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In vigore al: 14/04/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 167 del 15.05.1987
Comitato misto paritetico per le installazioni militari - esercitazioni militari nei parchi naturali

Sentenza (7 maggio) 15 maggio 1987, n. 167; Pres. La Pergola – Rel. Borzellino
 
Ritenuto in fatto: 1. In data 10 febbraio 1977 (ric. n. 6 del 1977) la Provincia autonoma di Bolzano ha proposto ricorso per la dichiarazione d'incostituzionalità dell'art. 3 l. 24 dicembre 1976 n. 898 (Nuova regolamentazione delle servitù militari) in riferimento agli artt. 8, nn. 3, 5, 6, 22; 16, comma 1; 107 dello statuto del Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670).
La norma impugnata prevede l'istituzione, in ciascuna Regione (e in entrambe le Province autonome del Trentino-Alto Adige), di un comitato misto paritetico « per l'esame dei problemi connessi all'armonizzazione tra i piani di assetto territoriale della Regione e i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni », statuendo inoltre che le definitive decisioni su tali questioni « sono riservate al Ministro per la Difesa », con la possibilità per la Regione interessata di chiedere, entro quindici giorni dalla decisione ministeriale, il riesame della stessa da parte del Consiglio dei Ministri.
La Provincia lamenta la lesione della potestà legislativa primaria in materia di tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare (art. 8, n. 3), urbanistica e piani regolatori (n. 5), tutela del paesaggio (n. 6), espropriazione per tutte le materie di competenza provinciale (n. 22).
Ciò anche in relazione agli artt. 1, 19, 20, 21, 22 d.P.R. 22 marzo 1974 n. 381 (Norme di attuazione in materia di urbanistica ed opere pubbliche) che stabilisce la competenza legislativa provinciale m ordine ai piani urbanistici con « eventuali osservazioni a scopo di coordinamento » da parte del Ministro dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici « per quanto riguarda le esigenze della difesa nazionale » (art. 21). L'art. 22 dello stesso d.P.R. n. 381 del 1974 avrebbe poi abrogato le leggi statali sulle servitù militari per tutto il territorio provinciale, salvo che per alcuni comuni più direttamente interessati alla difesa dei confini, nei confronti dei quali comuni non si applicherebbe la legge statale impuguata (cfr. art. 22 1. n. 898 del 1976) dovendosi per essi provvedere con le procedure di cui all'art. 107 d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670.
Per il restante territorio provinciale la nuova normativa statale, riservando al Ministro della difesa le « definitive decisioni sui programmi di installazioni militari e relative limitazioni » (con la possibilità di ricorrere al Consiglio dei Ministri), sarebbe quindi in aperto contrasto con le norme statutarie citate, avendo modificato, altresì, le norme di attuazione del d.P.R. n. 381 del 1974 senza il rispetto della procedura di cui all'art. 107 dello Statuto.

2. In pari data (10 febbraio 1977) anche la Provincia autonoma di Trento ha promosso questione di legittimità costituzionale (ric. n. 7 del 1977) dell'art. 3 l. 24 dicembre 1976 n. 898 in riferimento agli artt. 8, nn. 5, 6, 17 (viabilità, acquedotti e lavori pubblici) 107 dello Statuto del Trentino-Alto Adige, in relazione agli arti. 20 e 21 d.P.R. 22 marzo 1974 n. 381, svolgendo argomentazioni e motivi del tutto analoghi a quelli sopra esposti.

Per la Provincia autonoma di Trento in relazione all'art. 54 dello Statuto sarebbe infine « illegittimo il settimo comma dell'art. 3 impugnato, in quanto affida la nomina dei membri del Comitato al Presidente della Giunta provinciale, su designazione del Consiglio provinciale, anziché alla Giunta ».

3. In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, rilevando come la norma impugnata assicurerebbe invece « un coordinamento tra poteri statali e quelli regionali e provinciali in materia di difesa militare del Paese e relative limitazioni ». Da ciò l'infondatezza delle questioni.

4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha prodotto ricorso in data 13 novembre 1981 (n. 63 del 1981) per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge provinciale riapprovata dal Consiglio provinciale di Bolzano il 28 ottobre 1981, recante « Disciplina delle esercitazioni militari nei parchi naturali » per violazione dell'art. 8 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.

L'articolo unico della legge provinciale impugnata dispone: « Ferma restando la disposizione di cui all'ultimo comma dell'art. 12 l. prov. 25 luglio 1970 n. 16 e successiva modifica, all'interno dei territori vincolati come parchi naturali ai sensi dell'art. 1, lett. d), della stessa legge, sono vietate esercitazioni militari a fuoco e quelle che possono produrre danni all'ambiente naturale, nonché gli accampamenti ».

La norma, rinviata dal Governo per contrasto con il detto art. 8 dello Statuto « che pone alla competenza provinciale il limite del rispetto degli interessi nazionali » veniva riapprovata il 28 ottobre 1981.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri rileva come la disposizione impugnata sia « ispirata a criteri opposti » a quelli seguiti dall'ultimo comma dell'art. 12 l. prov. 25 luglio 1970 n. 16 che rimarrebbe in vigore nel senso di escludere, dall'applicabilità delle modalità procedurali ivi previste, le opere pubbliche destinate alla difesa nazionale.
A parte ciò, la norma implicherebbe innanzitutto « l'assoluta prevalenza dell'interesse pubblico alla conservazione del paesaggio e alla protezione dell'ambiente naturale sull'interesse generale alla difesa nazionale, per la pura del quale le esercitazioni militari costituiscono strumento indispensabile » (specie in territorio di frontiera); in secondo luogo verrebbe attribuita agli organi provinciali la competenza di disporre in ordine agli interessi militari ed al loro sacrificio dinnanzi alle esigenze di tutela paesistica.
Vi sarebbe quindi contrasto con l'art. 8 dello Statuto (ex art. 4) che subordina la competenza legislativa provinciale al rispetto degli interessi nazionali; le esercitazioni militari sarebbero infatti « manifestazioni ineliminabili dei compiti di difesa dello Stato ». La legge provinciale impugnata affronterebbe « unilateralmente » il problema del confronto tra interessi ugualmente dotati di rango costituzionale, dando preminenza all'uno (protezione ambientale) a svantaggio dell'altro (difesa militare); quest'ultimo verrebbe così ad essere regolamentato diversamente da quanto stabilito dalla legislazione statale (1. n. 898 del 1976) risultando vanificato nei contenuti.
5. Nel relativo giudizio avanti a questa Corte si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano rilevando in primo luogo che la limitazione introdotta con la legge denunciata riguarda non le opere militari ma solo le esercitazioni, oltretutto solo in una esigua parte (ettari 80.000) del territorio provinciale di complessivi ettari 740.000; si osserva al proposito che dette esercitazioni ben possono essere svolte nel rimanente « ampio spazio » del territorio provinciale, pari ad ettari 660.000.
In tema di tali esercitazioni, poi, la l. n. 898 del 1976 disporrebbe (art. 3) « che i programmi delle esercitazioni militari sono concordati in sede di comitato paritetico e che, in particolare, le esercitazioni a fuoco debbono svolgersi in località determinate e prefissate ». Essendo evidente, per le loro caratteristiche, che le zone vincolate a parco non possono coincidere con le « zone idonee alla concentrazione delle esercitazioni militari di tiro a fuoco » ed essendo altresì chiaro che il comitato paritetico avrebbe in definitiva, comunque, dovuto respingere qualsivoglia esercitazione militare dannosa all'ambiente programmata in zona verde, verrebbero così a cadere, siccome ingiustificati e infondati, i rilievi di parte ricorrente.
 
Considerato in diritto: l. I ricorsi in epigrafe concernono questioni identiche ovvero connesse. Possono essere riuniti, perciò, per formare oggetto di un'unica pronuncia.
2.1. L'art. 3 della legge 24 dicembre 1976, n. 898 (Nuova regolamentazione delle servitù militari) istituisce, per ciascuna Regione, un comitato misto paritetico (membri dell'Amministrazione statale e rappresentanti della Regione) di reciproca consultazione per l'esame, anche con proposte alternative, dei problemi connessi alla armonizzazione fra i piani di assetto territoriale (della Regione) ed i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni. Le definitive decisioni sui programmi di installazione e limitazioni relative restano riservate al Ministro per la difesa; tuttavia la Regione interessata può richiedere, intervenuta la decisione, il riesame da parte del Consiglio dei Ministri, alla cui riunione è invitato il presidente della Regione interessata.
2.2. Le disposizioni di cui innanzi sono state, con separati ricorsi, impugnate per illegittimità costituzionale dalle Province autonome di Bolzano e di Trento, essendo nella Regione Trentino-Alto Adige l'organismo di consultazione costituito in due distinti Comitati provinciali.
Viene complessivamente prospettata la violazione dell'art. 8 dello Statuto speciale ( D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), segnatamente - stante le relative competenze normative primarie - ai numeri 3 (tutela del patrimonio storico, artistico e popolare); 5 (urbanistica e piani regolatori); 6 (tutela del paesaggio); 17 (viabilità, acquedotti e lavori pubblici); 22 (espropriazione per pubblica utilità), nonché dei successivi artt. 16 (attributivo alle province delle potestà amministrative connesse all'esercizio della funzione legislativa) e 107 (sul procedimento per le norme di attuazione).
Tutto ciò in relazione alla disciplina delle competenze medesime, così come regolata dagli artt. 1, 19, 20, 21 delle relative norme di attuazione ( D.P.R. 22 marzo 1974, n. 381.)
In sostanza, le Province ravvisano che il dettato dell'art. 3 legge n. 898 del 1976, importando determinazioni di autorità dello Stato (il Ministro della difesa) in aree loro attribuite per Statuto, costituisca specifico attentato alle competenze primarie proprie.
3.1. La questione non è fondata.
Questa Corte ha già avuto modo di considerare che l'art. 3 della legge 24 dicembre 1976, n. 898 affida ad atti bilaterali l'armonizzazione tra i piani di assetto territoriale (ovviamente con le attività ad essi connesse) delle Province autonome e le esigenze dell'amministrazione centrale della difesa (sent. n. 286 del 1985).
Sulla linea di continuità della norma, va confermato, dunque, che ogni qualvolta concorra - come nel caso - una molteplicità di interessi eterogenei, riferibili a soggetti diversi tutti comunque di rilievo costituzionale, alla loro composizione si provvede con intesa mediante la reciproca consultazione.
A tali fini è rivolto, appunto, l'art. 3 della legge n. 898 del 1976: la " armonizzazione " posta al primo comma altro non attualizza (ed è il significato già semantico del termine) che il " rendere privo di contrasti " il sistema pluralistico costituzionalmente delineato, senza perciò che ne risultino intaccate le specifiche competenze espressione di autonomia ed i procedimenti relativi.
Su ciò, infatti, non influiscono le richiamate attribuzioni del Ministro per la difesa poiché il terzultimo comma dell'articolo, in asse con le enunciate finalità dell'intera norma, circoscrive la relativa determinazione al mero ambito dei " programmi " delle installazioni e connesse limitazioni nell'interesse della difesa nazionale, lasciando integra ogni diversa competenza. Comunque la detta Autorità centrale dello Stato interviene solo nei casi di proposte alternative: art. 4, comma secondo, del regolamento approvato con D.P.R. 17 dicembre 1979, n. 780. D'altra parte - sempre nei limiti dell'anzidetta area decisionale - è stabilito, come si è avvertito, un meccanismo di ulteriore risoluzione che fa capo al Consiglio dei Ministri con l'intervento del presidente della Giunta provinciale.
In definitiva, la portata dell'art. 3 della legge n. 898 del 1976, nella ricostruzione complessiva degli inerenti tessuti normativi e per l'esigenza dei conferenti equilibri, si riconduce, così, a strumento di esplicito coordinamento delle autonomie con gli interessi unitari della difesa nazionale. Tanto - come si è descritto - senza stabilire veruna gerarchia tra i diversi valori di rilievo costituzionale; bensì, e nel rispetto dei precetti statutari, onde rendere operative le finalità delle opere di difesa militare, esorbitanti le attribuzioni provinciali (art. 4, primo comma, dello Statuto speciale).
3.2. Viene a cadere quindi anche l'altra censura della Provincia di Bolzano, che assume non potersi esplicare comunque la disciplina dell'art. 3 fuori dai Comuni elencati nell'art. 22 delle Norme di attuazione di cui al D.P.R. 22 marzo 1974, n. 38l. Tale disposto limitava, invero, a taluni specifici territori della provincia l'applicazione del regime giuridico della proprietà in zone militarmente importanti contenuto nella legge 1 giugno 1931, n. 886, ed è rimasto integro, anche dopo l'abrogazione di questa, per effetto della successiva legge 24 dicembre 1976, n. 898 contenente l'articolo 3 oggi impugnato.
Ma il dettato cui si riferisce la ricorrente concerne espressamente le " effettive " limitazioni, non i programmi di cui si è detto (che dovranno ovviamente tenerne debito conto), restando così al di fuori di quei contenuti di armonizzazione, perseguiti dalla normativa impugnata che, per contro, si prospetta all'occorrenza strumento, anche qui, per il superamento di possibili controversie.
4. La Provincia di Trento rileva contrasto, ancora, del comma settimo dell'art. 3 legge n. 898 del 1976, ove la nomina dei membri del Comitato è affidata al presidente della Giunta provinciale su designazione del Consiglio, con l'art. 54, n. 6 dello Statuto speciale ( D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), secondo cui le generali attribuzioni della Provincia spettano all'intera Giunta.
La censura è fondata e va accolta, per il disposto puntuale di cui innanzi, nel senso che nella Regione Trentino-Alto Adige compete alle Giunte provinciali, e non al solo Presidente di esse, sia pure previa designazione del Consiglio, la nomina dei rispettivi rappresentanti in seno al Comitato misto paritetico di reciproca consultazione nella materia "de qua".
5.1. La legge della Provincia di Bolzano (Disciplina delle esercitazioni militari nei parchi naturali) riapprovata, a seguito di rinvio da parte del Governo, addì 28 ottobre 1981, pone - col suo unico articolo - il divieto, all'interno dei territori vincolati a parco naturale, di esercitazioni militari a fuoco o comunque atte ad arrecare danni all'ambiente, nonché dei relativi accampamenti.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato il disposto, per assunta violazione dell'art. 8 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale) (in relazione all'art. 4) essendo venuto meno il rispetto degli interessi nazionali (in fattispecie, della difesa militare).
Obietta la Provincia interessata che la norma sarebbe, invece, sostanzialmente in armonia coi precetti d'ordine costituzionale, altro non rappresentando se non la tassativa puntualizzazione, per via di norma, di quanto già esistente nella legislazione nazionale in punto di esercitazioni militari: dichiarazione espressa delle zone idonee allo scopo, giusta le procedure previste dall'art. 3 della legge n. 898 del 1976, già ampiamente ricordato.
5.2. La questione è fondata.
Come la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo già di considerare in passato (sent. n. 216 del 1986), le attività marziali di esercitazione cui è connesso l'accamparsi di truppe costituiscono, per i connotati strumentali addestrativi che le richiedono, attribuzione esclusiva delle formazioni armate dello Stato.
Peraltro, per gli scopi precipui di armonizzazione e di con seguente intesa con le Regioni (e le Province autonome interessate), la materia, come la stessa resistente ha ricordato, è disciplinata dalla legge 24 dicembre 1976, n. 898, che sempre all'art. 3 di cui si è discorso (commi quarto, quinto e sesto) dispone doversi consultare annualmente il Comitato paritetico circa i programmi esercitativi da predisporsi onde definire, in tale sede, le località e le modalità di svolgimento. Sempre al Comitato è attribuito, poi, il compito di riconoscere, entro un quinquennio, le zone destinate permanentemente ad esercitazioni a fuoco, con il divieto, una volta individuate, di fare svolgere in massima l'addestramento fuori di queste.
La Provincia autonoma, dunque, cui peraltro compete, al pari dell'autorità statale, il potere di richiesta delle riunioni paritetiche (art. 2 del regolamento approvato con D.P.R. n. 780 del 1979) non può sottrarsi, come del resto lo Stato, a siffatti oneri procedurali, i quali si è già messo in evidenza, rappresentano il momento di composizione tra i diversi interessi. E vero che la legge provinciale lascia integro, esplicitamente, il disposto di cui all'ultimo comma dell'art. 12 della legge provinciale 25 luglio 1970, n. 16, per la tutela ambientale del paesaggio. Ed è vero che tale ultima disposizione riconosce, in termini tassativi, esorbitare dalle competenze provinciali, perché di spettanza dello Stato, le opere destinate alla difesa nazionale. Ma a queste si riconnettono, appunto, secondo le richiamate considerazioni di questa Corte (sent. n. 216 cit.), le attività strumentali relative, di cui è esempio la presente fattispecie; onde l'imposto divieto - nel medesimo contesto normativo - verrebbe, per i suoi contenuti applicativi, a confliggere con il palmare, coevo riconoscimento della competenza statale menzionata, ingenerando - lungi dal dirimerli - virtuali possibilità di contrasti.
D'altra parte, tutto ciò non sta a significare che le esercitazioni possano indiscriminatamente venir intraprese e condotte in qualsiasi zona o territorio ancorché rivolte al servizio addestrativo delle forze armate della Nazione: a parte la valutazione concreta, a chi spetti, della loro utilità, il patrimonio paesaggistico e ambientale costituisce eminente valore cui la Costituzione ha conferito spiccato rilievo (art. 9, secondo comma), imponendo alla Repubblica - a livello di tutti i soggetti che vi operano e nell'ambito delle rispettive competenze istituzionali - di perseguirne il fine precipuo di tutela (sent. n. 94 del 1985).
Si tratta anche qui, allora, della necessità di comporre le esigenze di carattere e di interesse unitario con le istanze e relative pari esigenze delle autonomie (cfr. sent. n. 151 del 1986 e sent. 177 del 1986).
E a realizzare tale indeclinabile bilanciamento degli interessi in gioco è intervenuto proprio l'art. 3 della legge n. 898 del 1976 con i suoi meccanismi di consultazione che non possono dalla Provincia venire unilateralmente disattesi.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 
riuniti i giudizi in epigrafe:
- dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 24 dicembre 1976, n. 898 (legge statale) (Nuova regolamentazione delle servitù militari) sollevata, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalle Province autonome di Bolzano e di Trento, in riferimento all'art. 8 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, nn. 3, 5, 6, 17, 22, e agli artt. 16 e 107 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige);
- dichiara l'illegittimità costituzionale, nei confronti delle Province autonome di Bolzano e di Trento, dell'art. 3, comma settimo, della legge n. 898 del 1976 precitata, nella parte in cui non dispone che i rappresentanti delle due province in seno al comitato misto paritetico di cui al primo comma dello stesso articolo sono designati dalla Giunta provinciale rispettiva;
- dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Provincia autonoma di Bolzano, riapprovata dal Consiglio provinciale addì 28 ottobre 1981, recante " Disciplina delle esercitazioni militari nei parchi naturali ".
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