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In vigore al: 14/04/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 30 del 03.02.1992
Funzione statale di indirizzo e coordinamento in materia di difesa del suolo - Annullamento parziale del decreto impugnato

Sentenza (22 gennaio) 3 febbraio 1992 n. 30; Pres. Corasaniti - Red. Baldassarre

 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso regolarmente notificato e depositato la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione all'art. 3, commi 2 e 3, d. P.C. M. 1 marzo 1991 (Ripartizione tra i bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale dei fondi disponibili nel periodo 1989-93 da destinare all'attuazione degli schemi previsionali e programmatici per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), che, nel prevedere l'emanazione futura di due atti di indirizzo e coordinamento privi di qualsiasi base legislativa, violerebbe le attribuzioni statutariamente spettanti alla Provincia autonoma, ponendosi in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la quale esige per quegli atti un fondamento sostanziale in disposizioni di legge, diretto a precisare gli interessi unitari da salvaguardare e i criteri per l'esercizio della potestà statale d'indirizzo.
Più precisamente, la ricorrente — dopo aver precisato che l'art. 3, al comma 2, prevede l'emanazione di atti di indirizzo e coordinamento destinati a determinare i criteri d'integrazione delle attività conoscitive e le modalità per lo svolgimento delle stesse e, al comma 3, predetermina l'adozione di atti dello stesso tipo diretti a stabilire le procedure, gli obiettivi e i criteri per l'aggiornamento dei capitolati per l'esecuzione delle opere — osserva che nell'ordinamento non sussiste alcuna disposizione di legge che offra fondamento sostanziale ai predetti atti.
Infatti, tale non può essere la disposizione che li prevede, la quale è contenuta in un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, cioè in un atto amministrativo cui l'art. 31, comma 4,1. n. 183 del 1989 affida solo il compito di disporre la ripartizione fra i bacini e le regioni (o province autonome) dei fondi disponibili per l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici. Né quel fondamento può esser rintracciato nell'art 2, comma 3, lett. d), 1. n. 400 del 1988, pur menzionato dalla disposizione impugnata, poiché, come questa Corte ha più volte sottolineato, si tratta di norma che mira semplicemente a determinare, all'interno della complessa istituzione del Governo, l'organo attributario in via diretta e immediata della competenza a deliberare i predetti atti, e non già a stabilire il fondamento legislativo sostanziale della relativa disciplina. Né, allo stesso fine, può essere invocato l'art. 31, comma 4, 1. n. 183 del 1989, il quale prevede il potere di adottare decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in ordine alla predisposizione degli schemi previsionali e programmatici, potere che è stato già esercitato con il d. P. C. M. 23 marzo 1990. Né, infine, sempre allo stesso scopo, si può fare riferimento all'art. 4, comma 1, 1. n. 183 del 1989 (peraltro non richiamato dalle premesse dell'atto impugnato), che prevede l'emanazione di « ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato » dalla stessa legge, poiché il decreto contestato lungi dal porsi come atto di esercizio della potestà d'indirizzo e coordinamento ivi prevista, pretende, piuttosto, di fondare esso stesso una potestà dello stesso tipo.
In conclusione, afferma la ricorrente, se l'impugnato art. 3, comma 2, sembra avere una vaga assonanza con la materia disciplinata dall'art. 2, comma 2, 1. n. 183 del 1989 (modalità di coordinamento e di collaborazione fra i soggetti pubblici del settore in ordine alle attività conoscitive da adottarsi con deliberazione del Presidente del Consiglio dei Ministri), al contrario il comma successivo dispone su una materia (procedure, obiettivi e criteri per l'adozione dei capitolati per l'esecuzione delle opere) che non può in alcun modo essere oggetto di atti di indirizzo e coordinamento, trattandosi di profili che lo Stato può disciplinare soltanto nei confronti delle amministrazioni proprie o di enti da esso dipendenti.
 
Considerato in diritto: 1. La Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al d. P. C. M. 1 marzo 1991 (Ripartizione tra i bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale dei fondi disponibili nel periodo 1989-93 da destinare all'attuazione degli schemi previsionali e programmatici per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), con riguardo all'art. 3, commi 2 e 3, che prevede l'adozione di due atti di indirizzo e coordinamento, aventi ad oggetto, rispettivamente, « i criteri di integrazione e di coordinamento tra le attività conoscitive dello Stato, delle autorità di bacino e delle regioni, nonché le modalità, anche tecniche, per lo svolgimento di dette attività » e « le procedure, gli obiettivi e i criteri per l'aggiornamento dei capitolati per l'esecuzione delle opere attinenti la difesa del suolo ». Secondo la ricorrente, poiché le potestà ivi previste sarebbero totalmente prive di un fondamento sostanziale in disposizioni di legge, vólto a precisare gli interessi unitari da salvaguardare e i criteri per lo svolgimento delle relative funzioni, le disposizioni impugnate costituirebbero esercizio illegittimo di un potere statale, ridondante in lesione delle competenze statutariamente assegnate alla Provincia autonoma di Trento in relazione alle proprie attività di organizzazione amministrativa.
2. Il ricorso va accolto.
Con la sentenza n. 150 del 1982, questa Corte, nell'inquadrare la funzione statale di indirizzo e coordinamento nell'ambito delle norme costituzionali relative al rapporto tra la potestà legislativa e amministrativa dello Stato e l'autonomia delle regioni (e delle province autonome), ha enunciato il principio che l'esercizio in via amministrativa, da parte dello Stato, della funzione d'indirizzo e coordinamento « è giustificato solo se trova un legittimo e apposito supporto nella legislazione statale ». Da questo principio derivano due corollari: a) che ogni esercizio della potestà di indirizzo e coordinamento dev'essere appositamente previsto da norme di legge statale, dirette a istituire la relativa funzione con riguardo a un determinato ambito di attività attribuito alle competenze delle regioni o delle province autonome; b) che, come è stato precisato dalla stessa sentenza n. 150 del 1982 e come è stato confermato da successive pronunzie di questa Corte (v., da ultimo, sentt. nn. 338 del 1989, 37, 49 e 359 del 1991), gli atti di indirizzo e coordinamento possono validamente incidere sull'autonomia costituzionalmente garantita alle regioni e alle province autonome soltanto sulla base di disposizioni di legge vòlte a delimitare « il possibile contenuto sostanziale degli atti di questo tipo ».
Le due disposizioni del d. P. C. M. 1 marzo 1991, in relazione alle quali è stato sollevato il conflitto di attribuzione in esame, sono lesive delle competenze provinciali.
2.1. L'art. 3, comma 3, del decreto impugnato, nello stabilire che, con atto di indirizzo e coordinamento, da adottarsi, ai sensi dell'art. 2 1. n. 400 del 1988, entro il 31 dicembre 1991, saranno definiti « le procedure, gli obiettivi ed i criteri per l'aggiornamento dei capitolati per l'esecuzione delle opere attinenti alla difesa del suolo », fa riferimento a una potestà statale di indirizzo e coordinamento di cui non v'è traccia nella vigente legislazione statale. In altri termini, quello previsto dalla disposizione ora citata è un potere che non ha il proprio titolo di legittimazione né nella legge n. 183 del 1989 — il cui art. 31, comma 4, prevede semplicemente la distribuzione dei fondi per l'attuazione degli schemi previsionali e programmatici per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo —, ne in altra legge dello Stato.
Del resto, la stessa norma legislativa invocata dalla disposizione impugnata — vale a dire, l'art. 2, comma 3, 1. 23 agosto 1988 n. 400 — non può certo fungere da norma istitutiva di quello specifico potere, poiché, come questa Corte ha già detto a proposito della stessa disposizione di legge (v. sent. n. 242 del 1989) o di altre disposizioni similari (v. sentt. nn. 150 del 1982, 139 e 345 del 1990), ivi compreso l'art. 4, comma 1, lett.f) (v. sent. n. 85 del 1990), si tratta di norma legislativa che non è diretta ad attribuire al Governo una specifica competenza ad esercitare funzioni di indirizzo e coordinamento verso le regioni o le province autonome, ma che mira, più semplicemente, a individuare all'interno della complessa istituzione governativa l'organo attributario, in via diretta e immediata, della competenza a deliberare gli atti di indirizzo e coordinamento.
Poiché, pertanto, quella impugnata è una disposizione non legislativa che pretende di istituire un nuovo potere di indirizzo e coordinamento, non si può minimamente dubitare che, in armonia con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l'art. 3, comma 3, sia frutto di un esercizio illegittimo di un potere statale, lesivo dell'autonomia costituzionalmente garantita alla Provincia di Trento.
2.2. L'art. 3, comma 2, contiene una disposizione similare che, tuttavia, ha qualche aggancio legislativo. Esso stabilisce che « con atto di indirizzo e coordinamento, da adottarsi ai sensi dell'art. 2 1. n. 400/1988, sono determinati, entro il 30 giugno 1991, i criteri di integrazione e di coordinamento tra le attività conoscitive dello Stato, delle autorità di bacino e delle regioni, nonché le modalità, anche tecniche, per lo svolgimento di dette attività ».
Si tratta, come è evidente, di una disposizione che tocca la materia regolata dagli artt. 2, commi 1 e 2, e 4, comma 1, 1. 18 maggio 1989 n. 183. Tali articoli prevedono, innanzitutto, che l'attività conoscitiva, relativa alle finalità della predetta legge e riferita all'intero territorio nazionale, debba essere sottoposta ai criteri, ai metodi e agli standards di raccolta, elaborazione e consultazione, nonché alle modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti nel settore, al fine di garantire « la possibilità di un'omogenea elaborazione ed analisi e della costituzione e gestione, ad opera dei servizi tecnici nazionali, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome ». Gli stessi articoli precisano, poi, che i suddetti criteri e metodi debbono essere approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e su proposta del Ministro dei lavori pubblici (art. 4, comma 1, lett. a).
Questa Corte ha già precisato nella sentenza n. 85 del 1990 che gli atti governativi previsti dalle disposizioni legislative appena ricordate non possono essere ricondotti all'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento.
Pertanto, in considerazione del fatto che si tratta di un atto amministrativo che pretende di istituire una nuova ipotesi di esercizio della funzione governativa di indirizzo e coordinamento, non si può non ritenere che anche l'art. 3, comma 2, è lesivo delle competenze statutariamente assicurate alla Provincia autonoma di Trento (art. 8, Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che non spetta allo Stato prevedere, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, l'adozione degli atti di indirizzo e coordinamento indicati nell'art. 3, commi 2 e 3, d. P. C. M. 1 marzo 1991 (Ripartizione tra i bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale dei fondi disponibili nel periodo 1989 — 1993 da destinare all'attuazione degli schemi previsionali e programmatici per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) e, conseguentemente, annulla il suddetto art. 3, commi 2 e 3, d. P. C. M. 1 marzo 1991.
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