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In vigore al: 14/04/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 233 del 27.05.1992
Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro (ISPESL)

Sentenza (18 maggio) 27 maggio 1992, n. 233, pres. Corasaniti - Red. Mengoni

 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso in data 13 dicembre 1991, regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro della Sanità 24 giugno 1991, n. 322, recante « Regolamento dei servizi dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) », istituito con d.P.R. 31 luglio 1980 n. 619.
Le censure si possono classificare in due gruppi. Quelle del primo gruppo riguardano gli artt. da 1 a 5 del decreto impugnato, i quali, nell'articolare la conformazione e le competenze dei dipartimenti centrali dell'Istituto, lederebbero le attribuzioni provinciali relative a urbanistica, tutela del paesaggio, tutela ambientale, acquedotti e lavori pubblici, addestramento e formazione professionale, incremento delle attività industriali, igiene e sanità.
Rileva in proposito la ricorrente che spetta alla Provincia l'esercizio delle funzioni amministrative in materia: a) di igiene e sanità, comprese l'igiene e la medicina del lavoro, nonché la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali (art. 1 d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474), restando riservate allo Stato le sole competenze relative alla omologazione di macchine, impianti e mezzi personali di protezione; b) di igiene e sicurezza del lavoro nelle cave e torbiere (art. 9 d.P.R. 31 luglio 1978 n. 1017);
c) di igiene del suolo, di inquinamento atmosferico e di controllo sulle discariche e sugli impianti industriali (artt. 101 e 104 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, richiamati dal d.P.R. 19 novembre 1987 n. 526). Perciò il decreto ministeriale impugnato, oltre che lesivo delle rivendicate attribuzioni, si porrebbe anche in violazione dell'art. 3 d.P.R. n. 619 del 1980, non potendo una fonte regolamentare limitare l'esercizio delle competenze provinciali.
Non si potrebbe obiettare che le funzioni affidate ai dipartimenti dagli artt. da 2 a 5 del decreto si giustificano in funzione dell'interesse nazionale a una disciplina uniforme della materia sull'intero territorio nazionale, non potendo un semplice decreto ministeriale « individuare e definire ciò che rientra nell'interesse nazionale ».Le censure del secondo gruppo investono l'art. 1, commi 15,16,17, gli artt. da 11 a 22, l'art. 26, nonché la tabella C del decreto impugnato, in quanto, nel disciplinare l'impianto organizzativo dell'ISPESL e l'articolazione interna e periferica in dipartimenti, e nel fissare norme concernenti il personale addetto, non hanno in alcun modo salvaguardato le disposizioni statutarie concernenti la proporzione etnica e il bilinguismo negli uffici statali operanti nella Provincia di Bolzano. Tutte le censure sono state ribadite dalla ricorrente in una memoria depositata nell'imminenza dell'udienza di discussione, dove — in replica all'Avvocatura dello Stato — si mette in dubbio la possibilità di una persuasiva interpretazione adeguatrice del decreto ai principi e alle norme che si assumono violati. Si eccepisce inoltre che la mancata integrale attuazione dell'ordinamento dei servizi, demandata dall'art. 20 del decreto presidenziale al Ministro della sanità, è proprio ciò che determina la violazione da parte dello Stato della disciplina statutaria e di attuazione in tema di proporzionale etnica e sul bilinguismo nel pubblico impiego, e quindi delle attribuzioni provinciali. Grazie a questa omissione il dipartimento di Bolzano dell'ISPESL è entrato in funzione senza che al suo personale siano applicate le regole della proporzionale etnica e del bilinguismo secondo la complessa disciplina del d.P.R. 26 luglio 1976 n. 752.
2. Nel giudizio davanti alla Corte si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso, con conseguente declaratoria della competenza statale.
L'Avvocatura osserva che dagli artt. 2, 3 e 4 del decreto impugnato si desume espressamente che le competenze dei dipartimenti centrali ISPESL si sostanziano, coerentemente con la natura di organo tecnico-scientifico dell'istituto, in attività di ricerca, sperimentazione, consulenza, proposta normativa e controlli di laboratorio. Nell'art. 3 il riferimento letterale ai « controlli » deve ritenersi frutto della materiale omissione delle parole « di laboratorio », come facilmente si arguisce dal contesto. Il rilievo del carattere esclusivamente scientifico delle funzioni dell'ISPESL specificate dal decreto basta da solo a dimostrare l'inconsistenza della denunciata invasione delle attribuzioni della Provincia autonoma, che sono attribuzioni di amministrazione attiva (oltre che di produzione normativa) nelle varie materie minutamente elencate nel ricorso come oggetto di competenze proprie della ricorrente.
Non è in alcun modo ipotizzabile che attraverso una attività di pura ricerca o anche di sperimentazione (alla prima connessa e strumentale) l'organo di consulenza statale possa sovrapporsi o sostituirsi agli organi provinciali di amministrazione nella cura concreta, in ambito locale, degli interessi demandati della provincia e degli enti locali. Pertanto l'Avvocatura ritiene infondata anche la censura di violazione dell'art. 3 d.P.R. 619 del 1980. La stessa collocazione dell'ISPESL nell'ambito del Servizio sanitario è sufficiente per conferire rilievo nazionale ai compiti scientifici demandati all'Istituto.
Quanto al secondo ordine di censure mosse dalla Provincia ricorrente, l'Avvocatura obietta che manca qualsiasi nesso tra i richiamati principi statutari e le disposizioni del decreto che stabiliscono l'ordinamento territoriale e le strutture organizzative dell'Istituto. D'altra parte, la ricorrente trascura che il decreto impugnato si limita a stabilire l'ordinamento dei servizi, mentre nell'art. 1, comma 15, riserva espressamente a successivi provvedimenti la definizione dei profili professionali e la ripartizione delle dotazioni organiche fra i dipartimenti centrali e periferici. Sotto questo aspetto, tenuto conto anche di quanto previsto dall'art. 23 del decreto istitutivo, le doglianze della Provincia autonoma sarebbero, prima che infondate, inammissibili, siccome non sorrette da attuale e concreto interesse.
considerato in diritto 1. La Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato relativamente al decreto del Ministro della sanità 24 giugno 1991 n. 322, recante « Regolamento dei servizi dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro ».
La doglianza concerne in particolare:
a) gli artt. 1, commi 1 e 2, 2, 3, 4 e 5 del decreto ministeriale, in quanto violerebbero le attribuzioni provinciali in materia di urbanistica e piani regolatori, tutela del paesaggio, alpicultura e tutela dell'ambiente, viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale, addestramento e formazione professionale, incremento della produzione industriale, igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera, previste dagli artt. 8, 9 e 16 dello statuto speciale per il Trentino — Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670), nonché le funzioni trasferite alle regioni e alle province autonome o attribuite ai comuni ai sensi degli artt. 101 e 104 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, e degli artt. 9, 10 e 12 d.P.R. 19 novembre 1987 n. 526;
b) gli artt. 1, commi 15, 16 e 17, da 11 a 20 e 26 del decreto, in quanto violerebbero le norme dello statuto regionale (artt. 89,100 e 107) e le relative disposizioni di attuazione (d.P.R. 26 luglio 1976 n. 752) in materia di proporzionale etnica e di bilinguismo negli uffici statali situati nella provincia di Bolzano, nonché l'art. 20 d.P.R. 31 luglio 1980 n. 619, istitutivo dell'ISPESL, in quanto non provvedono alla ripartizione delle dotazioni organiche.
2. Il ricorso non è fondato.
L'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) è un organo tecnicoscientifico del Servizio sanitario nazionale, operante alle dipendenze del Ministro della sanità. È organizzato in dipartimenti tra loro coordinati (art. 14 d.P.R. n. 619 del 1980), che il decreto ministeriale in esame, emanato ai sensi dell'art. 20 del citato decreto presidenziale, distingue in centrali e periferici. I dipartimenti centrali sono specificati dall'art. 1: igiene del lavoro, medicina del lavoro, tecnologie di sicurezza, insediamenti produttivi e impatto ambientale, omologazione, documentazione e informazione. I dipartimenti periferici sono individuati dagli artt. 10 e 11, e le rispettive circoscrizioni territoriali (fra cui Bolzano — Trento, con sede in Bolzano) sono riportate nell'allegata tabella C.
Coerentemente con la natura di organo tecnicoscientifico, definita nell'art. 1 d.P.R. n. 619 del 1980, devono essere interpretate le funzioni dell'ISPESL precisate negli artt. da 1 a 5 del decreto ministeriale, censurati dalla ricorrente. Esse si concretano in compiti di studio, ricerca, sperimentazione, proposte di innovazioni normative, i quali non possono minimamente interferire nelle funzioni legislative e amministrative della Provincia autonoma relative alle materie di sua competenza secondo lo statuto speciale del Trentino — Alto Adige, o nelle funzioni ad essa trasferite o delegate ai comuni a norma del d.P.R. n. 526 del 1987, in relazione agli artt. 101 e 104 d.P.R. n. 616 del 1977.
Questa interpretazione vale anche per l'art. 3, comma 1, del decreto, dove il termine « controlli » non allude a funzioni amministrative di controllo, bensì evidentemente, come osserva l'Avvocatura dello Stato, ai « controlli di laboratorio » di cui parlano, in perfetto parallelismo, ma con maggiore precisione, gli artt. 2, comma 1, e 4, comma 1.
I compiti di consulenza attribuiti ai dipartimenti di igiene del lavoro, di medicina del lavoro e per le tecnologie di sicurezza, nonché i compiti di consulenza e assistenza tecnica assegnati al dipartimento insediamenti produttivi e impatto ambientale sono strettamente coordinati con l'attività del dipartimento di omologazione (art. 6), e quindi si integrano nelle funzioni di omologazione di macchine, impianti e mezzi personali di protezione riservate allo Stato dall'art. 3, n. 10, d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474. Fuori da questo ambito (determinato dagli artt. 6, lett. n) , 1. 23 dicembre 1978 n. 833, e 2, comma 1, d. l. 30 giugno 1982 n. 390, conv. nella 1. 12 agosto 1982 n. 597), l'ISPESL non ha poteri amministrativi (cfr. sent. n. 74 del 1987), nemmeno nella forma dell'iniziativa consultiva, come si argomenta esplicitamente dall'art. 23, comma 3, 1. n. 833 del 1978, secondo cui « l'Istituto collabora con le regioni su richiesta di queste ». Se la Provincia di Bolzano non vuole informazioni o consulenze dall'ISPESL nella gestione delle materie di sua competenza, non deve fare altro che non chiederle.
Priva di consistenza è, infine, la pretesa violazione delle funzioni amministrative trasferite alle regioni (e dunque anche alle province autonome) e agli enti locali in materia di igiene del suolo e di inquinamento atmosferico. Esse rimangono ben distinte dalle competenze statali, tenute ferme dall'art. 3, n. 4, d.P.R. n. 474 del 1975, relative alla « ricerca e sperimentazione scientifica di rilevanza nazionale svolte da appositi istituti ,, — fra cui appunto l'ISPESL — in ordine all'origine, all'evoluzione e alla prevenzione delle malattie ».
3. Il secondo ordine di censure imputa al decreto ministeriale di non avere tenuto in alcun conto le norme concernenti la ripartizione proporzionale dei posti in organico negli uffici pubblici tra i gruppi linguistici e la parificazione delle lingue italiana e tedesca. Più precisamente si lamenta:

a) che le norme del decreto sopra indicate al punto 1, sub-b), non hanno « in alcun modo richiamato e tutelato le esigenze di garanzia delle minoranze linguistiche »; b) che il decreto ha definito soltanto l'organico delle qualifiche funzionali del personale dell'ISPESL (tabella A), rinviando a successivi provvedimenti l'adempimento del compito, pure assegnato dall'art. 20 d.P.R. n. 619 del 1980, di definire i profili professionali delle varie qualifiche funzionali e la ripartizione delle dotazioni organiche, consentendo in tal modo che nel frattempo il dipartimento per la circoscrizione Bolzano — Trento fosse costituito e divenisse operante « senza che al suo personale siano applicate le regole del bilinguismo, e comunque senza applicare ad esso l'istituto della proporzionale etnica ».

Anche queste censure sono prive di fondamento. Nelle disposizioni denunciate non si riesce a scorgere alcun aspetto invasivo delle attribuzioni della Provincia di Bolzano nelle materie in discorso: non, per esempio, nell'art. 1, comma 16, che attribuisce al direttore dell'Istituto la competenza per l'assegnazione del personale ai singoli dipartimenti, lasciando impregiudicato l'obbligo di rispetto delle dette regole per il dipartimento di Bolzano; non negli artt. 10 e 11 e nella tabella C, che si limitano a classificare i dipartimenti periferici in due categorie e a indicare le rispettive sedi (con l'indirizzo) e circoscrizioni; non nell'art. 18, concernente responsabilità e compiti dei direttori dei dipartimenti, nonché le modalità di conferimento degli incarichi di dirigenza, o negli artt. 19 e 20, che organizzano la segreteria tecnico-scientifica e le segreterie del vice-presidente e del direttore, cioè uffici dell'organizzazione centrale dell'Istituto.
Né si comprende come si possa affermare che il decreto viola le competenze della Provincia autonoma per il solo fatto di non richiamare i principi statutari sulla proporzionale etnica e sul bilinguismo e le relative disposizioni di attuazione. La stessa ricorrente ricorda la costante giurisprudenza di questa Corte nel senso che tali principi e disposizioni « trovano applicazione indipendentemente dal fatto che siano richiamati dalle singole leggi ordinarie che regolano una certa materia » (cfr., da ultimo, sent. n. 3 del 1991, e qui indicazione delle sentenze precedenti). A maggior ragione deve considerarsi irrilevante il mancato richiamo in un decreto ministeriale, avente natura meramente regolamentare.
Quanto all'art. 1, comma 15, va osservato, anzitutto, che il rinvio a un successivo decreto della ripartizione delle dotazioni organiche tra i vari dipartimenti non comporta di per sé alcuna lesione delle attribuzioni della Provincia di Bolzano. In secondo luogo, se è vero — come asserisce la ricorrente nella memoria di replica all'Avvocatura dello Stato, senza però fornire particolari in proposito — che a causa del rinvio il dipartimento di Bolzano è stato costituito ed è entrato in funzione senza l'osservanza delle norme in materia di proporzionale etnica e di bilinguismo, tale violazione non determina un vizio di legittimità del decreto ministeriale, bensì un vizio dei provvedimenti successivi afferenti alla costituzione del dipartimento periferico in discorso e alla nomina del personale, contro i quali la Provincia autonoma può esperire i rimedi delle impugnazioni previste dall'ordinamento.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spettano allo Stato, e per esso all'ISPESL, i compiti enunciati - negli artt. 2, 3,4e 5 del decreto del Ministro della sanità 24 giugno 1991 n. 322, recante Regolamento dei servizi dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro;
dichiara che spetta allo Stato la disciplina dell'organizzazione e dell'ordinamento dei servizi dell'ISPESL, con l'osservanza, quanto al dipartimento periferico con l'osservanza, quanto al dipartimento periferico con sede in Bolzano, delle norme dello statuto speciale per il Trentino Alto Adige e delle relative disposizioni di attuazione in materia di proporzionale etnica e di bilinguismo nei pubblici uffici.
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