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In vigore al: 14/04/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 187 del 07.06.1996
Facoltà di procedere al pagamento in forma ridotta di sanzioni amministrative

Sentenza (29 maggio) 7 giugno 1996; n. 187; Pres. Ferri – Red. Vari
 
Ritenuto in fatto: 1. Nel procedimento instaurato da Peter Paul Pertoll avverso l'ordinanza-ingiunzione della Provincia autonoma di Bolzano intimante il pagamento di lire 742.000 a titolo di sanzione amministrativa, per aver omesso di apprestare le necessarie cure all'ordine e alla pulizia del laboratorio di produzione della sua pasticceria (art. 29 del d P.R. 26 marzo 1980, n. 327, in relazione all'art. 17 della legge n. 283 del 1962), il Pretore di Bolzano con ordinanza del 21 luglio 1995 (r.o. n. 725 del 1995), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, ultimo comma, della legge provinciale 7 gennaio 1977, n. 9 (Norme di procedura per l'applicazione delle sanzioni amministrative), «aggiunto dall'art. 1 della legge provinciale 29 ottobre 1991, n. 30», nella parte in cui preclude, anche in relazione alle materie attribuite alla competenza solo secondaria della Provincia autonoma di Bolzano (art. 9, in riferimento all'art. 5, dello Statuto), la facoltà di procedere al pagamento in forma ridotta mediante corresponsione del doppio del minimo edittale, ricavabile dagli artt. 10, primo comma, e - avuto riguardo agli artt. 24 e 26 del codice penale - dall'art. 38, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Secondo il rimettente la norma impugnata, nel prevedere che «qualora sia indicato solo il massimo edittale della sanzione pecuniaria, il suo pagamento in forma ridotta è ammesso in misura pari ad un terzo del massimo stesso», colliderebbe con la previsione contenuta nell'art. 16, primo comma, della legge n. 689 del 1981, in base al quale, «in assenza dei limiti minimo o massimo speciali o di entrambi, valgono i limiti generali propri della specie di pena di cui si tratta, con la conseguenza che, ove la sanzione sia prevista, come nel caso di specie, solo nel massimo edittale, l'interessato può corrispondere il doppio del minino come indicato dall'art. 10 della stessa legge ovvero, in applicazione dell'art. 38, primo comma, dall'art. 26 c.p.».
Secondo il Pretore, il richiamato art. 16 della legge n. 689 del 1981 avrebbe natura di principio fondamentale della materia, suscettibile di vincolare anche la Provincia autonoma di Bolzano che, in materia di «igiene e sanità», é dotata di potestà legislativa concorrente. E ciò indipendentemente dalla possibilità o meno di individuare nel richiamato art. 16 anche un principio generale dell'ordinamento giuridico, peraltro negata dal rimettente.
2. Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano, sostenendo la infondatezza della questione.
La difesa della Provincia esclude che si possa fare riferimento alla sentenza della Corte n. 152 del 1995, in quanto alla Provincia medesima spetta, alla luce dell'art. 4 del decreto legislativo n. 266 del 1992 e dell'art. 8 del decreto legislativo n. 267 del 1992, «il potere specifico e speciale di dettare sanzioni amministrative per le materie ad essa attribuite». Sia per le materie di competenza primaria che secondaria spetta alla Provincia dettare i minimi delle sanzioni amministrative (purché abbiano il minimo più alto di lire quattromila), per cui non illegittimamente essa ha stabilito in via generale il minimo della sanzione pecuniaria pari ad un sesto della pena edittale massima.
Secondo la memoria, ciò non può essere ritenuto in contrasto con l'art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in quanto non ci sono prescrizioni che obbligano la Provincia autonoma a fissare il minimo in misura tale che il doppio dello stesso risulti inferiore al terzo del massimo edittale, tanto più che l'art. 16 medesimo non è ricompreso tra i principi generali della legge n. 689 del 1981, né é riconducibile, come ha rilevato anche il rimettente, tra i principi generali dell'ordinamento giuridico. Inoltre, la dichiarazione di il legittimità della normativa provinciale porterebbe ad una eccessiva divaricazione tra il minimo ed il massimo, con il pericolo che la sanzione appaia inadeguata e priva del suo carattere deterrente.
3. Con una successiva memoria, presentata in prossimità dell'udienza, la Provincia autonoma di Bolzano deduce l'inammissibilità della questione, della quale il giudice rimettente avrebbe affermato in modo apodittico e immotivato la rilevanza. Infatti, la norma impugnata non sarebbe applicabile alla controversia pendente nel giudizio a quo in quanto all'interessato è stata contestata la violazione delle norme igieniche stabilite per i locali di produzione di alimentari dal d.P,R. n. 327 del 1980, per la cui inosservanza l'art. 17 della legge n. 283 del 1962 stabilisce la punizione «con ammenda fino a lire 1.500.000». Poiché tale contravvenzione non è stata depenalizzata dall'art. 32 della legge n. 689 del 1981, agli illeciti costituiti dalla violazione dell'art. 17 della legge n. 283 del 1962 non è applicabile la disciplina delle sanzioni amministrative e, di conseguenza, né l'art. 6 della legge provinciale n. 9 del 1977, né l'art. 16 della legge statale n. 689 del 1981.
A non voler dichiarare inammissibile per difetto di rilevanza la questione, gli atti andrebbero comunque restituiti al giudice a quo ai fini di una nuova valutazione della rilevanza, o di una più adeguata motivazione della medesima.
4. Nel giudizio di fronte alla Corte costituzionale si è costituita la parte privata, chiedendo l'accoglimento della questione sollevata con la ordinanza del Pretore di Bolzano, questione che si ritiene analoga a quella presa in considerazione dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 152 del 1995.
5. Con una successiva memoria, in prossimità dell'udienza, la difesa della parte privata, ribadite le affermazioni contenute nell'atto di costituzione, si sofferma sulla interpretazione dell'art. 16 della legge n. 689 del 1981, quale emerge dal «diritto vivente», nel senso che «ove la disposizione comminante ante la sanzione preveda solo il limite massimo della stessa, non anche il limite minimo, tale limite minimo, al fine del pagamento ridotto, si identifica in quello fissato in via generale per la pena pecuniaria amministrativa».
 
Considerato in diritto: 1. Con l'ordinanza in epigrafe, il Pretore di Bolzano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, ultimo comma, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 7 gennaio 1977, n. 9 (Norme di procedura per l'applicazione delle sanzioni amministrative), «aggiunto dall'art. 1 della legge provinciale 29 ottobre 1991, n. 30».
Secondo il rimettente tale disposizione, consentendo, nei casi in cui sia indicato solo il massimo edittale della sanzione pecuniaria, il pagamento ridotto in misura pari ad un terzo del massimo stesso, si porrebbe in contrasto con gli artt. 5 e 9 dello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige, giacché disattenderebbe, in materia di competenza provinciale concorrente, i principi fondamentali contenuti nell'art. 16 della legge n. 689 del 1981.
2. In via pregiudiziale va respinta l'eccezione della difesa della Provincia autonoma di Bolzano, la quale sostiene l'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, in quanto la contravvenzione che ha dato luogo al giudizio, essendo prevista dall'art. 17 della legge n. 283 del 1962 e dall'art. 29 del d.P.R. n. 327 del 1980, rientrerebbe fra quelle che l'art. 34, primo comma, lettera e), della legge n. 689 del 1981, esclude dalla depenalizzazione.
L'eccezione si basa, infatti, su un assunto smentito dalla giurisprudenza pressoché unanime della Corte di cassazione, da considerare perciò alla stregua di diritto vivente, nel senso che l'esclusione dalla depenalizzazione prevista dall'art. 34, primo comma, lettera e), della legge n. 689 del 1981 non riguarda le contravvenzioni di cui all'art. 17 della legge n. 283 del 1962, le cui fattispecie penali risultano identificate non già da questa legge, ma solo dal suo regolamento di esecuzione (d.P.R. n. 327 del 1980).
3. Nel merito la questione è fondata.
L'art. 16 della legge n. 689 del 1981, recante «Modifiche al sistema penale», nel disciplinare il pagamento in misura ridotta delle sanzioni amministrative, statuisce che le stesse possono essere estinte mediante il pagamento di una somma «pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole, al doppio del minimo della sanzione edittale».
Questo minimo, per le sanzioni di origine amministrativa, risulta indicato dall'art. 10 della medesima legge n. 689 del 1981 (in una somma non inferiore a lire quattromila), mentre, per le sanzioni depenalizzate di cui all'art. 32, può essere desunto, come la Corte ha avuto occasione di precisare (sentenza n. 152 del 1995), dall'art. 38 della legge in questione, ove, per individuare l'entità della somma dovuta in relazione ad una sanzione amministrativa conseguente ad un illecito depenalizzato, si rinvia all'ammontare della multa e dell'ammenda. Nell'ipotesi di sanzione amministrativa derivante - come nel caso preso in esame nel giudizio a quo - da una contravvenzione depenalizzata (ex art. 17 della legge 30 aprile 1962, n. 283), la misura minima della sanzione può essere, dunque, desunta in via generale - così come indicato dalla giurisprudenza della Cassazione richiamata quale «diritto vivente» nell'ordinanza di rinvio - dall'art. 26 del codice penale, che indica, per l'ammenda, la misura minima di lire quattromila.
4. Così ricostruita la disciplina generale del pagamento in forma ridotta delle sanzioni amministrative, occorre considerare che la legge n. 689 del 1981 opera, rispetto alla competenza legislativa regionale (e provinciale) in tema di sanzioni, come legge contenente principi fondamentali, da intendersi alla luce dell'orientamento secondo il quale la competenza sanzionatoria non attiene ad una materia a sé, ma accede alle materie sostanziali, con funzione rafforzatrice dei precetti stabiliti dal legislatore (sentenza n. 28 del 1996), riservando in particolare alla competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome la individuazione delle fattispecie sanzionate, nonché la determinazione delle sanzioni stesse, fra un minimo e un massimo.
Alla predetta legge n. 689 del 1981, per il suo rilievo nel contesto della disciplina generale posta in tema di sanzioni amministrative, va riconosciuta l'idoneità a vincolare il legislatore regionale (e provinciale) sia con riferimento alla previsione della possibilità di un pagamento della sanzione in misura ridotta, sia con riferimento alla determinazione di tale misura, che l'art. 16 viene a indicare nell'importo più favorevole al soggetto intimato, da individuare attraverso la scelta tra le misure rappresentate dal terzo del massimo e dal doppio del minimo della sanzione edittale.
La norma provinciale impugnata, in una materia di competenza concorrente quale l'igiene e sanità (art. 9, numero 10 dello Statuto speciale, in relazione al precedente art. 5) riduce, di contro, questa alternativa all'unica ipotesi del pagamento di un terzo del massimo, là dove la sanzione risulti comminata solo nella misura massima, senza considerare che il rispetto del principio stabilito nell'art. 16 della legge n. 689 del 1981 impedisce alla Provincia di determinare la misura della sanzione solo in relazione al terzo del massimo edittale, sì da non garantire al soggetto colpito la possibilità di scelta della misura più favorevole tra le due indicate dallo stesso art. 16. Ne discende, che la Provincia stessa, in assenza di un minimo specificamente previsto nella legge provinciale, non può sottrarre a chi sia interessata al pagamento in misura ridotta la possibilità di ottemperare al proprio obbligo utilizzando il richiamo anche al minimo desumibile in via generale dalla disciplina relativa al tipa di sanzione applicata.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell 'art. 6, ultimo comma, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 7 gennaio 1977, n. 9 (Norme di procedura per l'applicazione delle sanzioni amministrative), aggiunto dall'art. 1 della legge provinciale 29 ottobre 1991, n. 30.
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