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In vigore al: 25/02/2013

Corte costituzionale - Sentenza N. 530 del 12.05.1988
Determinazione dell'indennità di esproprio di terreni agricoli senza attitudine edificatoria

Sentenza (10 maggio) 12 maggio 1988, n. 530; Pres. Saja - Red. Gallo
 
Ritenuto in fatto: 1. La Corte di cassazione con tre ordinanze, di cui una datata 22 dicembre 1982 e due datate 29 aprile 1983, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 comma 1, secondo periodo, l. prov. Bolzano 20 agosto 1972 n. 15 (come sostituito dall'art. 5 l. prov. Bolzano 22 maggio 1978 n. 23) in riferimento agli artt. 24 e 42 Cost.
Premesso che la Corte d'appello di Trento aveva determinato le indennità di espropriazione di alcuni fondi in relazione al valore venale dei beni e non ai parametri valutativi (c.d. «tabelle», predisposte semestralmente da una Commissione) contenuti nella norma denunziata, la Corte di cassazione osserva che, secondo la propria costante giurisprudenza (sent. n. 1158 del 1980), è certo il valore vincolante delle tabelle in questione, con la conseguenza che andrebbe disattesa la contraria tesi, secondo cui le c.d. « tabelle » vincolerebbero unicamente l'organo amministrativo preposto alla determinazione della indennità, ma non anche il giudice ordinario, che sarebbe libero di quantificare l'indennità con riferimento al valore di mercato del bene.
Senonché la stessa Corte di cassazione fa presente che, così interpretata, il dubbio di costituzionalità della legge in esame si pone in relazione agli artt. 24 e 42 Cost. Infatti, l'art. 12 della legge impugnata ancora la determinazione giudiziale dell'indennità ai valori minimi e massimi precostituiti dalla Commissione a tal fine istituita. Per tal modo, però, se tale disciplina non esclude in via generale la tutela dei diritti contro gli atti della Pubblica Amministrazione (art. 113 Cost. ) in quanto il cittadino può agire in giudizio per far accertare se, nella determinazione amministrativa dell'indennità, quei minimi e massimi siano stati osservati essa, però, può risolversi in una limitazione del diritto di difesa in relazione al diritto sostanziale a ottenere una indennità che costituisca un serio ristoro: e ciò con riferimento al valore dei beni, sia per quanto riguarda le loro reali caratteristiche, sia in relazione alla loro reale destinazione economica.
2. Le ordinanze sono state regolarmente notificate, comunicate e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale. Dinanzi alla Corte Cost. si è costituita la Provincia di Bolzano, rappresentata e difesa dall'avv. Mario Barbato, per chiedere che la questione venga dichiarata irrilevante o infondata.
Circa la prima richiesta, la difesa della Provincia osserva che, ancorando la legge provinciale la stima delle aree al valore agricolo delle stesse, si sarebbe dovuto dimostrare che le aree in questione non avevano tale destinazione; circa la seconda, la difesa stessa sostiene la disapplicabilità da parte del giudice ordinario delle tabelle elaborate dalla Commissione.
3. Essendo state le questioni-fissate per la Camera di Consiglio del 30 ottobre 1984, la difesa della Provincia presentava memoria in cui segnalava che là sentenza di questa Corte n. 231 del 1984, nel frattempo intervenuta, confermerebbe la validità del meccanismo predisposto dalla Provincia per la stima delle aree a destinazione agricola.
Le cause venivano, perciò, rinviate a nuovo ruolo e rifissate per; l'odierna udienza.
4. La Corte d'appello di Trento, con ord. 18 marzo 1986, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 comma 2 l. prov. Bolzano 20 agosto 1982 n. 15, (e successive modificazioni) per contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost.
Il giudice a quo, adito in opposizione alla stima dell'indennità dovuto agli affittuari di un terreno espropriato, riteneva non manifestamente infondato il contrasto tra le norma denunziata e gli invocati princìpi costituzionali, osservando che, a seguito della sent. n. 231 del 1984 di questa Corte, il sistema di indennizzo al coltivatore, ancorato al valore agricolo del bene, prescinderebbe dalle sue reali caratteristiche e soprattutto dall'attitudine edificatoria dei terreni.
Peraltro, sempre secondo l'ordinanza, se si dovesse liquidare al coltivatore non proprietario un indennizzo ragguagliato al valore edificatorio dell'area ablata con gli stessi coefficienti di maggiorazione previsti dal comma 2 art. 13 cit., l'espropriante rimarrebbe assoggettato in molti casi ad un pagamento di gran lunga superiore all'effettivo valore del terreno. Infatti, l'indennizzo si moltiplica fino ad un massimo di 2,5 o 3 rispetto a quello dovuto al proprietario, a seconda della ubicazione dell'azienda agricola e della data iniziale del contratto agrario.
Da ciò deriverebbe la non manifesta infondatezza della questione di legittimità, stante il contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost.
Con l'art. 3 perché l'espropriante pagherebbe il giusto prezzo del terreno se il proprietario lo coltiva direttamente, mentre dovrebbe pagare un prezzo di gran lunga superiore se il medesimo terreno è coltivato da un terzo in forza di un contratto agrario. Nella seconda ipotesi, l'espropriante si troverebbe esposto ad una disparità di trattamento, non giustificata da un corrispondente vantaggio, e nonostante che la situazione oggettiva sia caratterizzata da elementi omogenei relativi alle qualità dell'area ablata.
Ma il comma 2 art. 13 cit. sembrerebbe confliggere anche con l'art. 42 Cost., essendo inammissibile che la indennità di esproprio a carico dell'espropriante superi il valore venale del bene per una situazione estranea al suo intriseco pregio.
Sarebbe da escludere, infine, che il proprietario espropriato abbia l'onere di soddisfare il diritto del coltivatore del fondo, poiché tale soluzione, per un verso, sarebbe incompatibile con il sistema introdotto dall'art. 17 l. stat. n. 865 del 1975, ripreso dal legislatore provinciale, e, per altro verso, condurrebbe ad un iniquo azzeramento o sensibile riduzione del serio ristoro a favore di uno dei soggetti del procedimento espropriativo.
5. L'ordinanza è stata regolarmente notificata, comunicate e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
Dinanzi alla Corte costituzionale si è costituita la Provincia di Bolzano che è parte nel giudizio a quo.
Muovendo dalla premessa che la Corte d'appello abbia denunziato la legge provinciale nella parte in cui, a seguito della sent. n. 231 del 1984, l'indennità dovuta al coltivatore dovrebbe essere ragguagliata al valore edificatorio del bene, se si tratta di un bene avente tale attitudine, la difesa rileva l'erroneità di tale impostazione.
Infatti la dec. n. 231 del 1984 sarebbe una sentenza di « accoglimento parziale », che si limita a decretare la non conformità alla Costituzione delle sole disposizioni relative alla triade: proprietario-atto ablativo-indennità.
Le stesse norme, peraltro, conserverebbero piena validità in relazione a situazioni diverse.
In tale contesto sono idonee a determinare il calcolo sia per l'indennizzo di aree espropriate prive di vocazione edificatoria, sia per quello spettante all'affittuario terzo coltivatore.
In quest'ultima situazione, in particolare, il criterio del valore agricolo non può in nessun caso ritenersi lesivo dei princìpi costituzionali invocati. Detto criterio, infatti, può essere correttamente utilizzato in questa sede, attesa la particolare natura del « ristoro » dovuto all'affittuario coltivatore, essendo del tutto irrilevante per questi l'aspetto della vocazione edificatoria del bene espropriato.
6. Nella memoria successivamente presentata, la Provincia insiste per l'infondatezza della questione ribadendo le argomentazioni già esposte.
Aggiunge che deve essere mantenuto fermo il criterio che l'indennizzo spettante all'affittuario coltivatore diretto, vada posto in detrazione a quello spettante al proprietario anche nei casi in cui quest'ultimo sia stato stimato in base alla potenzialità edificatoria del bene.
In breve, l'ente espropriante dovrà procedere a due differenti metodi di calcolo per determinare l'indennità spettante ai diversi soggetti: quella a favore del proprietario va compiuta sulla base del valore edificabile del bene; quella a favore del coltivatore secondo il meccanismo previsto dagli artt. 12 e 13 l. prov. n. 15 del 1972. In tal modo quest'ultimo indennizzo può tranquillamente continuare ad essere posto in detrazione a quello a favore del proprietario al quale, dopo la dichiarazione di incostituzionalità della norma (sent. n. 231 del 1984), spetta in ogni caso un'indennità certamente superiore a quella originariamente prevista.
 
Considerato in diritto: 1. Le tre ordinanze della Corte di cassazione sollevano la stessa questione, avente per oggetto l'art. 12 comma 1, secondo periodo, l. prov. Bolzano 20 agosto 1972 n. 15 riferita agli stessi parametri costituzionali, e i giudizi possono, pertanto, essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
2. La questione sollevata dalle predette ordinanze è fondata. In esse si ricorda, infatti, che, con giurisprudenza costante e ormai consolidata, la Corte di cassazione ha sempre attribuito valore vincolante, anche per il giudice, ai parametri valutativi (cosiddette « tabelle »), predisposti semestralmente dalla Commissione provinciale ai fini della determinazione dell'indennità di espropriazione dei fondi situati nella Provincia di Bolzano. Ebbene, se così è, non può non riconoscersi — come le ordinanze prospettano — che da quel carattere vincolante può effettivamente derivare pregiudizio ai princìpi di cui agli artt. 24 e 42 Cost.
Il giudice, infatti, se costretto a non discostarsi dai parametri fissati dall'organo della pubblica amministrazione, ove questi non corrispondano a quel concetto di « serio ristoro » elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte, sarebbe impossibilitato a ripristinare la legittimità di quei valori lasciando così senza riparo l'offesa al principio di cui al comma 3 dell'art. 42 Cost.
D'altra parte, anche il diritto di difesa resterebbe compromesso da siffatta situazione, in quanto il cittadino sarebbe ammesso solo parzialmente a tutelare in giudizio il proprio diritto sostanziale, e cioè soltanto nei limiti in cui i parametri stessi siano stati male applicati alla specie. Ma un tale limite non è nell'art. 24 Cost., ed è anzi espressamente escluso dall'art. 113 Cost.
Del resto, la stessa Provincia di Bolzano ha riconosciuto nelle sue scritture la disapplicabilità, da parte del giudice ordinario, delle tabelle elaborate dalla Commissione. Né può interferire su tale giudizio la sent. di questa Corte 13 luglio 1984 n. 231, sopravvenuta alle ordinanze de quibus, in quanto la pronunziata declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'art. 12 comma 1, oggetto dell'attuale impugnazione, si riferiva esclusivamente — come chiaramente appare dal dispositivo — « al regime dell'indennità d'esproprio previsto per le aree comprese nel centro edificato, o altrimenti provviste... dell'attitudine edificatoria », ampliando princìpi peraltro già enunciati nella sent. di questa Corte 30 gennaio 1980 n. 5 che alla rimettente era ben nota.
Nella specie, infatti, le ordinanze di rimessione si riferiscono, invece, a terreni agricoli senza attitudine edificatoria: e proprio per questo la questione è stata sollevata, nonostante i princìpi affermati dalla sentenza di questa Corte per ultimo citata.
Semmai deve dirsi che non è ben chiaro perché mai l'impugnazione sia riferita al secondo periodo del comma 1 dell'art. 12, se per secondo periodo s'intende ciò che segue alla punteggiatura (punto) che conclude il primo periodo. Proprio il secondo periodo, infatti, è quello particolarmente colpito dalla sent. n. 231 del 1984. Forse più che al periodo ci si voleva riferire all'inciso, sta di fatto che tutta la motivazione è intesa a rimuovere il valore vincolante delle tabelle, per l'espropriazione di area quale terreno agricolo, e non sembra potersi dubitare che il disposto normativo che le concerne è quello che fa riferimento al «giudizio dell'ufficio tecnico provinciale», contenuto nel primo periodo. In tal senso, perciò deve intendersi rettificato l'evidente errore materiale, tenuto conto del preciso indirizzo della non equivoca motivazione delle ordinanze.
3. Ben diversa, invece, è la questione sollevata dalla Corte d'appello di Trento in ordine al successivo art. 13 stessa l. prov. Bolzano, in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost.
Quella Corte era chiamata a decidere l'indennità da corrispondere, sia ai proprietari che agli affittuari, per l'esproprio di un'azienda agricola, sita in zona destinata all'edilizia abitativa agevolata del Comune di S. Candido.
La Corte d'appello ha potuto determinare agevolmente l'indennità dovuta ai proprietari perché, dopo la dichiarata illegittimità costituzionale degli artt. 12 comma 1, 13 comma 1 e 15 comma 3 l. prov. Bolzano 20 agosto 1972 n. 15 (v. sent. Corte Cost. 13 luglio 1984 n. 231), afferma di aver potuto applicare il regime indennitario previsto dalla legislazione regionale del T.-A.A., in virtù della competenza primaria in materia di esproprio ad essa riservata dallo statuto.
La legislazione regionale, però - secondo quanto sostiene la stessa ordinanza - non ha previsto alcuna forma d'indennizzo per fitta volo, colono o mezzadro che, trovandosi a coltivare il fondo, siano costretti a lasciarlo a causa dell'esproprio: salvo l'ipotesi (che non è della specie) dei miglioramenti, che il proprietario stesso è tenuto ad indennizzare (nei limiti dell'indennizzo a sua volta percepito) a sensi dell'art. 35 l. reg. 17 maggio 1956 n. 7.
Ne consegue che per l'indennizzo agli affittuari non resterebbe che applicare il comma 2 dell'art. 12 l. prov. Bolzano impugnata. Senonché, secondo i rilievi della Corte d'appello, il predetto comma calcola l'indennizzo dovuto all'affittuario sulla base di un decimo dell'indennità di espropriazione (moltiplicata per gli anni di effettiva coltivazione del terreno) dovuta al proprietario, a sensi di quel primo comma dell'art. 12 della legge che la Corte costituzionale ha, però, dichiarato illegittimo. Il comma 2 dell'art. 13 sarebbe, pertanto, rimasto privo di un razionale coordinamento con il criterio impostato sul valore effettivo dell'area espropriata, esponendo l'espropriante al rischio di dover pagare un prezzo di gran lunga superiore al valore venale del bene, qualora fosse costretto a liquidare anche al fittavolo un'indennità pari a quella da corrispondere al proprietario di un'area con attitudine edificatoria. E ciò in violazione sia dell'art. 42 Cost., perché l'indennizzo verrebbe a superare i limiti di « serio ristoro », sia dell'art. 3, perché verrebbe a verificarsi un irrazionale divario rispetto all'ipotesi in cui l'area sia coltivata direttamente dal proprietario; e ciò nonostante che la situazione oggettiva dell'area sia sempre la stessa.
4. Ritiene tuttavia la Corte che la questione così proposta trovi già soluzione nella ricordata sent. n. 231 del 1984. Questa decisione, infatti, ancorando le determinazioni del legislatore in materia di indennizzo al dato del reale valore del bene ha coerentemente chiarito, in motivazione ed in dispositivo, che la dichiarazione di illeggittimità costituzionale degli artt. 12 e 13 della legge provinciale non si riferisce ai criteri in essi contenuti, quando l'area da espropriare abbia destinazione agricola.
In tal modo, nell'ipotesi (che ricorre nella specie) di area a destinazione edificatoria su cui insiste un'azienda agricola, il valore reale su cui commisurare l'indennizzo comprenderà la consistenza di quest'ultima. Tale consistenza, stante il permanente vigore dei criteri già detti, andrà calcolata in parametri di maggiorazione del valore agricolo (idealmente considerato) contenuti negli artt. 12 e 13, con la conseguenza di corrispondere al coltivatore diverso dal proprietario quella parte di indennità prevista dal comma 2 dell'art. 13, in detrazione della maggiorazione stessa.
Così operando non si lede l'art. 42 Cost., giacché l'indennizzo, fondato sul valore effettivo dell'area, non supera il serio ristoro previsto dal principio invocato né si viola il principio di eguaglianza, posto che la maggiorazione in parola va corrisposta anche nel caso di proprietario coltivatore diretto.
5. Resta, infine, il punto concernente l'imputazione dell'onere di soddisfare il diritto del coltivatore del fondo.
Secondo l'ordinanza sarebbe escluso che sul proprietario espropriato possa ricadere quell'onere, perché porterebbe all'azzeramento del « serio ristoro » dominicale, determinando un'ulteriore incompatibilità costituzionale sia ex art. 3 che ex art. 42 Cost.
Ma siffatto rilievo trova evidentemente fondamento nell'oponione del Giudice rimettente, più sopra lumeggiata, secondo cui anche all'affittuario dovrebbe spettare un indennizzo in relazione all'attitudine edificatoria del fondo da lui coltivato.
Una volta, però, esclusa quella tesi, e ridotta l'indennità dell'affittuario al criterio del valore agricolo, quella preoccupazione non ha più ragion d'essere, e dovrà darsi applicazione al comma 2 dell'art. 13 della legge che prevede la corresponsione dell'indennizzo all'affittuario in detrazione a quello spettante al proprietario.
Per tal modo l'espropriante pagherà un solo indennizzo ed ogni dubbio di costituzionalità resterà escluso.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12 comma 1 l. prov. Bolzano 20 agosto 1972 n. 15 (legge di riforma dell'edilizia abitativa), così come sostituito dall'art. 5 l. prov. Bolzano 22 maggio 1978 n. 23 nella parte in cui, limitatamente, all'indennità d'esproprio da attribuirsi ai terreni agricoli senza attitudine edificatoria, si richiama al giusto prezzo, determinato in modo vincolante dall'ufficio tecnico provinciale, sulla base dei parametri fissati dalla Commissione provinciale.
2) dichiara non fondata la questione. di legittimità costituzionale dell'art. 13 comma 2 l. prov. Bolzano 20 agosto 1972 n. 15 (come sostituito dall'art. 5 l. prov. Bolzano 22 maggio 1978 n. 23) sollevata dalla Corte d'appello di Trento, con ord. 18 marzo 1986 (R. 0. n. 518 del 1986) in riferimento agli artt. 3 e 42 Cost.
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