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In vigore al: 12/09/2015

Corte costituzionale - Sentenza N. 372 del 06.07.1989
Ordinamento della professione di guida alpina

Sentenza (3 luglio) 6 luglio 1989 n. 372; Pres. Saja - Red. Cheli
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso notificato il 10 febbraio 1989 (Ric. n. 13 del 1989) la Regione Piemonte ha impugnato la l. 2 gennaio 1989 n. 6, (Ordinamento della professione di guida alpina), lamentando la lesione delle competenze legislative e amministrative regionali in materia di istruzione professionale e di turismo ed industria alberghiera, sancite dall'art. 117 Cost.
La dedotta violazione discenderebbe dall'impianto complessivo della legge impugnata, tesa a disciplinare dettagliatamente la professione di guida alpina e a sottrarre alla Regione qualsiasi potere di intervento e di controllo al riguardo, tramite l'attribuzione delle relative funzioni amministrative ad organi statali o ad organismi di autogoverno della categoria.
In particolare, sarebbero illegittimi in quanto invasivi della competenza regionale: l'art. 1, che individua l'oggetto della legge nella fissazione dei « princìpi fondamentali » della materia, mentre la stessa legge conterrebbe in realtà disposizioni concrete e dettagliate; l'art. 3 comma 3, che vieta all'aspirante guida di esercitare l'insegnamento al di fuori di una scuola di alpinismo o di sci-alpinismo; l'art. 7, che disciplina la formazione professionale delle guide; l'art. 11 comma 3, che statuisce la compatibilità dell'esercizio della professione con impieghi pubblici o privati e con altre attività di lavoro autonomo; l'art. 12, che attribuisce al Ministero del turismo il potere di approvazione delle tariffe minime per le prestazioni professionali delle guide; l'art. 19, sulle scuole di alpinismo; l'art. 22, sull'elenco speciale degli accompagnatori di media montagna; l'art. 24, che detta le norme transitorie. Viene poi contestata la legittimità degli artt. 4, 5, 13 e 17, in quanto attribuiscono al Collegio delle guide alpine, in cui non è prevista alcuna diretta partecipazione della Regione, poteri di intervento e di sorveglianza che dovrebbero spettare alla Regione stessa, nonché dell'art. 18, sull'esercizio abusivo della professione, poiché non chiarirebbe se l'attività della guida alpina debba ritenersi tuttora subordinata al rilascio della licenza di pubblica sicurezza ex art. 123 t.u. legge di pubblica sicurezza.
2. Con ricorso notificato il 10 febbraio 1989 (Ric. n. 14 del 1989) la Provincia di Trento ha impugnato la stessa legge, per violazione della competenza legislativa esclusiva spettante alla Provincia in materia di « turismo e industria alberghiera » (« compresi le guide, i portatori alpini, i maestri di sci e le scuole di sci »), e in materia di « addestramento e formazione professionale », ex art. 8 nn. 20 e 29 dello stat. spec. Trentino-Alto Adige, nonché delle relative competenze amministrative, di cui all'art. 16 dello stesso statuto.
Ove la legge impugnata fosse ritenuta applicabile alla Provincia di Trento, anche al di fuori degli articoli che le si riferiscono espressamente, la ricorrente - dopo avere sottolineato che la materia è già stata organicamente disciplinata dalla l. prov. 22 luglio 1980 n. 22 - chiede che essa venga dichiarata incostituzionale nel suo complesso.
Le censure basate sull'art. 8, n. 20 stat. spec. riguardano, in primo luogo, il fatto che l'organizzazione dell'attività di guida alpina (elevata dalla legge impugnata al rango di professione autonoma) è affidata ad organismi di autogoverno della categoria professionale, i quali possono considerarsi o articolazioni dell'amministrazione statale (nel qual caso la materia risulterebbe totalmente avocata allo Stato) o strutture pararegionali (nel qual caso l'intervento delle Regioni al riguardo sarebbe comunque troppo limitato). Si lamenta inoltre la contraddizione con la disciplina generale delle professioni turistiche fissata dalla legge-quadro per il turismo ( l. 17 maggio 1983 n. 217) e, in particolare, con il principio fissato nell'art 11, che rimette alle Regioni il potere di « accertare » - e quindi anche di determinare - i requisiti necessari all'esercizio dell'attività di guida alpina. Tali requisiti sarebbero invece esaustivamente indicati dalla legge impugnata (art. 5), che ammette inoltre il trasferimento della guida dall'albo di una Regione a quello di altra Regione (artt. 4, 5, 6), precludendo di fissare requisiti ulteriori e diversi (quali ad es. « la sicura conoscenza della geografia montana della Provincia di Trento », richiesta dalla citata l. prov. n. 22 del 1980). Si rileva, infine, che la previsione di un collegio nazionale delle guide, dotato del potere di decidere sui ricorsi contro i provvedimenti disciplinari adottati dai collegi regionali e di coordinare l'attività di questi ultimi (artt. 15 e 16), equivale ad estromettere le Regioni dall'effettivo governo del settore.
La violazione dell'art. 8 n. 29 stat. spec. deriverebbe, invece, dal fatto che l'organizzazione dei corsi di formazione professionale (art. 7) e di aggiornamento delle guide (art. 9), nonché dei corsi per l'abilitazione degli accompagnatori di media montagna (art. 22) è totalmente sottratta alla Provincia, che per di più è costretta a far carico delle spese relative (art. 7 comma 9). Né la previsione dell'intesa con la Regione (art. 22) o della vigilanza regionale (art. 7) sembra alla ricorrente idonea a sanare la dedotta lesione, perché non è dato vedere in che cosa esattamente può tradursi questa vigilanza e perché, ex art. 7 comma 3, il collegio regionale può affidare l'organizzazione dei corsi al collegio nazionale o al collegio regionale di altra Regione, nel qual caso la prevista vigilanza sarebbe senz'altro da escludersi. L'art. 25, infine, che è specificamente intitolato alle Regioni a statuto speciale, sarebbe illegittimo in quanto obbliga queste ultime a considerare come « minimi » i programmi e i criteri stabiliti dal collegio nazionale delle guide e approvati dal Ministero del turismo e dello spettacolo.
La ricorrente aggiunge che vi sarebbero peraltro fondate ragioni per ritenere l'inapplicabilità della legge impugnata, nel suo insieme, alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome che hanno competenza primaria in materia di guide alpine, in primo luogo perché esse sono richiamate solo in alcune disposizioni (e precisamente negli artt. 15 comma 2, 22 comma 8 e 25); indi perché la dizione testuale dell'art. 1, riferendosi ai « princìpi fondamentali » per la legislazione regionale e alla l. 17 maggio 1983 n. 217 (che a sua volta fa salve le attribuzioni delle Regioni speciali e delle Province autonome) si baserebbe chiaramente sull'art. 117 Cost.; e infine perché l'art. 15, riferendosi ad « organismi analoghi » ai collegi regionali delle giude da istituire nelle dette Regioni e Province, sembrerebbe presupporre che la disciplina della legge impugnata non si applichi a queste ultime, quanto meno direttamente o immediatamente. Ove la legge impugnata fosse ritenuta applicabile alla Provincia solo nelle disposizioni che le si riferiscono direttamente, la ricorrente chiede che venga dichiarata la illegittimità costituzionale dei citati artt. 15 comma 2 e 25, nella parte in cui obbligano la Provincia di Trento ad istituire « organismi analoghi » ai collegi regionali delle guide e a considerare come « minimi » i programmi dei corsi e i criteri per le prove d'esame stabiliti ai sensi dell'art. 7 comma 7.
3. Con ricorso notificato il 10 febbraio 1989 (Ric. n. 15 del 1989) anche la Regione Lombardia ha impugnato la legge di cui è causa, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost., con riguardo alle competenze legislative e amministrative regionali in materia di turismo e industria alberghiera e in materia di istruzione artigiana e professionale.
La ricorrente - premesso di aver già dettato una disciplina organica della materia con l. reg. 2 gennaio 1980 n. 2 - fa valere censure analoghe a quelle prospettate dalla Regione Piemonte e dalla Provincia di Trento, al fine di richiedere la dichiarazione d'illegittimità costituzionale dell'intera legge impugnata. Io subordine la Regione chiede che venga dichiarato illegittimo l'art. 1, nella parte in cui definisce le disposizioni della intera legge come princìpi fondamentali per la legislazione regionale, senza distinguere tra norme derogabili e non derogabili dalla legge regionale; e in via ancora più subordinata, che venga dichiarato illegittimo l'art. 25, nella parte in cui esclude dalla relativa previsione le Regioni a statuto ordinario.
4. Si è costituito nei tre giudizi il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.
In relazione al ricorso promosso dalla Provincia di Trento (Ric. n. 14 del 1989) il resistente osserva che, anche in base ai lavori preparatori, la legge impugnata deve ritenersi applicabile alle Regioni e Province a statuto speciale solo con riguardo alle disposizioni che espressamente le considerano e che sono state adottate dal legislatore nazionale nell'esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento: chiede pertanto che il ricorso sia dichiarato infondato rispetto a queste disposizioni e inammissibile per il resto.
Il resistente chiede inoltre il rigetto dei ricorsi proposti dalle Regioni Piemonte e Lombardia (Ric. nn. 13 e 15 del 1989), dovendosi tener conto della necessità che per l'insegnamento di attività pericolose e sempre più diffuse come l'alpinismo siano stabiliti a livello nazionale canoni inderogabili (come già previsto dalla l. 21 dicembre 1978 n. 845, art. 3 lett. h)), con la conseguente legittimità di norme di indirizzo e coordinamento, anche di dettaglio.
La legge impugnata lascerebbe del resto ampi spazi alla competenza regionale né traviserebbe i princìpi indicati dalla legge-quadro sul turismo, dato che quest'ultima rimette alle Regioni il potere di « accertare », e non anche di « individuare » i requisiti necessari per lo svolgimento di un'attività professionale turistica.
5. In prossimità dell'udienza di discussione la Provincia di Trento e le Regioni Piemonte e Lombardia hanno illustrato i propri ricorsi con ampie memorie, replicando alle difese Spiegate dall'Avvocatura dello Stato.
Considerato in diritto: 1. I tre ricorsi investono la stessa legge sotto profili in larga parte coincidenti: si presenta pertanto opportuna la loro riunione al fine di addivenire ad un'unica pronuncia.
2. Vanno in primo luogo esaminati i ricorsi proposti dalla Regione Piemonte e dalla Regione Lombardia, che assumono come parametri di riferimento gli artt. 117 e 118 Cost., in relazione alle competenze legislative e amministrative spettanti alle Regioni ordinarie in tema di « turismo e industria alberghiera » e « istruzione artigiana e professionale ». Con riferimento a tali profili, ambedue le Regioni chiedono innanzitutto la dichiarazione di illegittimità costituzionale nei confronti della l. 2 gennaio 1989 n. 6 considerata nel suo complesso, cui viene contestato in generale: a) di avere posto - nonostante l'esplicito richiamo formulato nell'art. 4 ai soli « princìpi fondamentali » in materia di « ordinamento della professione di guida alpina » - norme di dettaglio che non lascerebbero spazi ulteriori alla competenza legislativa regionale; b) di aver istituito, nel modellare la nuova professione di guida alpina, organismi di autogoverno della categoria, quali i collegi regionali ed il collegio nazionale delle guide, destinati a sottrarre alla sfera regionale poteri amministrativi, di intervento e di controllo, spettanti alle stesse Regioni.
La Regione Piemonte impugna, inoltre, della stessa legge, più specificamente gli artt. 1 (oggetto della legge); 3 (gradi della professione); 4 (albo professionale delle guide alpine); 5 (condizioni per l'iscrizione all'albo); 7 (abilitazione tecnica all'esercizio della professione di guida alpina); 11 (doveri della guida alpina); 12 (tariffe professionali); 13 (collegi regionali delle guide); 17 (sanzioni disciplinari e ricorsi); 18 (esercizio abusivo della professione); 19 (scuole di alpinismo); 22 (elenco speciale degli accompagnatori di media montagna) e 24 (norme transitorie); mentre la Regione Lombardia rivolge, in linea subordinata, censure specifiche nei confronti degli artt. 1 (oggetto della legge) e 25 (Regioni a statuto speciale).
3. Le doglianze formulate nei confronti della legge nel suo complesso non possono essere prese in autonoma considerazione dal momento che non può assumere rilievo un richiamo generico alla lesione di competenze regionali operata da una legge che enuncia i « princìpi fondamentali » di una materia, indipendentemente dall'esame dei contenuti delle singole disposizioni che avrebbero ecceduto i legittimi confini della legislazione di principio (cfr. sent. n. 195 del 1986, punto n. 3).
Serve, peraltro, richiamare, ai fini della decisione sulle singole disposizioni impugnate, sia la ratio che gli obiettivi generali che hanno ispirato l'intervento del legislatore espresso attraverso la l. n. 6 del 1989.
Secondo quanto viene illustrato nella relazione alla proposta presentata alla Camera dei Deputati il 30 novembre 1987 con il n. 1989, la legge in esame è stata determinata dalla necessità di dare « un doveroso riconoscimento giuridico e un'adeguata disciplina » all'attività delle guide alpine, che « superando l'originario carattere amatoriale, si è trasformata in una vera e propria professione »: e questo anche in relazione al forte incremento dell'attività sportiva legata all'escursionismo alpino, che ha imposto di « prevedere adeguate garanzie di preparazione tecnica e professionale a tutela dell'incolumità degli alpinisti ».
Muovendo da tali esigenze, la l. n. 6 del 1989 ha regolato l'ordinamento della professione di guida alpina attraverso la formulazione di norme di diversa portata: alcune destinate a integrare e, in parte, a modificare taluni princìpi già enunciati nella legge-quadro per il turismo ( l. 17 maggio 1983 n. 217: con riferimento particolare all'art. 11); altre dirette a regolare, nell'ambito della materia turistica, gli aspetti di rilevanza nazionale relativi al riconoscimento di una nuova professione liberale, mediante la definizione dell'oggetto di tale professione e delle condizioni per il suo esercizio, l'istituzione di collegi ed albi professionali, la previsione - attraverso tali strumenti - di particolari diritti, doveri e controlli connessi all'esercizio delle attività in esame, al fine di garantire sia il livello qualitativo degli esercenti la professione che l'affidamento degli utenti. Il rilievo nazionale degli interessi sottesi a questo secondo aspetto della disciplina può risultare evidente, ove si consideri, tra l'altro, sia il fatto che l'iscrizione della guida alpina nell'albo professionale tenuto dal collegio regionale abilita all'esercizio stabile della professione non solo nell'ambito del territorio regionale, ma in tutto il territorio nazionale (art. 4 comma 3), sia il fatto che l'ordinamento della professione viene a trovare la sua struttura di vertice nel collegio nazionale delle guide, come organismo di coordinamento dei vari collegi regionali (art. 15).
In questa ottica - e aldilà dell'esplicito richiamo ai « princìpi fondamentali » espresso nell'art. 1. I confini tra competenze statali e competenze regionali nella submateria dell'« ordinamento della professione di guida alpina » non potranno non risultare diversi rispetto a quelli già tracciati, per la materia « turismo e industria alberghiera », dalla l. n. 217 del 1983. In altri termini, pur restando l'attività di guida alpina connessa alla materia turistica, una diversità nei limiti verrà, infatti, a rappresentare la conseguenza naturale delle connotazioni nuove che l'attività di guida assume quando da semplice esercizio sportivo ed amatoriale si trasformi in vera e propria professione liberale, riconosciuta e garantita dalla legge attraverso l'istituzione di un particolare ordinamento professionale. Nella nuova situazione che si determina in conseguenza di tale riconoscimento, ai fini ordinari della materia espressi attraverso i princìpi posti dalla legge-quadro, non potranno non aggiungersi limiti ulteriori - suscettibili di esprimersi anche attraverso discipline di dettaglio - conseguenti al riconoscimento formale dell'attività professionale ed alle condizioni del suo esercizio: limiti, nella specie, giustificati sia dall'esigenza di far salvo « il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione » (art. 120 comma 3 Cost.), sia dall'esigenza di tutelare la sicurezza e l'incolumità personale di quanti intendano ricorrere alle prestazioni della guida alpina professionista.
In proposito basti solo ricordare come questa Corte, muovendo dal richiamo ad analoghi princìpi, abbia già avuto modo di affermare, in ripetute occasioni, e indipendentemente dall'appartenenza della materia, la competenza statale in ordine alla istituzione di albi professionali, la cui tenuta risulti « affidata ad ordini o collegi costituiti dagli stessi iscritti, alla disciplina dei quali gli ordini o collegi presiedono » (cfr. sentt. n. 13 del 1961; n. 83 del 1970 e n. 155 del 1985).
4. Sulla scorta di queste premesse, vengono a cadere, in quanto infondate, le censure formulate - con riferimento ad un preteso eccesso di copertura normativa da parte dello Stato - nei confronti (oltre che dell'art. 1) delle varie disposizioni concernenti la definizione della professione e dei suoi caratteri (art. 3), l'istituzione dell'albo e dei collegi professionali (artt. 4, 5, 13), nonché le condizioni per l'esercizio, sotto il controllo degli stessi collegi, dell'attività professionale (artt. 11, 12, 17, 18): questa disciplina attiene, infatti, a interessi di rilievo nazionale, in quanto destinata attraverso le forme ordinamentali proprie delle autonomie professionali (albi e collegi) - a regolare l'esercizio, non limitato territorialmente, di una nuova professione liberale.
Per quanto concerne, in particolare, le censure formulate dalla Regione Piemonte nei confronti degli artt. 18, 19, 22 e 24 della legge, tali censure vanno dichiarate inammissibili o perché estranee al sindacato di costituzionalità (come nel caso dell'art. 18) o perché del tetto carenti di motivazione (come nel caso degli artt. 19, 22 e 24).
5. Diversa valutazione va, invece, operata in relazione alle impugnative formulate sia dalla Regione Piemonte che dalla Regione Lombardia nei confronti dell'art. 7, nonché dalla sola Regione Lombardia nei confronti degli artt. 9 e 22 della legge, sotto il profilo della lesione delle competenze regionali in materia di « istruzione artigiana e professionale ».
Ai sensi dell'art. 7, l'abilitazione tecnica all'esercizio della professione di guida alpina si consegue mediante la frequenza di appositi corsi teorico-pratici ed il superamento dei relativi esami. Tali corsi, finanziati dalle Regioni nell'ambito dei programmi regionali relativi alla formazione professionale (art. 7 comma ult.): a) sono organizzati, sotto la vigilanza della Regione, dai collegi regionali delle guide (che possono affidare l'organizzazione anche al collegio nazionale o ai collegi di altre Regioni) (art. 7 commi 2 e 3); b) si svolgono secondo programmi definiti - al pari dei criteri per le prove di esame - dal direttivo del collegio nazionale delle guide e approvati dal Ministro del turismo e dello spettacolo (art. 7 comma 7); c) si concludono con esami condotti da commissioni nominate dal direttivo del collegio delle guide alpine che ha organizzato il corso (art. 7 comma 6). A sua volta, l'art. 9 affida ai collegi regionali, senza prevede alcuna partecipazione delle Regioni, l'organizzazione dei corsi di aggiornamento professionale che le guide alpine sono tenute a frequentare ogni tre anni, corsi i cui contenuti o modalità sono stabiliti dai direttivi degli stessi collegi regionali (art. 9 commi 1 e 2). Infine, l'art. 22, per gli accompagnatori di media montagna, prevede un'abilitazione tecnica da conseguire mediante la frequenza (con il superamento dei relativi esami) di appositi corsi teorici-pratici organizzati, d'intesa con la Regione, dai collegi regionali delle guide, secondo programmi e modalità stabiliti dagli stessi collegi sempre d'intesa con le Regioni (art. 22 commi 5 e 7).
Tale disciplina - nelle sue diverse articolazioni - determina una indebita compressione del ruolo riservato alle Regioni in materia di istruzione professionale, dal momento che affida l'organizzazione dei corsi professionali, di abilitazione o di aggiornamento, agli stessi organi dell'ordinamento professionale rappresentati dai collegi delle guide, escludendo, di contro, la presenza regionale (come nel caso dell'art. 9), ovvero limitandola alla sola vigilanza (come nel caso dell'art. 7) o, al massimo, all'intesa con gli stessi collegi (come nel caso dell'art. 22). La giurisprudenza di questa Corte, in precedenti occasioni, non ha mancato di sottolineare come, in materia di istruzione professionale, la definizione dei programmi e l'organizzazione dei corsi spetti alla sfera delle attribuzioni regionali, salva la presenza di possibili forme di coordinamento e controllo centrale dirette a garantire « standards » minimi quantitativi e qualitativi, relativi ai corsi, nonché verifiche relative alla fase della valutazione finale del risultato della frequenza ai corsi, ove questa comporti il rilascio di titoli abilitanti su scala nazionale (sentt. n. 216 del 1976, n. 89 del 1977 e n. 165 del 1989). Questo non conduce, peraltro, a escludere la possibilità che, ai fini dell'organizzazione dei diversi corsi professionali e della definizione dei criteri didattici e dei programmi, sia dato spazio adeguato anche all'apporto collaborativo degli organismi rappresentativi della categoria professionale, (si tratti dei collegi professionali o del Club alpino italiano, già investito, in materia, delle competenze di cui all'art. 2 l. 24 dicembre 1985 n. 776, richiamate anche dagli artt. 20 e 26 della legge in esame): tale apporto - ben giustificato in relazione al peculiare contenuto tecnico e di esperienza propria delle materie oggetto dei corsi professionali di cui è causa - potrà essere definito, in forme appropriate, tanto in sede di eventuale formulazione di nuovi princìpi da parte della legge statale quanto in sede di legislazione regionale.
6. Resta a questo punto da esaminare il ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Trento sia nei confronti della l. n. 6 del 1989 nel suo complesso sia - in linea subordinata - nei confronti degli artt. 15 comma 2 e 25 stessa legge, in relazione agli artt. 8 nn. 20 e 29 e 16 stat. spec. Trentino-Alto Adige, dove si attribuisce alla stessa Provincia competenza legislativa primaria in materia di « turismo e industria alberghiera, compresi le guide, i portatori alpini, i maestri e le scuole di sci » ed in materia di « addestramento e formazione professionale ».
L'impugnativa della l. n. 6 del 1989 nel suo insieme viene prospettata in relazione al presupposto che la legge stessa possa essere ritenuta applicabile al territorio della Provincia autonoma, anche al di fuori degli articoli (15 comma 2; 22 comma 8 e 25) che le si riferiscono espressamente.
In proposito va rilevato che sia i lavori preparatori della legge che le formulazioni adottate nell'art. 1 (dove appare sottinteso il richiamo all'art. 117 Cost.) nonché negli artt. 15 comma 2, 22 comma 8 e 25 (dove viene fatto esplicito riferimento alle Regioni a statuto speciale ed alle Province autonome dotate di competenza legislativa primaria in materia di ordinamento della professione di guida alpina) inducono chiaramente a ritenere che la volontà espressa dal legislatore statale sia stata nel senso di limitare la disciplina in esame alle sole Regioni ordinarie, salva in ogni caso la possibilità di una successiva estensione della stessa disciplina, con i dovuti adattamenti, anche ai soggetti dotati di autonomia speciale titolari nella materia di competenza primaria. Allo stato - in assenza di una immediata e diretta operatività della legge nei confronti della Provincia ricorrente - resta peraltro esclusa la possibilità di un autonomo rilievo, in questa sede, della valutazione degli aspetti della disciplina posta dalla stessa l. n. 6 del 1989 suscettibili di vincolare, in ragione del carattere nazionale degli interessi sottesi, la competenza primaria di cui all'art. 8 n. 20 stat. spec. Trentino-Alto Adige.
L'impugnativa formulata dalla Provincia di Trento nei confronti della legge nel suo complesso va, pertanto, dichiarata inammissibile per difetto d'interesse.
7. Risulta, invece, ammissibile, ma infondata l'impugnativa proposta nei confronti dell'art. 15 comma 2, della legge, relativo alla formazione del direttivo del collegio nazionale: tale impugnativa viene formulata sul presupposto che la norma di cui è causa possa essere intesa nel senso di vincolare la Provincia ricorrente ad istituire « organismi analoghi » ai collegi regionali delle guide così come disciplinati, per le Regioni ordinarie, dalla legge in esame. Questo presupposto non risulta, peraltro, sussistente, dal momento che la norma contestata si limita semplicemente a regolare il meccanismo di formazione del direttivo del collegio nazionale, senza nulla prevedere in ordine alla presenza di particolari vincoli od obblighi per i soggetti di autonomia speciale, relativi alla istituzione od alle modalità di formazione degli organismi rappresentativi della categoria.
8. La Provincia autonoma di Trento impugna anche l'art. 25 della legge, nell'ipotesi in cui la norma posta in tale articolo si dovesse intendere nel senso che la Provincia è comunque tenuta ad osservare i programmi dei corsi ed i criteri per le prove di esame stabiliti dal collegio nazionale delle guide ai sensi del comma 7 dell'art. 7. Lo stesso art. 25 viene impugnato, per motivi diversi (e in certo senso opposti), dalla Regione Lombardia, che chiede l'estensione della norma anche alle Regioni ordinarie.
In proposito va soltanto rilevato che la disposizione in esame è stata sostituita, nella sua interezza e con efficacia retroattiva, dall'art. 11. 24 maggio 1989 n. 194: l'assenza di qualsivoglia effetto riferibile all'atto formale impugnato rende, di conseguenza, improponibili, in questa sede, le censure di cui è causa.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale degli artt. 7 commi 2, 3,6 e 7; 9 commi 1 e 2; 22 commi 5 e 7 l. 2 gennaio 1989 n. 6, (Ordinamento della professione di guida alpina);
2) dichiara inammissibili: a.) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Piemonte e Lombardia nonché dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dell'intera legge, in relazione agli artt. 117 e 118 Cost. e agli artt. 8 nn. 20 e 29, e 16 stat. spec. Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670); b) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Piemonte nei confronti degli artt. 18, 19, 22 e 24 della stessa legge, in relazione agli artt. 117 e 118 Cosi.; c) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Lombardia nei confronti dell'art. 25 della stessa legge, in relazione agli artt. 8 n. 29 e 16 stat. spec. Trentino-Alto Adige e agli artt. 117 e 118 Cost.;
3) dichiara non fondate: a.) le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni Piemonte e Lombardia nei confronti degli artt. 1, 3, 4, 5, 11, 12, 13 e 17 della stessa legge in relazione agli artt. 117 e 118 Cost.; b) la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti dell'art. 15 della stessa legge in relazione agli artt. 8 n. 20 e 29 e 16 stat. Spec. Trentino-Alto Adige.
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