f) le disposizioni di dettaglio circa le riunioni e le deliberazioni del consiglio contenute nell'art. 15 (in relazione all'art. 16 della legge regionale n. 7 del 1982);
g) le disposizioni sul finanziamento contenute nell'art. 18 (in riferimento all'art. 19 della legge regionale n. 7 del 1982), stante comunque il riferimento che la legge regionale fa analogamente all'art. 3 del d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige in materia di artigianato, incremento della produzione industriale, cave e torbiere, commercio, fiere e mercati) alle previsioni delle leggi dello Stato;
h) le disposizioni circa il segretario generale contenute nell'art. 20 (in riferimento all'art. 21 della legge regionale n. 7 del 1982, integrato dall'art. 11 della legge regionale n. 8 del 1980); i) la disposizione dell'art. 6 sulle modalità di deliberazione richieste per la creazione dell'unione regionale delle camere (in relazione all'art. 22 della legge regionale n. 7 del 1982, che prevede comunque una procedura di garanzia che si ispira al medesimo principio accolto dalla legge statale);
l) le disposizioni dell'art. 4 circa l'ambito e le procedure di controllo delle delibere consiliari (in relazione agli artt. 25 e 27 della legge regionale n. 7 del 1982, sostituiti dagli artt. 8 e 9 della legge regionale n. 22 del 1988);
m) le disposizioni dell'art. 5, circa lo scioglimento dei consigli (in relazione all'art. 29 della legge regionale n. 7 del 1982).
6.1 Quanto alla censura mossa all'art. 1 della legge regionale n. 8 del 1980, sostituito dall'art. 2 della legge regionale n. 8 del 1987, perchè, disciplinando lo stato giuridico e il trattamento economico del personale delle camere attraverso un rinvio alla disciplina generale concernente il personale della Regione Trentino-Alto Adige, non renderebbe applicabile le disposizioni della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e del decreto legislativo n. 29 del 1993 secondo quanto previsto dall'art. 19 della legge n. 580 del 1993, essa risulta inammissibile. Della disposizione impugnata il Governo si duole non per il suo contenuto di norma di rinvio, priva di per sé di autonomo contenuto; la sua illegittimità deriverebbe dall'illegittimità delle norme alle quali è operato il rinvio, cioè della disciplina dettata dalla Regione Trentino-Alto Adige per il proprio personale. Senonché, tale illegittimità non è in alcun modo motivata ma è solo apoditticamente affermata, venendo così a mancare un elemento essenziale del ricorso che come già affermato da questa Corte (sentenza n. 384 del 1999), ne condiziona l'ammissibilità.
In realtà la censura sollevata rispetto al caso particolare della disciplina dell'impiego dei dipendenti delle camere di commercio rifluisce nella più generale vicenda concernente l'adeguamento di tale disciplina alla normativa statale di riforma contenuta nella legge n. 421 del 1992 e nel decreto legislativo n. 29 del 1993: una vicenda rispetto alla quale – come ricorda il ricorso del Governo – si è inserito anche un ricorso per mancato adeguamento a norma dell'art. 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 266 del 1992. Dalla conclusione di essa, per il tramite della norma di rinvio oggetto del presente ricorso, troverà soluzione anche il problema più circoscritto che esso pone rispetto alla disciplina dell'impiego dei dipendenti delle camere di commercio.
6.2. Infine, sempre con riguardo alla disciplina del rapporto di impiego vigente per le camere di commercio, quanto alla doglianza relativa all'art. 6 della legge regionale n. 8 del 1980 (sostituito dall'art. 5 della legge regionale n. 8 del 1987), in tema di composizione del consiglio per l'organizzazione e il personale, mossa poiché prevede la presenza di rappresentanti del personale, in contrasto con la disciplina dettata dall'art. 48 del decreto legislativo n. 29 del 1993 (decreto richiamato dall'art. 19 della legge n. 580 del 1993), nonché quanto alla difficilmente decifrabile doglianza mossa all'art. 4 della legge regionale n. 18 del 1983 (sostituito dall'art. 7 della legge regionale n. 8 del 1987, ed erroneamente indicato nel ricorso come art. 4 della legge regionale n. 8 del 1980) il quale, rimandando all'art. 20 della legge regionale n. 7 del 1982 la disciplina delle procedure di concorso, farebbe riferimento a una normativa in contrasto con il decreto legislativo n. 29 del 1993, basta rilevare che le disposizioni di tale decreto, contenente la riforma dell'impiego pubblico, costituiscono, per espressa dizione del suo art. 1, comma 3, principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, non vincolanti di per sé la potestà legislativa della Regione Trentino-Alto Adige nelle materie attribuite alla competenza legislativa prevista dall'art. 4 del suo statuto, tra le quali rientrano tanto quella dell'ordinamento delle camere di commercio (n. 8) quanto quella dell'ordinamento degli uffici regionali e del personale ad essi addetto (n. 1). Riguardo ai principi desumibili dall'art. 2 della legge n, 421 del 1992 (sulla cui base è stato emanato il decreto legislativo n. 29 del 1993) principi che il comma 2 dello stesso art. 2 e l'art. 3 del decreto legislativo n. 29 qualificano come norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, e quindi vincolanti anche la potestà legislativa della Regione Trentino-Alto Adige prevista dall'art. 4 dello statuto, nulla è dato da essi evincere né il ricorrente evince che possa rilevare per sostenere le censure in esame.
Tali questioni debbono pertanto essere dichiarale non fondate.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l'illegittimità costituzionale delle seguenti disposizioni della legge regionale del Trentino-Alto Adige 9 agosto 1982, n. 7 (Ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano):
a) art. 1, nella parte in cui determina la natura delle camere di commercio in contrasto con il principio di autonomia, risultante dall'art. 1, comma 1, della legge 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianale e agricoltura);
b) art. 10, nella parte in cui prevede i compiti del consiglio camerale in contrasto con il principio di autonomia statutaria delle camere, risultante dall'art. 3 della legge n. 580 del 1993, e con il principio della competenza statutaria del consiglio stesso, risultante dall'art. 11 della medesima legge;
c) artt. 6 e 7, nella parte in cui disciplinano la composizione del consiglio camerale in contrasto con il principio di rappresentatività risultante dall'art. 12 della legge n. 580 del 1993;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, 6 e 7 [per le parti non dichiarate incostituzionali], 8, 9, 10 [per la parte non dichiarata incostituzionale], 11, 12, 13, 15, 16, 19, 21, 22, 25, 27, 29 della legge regionale n. 7 del 1982; degli artt. 1 e 2 della legge regionale 9 novembre 1983. n. 14 (Modifiche alla legge regionale 9 agosto 1982, n. 7 «Ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura di Trento e di Bolzano»); degli artt. 3, 4, 6, 8 e 9 della legge regionale 17 ottobre 1988, n. 22 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 9 agosto 1982, n. 7, modificata dalla legge regionale 9 novembre 1983, n. 14, sull'ordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano);
dell'art.
11 della legge regionale 22 maggio 1980, n. 8 (Norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano), sollevate, per violazione dell'art. 4, numero 8), dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), in relazione agli artt. 2, 4, 5, 6, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18 e 20 della legge n. 580 del 1993, con il ricorso indicato in epigrafe;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge regionale n. 8 del 1980, sostituito dall'art. 5 della legge regionale 18 giugno 1987, n. 8 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 22 maggio 1980, n. 8 e alla legge regionale 27 novembre 1983, n. 18, recanti norme sullo stato giuridico e sul trattamento economico del personale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano), e dell'art. 4 della legge regionale 27 novembre 1983, n. 18 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 22 maggio 1980, n. 8. contenente «Norme sullo stato giuridico e sui trattamento economico del personale delle camere di commercio, industria. artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano»), sostituito dall'art. 7 della legge regionale n. 8 del 1987, sollevate, in riferimento all'art. 19 della legge n. 580 del 1993, con il ricorso indicato in epigrafe;
4) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale n. 8 del 1980, sostituito dall'art. 2 della legge regionale n. 8 del 1987, sollevata, in riferimento all'art. 19 della legge n. 580 del 1993, con il ricorso indicato in epigrafe.
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Norme costituzionali
1) ACCORDO DI PARIGI
2) Costituzione della Repubblica Italiana
3) Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670
3) Legge 11 marzo 1972, n. 118
4) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 20 gennaio 1973, n. 48
5) Decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115
6) Decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1973, n. 49
7) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° febbraio 1973, n. 50
8) Decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1973, n. 686
9) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° novembre 1973, n. 687
10) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° novembre 1973, n. 689
11) Decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1973, n. 690
12) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° novembre 1973, n. 691 —
13) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 marzo 1974, n. 278
14) Decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279
15) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 marzo 1974, n. 280 —
16) Decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381
17) Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 469
18) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 marzo 1975, n. 470
19) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 marzo 1975, n. 471 —
20) Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 472
21) Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 473
22) Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474
23) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 marzo 1975, n. 475 —
24) Decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752
25) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 marzo 1977, n. 234
26) Decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235
27) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 19 ottobre 1977, n. 846
28) Decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58
29) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 31 luglio 1978, n. 570
30) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 31 luglio 1978, n. 571
31) Decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1978, n. 1017
32) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 gennaio 1980, n. 197 —
33) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 marzo 1981, n. 215
34) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 marzo 1981, n. 217
35) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 marzo 1981, n. 228
36) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 aprile 1982, n. 327 —
37) Decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89
38) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 21 marzo 1983
39) Decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 1984, n. 426
40) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 19 novembre 1987, n. 511
41) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 19 novembre 1987, n. 521
42) Decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526
43) Decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 527
44) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 15 luglio 1988, n. 301 —
45) Decreto del Presidente della Repubblica15 luglio 1988, n. 305
46) Decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574
47) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 15 luglio 1988, n. 575
48) Legge 30 novembre 1989, n. 386
49) Decreto legislativo 13 settembre 1991, n. 310
50) Decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 265
51) Decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266
52) DECRETO LEGISLATIVO 16 marzo 1992, n. 267 —
53) Decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268
54) Decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 133
56) DECRETO LEGISLATIVO 21 settembre 1995, n. 429
57) Decreto legislativo 24 luglio 1996, n. 434
58) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 novembre 1996
59) DECRETO LEGISLATIVO 9 settembre 1997, n. 354
60) DECRETO LEGISLATIVO 21 dicembre 1998, n. 495 —
61) DECRETO LEGISLATIVO 11 novembre 1999, n. 463
63) LEGGE COSTITUZIONALE 31 gennaio 2001, n. 2
64) Decreto legislativo 1° marzo 2001, n. 113
65) Decreto legislativo 16 maggio 2001, n. 260
66) Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 280
67) Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
68) DECRETO LEGISLATIVO 11 giugno 2002, n. 139
69) Decreto legislativo 15 aprile 2003, n. 118
70) DECRETO LEGISLATIVO 23 maggio 2005, n. 99
71) Decreto legislativo 6 giugno 2005, n. 120
72) DECRETO LEGISLATIVO 13 giugno 2005, n. 124
73) DECRETO LEGISLATIVO 12 aprile 2006, n. 168
74) Decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 245
75) Decreto legislativo 21 maggio 2007, n. 83
76) Legge 23 dicembre 2009 , n. 191
77) Decreto legislativo 19 novembre 2010 , n. 252
78) Decreto legislativo 21 gennaio 2011 , n. 11
79) Decreto legislativo 19 maggio 2011 , n. 92
80) Decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 166
81) Decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 172
82) Decreto legislativo 13 settembre 2012, n. 170
83) Decreto legislativo 5 marzo 2013, n. 28
84) Legge 23 dicembre 2014, n. 190
85) Decreto legislativo 29 aprile 2015, n. 75
86) Decreto legislativo 29 aprile 2015, n. 76
87) Decreto legislativo 13 gennaio 2016, n. 14
88) Decreto legislativo 4 novembre 2015, n. 186
89) Decreto legislativo 3 marzo 2016, n. 43
90) Decreto legislativo 3 marzo 2016, n. 46
91) Decreto legislativo 6 aprile 2016, n. 51
92) Decreto legislativo 7 luglio 2016, n. 146
93) Decreto legislativo 11 dicembre 2016, n. 239
94) Decreto legislativo 11 dicembre 2016, n. 240
95) Decreto legislativo 7 febbraio 2017, n. 16
96) Decreto legislativo 4 maggio 2017, n. 76
97) Decreto legislativo 19 maggio 2017, n. 77
Normativa provinciale
I Alpinismo
II Lavoro
A Mercato del lavoro
a) LEGGE PROVINCIALE 20 giugno 1980, n. 19
b) LEGGE PROVINCIALE 11 marzo 1986, n. 11
c) LEGGE PROVINCIALE 17 aprile 1986, n. 14
d) LEGGE PROVINCIALE 19 dicembre 1986, n. 33 —
e) LEGGE PROVINCIALE 17 agosto 1987, n. 24
f) LEGGE PROVINCIALE 11 maggio 1988, n. 17
g) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 6 dicembre 1988, n. 36
h) Legge provinciale 12 novembre 1992, n. 39
i) LEGGE PROVINCIALE 8 gennaio 1993, n. 1
j) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 5 ottobre 1993, n. 36
k) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 27 giugno 2006, n. 30
Art. 1 ( Comunicazioni in via elettronica)
Art. 2 (Supporto tecnico)
Art. 3 (Impossibilità di inoltro elettronico per cause imputabili all'Amministrazione)
Art. 4 (Graduazione nell'applicazione)
B Collocamento dei lavoratori
C Orientamento professionale
D Tutela tecnica del lavoro
III Miniere
IV Comuni e comunità comprensoriali
V Formazione professionale
VI Difesa del suolo - opere idrauliche
VII Energia
A Energia elettrica
a) Legge provinciale 30 agosto 1972, n. 18
b) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 23 marzo 1973, n. 16
c) LEGGE PROVINCIALE 11 giugno 1977, n. 16
Art. 1
Art. 2
Art. 3
Art. 4
Art. 5
Art. 6
Art. 7
Art. 8
Art. 9
d) LEGGE PROVINCIALE 24 gennaio 1978, n. 11
e) Legge provinciale 10 ottobre 1997, n. 14
f) LEGGE PROVINCIALE 9 gennaio 2003, n. 1 —
g) Legge provinciale 20 luglio 2006, n. 7
h) Legge provinciale 17 settembre 2013, n. 13
B Metanizzazione
C Risparmio energetico
VIII Finanze
A Partecipazioni provinciali
B Tributi provinciali
C Finanze locali
D Bilancio provinciale
E - Debito fuori bilancio
a) Legge provinciale 9 marzo 2016, n. 3
b) Legge provinciale 15 giugno 2016, n. 12
c) Legge provinciale 21 settembre 2016, n. 19
d) Legge provinciale 16 novembre 2016, n. 22
e) Legge provinciale 5 dicembre 2016, n. 24
Art. 1 (Debito fuori bilancio da sentenze)
Art. 2 (Legittimità)
Art. 3 (Entrata in vigore)
f) Legge provinciale 7 aprile 2017, n. 2
IX Turismo e industria alberghiera
X Assistenza e beneficenza
A Assistenza agli anziani
B Servizio consultoriale per le famiglie
C Asili nido - Assistenza domiciliare per l' infanzia
D Famiglia, donne e gioventù
E Provvidenze per le persone disabili
a) LEGGE PROVINCIALE 17 settembre 1973, n. 59 —
b) LEGGE PROVINCIALE 9 dicembre 1978, n. 65
c) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 11 agosto 1980, n. 23
d) LEGGE PROVINCIALE 16 agosto 1980, n. 33
e) Legge provinciale 30 giugno 1983, n. 20
f) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 15 dicembre 1989, n. 32
g) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 4 settembre 1990, n. 24
h) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 20 dicembre 1990, n. 35
i) LEGGE PROVINCIALE 8 aprile 1998, n. 3
j) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 10 agosto 2001, n. 46
k) Legge provinciale 21 maggio 2002, n. 7
l) Decreto del Presidente della Provincia 9 novembre 2009 , n. 54
m) Legge provinciale 14 luglio 2015, n. 7
F Interventi in materia di dipendenze
G Interventi per gli invalidi civili e le persone non autosufficienti
a) Legge provinciale 21 agosto 1978, n. 46
b) LEGGE PROVINCIALE 1° agosto 1980, n. 29
c) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 9 novembre 1981, n. 40
d) LEGGE PROVINCIALE 25 ottobre 1989, n. 9
e) Legge provinciale12 ottobre 2007, n. 9
H Assistenza economica di base
a) LEGGE PROVINCIALE 26 ottobre 1973, n. 69 —
b) LEGGE PROVINCIALE 14 dicembre 1974, n. 36 —
c) LEGGE PROVINCIALE 16 gennaio 1976, n. 4 —
d) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 18 maggio 1979, n. 25
e) LEGGE PROVINCIALE 23 luglio 1982, n. 26 —
Art. 1
Art. 2
Art. 3
Art. 4
Art. 5
Art. 6
Art. 7
Art. 8
Art. 9
Art. 10
Art. 11-12.
Art. 13
f) Decreto del Presidente della Provincia 18 marzo 2014, n. 5
I Cooperazione allo sviluppo
a) LEGGE PROVINCIALE 19 marzo 1991, n. 5 —
Art. 1 (Finalità)
Art. 2 (Attività)
Art. 3 (Interventi straordinari)
Art. 4 (Assistenza tecnica)
Art. 5 (Promozione del volontariato)
Art. 6 (Formazione professionale ed esperienze lavorative)
Art. 7
Art. 8 (Personale)
Art. 9
Art. 10-11.
b) Legge provinciale 28 ottobre 2011, n. 12
c) Decreto del Presidente della Provincia 15 ottobre 2012, n. 35
J Servizi sociali
a) Legge provinciale 30 aprile 1991, n. 13
b) LEGGE PROVINCIALE 10 dicembre 1992, n. 43 —
c) DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 24 maggio 1994, n. 2808
c) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 11 agosto 2000, n. 30
d) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 7 febbraio 2007, n. 14
e) Decreto del Presidente della Provincia 10 settembre 2009 , n. 42
f) Decreto del Presidente della Provincia 20 luglio 2011 , n. 28
g) Decreto del Presidente della Provincia 4 gennaio 2012, n. 1
h) Decreto del Presidente della Provincia 3 giugno 2013, n. 13
Art. 1 (Finalità)
Art. 2 (Campo di applicazione)
Art. 3 (Prescrizioni relative alla richiesta di pagamento della partecipazione tariffaria)
Art. 4 (Anticipazione a cura del comune)
Art. 5 (Scelta e incarico dell'avvocato)
Art. 6 (Partecipazione dei Comuni alle decisioni
dei gestori riguardanti la proposizione della domanda giudiziale o il procedimento per la riscossione coattiva)
Art. 7 (Partecipazione dei comuni alle decisioni rilevanti dei gestori riguardanti la controversia)
Art. 8 (Obblighi di diligenza dei gestori, comuni
ed avvocati)
Art. 8/bis (Contratto ospite-struttura e domanda di ammissione
)
Art. 9 (Assunzione delle spese procedurali e
degli onorari)
Art. 10 (Restituzione degli importi anticipati)
Art. 11 (Restituzione della partecipazione tariffaria
al comune)
Art. 12 (Convenzioni)
(articolo 8, comma 1)
Clausole contrattuali per l’ammissione a tempo determinato(articolo 8, comma 1/bis)
Art. 13 (Entrata in vigore)
i) Decreto del Presidente della Provincia 7 agosto 2017, n. 26
K Previdenza integrativa
L Volontariato
M Emigrati
XI Esercizi pubblici
XII Usi civici
XIII Ordinamento forestale
XIV Igiene e sanità
A Servizio sanitario
a) LEGGE PROVINCIALE 23 agosto 1973, n. 28
b) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 5 dicembre 1975, n. 55
c) LEGGE PROVINCIALE 25 giugno 1976, n. 25 —
d) LEGGE PROVINCIALE 17 gennaio 1977, n. 1
e) LEGGE PROVINCIALE 3 settembre 1979, n. 12
f) Legge provinciale 2 gennaio 1981, n. 1
g) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 14 luglio 1981, n. 25
h) Legge provinciale 12 gennaio 1983, n. 3
i) Legge provinciale 21 giugno 1983, n. 18
j) LEGGE PROVINCIALE 28 giugno 1983, n. 19
k) LEGGE PROVINCIALE 18 agosto 1983, n. 30
l) LEGGE PROVINCIALE 17 aprile 1986, n. 15
m) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 20 ottobre 1986, n. 20
n) Legge provinciale 17 agosto 1987, n. 21
o) LEGGE PROVINCIALE 12 maggio 1988, n. 19
p) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 21 novembre 1988, n. 34
q) Legge provinciale 22 novembre 1988, n. 51
r) LEGGE PROVINCIALE 10 aprile 1991, n. 8
s) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 13 aprile 1992, n. 16
t) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 13 aprile 1992, n. 17
u) LEGGE PROVINCIALE 29 luglio 1992, n. 30 —
v) LEGGE PROVINCIALE 10 novembre 1993, n. 22
w) LEGGE PROVINCIALE 19 dicembre 1994, n. 13
x) Legge provinciale 2 maggio 1995, n. 10
y) LEGGE PROVINCIALE 13 novembre 1995, n. 22 —
z) Legge provinciale 9 giugno 1998, n. 5
z) DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 19 luglio 1982, n. 4289
a') DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 10 agosto 1999, n. 48
b') Legge provinciale 4 gennaio 2000, n. 1
c') Legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7
d') DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 16 agosto 2001, n. 48
e') Legge provinciale 5 novembre 2001, n. 14
f') Decreto del Presidente della Provincia 11 ottobre 2002, n. 40
g') LEGGE PROVINCIALE 2 ottobre 2006, n. 9
h') DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 18 gennaio 2007, n. 11 —
i') Decreto del Presidente della Provincia 30 marzo 2011 , n. 14
j') Decreto del Presidente della Provincia 18 giugno 2013, n. 16
k') Decreto del Presidente della Provincia 24 ottobre 2013, n. 30
l') Decreto del Presidente della Provincia 30 ottobre 2013, n. 34
m') Decreto del Presidente della Provincia 18 novembre 2013, n. 37
n') Legge provinciale 19 giugno 2014, n. 4
Art. 1 (Modifica della , “Riordinamento del servizio sanitario provinciale” e norma finanziaria)
Art. 2
(
Norma transitoria
)
Art. 3
(
Entrata in vigore
)
o') Decreto del Presidente della Provincia 25 luglio 2014, n. 26
p') Legge provinciale 19 maggio 2015, n. 5
q') Legge provinciale 21 aprile 2017, n. 3
r') Legge provinciale 21 aprile 2017, n. 4
s') Decreto del Presidente della Provincia 26 giugno 2017, n. 21
t') Decreto del Presidente della Provincia 7 agosto 2017, n. 27
u') Decreto del Presidente della Provincia 7 agosto 2017, n. 28
B Medicina preventiva-assistenza sanitaria
C Igiene
D Piano sanitario provinciale
E Salute mentale
a) LEGGE PROVINCIALE 25 agosto 1976, n. 37
b) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 9 marzo 1977, n. 11
F Accordi di lavoro
G - Emergenza sanitaria – COVID-19
XV Utilizzazione acque pubbliche
XVI Commercio
XVII Artigianato
XVIII Libro fondiario e catasto
XIX Caccia e pesca
XX Protezione antincendi e civile
A Prevenzione incendi
B Servizio antincendi e protezione civile
a) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 7 dicembre 2000, n. 49
Art. 1 (Ambito di applicazione)
Art. 2 (Termini)
b) Legge provinciale 18 dicembre 2002, n. 15
c) Decreto del Presidente della Provincia 11 settembre 2003, n. 36
d) Decreto del Presidente della Provincia 21 luglio 2009 , n. 33
e) Decreto del Presidente della Provincia 27 settembre 2010 , n. 31
f) Legge provinciale 15 maggio 2013, n. 7
g) Decreto del Presidente della Provincia 5 dicembre 2014, n. 31
h) Decreto del Presidente della Provincia 4 dicembre 2015, n. 32
i) Decreto del Presidente della Provincia 21 febbraio 2017, n. 4
C Provvidenze in caso di calamità
XXI Scuole materne
XXII Cultura
XXIII Uffici provinciali e personale
XXIV Tutela del paesaggio e dell' ambiente
XXV Agricoltura
XXVI Apprendistato
XXVII Fiere e mercati
XXVIII Lavori pubblici, servizi e forniture
XXIX Spettacoli pubblici
XXX Territorio e paesaggio
XXXI Contabilità
XXXII Sport e tempo libero
XXXIII Viabilità
XXXIV Trasporti
XXXV Istruzione
XXXVI Patrimonio
XXXVII Attività economiche
XXXVIII Edilizia abitativa agevolata
XXXIX Leggi di contenuto vario (Omnibus)
a) Legge provinciale 10 giugno 2008, n. 4
b) Legge provinciale 22 gennaio 2010, n. 1
c) Legge provinciale 22 gennaio 2010, n. 2
d) Legge provinciale 17 gennaio 2011, n. 1
e) Legge provinciale 13 maggio 2011, n. 3
f) Legge provinciale 21 giugno 2011, n. 4
g) Legge provinciale 12 dicembre 2011, n. 14
h) Legge provinciale 8 marzo 2013, n. 3
i) Legge provinciale 19 luglio 2013, n. 9
j) Legge provinciale 19 luglio 2013, n. 10
k) Legge provinciale 19 luglio 2013, n. 11
l) Legge provinciale 17 settembre 2013, n. 16
m) Legge provinciale 26 settembre 2014, n. 7
n) Legge provinciale 26 settembre 2014, n. 8
o) Legge provinciale 16 ottobre 2014, n. 9
p) Legge provinciale 23 ottobre 2014, n. 10
q) Legge provinciale 26 gennaio 2015, n. 1
r) Legge provinciale 14 luglio 2015, n. 8
s) Legge provinciale 12 ottobre 2015, n. 14
t) Legge provinciale 24 maggio 2016, n. 10
u) Legge provinciale 12 luglio 2016, n. 15
v) Legge provinciale 18 ottobre 2016, n. 21
w) Legge provinciale 6 luglio 2017, n. 8
Delibere della Giunta provinciale
2024
2023
2022
2021
2020
2019
2018
2017
2016
2015
2014
2013
Delibera 14 gennaio 2013, n. 46
Delibera 21 gennaio 2013, n. 103
Allegato A
Delibera 28 gennaio 2013, n. 112
Delibera 28 gennaio 2013, n. 134
Delibera 4 febbraio 2013, n. 186
Delibera 11 febbraio 2013, n. 195
Delibera 11 febbraio 2013, n. 210
Delibera 11 febbraio 2013, n. 236
Delibera 18 febbraio 2013, n. 249
Delibera 18 febbraio 2013, n. 254
Delibera 25 febbraio 2013, n. 303
Delibera 11 marzo 2013, n. 378
Delibera 11 marzo 2013, n. 384
Delibera 18 marzo 2013, n. 397
Delibera 25 marzo 2013, n. 445
Delibera 25 marzo 2013, n. 453
Delibera 2 aprile 2013, n. 499
Delibera 15 aprile 2013, n. 554
Delibera 22 aprile 2013, n. 612
Delibera 6 maggio 2013, n. 640
Delibera 13 maggio 2013, n. 696
Delibera 21 maggio 2013, n. 745
Delibera 10 giugno 2013, n. 875
Delibera 17 giugno 2013, n. 913
Delibera 24 giugno 2013, n. 954
Delibera 1 luglio 2013, n. 976
Delibera 8 luglio 2013, n. 1034
Delibera 8 luglio 2013, n. 1049
Delibera 22 luglio 2013, n. 1094
Delibera 22 luglio 2013, n. 1116
Delibera 26 agosto 2013, n. 1190
Delibera 26 agosto 2013, n. 1191
Delibera 2 settembre 2013, n. 1301
Delibera 30 settembre 2013, n. 1406
Delibera 30 settembre 2013, n. 1414
Delibera 30 settembre 2013, n. 1416
Delibera 7 ottobre 2013, n. 1456
Delibera 14 ottobre 2013, n. 1519
Delibera 14 ottobre 2013, n. 1524
Delibera 14 ottobre 2013, n. 1529
Delibera 21 ottobre 2013, n. 1596
Allegato
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T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 292 del 21.07.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 295 del 21.07.1997
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 296 vom 21.07.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 300 del 30.07.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 302 del 30.07.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 303 del 30.07.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 304 del 30.07.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 306 del 30.07.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 307 del 31.07.1997
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 308 vom 31.07.1997
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 315 vom 05.08.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 358 del 28.08.1997
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 373 vom 01.09.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 375 del 03.09.1997
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 382 vom 29.09.1997
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 383 vom 29.09.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 385 del 29.09.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 392 del 30.09.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 407 del 08.10.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 460 del 22.10.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 469 del 31.10.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 476 del 06.11.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 489 del 17.11.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 494 del 18.11.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 496 del 18.11.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 499 del 19.11.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 515 del 28.11.1997
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 521 vom 28.11.1997
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 542 vom 15.12.1997
Verwaltungsgericht Bozen - Beschluß Nr. 8 vom 16.12.1997
T.A.R. di Bolzano - Ordinanza N. 10 del 22.12.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 567 del 22.12.1997
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 572 del 23.12.1997
1996
1989
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