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In vigore al: 12/09/2015

Corte costituzionale - Sentenza N. 360 del 18.07.1991
Turismo - Maestri di sci - Ordinamento della professione - Abilitazione all'esercizio della professione - Legge statale - stabilisce solo principi fondamentali e standards minimi

Sentenza (11 luglio) 18 luglio 1991 n. 360; Pres. Gallo - Est. Casavola
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso depositato il 19 aprile 1991, la Regione autonoma Valle d'Aosta ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'intera l. 8 marzo 1991 n. 81, e comunque degli artt. 5, 6, 7, 8, 13, 18 e 22 della legge stessa, per violazione dell'art. 116 Cost. e dell'art. lett. u) e lett. r), dello statuto speciale per la Valle d'Aosta.
Premette la ricorrente che l'art. 2 comma 1, dello statuto speciale (approvato con l. cost. 26 febbraio 1948 n. 4), alla lett. u) le attribuisce competenze legislative primarie in materia di ordinamento delle guide, scuole di sci e portatori alpini, mentre alla lett. r) le è riservata la potestà legislativa in tema d'istruzione tecnico-professionale. Con tali competenze — poi tradotte nella l. reg. 1° dicembre 1986 n. 59 (Disciplina della professione di maestro di sci e delle scuole di sci in Valle d'Aosta) — contrasterebbe la legge impugnata e in particolare: 1) la disciplina specifica, dettata dall'art. 5 per il trasferimento di maestri di sci provenienti da altre Regioni o da altri Stati, si porrebbe in contrasto con la legge regionale citata che, all'ari. 12 comma 5, prevede un apposito corso di formazione e all'ari. 16 comma unico lett. f), richiede, anche per esigenze di sicurezza, la perfetta conoscenza delle lingue italiana e francese; 2) le modalità, individuate dall'art. 6, per la formazione e l'abilitazione dei maestri di sci, contrasterebbero con entrambe le competenze regionali; 3) la durata minima dei corsi, così come fissata nell'art. 7, oltre che ingiustificata sul piano tecnico, non troverebbe riscontro nella normativa regionale; 4) lesivo del potere autonomo della Regione di definire i contenuti dei corsi secondo modalità che tengano conto della realtà montana locale sarebbe l'art. 8, che affida alla Federazione italiana sport invernali (FISI) alcune competenze sul contenuto dei corsi; 5) i collegi regionali dei maestri di sci, previsti dall'art. 13, verrebbero a sovrapporsi all'Associazione valdostana maestri di sci di cui agli artt. 27 e 28 1. reg. n. 59 del 1986; 6) l'equiparazione, stabilita dall'ari. 18, dell'attività di accompagnatore retribuito a quella di maestro di sci, porterebbe a un ampliamento del concetto di esercizio abusivo della professione rispetto a quello segnato dalla citata legislazione regionale. Quest'ultima, poi, ai sensi dell'art. 22 della legge statale, parimenti denunziata, dovrebbe essere adeguata entro un anno (per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome si prevede una delega agli organi locali per la definizione dei criteri e dei programmi di cui agli artt. 7 e 9 della legge stessa).
Più in generale, la ricorrente contesta la natura stessa di legge-quadro dell'impugnata l. n. 81 del 1991, ad onta della sua auto-qualificazione in tal senso, ed afferma l'inidoneità dell'implicito richiamo ai princìpi fondamentali a comprimere la potestà legislativa della Valle in materia (già a suo tempo riconosciuta dalla sentenza di questa Corte n. 13 del 1961).
Sempre secondo la giurisprudenza costituzionale, poi, a parere della Regione ricorrente — che cita la sent. n. 70 del 1981 — anche il limite dei princìpi fondamentali non potrebbe implicare la totale esclusione di singoli settori di una materia di competenza legislativa, attenendo soltanto al modo di esercizio di questa.
Nella specie vi sarebbe invece un totale riassorbimento della potestà regionale non da parte di norme che enunciano princìpi fondamentali, bensì di norme di dettaglio, emanate in un settore di attività « connaturato alle tradizioni ed agli interessi della Valle » (secondo la definizione data dalla stessa Corte nella citata sent. n. 13 del 1961).
2. E intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per la declaratoria d'inammissibilità, ovvero d'infondatezza, riservandosi ulteriore memoria.
3. Con ricorso depositato il 20 aprile 1991 la Provincia autonoma di Trento ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'intera 1. 8 marzo 1991 n. 81, ed in particolare degli artt. 1, 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 22 e 23 della stessa, in relazione agli artt. 8 nn. 20 e 29, e 16 st. spec. per il Trentino-Alto Adige approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670, nonché delle relative norme di attuazione approvate con d.P.R. 22 marzo 1974 n. 278, e con d.P.R. 1° novembre 1973 n. 689.
Premette la ricorrente di avere competenza legislativa primaria — nonché, ex art. 16, le relative potestà amministrative — sia in materia di turismo ed industria alberghiera, compresi le guide, i portatori alpini, i maestri e le scuole di sci, sia in materia di addestramento e formazione professionale ex art. 8 nn. 20 e 29 st. spec. e di aver compiutamente regolato, con l. prov. 28 dicembre 1984 n. 15, l'insegnamento dello sci e delle scuole di sci nel proprio territorio.
La legge violerebbe le citate norme statutarie con diverse disposizioni, risultando in particolare illegittimi:
1) gli artt. 1 e 22, dal cui combinato disposto si desumerebbe la loro immediata efficacia nei confronti della Provincia autonoma;
2) gli artt. 3, 6, 9 ed 11, introduttivi del principio secondo cui la professione del maestro di sci può esercitarsi soltanto con un'apposita abilitazione (altrimenti configurandosi il reato di esercizio abusivo di professione). L'istituzione di un albo e la tenuta di questo da parte di collegi regionali o interregionali condurrebbe alla creazione di una nuova professione liberale con il conseguente scorporo di una rilevante porzione di due materie di competenza regionale. Dubita la Provincia autonoma che il legislatore statale possa liberamente qualificare qualsiasi attività nei suddetti termini, così facendone derivare lesioni quali quelle prospettate. In particolare si tratterebbe, nella specie, di una professione senza esame di Stato e di un'abilitazione della durata di un solo triennio;
3) l'art. 7 « soltanto formalmente » si sarebbe adeguato alla declaratoria d'illegittimità contenuta nella sent. n. 372 del 1989 per le guide alpine. La norma non prevede più, infatti, la definizione dei programmi dei corsi e dei criteri per gli esami da parte di un collegio nazionale, ma fissa pur sempre direttamente la durata dei primi, le sezioni delle prove d'esame e le materie d'insegnamento. Parimenti elusivo della competenza regionale sarebbe l'obbligo, di cui all'art. 8, di rispettare criteri e livelli delle tecniche sciistiche fissate dalla Federazione italiana sport invernali. Inoltre l'art. 9, pur affidando alle Regioni la nomina delle commissioni d'esame (già riservata — dalla norma dichiarata illegittima da questa Corte con la menzionata sent. n. 372 del 1989 — per le guide alpine al « direttivo del collegio delle guide »), prevede tuttavia l'intesa con i collegi regionali e demanda la valutazione tecnica e didattica dei candidati ad una sottocommissione composta esclusivamente da istruttori nazionali e maestri di sci; in tal modo la formazione professionale di tale ultima categoria verrebbe ricondotta alla competenza pressoché esclusiva dello Stato;
4) l'art. 23, infine, presterebbe solo un apparente ossequio alla citata decisione della Corte, in quanto, mentre affida alle Regioni l'organizzazione dei corsi, prevede peraltro la collaborazione — parrebbe obbligatoria — dei collegi (di cui all'art. 13), i quali propongono altresì le commissioni d'esame.
4. E intervenuta l'Avvocatura dello Stato depositando atto di tenore identico a quello di cui sub 2.
5. Nell'imminenza dell'udienza l'Avvocatura ha depositato due memorie di analogo contenuto nelle quali rileva anzitutto come nei confronti della legge impugnata possano trovare applicazione le affermazioni rese dalla Corte nella sent. n. 372 del 1989, attesa l'affinità della materia (guide alpine in quel caso e maestri di sci nella presente controversia), nonché la identica natura di legge-quadro rivestita dai provvedimenti in questione.
In particolare, poi, l'art. 22 coinvolgerebbe le competenze delle ricorrenti soltanto nel senso di fissare programmi dei corsi e criteri delle prove d'esame (ex artt. 7 e 9 1.) come livelli minimi per le stesse, salvo autonome aggiunte, con la conseguenza dell'inammissibilità delle questioni per difetto d'interesse per la parte eccedente la censura mossa all'art. 22 n. 2, con riferimento all'art. 7 e all'art. 9 n. 2.
Tale motivo d'inammissibilità sarebbe poi specificamente ravvisabile per la Provincia autonoma di Trento per quanto riguarda l'art. 23, norma che, « modificando e precisando » una disposizione della l. 2 gennaio 1989 n. 6, non toccherebbe l'autonomia provinciale. Replicando alla Provincia ricorrente, l'Avvocatura sottolinea altresì che un corpo normativo, anche se esplicitamente si riferisce alle Regioni a statuto ordinario, ben può contenere disposizioni di diversa portata, risultando senz'altro censurabile sotto il profilo della tecnica legislativa ma non certo sotto quello dell'illegittimità costituzionale.
Sul punto si rileva poi l'estrema genericità delle doglianze e si sottolineano l'esigenza di assicurare una minima uniformità della preparazione dei « professionisti » su tutto il territorio nazionale e la necessità di tutelare sicurezza ed incolumità di chi si affida ai maestri di sci nonché la libertà di costoro di poter esercitare dovunque la loro « professione » (m coerenza con la normativa comunitaria).
6. Con ulteriore memoria la Regione autonoma Valle d'Aosta ha ribadito le proprie censure, sottolineando come la 1. n. 6 del 1989 — nella parte riguardante l'ordinamento della professione della guida alpina— sia uscita indenne dal vaglio di questa Corte solo perché considerata applicabile esclusivamente alle Regioni a statuto ordinario. Viceversa la legge impugnata, attraverso la qualificazione di legge-quadro, avrebbe una generale portata (come potrebbe del resto evincersi dall'art. 22) essendo rivolta anche alle Regioni (e Province) dotate di competenza legislativa primaria. In tal modo si sarebbero dettate norme di dettaglio comprimendo la potestà regionale mediante l'espediente della istituzione di un albo professionale per una attività che richiede non già un titolo di studio superiore, ma soltanto il conseguimento di un'abilitazione tecnico-didattico-culturale.
Considerato in diritto:.1. Assume la Regione autonoma Valle d'Aosta che l'intera l. 8 marzo 1991 n. 81 (Legge-quadro per la professione di maestro di sci e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di guida alpina), e le seguenti norme della legge stessa, le quali dispongono diversamente dalla legge regionale in materia, contrastino con le competenze primarie alla medesima attribuite in materia di guide e scuole di sci, nonché in tema d'istruzione professionale. In particolare: 1) l'art. 5 che detta la disciplina per il trasferimento da un albo all'altro dei maestri di sci; 2) l'art. 6 che regola l'abilitazione dei maestri stessi; 3) l'art. 7 che fissa la durata minima dei corsi; 4) l'art. 8 che demanda talune competenze alla Federazione italiana sport invernali in materia di contenuti dei corsi; 5) l'art. 13 che prevede il collegio regionale dei maestri di sci; 6) l'art. 18 che, equiparando l'attività di accompagnatore retribuito a quella di maestro di sci, viene ad ampliare l'ipotesi di esercizio abusivo della professione; 7) l'art. 22 che impone il termine di un anno per l'adeguamento della legislazione regionale.
1.2. Parimenti ritiene che concretino analogo vulnus delle competenze riconosciutele dallo Statuto la Provincia autonoma di Trento, la quale denunzia l'intera legge n. 81 del 1991, e in particolare: 1) gli artt. 1 e 22 che dispongono con efficacia diretta nei confronti della Provincia autonoma; 2) gli artt. 3, 6, 9 ed 11 che introducono l'abilitazione per i maestri di sci, così creando una nuova professione liberale con scorporo di una porzione di attribuzioni regionali; 3) gli artt. 7, 8 e 9 che stabiliscono rispettivamente criteri didattici, competenze della FISI nonché l'intesa con i collegi regionali ai fini della nomina delle commissioni d'esame; 4) l'art. 23 che, pur affidando alle Regioni l'organizzazione dei corsi, impone la collaborazione con i collegi regionali.
1.3. Le questioni, che vertano sostanzialmente sugli stessi punti, vanno riunite e decise con un unico provvedimento.
2.1. Non può trovare accoglimento la censura mossa dalla Regione autonoma Valle d'Aosta e dalla Provincia autonoma di Trento all'intera l. n. 81 del 1991, attesa l'assoluta genericità e carenza di adeguata motivazione. E orientamento ormai consolidato di questa Corte (cfr. sentt. nn. 517 del 1987; 1111 del 1988; 459 del 1989 e 85 del 1990) ritenere come inammissibili questioni di legittimità costituzionale sollevate in ricorsi in via principale in cui manchi una motivazione che consenta al giudice delle leggi « il vaglio in limine litis, attraverso l'esame della motivazione e del suo contenuto, della sussistenza in concreto dello specifico interesse a ricorrere in relazione alle singole disposizioni impugnate »; e ciò, oltre che per rendere possibile una inequivoca determinazione dell'oggetto della questione, anche per « verificare l'eventuale arbitrarietà, pretestuosità o astrattezza dei dubbi di legittimità prospettati ». Poiché le censure riguardano qui soltanto singole disposizioni della l. n. 81 del 1991 e non sono necessariamente estensibili a tutta la legge, la relativa questione deve essere dichiarata inammissibile.
2.2. La legge impugnata esplicitamente si propone di fissare i princìpi fondamentali per la legislazione delle Regioni in materia di ordinamento della professione di maestro di sci e non è destinata a comprimere la potestà legislativa primaria delle ricorrenti.
Nella relazione che accompagna il disegno l. n. 2033 (rimasto poi nella sostanza inalterato) si dà atto di come l'attività di scuole e maestri di sci nelle località montane costituisca uno dei cardini dell'economia turistica invernale. L'accesso a tale attività risultava disciplinato in modo non omogeneo, in quanto, mentre alcune Regioni avevano legiferato in modo puntuale, altre invece consentivano l'insegnamento senza le sufficienti garanzie.
Da tale notazione appare chiaro l'intento non già di sovrapporsi a quelle potestà legislative che si erano da tempo espresse in rigorose e compiute discipline, bensì di trarre dal preesistente assetto normativo elementi utili a creare un quadro di riferimento entro cui potesse esplicarsi l'intervento delle Regioni a statuto ordinario — dotate di potestà legislativa concorrente — che in tal senso non avevano sufficientemente provveduto.
Solo l'art. 22, infatti, fa esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome: segno evidente dell'inapplicabilità alle ricorrenti delle altre disposizioni. Il dato testuale, la natura di legge-quadro e la ratio della stessa inducono quindi a conclusioni d'inammissibilità, per difetto d'interesse, delle censure formulate, analogamente a quanto argomentato da questa Corte con riferimento al caso delle guide alpine (sent. n. 372 del 1989).
A maggior ragione, anzi, la rilevata inapplicabilità deve affermarsi in presenza di un più basso profilo dell'interesse protetto.
3. Rispetto all'ipotesi oggetto della decisione citata da ultimo, infatti, il rilievo dell'interesse nazionale sotteso risulta nettamente inferiore. A differenza dell'attività di guida alpina, il maestro di sci svolge funzioni prevalentemente circoscritte al « campo in cui il suo insegnamento si esplica » (sent. n. 13 del 1961); assai più che « l'esigenza di tutelare la sicurezza e l'incolumità personale di quanti intendano ricorrere alle prestazioni della guida alpina » (sent. n. 372 del 1989), ricorre qui un profilo didattico e ricreativo, legato al corretto insegnamento delle tecniche. Ne consegue che l'unico aspetto che giustifica una disciplina generalizzata e capillare anche per le ricorrenti è proprio quello connesso ai contenuti minimi della preparazione professionale dei maestri.
L'opportunità di assicurare standards minimi di bagaglio tecnico-culturale e condizioni basilari inderogabili per l'accesso ad attività di larga diffusione, già sottolineata da questa Corte (sent. n. 245 del 1990), risalta a fortiori per la rilevata importanza turistica dello sci, divenuto sport di massa che implica non trascurabili interessi economici, nonché per il contatto tra maestri e giovani che, per la possibile pratica agonistica, richiede ai primi una spiccata capacità di selezionare le attitudini.
Non è perciò irragionevole, arbitrario o pretestuoso, rientra anzi nei limiti necessari per soddisfare il suddetto interesse e risponde infine ad un criterio di adeguatezza, che si impongano anche alla Regione autonoma Valle d'Aosta ed alla Provincia autonoma di Trento le materie d'insegnamento di cui all'art. 7 e che si articolino su tre sezioni (tecnica, didattica eculturale) le prove d'esame ex art. 9.
Non è fondata, di conseguenza, la questione concernente l'art. 22 che tali norme richiama in quanto applicabili alle ricorrenti.
4. L'art. 23 della legge in discorso risulta inserito nel testo approvato dalla Camera dei deputati a seguito della già richiamata sent. n. 372 del 1989 e rappresenta l'adeguamento della legislazione conseguente alla declaratoria d'illegittimità costituzionale ivi contenuta. Attraverso tale norma si è inteso porre rimedio all'« indebita compressione del ruolo riservato » in materia d'istruzione professionale alle Regioni a statuto ordinario.
Anche per la censura concernente l'art. 23, proposta dalla Provincia autonoma di Trento, valgono le considerazioni che precedono circa il difetto d'interesse.

Per questi motivi

La CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili:
a) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione autonoma Valle d'Aosta e dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dell'intera l. 8 marzo 1991 n. 81 (Legge-quadro per la professione di maestro di sci e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di guida alpina), in relazione all'art. 116 Cost. e all'art. 2 lett. u) e lett. r), dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta (1. cost. 26 febbraio 1948 n. 4), e agli artt. 8 nn. 20 e 29, e 16 st. spec. per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670);
b) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione autonoma Valle d'Aosta nei confronti degli artt. 5, 6, 7, 8, 13 e 18 della legge stessa, in riferimento all'art. 116 Cost. ed all'art. 2 lett. u) e lett. r), del suo Statuto speciale, e dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti degli artt. 1, 3, 5, 6, 7, 8, 9,11 e 23 della stessa legge, in relazione agli artt. 8 nn. 20 e 29, e 16 st. spec. per il Trentino-Alto Adige;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 22 della stessa legge, sollevate dalla Regione autonoma Valle d'Aosta, in riferimento all'art. 116 Cost. ed all'art. 2 lett. u) e lett. r), dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta, e dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli artt. 8 nn. 20 e 29, e 16 st. spec. per il Trentino-Alto Adige.
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