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In vigore al: 18/08/2017

Corte costituzionale - Sentenza N. 139 del 26.03.1990
Sistema statistico nazionale

Sentenza (7 marzo) 26 marzo 1990 n. 139; Pres. Saja - Red. Baldassarre
 
Ritenuto in fatto: 1. Le Regioni a statuto ordinario Toscana ed Emilia-Romagna, le Province autonome di Bolzano e di Trento, nonché la Regione a statuto speciale Trentino-Alto Adige e la Regione a statuto ordinario Lombardia hanno presentato distinti ricorsi con i quali sollevano numerose questioni di legittimità costituzionale nei confronti di vari articoli del d.lgs. 6 settembre 1989 n. 322, intitolato « Norme sul sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'art. 24 l. 23 agosto 1988 n. 440 ».
Le Province autonome di Bolzano e di Trento, oltreché la Regione Trentino-Alto Adige, contestano la legittimità costituzionale dell'art. 5 comma 1, in quanto lederebbe le competenze assicurate alla Regione dagli artt. 4, 5 e 16 e alle Province degli artt. 8, 9 e 16 st. spec. Trentino-Alto Adige e dalle relative norme in attuazione (spec. d.P.R. 31 luglio 1978 n. 1017; d.P.R. 24 marzo 1981 n. 228 e d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474), anche in riferimento agli artt. 13, 14, 15 e 16 l. 11 marzo 1972 n. 118.Ad avviso delle ricorrenti - posto che l'informazione statistica costituisce un « potere implicito » nelle competenze materiali ad esse assegnate e che, pertanto, rientra fra le potestà di livello primario come « potere statistico » esplicitamente riconosciuto da varie norme di attuazione e concretamente esercitato, fra l'altro, con la costituzione di istituti provinciali di statistica -, una disposizione di legge statale, la quale afferma che « spetta a ciascuna Regione ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano istituire con propria legge uffici di statistica » (art. 5 comma 1), appare contrastare con le norme costituzionali che attribuiscono alle ricorrenti stesse i medesimi poteri, non potendo questi essere attribuiti o tolti con leggi ordinarie.
La Regione Emilia-Romagna dubita della legittimità costituzionale dell'art. 5 comma 2, il quale riafferma la competenza del Consiglio dei Ministri sugli atti di indirizzo e coordinamento ai sensi dell'art. 2 comma 3 lett. d) l. n. 400 del 1988, al fine di « assicurare unicità di indirizzo dell'attività statistica di competenza delle Regioni e delle Province autonome », in quanto, in contrasto con gli artt. 117 comma 1, e 118 comma 1 Cost., istituirebbe un potere governativo di indirizzo e coordinamento assolutamente generico e indeterminato, lesivo del principio di legalità ed invasivo delle competenze regionali per la totale mancanza di interessi pubblici cui finalizzare quella funzione. Più in particolare, la Regione osserva che, se la previsione della l. n. 400 del 1988 poteva essere interpretata come norma procedurale e non innovativa (v. sent. n. 242 del 1989), ciò non sarebbe più possibile in relazione alla legge impugnata, cioè a una legge di settore che, se non si riferisse alla concreta istituzione di poteri di indirizzo e coordinamento, risulterebbe, per la parte considerata, del tutto vuota di contenuto normativo. Se così fosse, continua la Regione, i relativi poteri sarebbero illegittimi in quanto assolutamente generici e indeterminati, dato che l'art. 5 comma 2, non ne determina l'oggetto e la portata, limitandosi a stabilirne la finalizzazione in modo che, peraltro, appare illegittimamente preclusivo di autonomi indirizzi regionali laddove esige una « unicità » di indirizzo. Ma, conclude la Regione, anche se si limitasse a richiedere un livello minimo di unicità di indirizzo, la norma impugnata sarebbe egualmente illegittima in quanto il potere così conferito sarebbe del tutto privo di riferimenti oggetti vi a discapito di quelle esigenze di legalità dell'esercizio per via amministrativa della funzione di indirizzo e coordinamento riconosciute da questa Corte sin dalla sent. n. 150 del 1982. Del resto, aggiunge la ricorrente, posto che le scelte politico-amministrative sono riservate al programma statistico nazionale e le scelte tecniche all'ISTAT, non vi sarebbe oggettivamente spazio per alcuna funzione di indirizzo e coordinamento da svolgere nei confronti delle Regioni.
Oggetto di varie censure è anche l'art. 3, nei commi 3, 4 e 5. La Regione Trentino-Alto Adige dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3 comma 3, in riferimento agli artt. 4 nn. 7 e 8, 5 n. 1, e 16 st. spec. per il Trentino-Alto Adige e alle relative norme di attuazione (spec. art. 2 d.P.R. 31 luglio 1978 n. 1017; art. 2 d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474). Secondo la ricorrente, la disposizione impugnata - nello stabilire che le attività e le funzioni degli uffici statistici sono regolate dalla l. 16 novembre 1939 n. 1823 e che « entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto gli enti locali, ivi comprese le unità sanitarie locali che non vi abbiano ancora provveduto, istituiscono l'ufficio di statistica anche in forma associata o consortile » e nel disporre analogo obbligo con effetto immediato per i Comuni con più di centomila abitanti - lederebbe le competenze legislative della Regione a disciplinare l'ordinamento delle USL, delle Camere di commercio e dei Comuni, non trattandosi di norme di principio in grado di vincolare le competenze concorrenti (Comuni) e, tantomeno, quello esclusive. Le Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna impugnano, inoltre, l'art. 3 comma 4, il quale dispone che le Prefetture assicurino « il coordinamento, il collegamento e l'interconnessione a livello provinciale di tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta e alla elaborazione dei dati statistici »: per la prima, tale disposizione escluderebbe le Regioni dal loro ruolo naturale di sedi di coordinamento a livello regionale e locale e precluderebbe alle stesse la possibilità di disporre dei dati statistici; per la seconda, invece, l'illegittimità non risiederebbe nella previsione del coordinamento e della interconnessione delle fonti pubbliche, ma piuttosto nell'omissione di procedure consensuali per la determinazione delle relative direttive quando queste ultime riguardino fonti regionali o rappresentate da enti operanti in materia di competenza regionale. Infine, la sola Regione Emilia-Romagna chiede l'annullamento anche dell'art. 3 comma 5, il quale, nel disporre che gli uffici di statistica prima indicati (e quindi anche quelli dei Comuni e delle USL) esercitano le proprie attività secondo le direttive e gli atti di indirizzo emanati dal Comitato di coordinamento dell'ISTAT, escluderebbe il potere della Regione di dettare norme e indirizzi per le indagini statistiche di proprio interesse.
Tutte le ricorrenti contestano la legittimità costituzionale dell'art. 21 lett. c), che, nel definire gli oggetti degli atti di indirizzo di cui all'art. 17 stesso d.lgs., vi include anche « i criteri organizzativi e la funzionalità » degli enti e degli uffici statistici facenti parte del sistema statistico nazionale, e quindi di quelli delle Regioni (o delle Province autonome) o, comunque, assoggettati alle competenze di queste stesse. Tuttavia, anche se tutte le ricorrenti lamentano in sostanza l'esorbitanza dei poteri così definiti dai confini del c.d. indirizzo e coordinamento tecnico, molte di esse impugnano il citato art. 21 lett. c), in combinato disposto con altre norme.
Le Regioni Emilia-Romagna e Toscana ritengono che a ledere le proprie competenze in materia di ordinamento degli uffici regionali (art. 117 Cost.) sia il citato art. 21 lett. c), in connessione con l'art. 17 comma 6 (il quale dispone che il Comitato dell'ISTAT emana atti di indirizzo nei confronti degli uffici facenti parte del Servizio statistico nazionale ) e con l'art. 15 comma 1 lett. c) (secondo il quale l'ISTAT provvede all'indirizzo e al coordinamento delle attività statistiche degli enti e degli uffici facenti parte del Servizio statistico nazionale). Secondo tali Regioni, la lesione dell'autonomia costituzionale ad esse garantita deriverebbe dal fatto che il complesso di norme ora indicate farebbe riferimento non solo alle metodologie statistiche, ma anche all'organizzazione degli uffici come tali, senza che possa intravvedersi a giustificazione di simile ingerenza alcun apprezzabile interesse unitario. Con analoghe argomentazioni la Regione Lombardia impugna le medesime disposizioni, cui aggiunge anche l'art. 21 lett. a e b), che, estendendo l'ambito degli indirizzi in questione agli « atti di esecuzione del programma statistico nazionale » e alle « iniziative per l'attuazione del predetto programma », concorrerebbe a configurare un potere di indirizzo e coordinamento politico-amministrativo contrastante con i requisiti costituzionali, e in particolare con l'esigenza che a determinarne il contenuto sia il Governo, con il principio di legalità e con il carattere non di dettaglio dei relativi indirizzi. Con motivi dello stesso tipo le Province autonome di Bolzano e di Trento contestano la legittimità costituzionale dell'art. 21 lett. c) - come pure la Regione Trentino-Alto Adige, che, però, l'impugna in combinato disposto con gli artt. 3 comma 5, e 17 comma 6 - invocando, ovviamente, parametri diversi, quali gli artt. 8, 9 e 16 (Province) e 4 nn. 1, 7 e 8, 5 n. 1 e 16 (Regione) dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione, oltreché gli artt. 13, 14, 15 e 16 l. n. 118 del 1972.
Gli stessi parametri da ultimo menzionati sarebbero violati, a giudizio delle Province di Trento e di Bolzano e della Regione Trentino-Alto Adige, anche dall'art. 26 comma 1, che impone alle amministrazioni e agli enti previsti negli artt. 3 e 4 - e quindi anche alle Province, ai Comuni, alle Camere di commercio e alle USL - di inviare entro tre mesi una relazione alla Presidenza del Consiglio sulla situazione degli uffici statistici esistenti e di provvedere, entro i successivi tre mesi, alla riorganizzazione o alla istituzione di uffici statistici, anche sulla base delle eventuali direttive della Presidenza del Consiglio. Ove questa disposizione, come sembrerebbe dal suo collegamento con l'art. 3, intendesse radicare nella predetta Presidenza un potere di direttiva relativo alla riorganizzazione o alla istituzione di uffici statistici rientranti nei campi di competenza delle ricorrenti, essa sarebbe incostituzionale in quanto lesiva dei poteri delle stesse ricorrenti sull'ordinamento dei propri uffici e sulla svolgimento delle attività statistiche di loro interesse (poteri, peraltro, già esercitati), nonché dei requisiti costituzionali propri della funzione governativa di indirizzo e coordinamento (nel caso che così venisse definito quel potere di direttiva vincolante e puntuale).
La Regione Toscana contesta la legittimità costituzionale dell'art. 15 comma 1 lett. d), in quanto, nel sottoporre gli uffici regionali di statistica alla valutazione da parte dell'ISTAT circa « l'adeguatezza dell'attività di detti enti agli obiettivi del programma statistico nazionale », violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost.
Le Regioni Toscana e Lombardia contestano la legittimità costituzionale dell'art. 9, il quale dispone che i dati raccolti dagli uffici statistici facenti parte del Sistema statistico nazionale « non possono essere comunicati, se non in forma aggregata sulla base di dati individui non nominativi, ad alcun soggetto esterno, pubblico o privato, né ad alcun ufficio della pubblica amministrazione ». Ove tale disposizione dovesse essere riferita anche agli uffici statistici delle Regioni (come, per la verità, sembrerebbe escluso dall'art. 21 lett. d, che richiama soltanto il rispetto del segreto d'ufficio ex art. 8, e non già i limiti di cui all'art. 9, nell'interscambio dei dati fra gli uffici facenti parte del Servizio statistico nazionale), risulterebbero lese le potestà regionali in materia statistica, in quanto, se le Regioni potessero ricevere dall'ISTAT solo dati aggregati, ne deriverebbe l'impossibilità per le stesse di effettuare qualsiasi autonoma elaborazione avente come base necessaria i dati individuali o aggregazioni di questi diverse da quelli effettuate dall'ISTAT per i suoi fini.
Alcune questioni concernono, poi, il principio di cooperazione fra Stato e Regioni in materia di competenza statale interferenti con materie riservate alle Regioni stesse. La sola Regione Emilia-Romagna contesta la legittimità costituzionale dell'art. 13 commi 3 e 4, « in quanto, a fronte del pieno inserimento delle Regioni nel programma statistico nazionale e nella sua attuazione, non garantisce la collaborazione e la partecipazione regionale nella fase di formazione e approvazione del programma stesso ». Secondo la ricorrente, infatti, la mancanza della garanzia di « una misura di partecipazione e di collaborazione » dei soggetti regionali nella predetta fase darebbe vita a un sistema gravemente sbilanciato dato che le Regioni si troverebbero a non poter influire in nessun modo sulle decisioni relative alle indagini statistiche anche inerenti alle materie di loro interesse e attribuzione, nonché sulle decisioni relative all'attuazione delle stesse indagini, attuazione cui pur esse sono chiamate a partecipare. Le Regioni Toscana e Lombardia contestano la legittimità costituzionale dell'art. 17 comma 2, il quale, nel definire la composizione del Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica, prevede, in un Collegio di ventidue membri (di cui quattordici di estrazione statale), un solo rappresentante regionale, designato dalla Conferenza permanente per i rapporti fra Stato e Regioni. Secondo le ricorrenti, si avrebbe, così, un evidente e assurdo squilibrio - dato che la rappresentanza regionale sarebbe pari a un terzo di quella assicurata all'associazione dei Comuni e un quinto di quella complessiva degli enti locali - che si tradurrebbe in una lesione della posizione costituzionale delle Regioni, le quali dovrebbero avere un ruolo primario nel sistema nazionale e sarebbero comunque colpite dalle determinazioni del Comitato di cui di discute.
Infine, la Regione Toscana impugna l'art. 26 comma 3, il quale, con l'escludere i finanziamenti necessari per l'istituzione degli uffici statistici imposti dall'art. 5 del medesimo decreto legislativo, contravverrebbe ai princìpi stabiliti dagli artt. 119 e 81 comma 4 Cost., palesando, fra l'altro, un irragionevole contrasto all'interno dello stesso complesso normativo.
2. Si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri per chiedere che alcune questioni siano dichiarate inammissibili e altre non fondate.
Riguardo alle censure mosse all'art. 5 comma 1, dalle Province di Trento e di Bolzano, nonché dalla Regione Trentino-Alto Adige, l'Avvocatura dello Stato contesta, in generale, che si possa parlare, se non in poche situazioni, di esercizio di una pubblica funzione o di un potere in materia statistica o, addirittura, di una attribuzione costituzionalmente garantita alle Regioni o alle Province autonome, trattandosi piuttosto di un servizio integrato in una rete nazionale e internazionale, che, pertanto, presupporrebbe un'elaborazione di metodi e di classificazioni diretta a un più informato esercizio delle proprie competenze materiali e ad assicurare l'imparzialità tecnica del servizio e la compatibilita dei dati raccolti dalle Regioni (o dalle Province autonome) con quelli nazionali e internazionali. Ciò posto come premessa generale, l'Avvocatura ritiene che sia inammissibile la questione relativa all'art. 5 comma 1. in quanto si risolverebbe in una questione di interpretazione, e perciò non attuale », che, peraltro, sarebbe agevolmente risolvibile in base al parere reso dalla Prima Commissione della Camera dei deputati, secondo il quale l'articolo impugnato « deve essere inteso nel senso che le Regioni e le Province autonome non sono obbligate a istituire gli uffici in questione, ma che, qualora intendano provvedere in tal senso, debbono farlo con legge ». Tanto più ciò vale, secondo l'Avvocatura, in quanto le ricorrenti non porrebbero una questione di portata generale in tema di posizione ad opera dello Stato di norme sulla produzione legislativa delle Regioni e Province autonome, nel senso che non sosterrebbero che « al legislazione statale ordinario sarebbe inibito porre disposizioni che comunque abbiano ad ampliare od a confermare od a comprimere l'ambito di competenza legislativa delle Regioni e Province autonome ». In ogni caso, la questione proposta dalle ricorrenti sarebbe, per l'Avvocatura, infondata, dato che l'art. 5 comma 1, non contrasterebbe con nessuno dei parametri invocati, alcuni dei quali (artt. 10 d.P.R. n. 1017 e 1, 2 e 3 d.P.R, n. 228 del 1981), anzi, avrebbero in qualche misura anticipato i criteri organizzativi del « sistema statistico nazionale ».
Sulla questione posta dalla Regione Emilia-Romagna riguardo all'art. 5 comma 2, l'Avvocatura dello Stato replica che essa sarebbe, per un verso, inammissibile, in quanto, nel censurare la totale mancanza di un interesse nazionale a giustificazione della prevista funzione di indirizzo e coordinamento, sembrerebbe richiedere un requisito di « utilità prevedibile » dell'esercizio della stessa; per altro verso, sarebbe comunque infondata, poiché la disposizione impugnata non creerebbe, essa stessa, la funzione di indirizzo e coordinamento (basata, com'è noto, sulla Costituzione) ma ne specificherebbe oggetto e finalità, identificando, il primo, nell'attività statistica e, le seconde, nel « sistematico collegamento e (nell'interconnessione di tutte le fonti pubbliche » (come si esprime la legge di delega, all'art. 24 comma 1 lett. a), e lo stesso art. 1 del decreto impugnato).
L'Avvocatura dello Stato contesta la fondatezza della richiesta di illegittimità costituzionale avanzata dalla Regione Trentino-Alto Adige nei confronti dell'art. 3 comma 3, basandosi sul rilievo che le attività statistiche delle Camere di commercio, come quelle dei Comuni e delle USL, sarebbero, ai sensi dell'art. 10 d.P.R, n. 1017 del 1978, « delegate » alle Province di Trento e di Bolzano, che le esercitano mediante propri uffici, dei quali « si avvale » l'ISTAT. Quanto alle censure mosse dalle Regioni Emilia-Romagna e Lombardia all'art. 3 comma 4, l'Avvocatura dello Stato ritiene che siano infondate, dal momento che le disposizioni impugnate affiderebbero alle Prefetture un ruolo palesemente esecutivo o, al più, di vigilanza, diretto ad assicurare che, al livello provinciale, « il coordinamento, il collegamento e l'interconnessione » siano in concreto realizzati ed attuati nei modi e nella misura indicati dal Governo o dall'ISTAT. Sicché apparirebbero ingiustificate tanto la richiesta di un inserimento additivo di un'intesa con la Regione, quanto la pretesa che siano le Regioni a coordinare l'intera attività statistica di livello regionale o locale e a gestire i relativi dati. Identica conclusione dovrebbe valere, secondo l'Avvocatura, per l'art. 3 comma 2, che prevedrebbe un potere di indirizzo ricompreso nel più penetrante potere di direttiva vincolante di cui all'art. 17 (peraltro non impugnato, sotto questo aspetto, dalla Regione Emilia-Romagna) e giustificabile costituzionalmente con gli stessi argomenti che questa Corte ha più volte usato, per quanto riguarda le USL, in ordine alle strutture operative del Servizio sanitario nazionale.
Riguardo alle contestazioni mosse dalle Regioni Toscana ed Emilia-Romagna relativamente all'art. 21 lett. c), in connessione con gli artt. 15 comma 1 lett. c), e 17 comma 6, l'Avvocatura dello Stato osserva che la nozione di indirizzo e coordinamento « tecnico » non potrebbe esaurirsi nell'incidenza sulle metodologie, poiché l'applicazione di queste ultime potrebbe pervenire a risultati sterili o ingannevoli per effetto di disarmonie organizzative o funzionali: tra « procedure tecniche » ed « organizzazioni » vi sarebbe, infatti, un collegamento strettissimo, dato che il « buon andamento » di un'attività, come quella statistica, per sua natura oggettiva e non frazionabile (nel senso che una parte condiziona il tutto), coinvolgerebbe necessariamente le une e l'altra. In ogni caso, precisa l'Avvocatura replicando alle analoghe censure della Regione Lombardia, l'art. 21 lett. e), deve essere raccordato con l'art. 17 comma 6, che opera una separazione fra i destinatari delle « direttive » e quelli degli « atti di indirizzo », e con l'art. 5 commi 2 e 3, che « filtra » la norma impugnata nel duplice senso degli indirizzi politico-amministrativi e di quelli tecnici. Inoltre, nel respingere la censura della Lombardia all'art. 21 comma 1 lett. a) e b), l'Avvocatura aggiunge che, fermo restando che i « vincoli » discendono dal programma, con la disposizione impugnata si intende stabilire l'interesse di chi formula il programma con le indisgiungibili fasi dell'attuazione e dell'esecuzione dello stesso. Con argomenti analoghi a quelli formulati in replica alle Regioni appena considerate, l'Avvocatura dello Stato respinge anche le censure proposte dalle Province di Trento e di Bolzano e dalla Regione Trentino-Alto Adige, aggiungendo, in particolare, che direttive « eccedenti il carattere tecnico » sono già previste dall'art. 10 delle norme di attuazione contenute nel d.P.R, n. 1017 del 1978, che, anzi, restringerebbe ancor di più lo spazio a favore delle ricorrenti.
Del pari infondata sarebbe la censura proposta dalla Regione Toscana contro l'art. 15 comma 1 lett. d), nel quale sarebbero previste solo attività meramente conoscitive, e non provvedimentali, vòlte tutt'al più, a innescare iniziative governative.
Quanto alle censure prospettate dalle Province di Trento e di Bolzano e dalla Regione Trentino-Alto Adige verso l'art. 26 comma 1, l'Avvocatura osserva che, a parte l'inammissibilità di censure riguardanti disposizioni già contenute in nuce nella norma di delega (art. 24 l. n. 400 del 1988), esse sarebbero infondate in quanto l'insieme dell'art. 24 cit. e di quello ora impugnato costituirebbe un'importante riforma, ispirata ad esigenze oggettivamente unitarie e non frazionabili.
Riguardo alle censure mosse dalle Regioni Toscana e Lombardia all'art. 9, l'Avvocatura osserva che tale articolo, il quale è posto a difesa del segreto statistico, non è fondatamente sospettabile d'illegittimità costituzionale, tanto più che una cosa sono le disaggregazioni anche particolareggiate e altra cosa la normatività dei dati.
Relativamente alla pretesa lesione del principio di cooperazione prospettata dalla Regione Emilia-Romagna in ordine all'art. 13 commi 3 e 4, l'Avvocatura osserva che essa sarebbe, innanzitutto, inammissibile, in quanto chiede una pronuncia additiva diretta a introdurre un « meccanismo idoneo » a rappresentare le istanze regionali senza precisare quale sia, fra i molti ipotizzabili, quello ipoteticamente conforme a Costituzione. In ogni caso, la questione sarebbe infondata, in quanto, rispetto al Programma statistico nazionale, che concerne le rilevazioni giustificate da un interesse infrazionabile e gli obiettivi generali del sistema statistico nazionale, la partecipazione regionale potrebbe essere utile (ma non necessaria) nella fase della « predisposizione » dello stesso da parte dell'ISTAT, mentre dovrebbe escludersi nella fase di approvazione, di esclusiva spettanza dello Stato, quale espressione unitaria della collettività nazionale anche nei rapporti internazionali.
Anche le censure formulate dalla Toscana e dalla Lombardia avverso l'art. 17 comma 2, a parere dell'Avvocatura, sarebbero, innanzitutto, inammissibili, in quanto si risolverebbero in una richiesta di rideterminare la quantità dei rappresentanti in seno al Comitato ivi previsto. In ogni caso, esse sarebbero anche infondate, in quanto non si potrebbe individuare alcuna norma costituzionale a sostegno della pretesa irragionevolezza della norma impugnata.
Non fondata, secondo l'Avvocatura, sarebbe pure la questione relativa all'art. 26 comma 3, proposta dalla Regione Toscana, in quanto l'attività statistica delle Regioni sarebbe, per queste ultime, attività « normale », ai sensi dell'art. 119 comma 2 Cost. Essa, però, sarebbe pure inammissibile, sia perché quella impugnata sarebbe una mera certificazione burocratica, sia perché gli oneri « non addossati allo Stato » sarebbero quelli stanziati per il funzionamento dell'ISTAT, sia perché sarebbe frutto di aberratio ictus.
3. In prossimità dell'udienza hanno presentato memorie le Regioni Toscana, Lombardia, Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, le quali, oltre a ribadire quanto già prospettato nei primi scritti difensivi, formulano nuovi argomenti.
Riguardo alla censura relativa all'art. 5 comma 1, le Province autonome di Trento e di Bolzano precisano che la reiterazione o la conferma di un'attribuzione di competenza, già prevista da norme costituzionali, ad opera di disposizioni di legge ordinaria, configurerebbero un vizio di costituzionalità, in quanto presuppongono chiaramente il potere del legislatore ordinario di disporre della competenza regionale o provinciale stabilita con legge costituzionale.
In replica agli argomenti addotti dall'Avvocatura dello Stato contro le contestazioni mosse all'art. 3 comma 4, la Regione Lombardia osserva che la difesa del Governo trascurerebbe di considerare, per un verso, che le Prefetture non possono essere titolari di poteri di indirizzo e di coordinamento e, per altro verso, che le Regioni, in virtù del « potere implicito » in materia statistica ad esse riconosciuto, non potrebbero svolgere le proprie rilevazioni su base regionale in mancanza del potere di coordinare le attività statistiche degli enti locali.
In ordine alle questioni sollevate avverso l'art. 21 lett. c), la Regione Toscana, dopo aver osservato che il raccordo con l'art. 17 comma 6, operato dall'Avvocatura, confermerebbe che il Comitato ivi previsto potrebbe porre atti di indirizzo nei confronti delle Regioni anche sui «criteri organizzativi e la funzionalità » degli uffici regionali, afferma che la disposizione impugnata sarebbe palesemente illegittima ove si riferisse all'indirizzo e coordinamento politico-amministrativo, ma lo sarebbe anche ove concernesse l'indirizzo e coordinamento tecnico, in quanto configurerebbe una norma inutile e caratterizzata da una globale irrazionalità. Né, sempre ad avviso della ricorrente, si potrebbe ipotizzare, come fa invece l'Avvocatura, che l'organizzazione amministrativa sia inscindibilmente collegata con il coordinamento tecnico, poiché questa ipotesi sarebbe doppiamente smentita dall'art. 5 comma 3, che circoscrive quest'ultimo alle metodologie statistiche e dall'art. 17 comma 2 lett. c), che, nell'indicare il rappresentante regionale, esige che sia scelto « tra i propri membri » dalla Conferenza Stato-Regioni, che non svolge certo compiti di coordinamento tecnico. Riguardo allo stesso ari. 21 lett. c), le Province autonome di Trento e di Bolzano affermano che la tesi dell'Avvocatura relativa al « filtraggio » degli indirizzi ivi previsti in virtù dell'art. 5 commi 2 e 3, sarebbe contraddetta dal fatto che tali indirizzi, collegandosi a una funzione di indirizzo e coordinamento in senso stretto, non si presterebbero ad essere depurati dagli atti indicati nelle ricordate disposizioni dell'art. 5 ed esorbiterebbero dalle finalità di unificazione delle metodologie statistiche. Quanto al richiamato all'art. 10 delle norme di attuazione contenute nel d.P.R. n. 1017 del 1978 e all'affermazione dell'Avvocatura che quell'articolo conterrebbe già indirizzi esterni al momento tecnico, le Province autonome, insieme alla Regione Trentino-Alto Adige, sottolineano che l'art. 10 concerne soltanto attività statistiche delegate.
Relativamente all'art. 26 comma 1, le stesse Province, preso atto che, anche secondo l'Avvocatura dello Stato, le direttive ivi previste non riguardano gli uffici di statistica delle medesime Province, insistono per la dichiarazione di incostituzionalità tanto per l'esorbitanza del potere di direttiva rispetto a quello d'indirizzo quanto per la violazione dei princìpi relativi al potere di indirizzo e coordinamento. Nello stesso tempo, la Provincia di Bolzano mantiene la censura, nei suoi termini originari, per quanto riguarda gli uffici di statistica delle USL di Bolzano. In relazione allo stesso ari. 26 comma 1, la Regione Trentino-Alto Adige replica all'Avvocatura che la disposizione impugnata non potrebbe esser qualificata come « norma fondamentale di riforma economico-sociale », trattandosi di norma puntuale che attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri un potere di direttiva in ordine a competenze riservate alla Regione.
A proposito dell'art. 15 comma 1 lett. d), la Regione Toscana replica all'Avvocatura dello Stato che la disposizione impugnata non implicherebbe solo attività conoscitive, ma comporterebbe un sindacato sui contenuti e sui risultati dell'attività degli uffici in riferimento ai criteri formulati dal Comitato di cui all'art. 17, attribuendo così all'ISTAT, in combinato disposto con quest'ultimo articolo, un complesso di poteri esorbitanti l'art. 24 l. n. 400 del 1988.
La stessa Regione Toscana, riguardo all'art. 9 comma 2, precisa che il divieto, ivi contenuto, di esternare i dati raccolti, se non in forma aggregata, anche all'interno del circuito costituito dal Sistema statistico nazionale precluderebbe agli uffici regionali la possibilità di svolgere autonomamente l'attività statistica loro propria. Nello stesso ordine di idee, anche la Regione Lombardia replica all'Avvocatura dello Stato che, perché le Regioni possano elaborare le aggregazioni più rispondenti ai loro bisogni e intendimenti, non sarebbe sufficiente chiedere e ottenere determinate disaggregazioni di dati, ma occorrerebbe disporre dei dati di partenza.
 
Considerato in diritto: 1. Con distinti ricorsi le Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia, le Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché la Regione Trentino-Alto Adige, hanno sollevato numerose questioni di legittimità costituzionale nei confronti di varie disposizioni contenute nel d.lgs. 6 settembre 1989 n. 322, dal titolo « Norme sul sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'art. 24 l. 23 agosto 1988 n. 400 ». A causa dell'identità o della connessione oggettiva delle questioni proposte, i relativi giudizi vanno riuniti per essere discussi insieme e per essere decisi con un'unica sentenza.
2. L'art. 5 comma 1, per il quali « spetta a ciascuna Regione ed alle Province autonome di Trento e Bolzano istituire con propria legge uffici di statistica », è oggetto di contestazione da parte delle Province di Trento e di Bolzano, oltreché della Regione Trentino-Alto Adige. Ad avviso delle ricorrenti, posto che l'attività statistica costituisce esercizio di un « potere implicito » nelle competenze materiali costituzionalmente garantite alle Regioni e alle Province autonome, l'art. 5 comma 1 cit., si porrebbe in contrasto con le attribuzioni ad esse assegnate dagli artt. 4, 5 e 16 (limitatamente alla Regione Trentino-Alto Adige) ed 8, 9 e 16 (limitatamente alle Province autonome) dello statuto speciale (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670) e relative norme di attuazione, oltreché con gli artt. 13, 14, 15 e 16 l. 11 marzo 1972 n. 118. Il contrasto consisterebbe nel fatto che la disposizione di legge ordinaria impugnata, nel confermare la spettanza alle Regioni e alle Province autonome di competenze già affidate alle stesse dalle norme dello statuto speciale, presupporrebbe illegittimamente che il legislatore ordinario abbia il potere di disporre di competenze stabilite con norme di rango costituzionale.
Secondo l'Avvocatura dello Stato, tale questione, prima che infondata, sarebbe inammissibile, in quanto diretta a porre dubbi meramente interpretativi.
2.1. Va respinta l'eccezione d'inammissibilità presentata dalla difesa dello Stato.
Le ricorrenti prospettano un contrasto tra una disposizione di legge ordinaria, diretta all'istituzione di uffici di statistica nelle amministrazioni delle Regioni (o delle Province autonome) o all'interno di enti sottoposti alle competenze di queste ultime, e le disposizioni di rango costituzionale, che attribuiscono alle stesse Regioni (e Province autonome) le competenze legislative e amministrative in varie materie e, specialmente, in tema di ordinamento dei propri uffici o degli uffici o enti sottoposti alle competenze regionali. Poiché questa Corte ha già precisato che le diverse attività racchiuse nel complesso concetto di attività statistica sono il prodotto di un « potere implicito » collegato alle varie competenze materiali attribuite ai soggetti e agli organi pubblici (sent. n. 242 del 1988), la prospettazione, ai fini dell'esame di costituzionalità, di un raffronto tra le norme costituzionali regolatrici delle competenze assegnate alle Regioni (e alle Province autonome) e una norma di legge ordinaria diretta all'istituzione di uffici di statistica all'interno delle amministrazioni delle stesse Regioni (o Province autonome) o degli enti sottoposti alle competenze di queste ultime, non appare, prima facie, priva di un legame ragionevole con la gamma delle possibilità applicative riconducibili alle disposizioni dedotte in giudizio. Per tali motivi, i ricorsi in esame non pongono, sotto i profili considerati, questioni astratte o del tutto pretestuose, sicché non possono essere ritenuti, per queste ragioni, inammissibili: v. ancora sentt. n. 242 del 1988, nonché nn. 517 del 1987 e 998 del 1988).
2.2. La questione non è fondata nei sensi di cui in motivazione. L'art. 5 comma 1, pone una norma tutt'altro che chiara e precisa, tanto che le ricorrenti, da un lato, e l'Avvocatura dello Stato, dall'altro, l'interpretano in modo radicalmente diverso. Per le prime, la disposizione impugnata tenderebbe a porre una norma sulla competenza materiale delle Regioni e delle Province autonome che, se pur diretta a confermare attribuzioni di cui le ricorrenti sono già investite, sarebbe comunque espressione di un potere che non rientra fra quelli propri del legislatore ordinario. Per la verità, se dovesse essere così interpretata, la disposizione sarebbe, di certo, costituzionalmente illegittima, poiché non rientra nei limiti della potestà legislativa ordinaria disporre di competenze stabilite con norme di rango costituzionale. Al contrario, secondo l'Avvocatura dello Stato, l'art. 5 comma 1, dovrebbe essere interpretato nel senso che pone una regola sulla produzione normativa delle Regioni o delle Province autonome, in modo da vincolare queste ultime a provvedere con legge, qualora decidano, secondo il loro libero apprezzamento, di istituire propri uffici di statistica. In realtà, anche se così interpretata, la disposizione impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte in cui si riferisce all'ipotetico vincolo del legislatore statale nei confronti della Regione (o delle Province autonome) in ordine alla necessità di provvedere esclusivamente con legge per istituire i predetti uffici (v., in un ordine analogo di idee, la sent. n. 407 del 1989). Inoltre, quest'ultima interpretazione, anche nella parte in cui qualifica la ricordata istituzione come una mera facoltà, appare difficilmente compatibile tanto con la detta disposizione impugnata (laddove l'uso dell'indicativo presente rivela piuttosto l'intenzione di porre un obbligo), quanto, soprattutto, con la complessiva orditura del d.lgs. n. 322 del 1989, che, essendo diretta a stabilire un sistema statistico integrato e interconnesso su base nazionale, suppone logicamente che in ogni Regione (o Provincia autonoma), oltreché in ognuno degli enti previsti nell'art. 2, sia messo in funzione un ufficio di statistica.
Ed, invero, in base a un'interpretazione sistematica del complessivo d.lgs., l'art. 5 comma 1, appare rivolto ad imporre alle Regioni e alle Provincie autonome l'istituzione di un ufficio di statistica nell'ambito delle proprie amministrazioni. Nello stabilire questo obbligo, concernente esclusivamente l'istituzione di tali uffici, la disposizione impugnata, laddove precisa che « spetta alle Regioni e alle Province autonome » provvedere a ciò, intende affermare che saranno queste ultime a costituire i predetti uffici in base alle norme regolatrici delle loro competenze, dal momento che il successivo inciso « con propria legge » è semplicemente diretto a richiamare il principio costituzionale della riserva (relativa) di legge in materia di ordinamento degli uffici pubblici (art. 97 Cost.).
Così interpretato, l'art. 5 comma 1, non appare incompatibile con le invocate disposizioni dello statuto per il Trentino-Alto Adige, in quanto trova piena giustificazione nell'interesse nazionale - peraltro strettamente legato a obblighi internazionali e comunitari - sotteso all'istituzione di un sistema statistico integrato e interconnesso su base nazionale. Si tratta di un rilevante interesse di tutta la comunità statale, che, come ha giustamente osservato l'Avvocatura dello Stato, ha un indiscutibile carattere di infrazionabilità e di imperatività, in quanto non può darsi un sistema statistico integrato su base nazionale, né comunque può pensarsi che esso possa funzionare adeguatamente, in mancanza di uffici di statistica operanti al livello delle Regioni o delle Province autonome. Poiché, dunque, il vincolo imposto all'autonomia regionale (o provinciale) è in effetti strettamente strumentale alla soddisfazione di un interesse nazionale imperativo e infrazionabile, esso supera quel rigoroso scrutinio che legittima la compressione dell'autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni (o alle Province autonome) in nome di un superiore interesse nazionale (v. sentt. nn. 49 e 304 del 1987, 177, 217 e 633 del 1988, 407 del 1989).
3. La Regione Emilia-Romagna contesta la legittimità costituzionale dell'art. 5 comma 2, il quale afferma che « il Consiglio dei Ministri adotta atti di indirizzo e di coordinamento ai sensi dell'art. 2 comma 3 lett. d) 1. 23 agosto 1988 n. 400, per assicurare unicità di indirizzo all'attività statistica di competenza delle Regioni e delle Province autonome ». Secondo la ricorrente tale disposizione - istituendo un potere generico, indeterminato, assolutamente preclusivo di autonomi indirizzi politici regionali e privo della dovuta copertura legale - violerebbe gli artt. 117 e 118 Cost. e, in particolare, difetterebbe dei requisiti costituzionalmente richiesti per l'esercizio della funzione governativa di indirizzo e coordinamento.
La questione non è fondata.
Contrariamente a quanto suppone la ricorrente, la disposizione impugnata si limita a richiamare l'applicabilità dell'art. 2 comma 3 lett. d) l. n. 400 del 1988 all'attività statistica. Essa, in altre parole, non è rivolta a istituire un determinato e particolare potere di indirizzo e coordinamento, ma, più semplicemente, ribadisce che l'esercizio di tale funzione governativa esige la deliberazione del Consiglio dei Ministri. Né può valere in senso contrario il rilievo che la previsione ora discussa sia contenuta in un atto legislativo di settore, dal momento che, al fine di decidere se una determinata norma intenda istituire un nuovo potere di indirizzo e coordinamento, la sedes materiae non può certo rilevare più della natura effettiva della norma contestata. E, poiché quest'ultima si limita a ribadire il requisito procedurale della deliberazione del Consiglio dei Ministri e le finalità generali che ogni atto di indirizzo e coordinamento non può non avere (e, cioè, l'uniformità e l'omogeneità dell'indirizzo politico-amministrativo generale), appare chiara la volontà del legislatore ordinario di non innovare o di non arrecare deroghe alle norme vigenti in materia di esercizio della relativa funzione governativa.
4. La Regione Trentino-Alto Adige ritiene che le proprie competenze legislative e amministrative in materia di ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri, di ordinamento della Camere di commercio e di ordinamento dei Comuni (artt. 4 nn. 7 e 8; 5 n. 1; 16 st. spec. e relative norme di attuazione) risultino lese dall'art. 3 comma 3 d.lgs. n. 322 del 1989, il quale impone alle USL, alle Camere di commercio e ai Comuni con più di centomila abitanti di istituire uffici di statistica da inserire nel Sistema statistico nazionale.
La questione non è fondata nei sensi di cui in motivazione. Il vincolo imposto dall'art. 3 comma 3 alle USL, alle Camere di commercio e ai Comuni con più di centomila abitati, relativo all'istituzione di un ufficio di statistica da porre al servizio del funzionamento del Sistema statistico nazionale, si giustifica, sotto il profilo della legittimità costituzionale, con le medesime ragioni più ampiamente illustrate nel punto 2.2., che si riassumono, sinteticamente, nel carattere strettamente strumentale di quel vincolo all'interesse nazionale sotteso all'istituzione e al fondamento di un sistema statistico integrato su base nazionale.
5. Le Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna contestano la legittimità costituzionale dell'art. 3 comma 4, il quale dispone che « gli uffici di statistica costituiti presso le Prefetture assicurano, fatte salve le competenze a livello regionale del Commissario del Governo previste dall'art. 13 comma 1 lett. c) 1. 23 agosto 1988 n. 400, anche il coordinamento, il collegamento e l'interconnessione a livello provinciale di tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta e alla elaborazione dei dati statistici, come individuate dall'ISTAT ». Per la Lombardia, l'illegittimità di tale disposizione deriverebbe dal fatto che essa sottrarrebbe alle Regioni il coordinamento di attività degli enti pubblici sub-regionali e configurerebbe un potere di indirizzo e coordinamento proveniente da una sede non governativa. Per l'Emilia-Romagna, invece, la stessa disposizione violerebbe il principio di cooperazione tra Stato e Regioni, in quanto ometterebbe di prevedere procedure consensuali per le ipotesi in cui i poteri delle Prefetture riguardassero attività pubbliche ricadenti nell'ambito delle competenze regionali.
Le questioni non sono fondate.
La Regione Lombardia contesta i poteri di coordinamento delle Prefetture sulla base dell'erroneo presupposto che questi abbiano ad oggetto o possano avere ad oggetto attività rientranti nelle competenze regionali. In realtà, la disposizione impugnata, come gran parte di quelle contenute nel d.lgs. n. 322 del 1989, concerne attività statistiche di interesse nazionale, le quali sono svolte dagli uffici facenti parte del Sistema statistico nazionale. Come era già stabilito nell'art 24 l. n. 400 del 1988 (v. sent. n. 242 del 1989), ove tali uffici taccino parte dell'amministrazione statale (anche ad ordinamento autonomo), essi sono sottoposti, per quanto riguarda la raccolta e l'elaborazione dei dati, alle dipendenze funzionali dell'ISTAT (v. art. 3 comma 1). Ove, invece, tali uffici facciano parte dell'amministrazione regionale, provinciale o degli enti locali, al fine di stabilire la natura giuridica dei rapporti che li legano all'ISTAT, occorre distinguere se si tratta di attività statistiche di interesse nazionale o di attività statistiche di interesse regionale: mentre in quest'ultima ipotesi, avendosi a che fare con lo svolgimento di competenze proprie delle Regioni (o delle Province autonome), l'ISTAT può esercitare soltanto poteri di indirizzo e coordinamento tecnici, vòlti a rendere omogenee le metodologie applicate dagli uffici competenti (art. 5 comma 3), nell'altra ipotesi, invece, trattandosi di attività statistiche di interesse nazionale rientranti nel campo d'azione del Sistema statistico nazionale, l'ISTAT « si avvale » degli uffici regionali, provinciali, comunali o degli enti locali (art. 15 comma 3) al fine di svolgere attività o servizi che, essendo d'interesse nazionale, fuoriescono dall'ambito delle competenze di questi enti.
E chiaro che i poteri di coordinamento delle Prefetture, i quali sono oggetto della contestazione ora esaminata, si inseriscono nella rete dei rapporti propria delle attività statistiche d'interesse nazionale, fungendo da tramite tra i vari soggetti periferici del Sistema statistico nazionale e l'ISTAT. Essi, in altre parole, anche quando riguardano gli uffici di statistica delle Regioni (o delle Province autonome), delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali, hanno ad oggetto esclusivamente le attività statistiche di rilievo nazionale che quegli enti svolgono in ragione del loro « utilizzo » da parte dell'ISTAT.
Su tali basi, non solo è fuor di luogo prospettare una lesione delle competenze regionali in materia di attività statistiche d'interesse regionale), ma non si può neppure riconoscere alcun fondamento alla pretesa di coinvolgimento delle Regioni stesse in sede di determinazione delle misure di coordinamento previste dall'art. 3 comma 4. In realtà, le uniche possibilità di coinvolgimento delle Regioni nell'esercizio delle suddette attività d'interesse nazionale sono legate alle regole che presiedono l'« avvalimento » degli uffici regionali da parte dello Stato (v. spec. sent. n. 996 del 1988, nonché sentt. nn. 35 del 1972, 74 e 216 del 1987), regole che, comunque, presuppongono l'inserimento di procedure d'intervento regionale a livelli diversi da quelli coinvolti nella censura ora esaminata.
6. Per ragioni identiche a quelle appena esposte va rigettata anche la questione sollevata dalla Regione Emilia-Romagna nei confronti dell'art. 3 comma 5 del quale la ricorrente lamenta l'illegittimità costituzionale, in quanto prevedrebbe l'assoggettamento degli uffici appartenenti al Sistema statistico nazionale agli indirizzi deliberati dal Comitato di coordinamento dell'ISTAT (art. 17), anziché a quelli della Regione. Anche in tal caso, infatti, si tratta di attività statistica d'interesse nazionale, che sono svolte da uffici appartenenti ad amministrazioni statali (anche ad ordinamento autonomo) ovvero da uffici regionali, provinciali, comunali o di altri enti locali con i quali l'ISTAT instaura un rapporto di « avvalimento ». Rispetto ad esse, pertanto, è fuor di luogo pretendere l'estensione dei poteri normativi o di indirizzo delle Regioni.
7. Tutte le ricorrenti contestano la legittimità costituzionale dell'art. 21 lett. c), ora da solo (Province autonome di Trento e di Bolzano), ora in combinato disposto con gli artt. 17 comma 6, e 15 comma 1 lett. c) (Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia), ovvero con gli artt. 3 comma 5, e 17 comma 6 (Regione Trentino-Alto Adige). In ogni caso, ciascuna delle ricorrenti lamenta la violazione delle norme costituzionali poste a tutela della propria autonomia legislativa e amministrativa - vale a dire degli artt. 117 e 118 (Regioni a statuto ordinario), degli artt. 4, nn. 1, 7 e 8, dell'art. 5, n. 1, e dell'art. 16 st. spec. e relative norme di attuazione, in riferimento agli 13, 14, 15 e 16 l. n. 118 del 1972 (Regione Trentino-Alto Adige), degli artt. 8, 9 e 16 stesso statuto e relative norme di attuazione, in riferimento ai medesimi articoli della l. n. 118 del 1972 (Province autonome di Trento e di Bolzano) - dal momento che le disposizioni impugnate prevedrebbero poteri di indirizzo e di coordinamento, imputati al « Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica », i quali non avrebbero ad oggetto le metodologie statistiche, ma « i criteri organizzativi e la funzionalità degli uffici di statistica (...) degli enti (...) facenti parte del Sistema statistico nazionale » e, quindi, anche delle Regioni, delle Province autonome, delle Province, dei Comuni, delle USL e delle Camere di commercio. Nei termini di seguito precisati la questione non è fondata. L'art. 21 lett. c), va interpretato alla luce dell'art. 5 commi 2 e 3, che - sulla base della norma di delega contenuta nell'art. 24 l. n. 400 del 1988, nell'interpretazione datane dalla sent. n. 242 del 1989 di questa Corte - distingue l'indirizzo e coordinamento « tecnico » da quello politico-amministrativo. Mentre quest'ultimo, il quale è esercitato dal legislatore statale o dal Governo, concerne l'indirizzo politico delle amministrazioni regionali (o delle Province autonome), quello « tecnico », invece, consiste in indirizzi e criteri vòlti allo scopo di rendere omogenee le metodologie statistiche applicate dagli uffici di statistica delle Regioni (o delle Province autonome) la cui determinazione è riservata all'ISTAT. Questa distinzione, posta in via generale dall'art. 5 nei commi indicati, è poi sviluppata, per quanto riguarda l'indirizzo e coordinamento tecnico, dall'art. 17 e dall'art. 21. Il primo - dopo aver definito il « Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica » come l'organo collegiale, a composizione mista, che esercita le funzioni direttive dell'ISTAT nei confronti degli uffici di statistica previsti nell'art. 3 - imputa al predetto Comitato tanto il potere di direttiva vincolante nei confronti degli uffici di statistica statali e, « nella parte applicabile », nei confronti di quelli provinciali, comunali e delle Camere di commercio, quanto il potere di indirizzo nei confronti degli uffici di statistica delle Regioni e delle Province autonome o degli enti sottoposti alle competenze di queste ultime. L'art. 21, invece, determina gli oggetti dei poteri di direttiva e di indirizzo tecnici appena menzionati, includendovi tra l'altro, alla lett. c), « i criteri organizzativi e la funzionalità degli uffici di statistica », vale a dire criteri e regole che alle ricorrenti sembrano illegittimamente esorbitare dalla nozione di indirizzo e coordinamento tecnico.
Interpretata entro la cornice normativa ora delineata, l'espressione usata dall'art. 21 lett. c), non può essere intesa come se si riferisse all'organizzazione amministrativa o alla distribuzione del personale negli uffici di statistica delle Regioni e delle Province autonome. Questa materia rientra a pieno titolo nelle competenze regionali nei limiti stabiliti dalla Costituzione e, per le Regioni e le Province ad autonomia differenziata, dai rispettivi statuti, limiti fra i quali vanno annoverati anche i poteri di indirizzo e coordinamento politico-amministrativo spettanti al legislatore statale e/o al Governo. Al contrario, proprio perché il tema dell'art. 21 è l'indirizzo e coordinamento tecnico, l'espressione usata nella lett. c) dello stesso articolo - cioè « i criteri organizzativi e la funzionalità degli uffici » - dev'essere interpretata in relazione alla finalità per la quale è stata posta e che l'art. 5 comma 3, definisce come lo scopo di rendere omogenee le metodologie statistiche applicate dai vari uffici di statistica delle Regioni e delle Province autonome. Sicché la parte di disposizione contestata va, in realtà, intesa nel senso che si riferisce ai criteri per l'organizzazione tecnica del lavoro statistico, vale a dire ai criteri che presiedono alla scelta e alle modalità di applicazione delle metodologie statistiche, nonché ai criteri vòlti a rendere tale applicazione più efficiente e produttiva.
Né, in verità, si può dire, come sostiene l'Avvocatura dello Stato, che vi sia un rapporto di necessaria coimplicazione tra indirizzi sulle metodologie statistiche e indirizzi sull'organizzazione amministrativa degli uffici di statistica (e del relativo personale), poiché è vero, invece, che tra i due poteri sussiste una reciproca autonomia logica, fermi restando il per sé stante obbligo costituzionale delle Regioni (e delle Province autonome) di organizzare gli uffici di statistica in modo da assicurare il loro « buon andamento » (art. 97 Cost.) e l'altrettanto autonoma possibilità dell'ISTAT di suggerire alle Regioni (o alle Province autonome), in forza della sua qualificazione tecnica, gli interventi in materia di organizzazione e di gestione amministrativa ritenuti più convenienti in ordine al perseguimento del fine di un più efficiente funzionamento degli uffici di statistica regionali.
Infine, per quanto riguarda le censure proposte dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, va precisato che l'art. 21 lett. c), interpretato nel modo indicato, non interferisce minimamente con l'art. 10 delle norme di attuazione contenute nel d.P.R. 31 luglio 1978 n. 1017, che delega alle predette Province le funzioni statali in materia di statistica, ivi comprese quelle di coordinamento, attribuite agli uffici provinciali dell'industria, del commercio e dell'artigianato e agli uffici di corrispondenza per il territorio provinciale previsti dalla l. 6 agosto 1966 n. 628. Tale articolo, anzi, ha anticipato, per le Province autonome, alcuni punti cardinali posti dal decreto legislativo impugnato, come, appunto, la distinzione tra indirizzo e coordinamento politico-amministrativo (di spettanza del Governo) e quello tecnico (di spettanza dell'ISTAT), nonché la possibilità per l'ISTAT di avvalersi degli uffici provinciali per lo svolgimento di proprie rilevazioni statistiche (v. i commi 2 e 3).
8. Con motivi in qualche modo connessi a quelli appena formulati, va dichiarata non fondata la censura proposta nei confronti dell'art. 21 lett. a) e b), dalla Regione Lombardia, per la quale tali disposizioni, nel ricomprendere fra gli oggetti dei poteri di indirizzo del Comitato dell'ISTAT anche gli atti di esecuzione del programma statistico nazionale e le iniziative per l'attuazione del predetto programma, concorrerebbero a configurare una funzione di indirizzo e coordinamento politico-amministrativo non riferibile al Governo e, più in generale, non rispettosa dei requisiti costituzionali propri di questa funzione.
Come si è precisato nel numero precedente, l'art. 21, nell'insieme delle sue disposizioni, non concerne l'indirizzo e coordinamento politico-amministrativo che il legislatore statale o il Governo possono esercitare, entro determinati limiti, nei confronti delle Regioni, ma riguarda, piuttosto, i poteri di direttiva e di indirizzo tecnici di cui è titolare l'ISTAT e che, per conto di quest'ultimo, sono esercitati dal Comitato previsto dall'art. 117 d.lgs. impugnato. Per quanto riguarda le lett. a) e b), occorre, anzi, precisare che gli indirizzi sugli atti di esecuzione e sulle iniziative di attuazione del programma statistico nazionale, a differenza di quelli relativi all'organizzazione tecnica del lavoro statistico negli uffici regionali (lett. c), esaminati al punto precedente, concernono soltanto le attività statistiche di interesse nazionale che gli uffici da ultimo menzionati svolgono nell'ambito del ricordato rapporto di « avvalimento » con l'ISTAT (art. 15 comma 3). Essi, pertanto, non incontrano neppure i limiti che l'indirizzo tecnico ha di fronte a sé quando è rivolto nei confronti di attività statistiche di interesse regionale, pur sempre riconducibili alla autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni.
9. Strettamente legata con le questioni ora esaminate è anche la censura che la Regione Toscana propone nei confronti dell'art. 15 comma 1 lett. d), per la quale tale disposizione lederebbe l'autonomia garantita alle Regioni dagli artt. 117 e 118 Cost., laddove assoggetta gli uffici regionali di statistica alla valutazione, da parte dell'ISTAT, « dell'adeguatezza dell'attività di detti enti agli obiettivi del programma statistico nazionale ».
La questione non è fondata.
La disposizione impugnata concerne poteri dell'ISTAT, aventi un contenuto di vigilanza e di conoscenza, che sono strettamente legati al potere dello stesso istituto di predisporre il programma statistico nazionale (art. 15 comma 1 lett. a). Si tratta, dunque, di attività di controllo concernente l'attuazione del programma relativo alle statistiche d'interesse nazionale, cui sono soggetti tutti gli enti facenti parte del Sistema statistico nazionale (art. 2) e che, per quanto riguarda gli uffici di statistica sottoposti alle competenze regionali, si riferisce alle attività che questi compiono nell'ambito del rapporto di « avvalimento » che essi hanno con l'ISTAT (art. 15 comma 3). Posto tutto ciò e premesso che la valutazione dell'adeguatezza delle attività dei predetti uffici in riferimento agli obiettivi del programma statistico nazionale, di per sé, non è legata, come osserva l'Avvocatura dello Stato, ad alcun intervento attivo e non comporta, quindi, alcun mutamento nell'ordinaria ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni, non si vede in che modo la disposizione impugnata possa considerarsi lesiva dell'autonomia costituzionalmente garantita alle Regioni.
10. La Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano ritengono che l'autonomia costituzionalmente garantita loro, rispettivamente, dagli artt. 4, nn. 1, 7 e 8, 5, n. 1, e 16, e degli artt. 8, 9 e 16 st. spec. Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione, in riferimento anche agli artt. 13, 14, 15 e 16 l. n. 118 del 1972, risulti violata dall'art. 26 comma 1, nella parte in cui questo dispone che, entro tre mesi dall'invio alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di una relazione sulla situazione degli uffici di statistica esistenti e sui provvedimenti necessari per il loro adeguamento alle norme del d.lgs. n. 322 del 1989, le amministrazioni e gli enti di cui agli artt. 3 e 4 provvedono, anche sulla base di eventuali direttive della predetta Presidenza del Consiglio, alla riorganizzazione o alla istituzione degli uffici di statistica secondo quanto disposto dal citato decreto legislativo. Secondo le ricorrenti, ove dovesse essere interpretata nel senso di prevedere un potere di direttiva nei confronti dell'organizzazione degli uffici di statistica operanti nelle amministrazioni sottoposte alle proprie competenze, la disposizione impugnata lederebbe le attribuzioni riservate alle Province di Trento e di Bolzano e alla Regione Trentino-Alto Adige e contrasterebbe con i requisiti costituzionali propri della funzione governativa di indirizzo e coordinamento, tanto più che l'art. 26 comma 1, fa espresso riferimento al potere di direttiva (vincolante) che l'art. 17 comma 6 distingue dal potere di indirizzo.
Nei termini di seguito precisati la questione non è fondata. Il punto della disposizione impugnata che le ricorrenti considerano lesivo della sfera di autonomia costituzionalmente loro riservata è dato dall'obbligo di provvedere, « anche sulla base delle eventuali direttive della Presidenza del Consiglio dei Ministri, alla riorganizzazione o costituzione degli uffici di statistica, secondo le norme del presente decreto ». In realtà, la censura ora esaminata muove da un presupposto interpretativo erroneo. L'obbligo stabilito dalle disposizioni impugnate, infatti, non può riferirsi ad altro che agli uffici di statistica appartenenti alle amministrazioni statali, dal momento che il collegamento della riorganizzazione e della costituzione degli uffici posto dall'art. 26 comma 1, con il potere di direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri induce, per un verso, a definire quest'ultimo come un potere di natura politico-amministrativa e, per altro verso, a circoscrivere gli uffici o gli enti da esso interessati soltanto a quelli giuridicamente sottoponibili ai poteri di direttiva del Presidente del Consiglio. Così interpretato, l'art. 26 comma 1, appare estraneo alla tematica della funzione governativa di indirizzo e coordinamento e, in ogni caso, non lesivo delle attribuzioni riservate alle Province autonome di Trento e di Bolzano, e alla Regione Trentino-Alto Adige in materia di ordinamento degli uffici appartenenti agli enti sottoposti alle proprie competenze.
11. Oggetto di contestazione da parte delle Regioni Toscana e Lombardia è l'art. 9 comma 2, il quale dispone che « i dati raccolti nell'ambito delle rilevazioni statistiche comprese nel programma statistico nazionale da parte degli uffici di statistica (...) non possono essere comunicati, se non in forma aggregata sulla base di dati individuali non nominativi, ad alcun soggetto esterno, pubblico o privato, né ad alcun ufficio della pubblica amministrazione ». Secondo le ricorrenti, se tra gli uffici da ultimo menzionati dovessero essere ricompresi anche quelli regionali, ne risulterebbero lese le competenze che le Regioni possono esercitare, a norma dell'art. 117 Cost., riguardo alle attività statistiche, dal momento che, con la mancata disponibilità dei dati di partenza, verrebbe ad esse preclusa la possibilità di svolgere statistiche d'interesse regionale secondo i propri bisogni e intendimenti.
La questione non è fondata.
La disposizione impugnata fa sistema con quella contenuta nel comma precedente, per la quale i dati statistici raccolti « non possono essere esternati se non in forma aggregata, in modo che non se ne possa trarre alcun riferimento individuale, e possono essere utilizzati solo per scopi statistici ». Insieme alle norme appena citate, che riguardano la « divulgazione » e la « pubblicazione » dei dati, quelle oggetto dell'impugnazione esaminata, che a loro volta concernono la « comunicazione » a soggetti esterni al Sistema statistico nazionale dei medesimi dati, formulano i princìpi a tutela della privacy individuale, che sono diffusi, pressoché in forma analoga, in tutti gli ordinamenti giuridici delle nazioni più civili. La ratio di tali princìpi sta nel prevenire qualsiasi rischio che i dati raccolti siano conosciuti all'esterno nel loro riferimento nominativo o individuale ovvero in modo tale che siffatto riferimento possa esser ricostruito pur in presenza di dati anonimi e/o aggregati. Lo scopo di tale principio è duplice, in quanto, senza siffatte garanzie, da un lato, potrebbero essere messi in pericolo beni individuali strettamente connessi al godimento di libertà costituzionali e, addirittura, di diritti inviolabili. Per tali motivi, il legislatore delegato ha stabilità in modo preciso e rigoroso il divieto di diffondere o di comunicare all'esterno del Servizio statistico nazionale i dati individuali o quelli comunque riferibili a soggetti individuali.
Il punto fatto valere dalle ricorrenti è che tale divieto non dovrebbe applicarsi alle Regioni quando queste intendano svolgere attività statistiche nell'esercizio delle competenze, per il fatto che il loro inserimento nel Servizio statistico nazionale dovrebbe legittimarle a disporre dei dati statistici raccolti nell'ambito di quel Servizio anche allorché svolgano statistiche d'interesse regionale. In realtà, questa interpretazione non può essere accolta, dal momento che la Regione, come soggetto di attività statistiche svolte nel proprio interesse, è esterna al Servizio statistico nazionale, il quale si riferisce soltanto all'espletamento delle operazione relative alle statistiche di interesse nazionale, operazioni cui gli uffici di statistica delle Regioni partecipano solo in conseguenza del fatto che di essi si avvale l'ISTAT a norma dell'art. 15 comma 3. Considerata in questa veste, alla Regione, pertanto, non possono applicarsi le norme sull'interscambio e sulla circolazione di dati statistici, cui si riferiscono gli artt. 6 comma 1, e 21 lett. d), dal momento che tali norme concernono gli uffici di statistica delle Regioni (o delle Province autonome) soltanto i riferimento alle attività che esse svolgono per il Servizio statistico nazionale.
Né può dirsi che l'applicazione anche nei confronti delle Regioni del divieto di cui all'art. 9 comma 2, comporti un'indebita interferenza nei poteri che le stesse Regioni posseggono in relazione allo svolgimento di statistiche di loro interesse. In proposito, deve considerarsi che ciascun sistema statistico, avendo il proprio fondamento in competenze costituzionalmente distinte - e, cioè, essendo esercizio di poteri impliciti nelle norme costituzionali che stabiliscono le rispettive competenze materiali - consta di funzioni e di procedimenti a sé stanti, sicché non può pretendersi in via di principio che i soggetti del sistema statistico nazionale siano giuridicamente tenuti a scambiare i dati informativi iniziali con i soggetti di un sistema statistico regionale, e viceversa.
Questa separazione, operante come regola, è, tuttavia, significativamente limitata dal principio costituzionale del buon andamento (art. 97 Cost.), il quale imponendo una collaborazione fra le varie amministrazioni pubbliche, comprese quelle statali e quelle regionali nei loro reciproci rapporti, al fine di prevenire inutili duplicazioni o sprechi nelle attività delle predette amministrazioni pubbliche - comporta che le Regioni, non soltanto abbiano un « accesso diretto » al Servizio statistico nazionale (art. 24 lett. e) l. n. 400 del 1988), ma soprattutto possano utilizzare nel modo più produttivo possibile per le statistiche d'interesse regionale i dati informativi raccolti in attuazione dei programmi di rilevazione di interesse nazionale. Ma, in ordine al perseguimento di quest'ultimo fine, non è di particolare ausilio, per le Regioni, avere a disposizione i dati informativi nella stessa forma e allo stesso modo in cui sono stati prestati dai soggetti intervistati o censiti (c.d. dato elementare grezzo). Per raggiungere quel fine, infatti, è sufficiente e, anzi, più produttivo che le Regioni dispongano degli stessi dati dopo che questi siano stati depurati da qualsiasi riferimento nominativo o individuale ovvero da qualsiasi elemento che possa permettere quel riferimento e siano stati emendati da errori materiali di rilevazione o da incompatibilità logiche (c.d. dato elementare revisionato) o, meglio ancora, dopo che quei dati siano stati composti nella loro aggregazione più elementare o più semplice. Queste possibilità sono pienamente ammesse dalla disciplina normativa esaminata, la quale si preoccupa soltanto di prevedere le garanzie essenziali a tutela dei diritti dei singoli individui. Si tratta, anzi, di possibilità che già oggi il Servizio statistico nazionale è in grado di soddisfare e, di fatto, soddisfa senza oneri particolari, in relazione alle più varie materie e in vista dei fini più diversi.
12. La Regione Emilia-Romagna contesta la legittimità costituzionale dell'art. 13 commi 3 e 4, in quanto, nel disciplinare le procedure di approvazione del programma statistico nazionale e dei relativi aggiornamenti, non prevedrebbe alcuna forma di compartecipazione regionale, violando così, a suo giudizio, il principio costituzionale di cooperazione fra Stato e Regioni. Lo stesso principio è invocato dalle Regioni Toscana e Lombardia al fine di sostenere la richiesta d'illegittimità costituzionale dell'art. 17 comma 2, che - nello stabilire la composizione del « Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica », il quale, ai sensi del sesto comma dello stesso articolo, delibera il programma statistico nazionale - prevedrebbe una rappresentanza regionale insufficiente, essendo questa limitata a un solo membro, su ventidue, nominato, a norma dell'art. 4 d.P.R. 16 dicembre 1989 n. 418, dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome. Poiché il significato sostanziale delle due distinte censure è il medesimo, esse possono essere discusse congiuntamente.
Le questioni non sono fondate.
Quando alla Corte cost. si chiede di verificare se un certo meccanismo di cooperazione fra Stato e Regioni risponda, nella sua natura o nella sua composizione, ai princìpi costituzionali che ne stanno a fondamento, in realtà si chiede di verificare se tra il meccanismo prescelto dal legislatore o la sua conformazione, da un lato, e l'interferenza prodotta del potere statale in questione nei confronti delle competenze regionali, dall'altro, non sussista una irragionevole sproporzione. Nel caso della determinazione del programma statistico nazionale, il d.lgs. n. 322 del 1989 ha ritenuto sufficiente, ai fini della garanzia dei princìpi costituzionali sulla cooperazione tra Stato e Regioni, la presenza di un solo rappresentante regionale nell'organo collegiale a composizione mista che ha il potere di deliberare il predetto programma. Tale scelta discrezionale del legislatore non può essere ritenuta irragionevole, considerato che il grado di interferenza della programmazione delle statistiche nazionali sull'effettuazione o sulla programmazione delle statistiche d'interesse regionale e, in genere, sull'esercizio delle competenze delle Regioni medesime non è, certo, rilevante. D'altra parte, ove pure si consideri l'importanza degli uffici di statistica regionali nel circuito all'interno del quale si svolgono le statistiche nazionali, non si può certo dire che il ruolo da essi ricoperto sia più rilevante di quello proprio degli uffici di statistica dei Comuni, delle Province o delle Camere di commercio: sicché, anche sotto questo profilo, il minor numero di rappresentanti regionali nell'organo dove si determina la programmazione delle statistiche nazionali non può considerarsi frutto di una scelta legislativa irragionevole o arbitraria.
Nè, in verità, può essere accolta l'ulteriore prospettazione della presunta irragionevolezza delle disposizioni impugnate che le ricorrenti formulano in relazione all'asserito squilibrio interno alla disciplina legislativa, la quale, per un verso, prevedrebbe il « pieno inserimento delle Regioni nel programma statistico nazionale e nella sua attuazione » e, per altro verso, escluderebbe le stesse Regioni da una compartecipazione di qualche significato nella fase della determinazione dell'anzidetto programma. In realtà, le ricorrenti muovono da una raffigurazione del quadro normativo che non corrisponde all'effettivo significato della disciplina posta dal d.lgs. n. 322 del 1989. L'inserimento delle Regioni nel Servizio statistico nazionale non è, infatti, giustificato dai motivi addotti dalle stesse ricorrenti - e cioè dal fatto che il programma possa determinare indagini statistiche che concernono anche materie assegnate alle competenze regionali - ma si collega al ruolo che le stesse Regioni hanno come componenti della comunità nazionale, le quali sono chiamate a rappresentare i loro interessi e le loro opzioni nell'ambito di quell'interesse generale e infrazionabile della collettività statale che porta a determinare il programma delle priorità delle rilevazioni statistiche d'interesse nazionale. Ed è proprio in ragione di questa giustificazione che il coinvolgimento delle Regioni anche nella fase di attuazione del programma statistico nazionale e nelle procedure di rilevazione non è affatto « pieno », come affermano le ricorrenti, ma è, in realtà, limitato all'«utilizzo » o all'« avvalimento », da parte dell'ISTAT, degli uffici di statistica regionali per le attività di raccolta ed, eventualmente, per la prima elaborazione dei dati informativi necessari per le statistiche di interesse nazionale.
13. Un'ultima censura è proposta dalla Regione Toscana nei confronti dell'art. 26 comma 3, il quale, nell'affermare che « le disposizioni recate dal presente decreto non comportano oneri a carico del bilancio dello Stato », per un verso, si porrebbe in irragionevole contrasto con altri articoli dello stesso decreto legislativo che chiaramente comportano spese in relazione ad attività d'interesse nazionale (come, ad esempio, l'art. 20), e, per altro verso, violerebbe le norme costituzionali sull'autonomia finanziaria delle Regioni (artt. 119 e 81 comma 4 Cost.), in quanto addosserebbe al bilancio regionale spese per attività rientranti nelle competenze statali. La questione non è fondata nei sensi di cui in motivazione.
Posto che, come ammettono concordemente le parti in giudizio, l'attuazione di numerose norme del d.lgs. n. 322 del 1989 comporta erogazioni di denaro pubblico, è tutt'altro che agevole attribuire alla disposizione oggetto dell'attuale impugnazione un significato plausibile e non incompatibile con la Costituzione. Non c'è dubbio che non si può riconoscere all'art. 26 comma 2, senza porsi in diametrale contrasto con l'autonomia finanziaria costituzionalmente garantita alle Regioni (v. sentt. nn. 245 del 1984, 452 del 1989), il significato che debbano essere addossate ai bilanci regionali le spese comportate dalle rilevazioni di interesse nazionale che, ai sensi del decreto legislativo impugnato, sono attuate attraverso l'« utilizzo » da parte dell'ISTAT degli uffici di statistica regionali. Né, d'altra parte, si può ipotizzare che gli oneri relativi all'istituzione e al complessivo funzionamento degli uffici di statistica regionali - i quali operano tanto per rilevazioni di interesse nazionale quanto per indagini di interesse regionale - debbano essere addossati tutti al bilancio statale o a quello dell'ISTAT. Sicché, di fronte a una disposizione che esclude recisamente di porre a carico del bilancio statale gli oneri derivanti dall'applicazione del decreto legislativo impugnato e che, nello stesso tempo, non può esigere che le Regioni finanzino attività d'interesse nazionale, l'unico significato accettabile e non incompatibile con i princìpi costituzionali ricordati è quello, peraltro prospettato dalla stessa difesa dello Stato, secondo il quale le spese occorrenti per le attività di rilevazione che gli uffici di statistica regionali sono tenuti a compiere per il Servizio statistico nazionale, ove non siano altrimenti coperte (ad esempio, con fondi comunitari e con erogazioni previste da leggi speciali), vadano ricomprese tra gli stanziamenti effettuati per il funzionamento dell'ISTAT e consistano, pertanto, in erogazione finalizzate, addossate al bilancio di tale ente.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi:dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 comma 1 d.lgs. 6 settembre 1989 n. 322, dal titolo « Norme sul sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'art. 24 l. 23 agosto 1988 n. 400 », sollevata, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalla Regione Trentino-Alto Adige, in riferimento agli artt. 4, 5 e 16 d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige), e relative norme di attuazione (d.P.R. 31 luglio 1978 n. 1017; d.P.R. 24 marzo 1981 n. 228 e d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474 ), nonché agli artt. 13, 14, 15 e 16 l. 11 marzo 1972 n. 118, e, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, in riferimento agli artt. 8, 9 e 16 del medesimo d.P.R. n. 670 del 1972, e alle suddette norme di attuazione, nonché agli artt. 13, 14, 15 e 16 l. 11 marzo 1972 n. 118;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 comma 2 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost.;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 comma 3 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalla Regione Trentino-Alto Adige, con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 4 nn. 7 e 8; 5 n. 1, e 16 d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e relative norme di attuazione;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 comma 4 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalle Regioni Lombardia ed Emilia-Romagna, con i ricorsi indicati in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost.;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 lett. c) d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, con i ricorsi indicati in epigrafe, in riferimento agli artt. 8, 9 e 16 d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e relative norme di attuazione, nonché agli artt. 13, 14, 15 e 16 l. 11 marzo 1972 n. 118;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 21 lett. c), 17 comma 6, e 15 comma 1 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalle Regioni Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia, con i ricorsi indicati in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost.;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 21 lett. c), 3 comma 5, e 17 comma 6 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalla Regione Trentino-Alto Adige, con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 4 nn. 1, 7 e 8, 5 n. 1, e 16 d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e relative norme di attuazione, nonché agli artt. 13, 14, 15 e 16 l. 11 marzo 1972 n. 118;
dichara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 lett. a) e b) d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalla Regione Lombardia con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost.;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 15 comma 1 lett. d), d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalla Regione Toscana, con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost.;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 comma 1 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalle Province autonome di Trento e di Bolzano e dalla Regione Trentino-Alto Adige, con i ricorsi indicati in epigrafe, in riferimento  rispettivamente, agli artt. 8, 9 e 16, e 4 nn. 1, 7 e 8, 5 n. 1, e 16 d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e relative norme di attuazione, anche in relazione agli artt. 13, 14, 15 e 16 l. 11 marzo 1972 n. 118;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 commi 2 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalle Regioni Lombardia e Toscana, con i ricorsi indicati in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 117 Cost.;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 commi 3 e 4 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna, con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost.;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17 comma 2 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalle Regioni Toscana e Lombardia, con i ricorsi indicati in epigrafe, in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost.;
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26 comma 3 d.lgs. n. 322 del 1989, sollevata dalla Regione Toscana, con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 119 e 81 comma 4 Cost.
ActionActionNorme costituzionali
ActionAction1) ACCORDO DI PARIGI
ActionAction2) Costituzione della Repubblica Italiana
ActionAction3) Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670
ActionAction3) Legge 11 marzo 1972, n. 118
ActionAction4) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 20 gennaio 1973, n. 48
ActionAction5) Decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115
ActionAction6) Decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1973, n. 49
ActionAction7) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° febbraio 1973, n. 50
ActionAction8) Decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1973, n. 686
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ActionAction9) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° novembre 1973, n. 687
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ActionAction13) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 marzo 1974, n. 278
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ActionAction14) Decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279
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ActionAction Art. 1-9
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ActionActionArt. 2 (Stato di previsione della spesa)
ActionActionArt. 3 (Quadro generale riassuntivo)
ActionActionArt. 4 (Spese obbligatorie)
ActionActionArt. 5 (Spese impreviste)
ActionActionArt. 6 (Variazioni di bilancio compensative per spese di personale)
ActionActionArt. 7 (Variazioni compensative di bilancio per la riclassificazione di spese per l’attuazione del SIOPE)
ActionActionArt. 8 (Gestione dei residui)
ActionActionArt. 9 (Rinuncia alla riscossione di entrate di modesta entità)
ActionActionArt. 10 (Bilancio triennale 2013-2015)
ActionActionArt. 11 (Entrata in vigore)
ActionActiony) Legge provinciale 17 settembre 2013, n. 12
ActionActionz) Legge provinciale 7 aprile 2014, n. 1
ActionActiona') Legge provinciale 7 aprile 2014, n. 2
ActionActionb') Legge provinciale 23 settembre 2014, n. 6
ActionActionc') Legge provinciale 23 dicembre 2014, n. 11
ActionActiond') Legge provinciale 23 dicembre 2014, n. 12
ActionActione') Decreto del Presidente della Provincia 21 maggio 2015, n. 13
ActionActionf') Legge provinciale 24 settembre 2015, n. 10
ActionActiong') Legge provinciale 25 settembre 2015, n. 11
ActionActionh') Legge provinciale 25 settembre 2015, n. 12
ActionActioni') Legge provinciale 23 dicembre 2015, n. 18
ActionActionj') Legge provinciale 23 dicembre 2015, n. 19
ActionActionk') Legge provinciale 23 dicembre 2015, n. 20
ActionActionl') Legge provinciale 12 febbraio 2016, n. 2
ActionActionm') Legge provinciale 15 aprile 2016, n. 6
ActionActionn') Legge provinciale 20 giugno 2016, n. 13
ActionActiono') Legge provinciale 21 luglio 2016, n. 16
ActionActionp') Legge provinciale 21 luglio 2016, n. 17
ActionActionq') Legge provinciale 21 luglio 2016, n. 18
ActionActionr') Legge provinciale 13 ottobre 2016, n. 20
ActionActions') Legge provinciale 2 dicembre 2016, n. 23
ActionActiont') Legge provinciale 22 dicembre 2016, n. 27
ActionActionu') Legge provinciale 22 dicembre 2016, n. 28
ActionActionv') Legge provinciale 22 dicembre 2016, n. 29
ActionActionw') Legge provinciale 16 giugno 2017, n. 7
ActionActionx') Legge provinciale 7 agosto 2017, n. 10
ActionActiony') Legge provinciale 7 agosto 2017, n. 11
ActionActiona'') Legge provinciale 7 agosto 2017, n. 13
ActionActionE - Debito fuori bilancio
ActionActiona) Legge provinciale 9 marzo 2016, n. 3
ActionActionb) Legge provinciale 15 giugno 2016, n. 12
ActionActionc) Legge provinciale 21 settembre 2016, n. 19
ActionActiond) Legge provinciale 16 novembre 2016, n. 22
ActionActione) Legge provinciale 5 dicembre 2016, n. 24
ActionActionf) Legge provinciale 7 aprile 2017, n. 2
ActionActionDEBITO FUORI BILANCIO
ActionActionALTRE DISPOSIZIONI
ActionActionTabelle A/Tabella A (Art. 1)
ActionActionIX Turismo e industria alberghiera
ActionActionX Assistenza e beneficenza
ActionActionA Assistenza agli anziani
ActionActiona) LEGGE PROVINCIALE 23 dicembre 1972, n. 47
ActionActionb) Legge provinciale 30 ottobre 1973, n. 77
ActionActionc) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 6 marzo 1974, n. 17
ActionActiond) LEGGE PROVINCIALE 12 agosto 1977, n. 34
ActionActione) LEGGE PROVINCIALE 9 novembre 1979, n. 16
ActionActionArt. 1
ActionActionArt. 2
ActionActionArt. 3
ActionActionf) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 9 febbraio 1990, n. 5
ActionActiong) LEGGE PROVINCIALE 7 luglio 1992, n. 26
ActionActionh) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 24 novembre 1997, n. 38 —
ActionActioni) Decreto del Presidente della Provincia 20 giugno 2007, n. 39 
ActionActionj) Decreto del Presidente della Provincia 8 novembre 2011, n. 40
ActionActionB Servizio consultoriale per le famiglie
ActionActiona) Legge provinciale 17 agosto 1979, n. 10
ActionActionb) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 21 dicembre 1982, n. 21
ActionActionC Asili nido - Assistenza domiciliare per l' infanzia
ActionActionD Famiglia, donne e gioventù
ActionActiona) LEGGE PROVINCIALE 29 aprile 1975, n. 20
ActionActionb) Legge provinciale 19 gennaio 1976, n. 6 
ActionActionc) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 29 aprile 1977, n. 18
ActionActiond) LEGGE PROVINCIALE 16 febbraio 1980, n. 4
ActionActione) LEGGE PROVINCIALE 1° agosto 1980, n. 28
ActionActionf) Legge provinciale1° giugno 1983, n. 13
ActionActiong) LEGGE PROVINCIALE 21 dicembre 1987, n. 33 —
ActionActionh) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 7 agosto 1989, n. 19 —
ActionActioni) LEGGE PROVINCIALE 29 gennaio 2002, n. 2 —
ActionActionj) LEGGE PROVINCIALE 3 ottobre 2003, n. 15 —
ActionActionk) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 18 agosto 2004, n. 27
ActionActionl) Legge provinciale 8 marzo 2010 , n. 5
ActionActionm) Decreto del Presidente della Provincia 5 marzo 2012, n. 6
ActionActionn) Legge provinciale 17 maggio 2013, n. 8
ActionActionE Provvidenze per le persone disabili
ActionActiona) LEGGE PROVINCIALE 17 settembre 1973, n. 59 —
ActionActionb) LEGGE PROVINCIALE 9 dicembre 1978, n. 65
ActionActionc) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 11 agosto 1980, n. 23
ActionActionAvvio degli alunni minorati alle classi comuni, integrate o speciali
ActionActionProvvidenze per assicurare il diritto allo studio
ActionActionArt. 12 (Disposizioni generali)
ActionActionArt. 13 (Personale assistente nelle scuole materne, di istruzione primaria e secondaria)
ActionActionArt. 14 (Personale assistente nelle scuole e nei centri di formazione e addestramento professionale)
ActionActionArt. 15 (Servizi di trasporto)
ActionActionArt. 16 (Servizio di accompagnamento)
ActionActionArt. 17 (Modalità di espletamento del servizio, rapporti del personale assistente con il personale docente e direttivo della scuola)
ActionActionArt. 18 (Personale educatore negli internati e seminternati del servizio, nonché nei convitti studenteschi)
ActionActionCorsi di specializzazione e aggiornamento
ActionActiond) LEGGE PROVINCIALE 16 agosto 1980, n. 33
ActionActione) Legge provinciale 30 giugno 1983, n. 20
ActionActionf) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 15 dicembre 1989, n. 32
ActionActiong) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 4 settembre 1990, n. 24
ActionActionh) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 20 dicembre 1990, n. 35
ActionActioni) LEGGE PROVINCIALE 8 aprile 1998, n. 3
ActionActionj) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 10 agosto 2001, n. 46
ActionActionk) Legge provinciale 21 maggio 2002, n. 7
ActionActionl) Decreto del Presidente della Provincia 9 novembre 2009 , n. 54
ActionActionm) Legge provinciale 14 luglio 2015, n. 7
ActionActionF Interventi in materia di dipendenze
ActionActionG Interventi per gli invalidi civili e le persone non autosufficienti
ActionActionH Assistenza economica di base
ActionActionI Cooperazione allo sviluppo
ActionActionJ Servizi sociali
ActionActiona) Legge provinciale 30 aprile 1991, n. 13
ActionActionb) LEGGE PROVINCIALE 10 dicembre 1992, n. 43 —
ActionActionc) DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 24 maggio 1994, n. 2808
ActionActionc) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 11 agosto 2000, n. 30
ActionActiond) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 7 febbraio 2007, n. 14
ActionActione) Decreto del Presidente della Provincia 10 settembre 2009 , n. 42
ActionActionf) Decreto del Presidente della Provincia 20 luglio 2011 , n. 28
ActionActiong) Decreto del Presidente della Provincia 4 gennaio 2012, n. 1
ActionActionh) Decreto del Presidente della Provincia 3 giugno 2013, n. 13
ActionActioni) Decreto del Presidente della Provincia 7 agosto 2017, n. 26
ActionActionK Previdenza integrativa
ActionActiona) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 5 luglio 2000, n. 27
ActionActionb) Decreto del Presidente della Provincia 4 ottobre 2001, n. 57
ActionAction Art. 1 (Ambito di applicazione)
ActionActionCapo 1
ActionAction Art. 2 (Modalità di presentazione della domanda)
ActionAction Art. 3 (Istruttoria)
ActionActionDisposizioni comuni
ActionActionc) Decreto del Presidente della Provincia 16 maggio 2017, n. 18
ActionActionL Volontariato
ActionActionM Emigrati
ActionActionXI Esercizi pubblici
ActionActionXII Usi civici
ActionActionXIII Ordinamento forestale
ActionActionXIV Igiene e sanità
ActionActionXV Utilizzazione acque pubbliche
ActionActionXVI Commercio
ActionActionXVII Artigianato
ActionActionXVIII Libro fondiario e catasto
ActionActionXIX Caccia e pesca
ActionActionXX Protezione antincendi e civile
ActionActionXXI Scuole materne
ActionActionXXII Cultura
ActionActionXXIII Uffici provinciali e personale
ActionActionXXIV Tutela del paesaggio e dell' ambiente
ActionActionA Inquinamento del suolo e smaltimento dei rifiuti solidi
ActionActionB Tutela del paesaggio
ActionActionC Inquinamento prodotto da rumore
ActionActionD Inquinamento dell' aria
ActionActiona) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 26 febbraio 1996, n. 11
ActionActionb) Legge provinciale 16 marzo 2000, n. 8
ActionActionc) Decreto del Presidente della Provincia 15 settembre 2011, n. 37
ActionActiond) Decreto del Presidente della Provincia 6 giugno 2012, n. 19
ActionActionE Tutela della flora e della fauna
ActionActiona) Legge provinciale 19 giugno 1991, n. 18 
ActionActionb) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 21 luglio 1992, n. 30
ActionActionc) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 20 luglio 1994, n. 30
ActionActionArt. 0
ActionActiond) Legge provinciale 12 maggio 2010 , n. 6
ActionActionf) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 17 luglio 1979, n. 63/Ho
ActionActionF Tutela delle acque e utilizzazione delle risorse idriche
ActionActionG Valutazione dell' impatto ambientale
ActionActiona) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 26 marzo 1999, n. 15
ActionActionArt. 1 (Ambito di applicazione)
ActionActionArt. 2 (Documentazione)
ActionActionArt. 3 (Documentazione per piani e programmi)
ActionActionArt. 4 (Documentazione per procedura di approvazione cumulativa)
ActionActionArt. 5 (Abrogazione)
ActionActionb) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 7 agosto 2002, n. 27
ActionActionc) Legge provinciale 5 aprile 2007, n. 2
ActionActionH Protezione degli animali
ActionActionXXV Agricoltura
ActionActionXXVI Apprendistato
ActionActionXXVII Fiere e mercati
ActionActionXXVIII Lavori pubblici, servizi e forniture
ActionActionXXIX Spettacoli pubblici
ActionActionXXX Territorio e paesaggio
ActionActionXXXI Contabilità
ActionActionXXXII Sport e tempo libero
ActionActionA Tempo libero
ActionActionB Sport
ActionActiona) Legge provinciale 9 agosto 1977, n. 32
ActionActionb) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 26 agosto 1982, n. 16
ActionActionc) Legge provinciale 25 novembre 1987, n. 29 —
ActionActiond) Legge provinciale 17 agosto 1989, n. 5 —
ActionActione) Legge provinciale 16 ottobre 1990, n. 19 —
ActionActionf) Legge provinciale 19 luglio 1994, n. 3
ActionActiong) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 21 novembre 1994, n. 55
ActionActionh) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 5 febbraio 2001, n. 4
ActionActioni) Legge provinciale 19 febbraio 2001, n. 5
ActionActionj) Legge provinciale23 novembre 2010 , n. 14
ActionActionk) Decreto del Presidente della Provincia 12 gennaio 2012, n. 3
ActionActionl) Legge provinciale 13 marzo 2013, n. 2
ActionActionm) Decreto del Presidente della Provincia 3 gennaio 2014, n. 1
ActionActionXXXIII Viabilità
ActionActionXXXIV Trasporti
ActionActionXXXV Istruzione
ActionActionXXXVI Patrimonio
ActionActionXXXVII Attività economiche
ActionActionXXXVIII Edilizia abitativa agevolata
ActionActionXXXIX Leggi di contenuto vario (Omnibus)
ActionActionDelibere della Giunta provinciale
ActionAction2024
ActionAction2023
ActionAction2022
ActionAction2021
ActionAction2020
ActionAction2019
ActionAction2018
ActionAction2017
ActionAction2016
ActionAction2015
ActionAction2014
ActionAction2013
ActionAction Delibera 14 gennaio 2013, n. 46
ActionAction Delibera 21 gennaio 2013, n. 103
ActionAction Delibera 28 gennaio 2013, n. 112
ActionAction Delibera 28 gennaio 2013, n. 134
ActionAction Delibera 4 febbraio 2013, n. 186
ActionAction Delibera 11 febbraio 2013, n. 195
ActionAction Delibera 11 febbraio 2013, n. 210
ActionAction Delibera 11 febbraio 2013, n. 236
ActionAction Delibera 18 febbraio 2013, n. 249
ActionAction Delibera 18 febbraio 2013, n. 254
ActionAction Delibera 25 febbraio 2013, n. 303
ActionAction Delibera 11 marzo 2013, n. 378
ActionAction Delibera 11 marzo 2013, n. 384
ActionAction Delibera 18 marzo 2013, n. 397
ActionAction Delibera 25 marzo 2013, n. 445
ActionAction Delibera 25 marzo 2013, n. 453
ActionAction Delibera 2 aprile 2013, n. 499
ActionAction Delibera 15 aprile 2013, n. 554
ActionAction Delibera 22 aprile 2013, n. 612
ActionAction Delibera 6 maggio 2013, n. 640
ActionAction Delibera 13 maggio 2013, n. 696
ActionAction Delibera 21 maggio 2013, n. 745
ActionAction Delibera 10 giugno 2013, n. 875
ActionAction Delibera 17 giugno 2013, n. 913
ActionAction Delibera 24 giugno 2013, n. 954
ActionAction Delibera 1 luglio 2013, n. 976
ActionAction Delibera 8 luglio 2013, n. 1034
ActionAction Delibera 8 luglio 2013, n. 1049
ActionAction Delibera 22 luglio 2013, n. 1094
ActionAction Delibera 22 luglio 2013, n. 1116
ActionAction Delibera 26 agosto 2013, n. 1190
ActionAction Delibera 26 agosto 2013, n. 1191
ActionAction Delibera 2 settembre 2013, n. 1301
ActionAction Delibera 30 settembre 2013, n. 1406
ActionAction Delibera 30 settembre 2013, n. 1414
ActionAction Delibera 30 settembre 2013, n. 1416
ActionAction Delibera 7 ottobre 2013, n. 1456
ActionAction Delibera 14 ottobre 2013, n. 1519
ActionAction Delibera 14 ottobre 2013, n. 1524
ActionAction Delibera 14 ottobre 2013, n. 1529
ActionAction Delibera 21 ottobre 2013, n. 1596
ActionAction Delibera 21 ottobre 2013, n. 1628
ActionAction Delibera 21 ottobre 2013, n. 1644
ActionAction Delibera 28 ottobre 2013, n. 1651
ActionAction Delibera 25 novembre 2013, n. 1807
ActionAction Delibera 9 dicembre 2013, n. 1860
ActionAction Delibera 9 dicembre 2013, n. 1866
ActionAction Delibera 9 dicembre 2013, n. 1868
ActionAction Delibera 27 dicembre 2013, n. 1988
ActionAction Delibera 27 dicembre 2013, n. 2025
ActionAction2012
ActionAction2011
ActionAction2010
ActionAction Delibera N. 64 del 18.01.2010
ActionAction Delibera N. 338 del 01.03.2010
ActionAction Delibera N. 359 del 01.03.2010
ActionAction Delibera N. 359 del 01.03.2010
ActionAction Delibera N. 365 del 01.03.2010
ActionAction Delibera N. 377 del 01.03.2010
ActionAction Delibera N. 487 del 15.03.2010
ActionAction Delibera N. 491 del 22.03.2010
ActionAction Delibera N. 492 del 22.03.2010
ActionAction Delibera N. 542 del 29.03.2010
ActionAction Delibera N. 577 del 12.04.2010
ActionAction Delibera 19 aprile 2010, n. 671
ActionAction Delibera N. 751 del 03.05.2010
ActionAction Delibera N. 759 del 03.05.2010
ActionAction Delibera 3 maggio 2010, n. 764
ActionAction Delibera 10 maggio 2010, n. 823
ActionAction Delibera 7 giugno 2010, n. 982
ActionAction Delibera N. 1032 del 14.06.2010
ActionAction Delibera N. 1042 del 21.06.2010
ActionAction Delibera N. 1068 del 21.06.2010
ActionAction Delibera N. 1186 del 12.07.2010
ActionAction Delibera N. 1256 del 26.07.2010
ActionAction Delibera N. 227 del 08.02.2010
ActionAction Delibera N. 1330 del 17.08.2010
ActionAction Delibera N. 1370 del 17.08.2010
ActionAction Delibera 6 settembre 2010, n. 1389
ActionAction Delibera Nr. 1484 del 13.09.2010
ActionAction Delibera 20 settembre 2010, n. 1527
ActionAction Delibera Nr. 1827 del 08.11.2010
ActionAction Delibera Nr. 1848 del 22.11.2010
ActionAction Delibera N. 1849 del 22.11.2010
ActionAction Delibera N. 1858 del 22.11.2010
ActionAction Delibera N. 1860 del 22.11.2010
ActionAction Delibera N. 1945 del 29.11.2010
ActionAction Delibera N. 1982 del 29.11.2010
ActionAction Delibera N. 2051 del 13.12.2010
ActionAction Delibera N. 2094 del 20.12.2010
ActionAction Delibera N. 2134 del 20.12.2010
ActionAction Delibera N. 2140 del 20.12.2010
ActionAction Delibera N. 817 del 10.05.2010
ActionAction Delibera N. 2141 del 20.12.2010
ActionAction Delibera N. 2163 del 30.12.2010
ActionAction Delibera N. 2164 del 30.12.2010
ActionAction Delibera N. 2215 del 30.12.2010
ActionAction Delibera 8 novembre 2010, n. 1804
ActionAction Delibera N. 773 del 10.05.2010
ActionAction2009
ActionAction Delibera N. 74 del 19.01.2009
ActionAction Delibera N. 2 del 12.01.2009
ActionAction Delibera N. 135 del 19.01.2009
ActionAction Delibera N. 189 del 26.01.2009
ActionAction Delibera N. 278 del 02.02.2009
ActionAction Delibera N. 331 del 09.02.2009
ActionAction Delibera N. 333 del 09.02.2009
ActionAction Delibera N. 478 del 16.02.2009
ActionAction Delibera N. 625 del 09.03.2009
ActionAction Delibera N. 755 del 16.03.2009
ActionAction Delibera N. 829 del 23.03.2009
ActionAction Delibera N. 922 del 30.03.2009
ActionAction Delibera N. 1150 del 27.04.2009
ActionAction Delibera 27 aprile 2009, n. 1181
ActionAction Delibera N. 1195 del 27.04.2009
ActionAction Delibera N. 1196 del 27.04.2009
ActionAction Delibera 4 maggio 2009, n. 1257
ActionAction Delibera 4 maggio 2009, n. 1264
ActionAction Delibera N. 1273 del 04.05.2009
ActionAction Delibera N. 1274 del 04.05.2009
ActionAction Delibera N. 1438 del 25.05.2009
ActionAction Delibera N. 1440 del 25.05.2009
ActionAction Delibera N. 1508 del 08.06.2009
ActionAction Delibera N. 1510 del 08.06.2009
ActionAction Delibera N. 1544 del 08.06.2009
ActionAction Delibera N. 1572 del 08.06.2009
ActionAction Delibera 15 giugno 2009, n. 1600
ActionAction Delibera N. 1588 del 08.06.2009
ActionAction Delibera N. 1605 del 15.06.2009
ActionAction Delibera N. 1853 del 13.07.2009
ActionAction Delibera N. 1816 del 06.07.2009
ActionAction Delibera N. 1829 del 13.07.2009
ActionAction Delibera N. 1958 del 27.07.2009
ActionAction Delibera N. 1977 del 13.08.2009
ActionAction Delibera N. 2049 del 13.08.2009
ActionAction Delibera N. 2209 del 07.09.2009
ActionAction Delibera N. 2201 del 07.09.2009
ActionAction Delibera 14 settembre 2009, n. 2264
ActionAction Delibera N. 2321 del 21.09.2009
ActionAction Delibera N. 989 del 06.04.2009
ActionAction Delibera N. 1027 del 06.04.2009
ActionAction Delibera N. 2325 del 21.09.2009
ActionAction Delibera N. 2398 del 28.09.2009
ActionAction Delibera N. 1060 del 14.04.2009
ActionAction Delibera 28 settembre 2009, n. 2406
ActionAction Delibera N. 2510 del 19.10.2009
ActionAction Delibera N. 2740 del 09.11.2009
ActionAction Delibera N. 2717 del 09.11.2009
ActionAction Delibera N. 2756 del 16.11.2009
ActionAction Delibera N. 2780 del 16.11.2009
ActionAction Delibera N. 2789 del 16.11.2009
ActionAction Delibera Nr. 2800 vom 23.11.2009
ActionAction Beschluss N. 2913 del 14.12.2009
ActionAction Delibera N. 2916 del 14.12.2009
ActionAction Delibera 14 dicembre 2009, n. 2978
ActionAction Delibera N. 3088 del 21.12.2009
ActionAction Delibera N. 3167 del 30.12.2009
ActionAction Delibera N. 3197 del 30.12.2009
ActionAction Delibera N. 2294 del 14.09.2009
ActionAction2008
ActionAction Delibera N. 31 del 07.01.2008
ActionAction Delibera N. 53 del 21.01.2008
ActionAction Delibera N. 229 del 28.01.2008
ActionAction Delibera N. 247 del 28.01.2008
ActionAction Delibera N. 307 del 04.02.2008
ActionAction Delibera N. 333 del 04.02.2008
ActionAction Delibera N. 384 del 11.02.2008
ActionAction Delibera 11 febbraio 2008, n. 409
ActionAction Delibera N. 475 del 18.02.2008
ActionAction Delibera N. 486 del 18.02.2008
ActionAction Delibera N. 703 del 03.03.2008
ActionAction Delibera N. 723 del 10.03.2008
ActionAction Delibera N. 733 del 10.03.2008
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ActionAction Verwaltungsgericht Bozen - Beschluß Nr. 8 vom 16.12.1997
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