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In vigore al: 14/03/2013

Corte costituzionale - Sentenza N. 167 del 05.04.2006
Nomina, in via surrogatoria, delle/dei consigliere/i di parità nelle regioni e province autonome

Sentenza (21 marzo 2006) 5 aprile 2006, n. 167; Pres. Marini, Red. Cassese
 
Ritenuto in fatto 1. – Con tre distinti ricorsi, la Regione Friuli-Venezia Giulia e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno promosso conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che sia dichiarato che non spetta allo Stato e, per esso, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, emanare il decreto 30 dicembre 2002 (Bando per la nomina diretta, ai sensi dell'art. 2, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196, delle/dei consigliere/i di parità nelle regioni e nelle province ancora sprovviste), con riferimento alla Regione Friuli-Venezia Giulia e alle Province comprese nella Regione, nonché con riferimento alle Province autonome di Bolzano e Trento, con conseguente annullamento dell'atto.
1.1. – La Regione Friuli-Venezia Giulia prospetta la violazione degli artt. 4, numeri 1 e 1-bis, e 8 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
1.2. – La Provincia autonoma di Trento lamenta la violazione:
a) degli artt. 8, numero 1 e numero 23, 9, numero 4 e numero 5, e 16 del d.P.R n. 670 del 31 agosto 1972 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige);
b) degli artt. 2 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).
1.3. – La Provincia autonoma di Bolzano prospetta la violazione:
a)     dell'art. 117, comma sesto, della Costituzione, in relazione all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione);
b)     dell'art. 120, ultimo comma, della Costituzione;
c)     degli artt. 8, numero 1, 9, numero 4 e numero 5, 10 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige);
d)     degli artt. 2 e 3 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 280 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di disciplina delle commissioni comunali e provinciali per il collocamento al lavoro);
e)     degli artt. 3 e 4 del d.P.R. 26 gennaio 1980, n. 197 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti integrazioni alle norme di attuazione in materia di igiene e sanità approvate con d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474).
1.4. – Tutte le ricorrenti deducono la violazione del principio di leale collaborazione.
2. – Le ricorrenti espongono che l'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196 (Disciplina dell'attività delle consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive, a norma dell'art. 47 della legge 17 maggio 1999, n. 144), stabilisce che i consiglieri di parità regionali e provinciali, effettivi e supplenti, sono nominati, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, su designazione degli organi a tal fine individuati dalle Regioni e dalle Province. Secondo il comma 4 della stessa disposizione, in caso di mancata designazione dei consiglieri di parità entro sessanta giorni successivi alla scadenza del mandato, o di designazione effettuata in assenza dei requisiti richiesti, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, provvede direttamente alla nomina.
Inoltre precisano che l'art. 10, comma 4, dello stesso decreto prevede che le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano adeguano la propria legislazione ai principi desumibili dal decreto con le modalità previste dai rispettivi statuti e che, fino all'emanazione delle leggi regionali, le disposizioni del medesimo trovano piena applicazione nelle Regioni a statuto speciale. La stessa norma dispone che, per le Province autonome di Trento e Bolzano, resta fermo l'art. 2 del d. lgs. n. 266 del 1992. Quest'ultimo stabilisce, al comma 1, che la legislazione regionale e provinciale deve essere adeguata ai principi e norme costituenti limiti indicati negli artt. 4 e 5 dello statuto speciale e recati da atto legislativo dello Stato entro i sei mesi successivi alla pubblicazione dell'atto medesimo nella Gazzetta Ufficiale o nel più ampio termine da esso stabilito, restando nel frattempo applicabili le disposizioni regionali e provinciali preesistenti. Lo stesso articolo, nei commi 2 e 3, prevede un meccanismo volto ad assicurare il rispetto del dovere di adeguamento delle leggi regionali e provinciali, stabilendo che, decorso il termine di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, le disposizioni legislative regionali e provinciali non adeguate possono essere impugnate davanti alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 97 dello statuto reg. speciale.
2.1 – Secondo tutte le ricorrenti, lo Stato, mediante il bando impugnato, avrebbe violato la competenza legislativa e amministrativa regionale e provinciale in materia di nomina del consigliere di parità.
2.2 – La Regione Friuli-Venezia Giulia sottolinea di aver dettato, con legge regionale 2 febbraio 2001, n. 2 (Comparto unico del pubblico impiego della regione e degli enti locali e organizzazione dell'Agenzia regionale per la rappresentanza negoziale -A.Re.Ra.N.-. Disposizioni concernenti il consigliere di parità), una propria disciplina del consigliere di parità, in attuazione del d. lgs. n. 196 del 2000. Pertanto, lo Stato, mediante l'atto impugnato, avrebbe violato la propria competenza legislativa e amministrativa in materia di organizzazione regionale e di ordinamento degli enti locali.
2.3 – La Provincia autonoma di Trento deduce di aver disciplinato, con legge provinciale 10 dicembre 1993, n. 41 (Interventi per la realizzazione delle pari opportunità tra uomo e donna), la figura del consigliere di parità. Pertanto, lo Stato, mediante l'atto impugnato, avrebbe violato la propria competenza legislativa e amministrativa.
2.4 – La Provincia autonoma di Bolzano assume di aver già disciplinato la materia, avendo provveduto – con legge provinciale 10 agosto 1989, n. 4 (Interventi per la realizzazione delle pari opportunità tra uomo e donna), modificata dalla legge provinciale 26 luglio 2002, n. 11 – alla nomina del consigliere di parità, e, quindi, di aver dato attuazione a quanto dettato dal d. lgs. n. 196 del 2000. Pertanto, lo Stato, nell'emanare il decreto oggetto di gravame, avrebbe violato la propria competenza legislativa e amministrativa in materia di nomina del consigliere di parità e, in particolare, le competenze in materia di lavoro e di ordinamento degli uffici provinciali e del relativo personale, previste dallo statuto del Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle leggi provinciali in materia, nonché quelle concernenti la rimozione degli ostacoli che impediscono la piena parità tra uomini e donne, previste dal settimo comma dell'art. 117 Cost., in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
3. – Inoltre, ad avviso di tutte le ricorrenti, il comportamento dell'amministrazione statale avrebbe violato anche il principio di leale collaborazione sotto un duplice profilo:
a) nell'aver emanato il bando senza aver mai contestato, né attraverso il meccanismo rituale previsto dal d. lgs. n. 266 del 1992, né in altro modo, la vigenza e la legittimità costituzionale delle leggi regionali e provinciali che regolano la materia;
b) nel non aver neppure risposto alle comunicazioni con cui la Regione e le Province segnalavano quello che ritenevano un errore.
4. – Il Presidente del Consiglio dei ministri non si è costituito in nessuno dei tre giudizi.
5. – In prossimità della data fissata per l'udienza pubblica, la Regione Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento, hanno depositato memorie illustrative di contenuto pressoché identico, con le quali insistono nell'accoglimento del ricorso e, in subordine, chiedono la dichiarazione della cessazione della materia del contendere in considerazione della natura dell'atto oggetto di gravame «lesivo sostanzialmente, ma non formalmente abbandonato».
La Provincia autonoma di Bolzano ha depositato atto di rinuncia al ricorso ritenendo soddisfatte le pretese da essa fatte valere con la decisione statale di non dar sèguito al bando impugnato.
Considerato in diritto 1. – I conflitti promossi con tre distinti ricorsi dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano hanno ad oggetto il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, del 30 dicembre 2002 (Bando per la nomina diretta, ai sensi dell'art. 2, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196 delle/dei consigliere/i di parità nelle regioni e nelle province ancora sprovviste).
2. – Tutti e tre i ricorsi riguardano, sotto profili sostanzialmente identici, il medesimo atto, sicché vanno riuniti i relativi giudizi per essere decisi con unica sentenza.
3. – I ricorsi della Provincia autonoma di Trento e della Regione Friuli-Venezia Giulia sono inammissibili per inidoneità del bando, oggetto di gravame, a ledere la sfera delle attribuzioni costituzionali delle ricorrenti (sentenze n. 72 e n. 73 del 2005, sentenza n. 97 del 2003, sentenza n. 163 del 1997).
Il bando, la cui emanazione non è né prevista, né disciplinata dal d. lgs. n. 196 del 2000, da un lato, elenca gli enti dai quali l'amministrazione statale non aveva ricevuto le prescritte designazioni al fine di effettuare l'ordinaria nomina dei consiglieri di parità, o aveva ricevuto designazioni con documentazione incompleta; dall'altro, ricerca candidati per tali cariche, dovendo procedere alla nomina diretta in via surrogatoria, a norma dell'art. 2, commi 1 e 4, del d. lgs. n. 196 del 2000. In sostanza, il bando è un atto preliminare emanato dall'amministrazione statale al fine di poter procedere alla nomina in via surrogatoria dei consiglieri di parità. Esso è privo di effetti autonomi sul piano del riparto costituzionale delle competenze. Ad esso non è stato dato sèguito.
La Regione Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento hanno riconosciuto che l'amministrazione statale, pur avendole comprese nell'elenco, non ha nominato i consiglieri, né si è opposta alla nomina da parte dei due enti; ha, anzi, inserito i consiglieri nominati dai due enti all'interno della Rete nazionale, erogando i relativi fondi.
4. – La rinuncia al ricorso da parte della Provincia autonoma di Bolzano (motivata dalla comunicazione ministeriale della decisione di non nominare i consiglieri di parità), in assenza di costituzione della controparte, estingue il processo ai sensi dell'art. 27, ultimo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (ordinanza n. 217 del 2005).

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,
dichiara inammissibili i conflitti di attribuzione promossi dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e dalla Provincia autonoma di Trento avverso il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, 30 dicembre 2002 (Bando per la nomina diretta, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 196, delle/dei consigliere/i di parità nelle regioni e nelle province ancora sprovviste), con i ricorsi in epigrafe;
dichiara estinto il processo nei confronti della Provincia autonoma di Bolzano.
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