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In vigore al: 07/09/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 405 del 07.12.2006
Trasferimento di edifici soggetti a tutela strorico-artistica, facenti parte di un maso chiuso - Esclusione del diritto di prelazione

Sentenza (4 dicembre) 7 dicembre 2006, n. 405; Pres. Bile; Red. Amirante
 
Ritenuto in fatto 1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 30 settembre 2004 e depositato il successivo 9 ottobre, ha sollevato, in riferimento agli artt. 4 e 8, numeri 3 e 8, dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), ed agli artt. 3, primo comma, e 9 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 14 della legge della Provincia di Bolzano «27» (recte: 23) luglio 2004, n. 4 (Disposizioni in connessione con l'assestamento del bilancio della provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006).
Espone il ricorrente che la norma impugnata introduce nella normativa provinciale in materia di tutela dei beni culturali e ambientali (inserendo l'art. 5-quinquies nella legge della Provincia di Bolzano 12 giugno 1975, n. 26, recante “Istituzione della Ripartizione provinciale Beni culturali e modifiche ed integrazioni alle leggi provinciali 25 luglio 1970, n. 16 e 19 settembre 1973, n. 37”) l'esclusione dal diritto di prelazione e dall'obbligo di denuncia, previsti dagli artt. 59, 60, 61 e 62 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), in relazione ai trasferimenti di immobili assoggettati al vincolo di bene culturale «nel caso di trasferimento della proprietà in seguito a successione aziendale entro il quarto grado di parentela [...] facenti parte di un maso chiuso».
A parere del ricorrente, la norma si porrebbe in contrasto con l'art 4 dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige secondo cui la potestà delle Province autonome di emanare norme giuridiche nelle materie di loro competenza (con particolare riferimento all'art. 8, numeri 3, «tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare», e 8, «ordinamento delle minime unità culturali, anche agli effetti dell'art. 847 del codice civile; ordinamento dei masi chiusi e delle comunità familiari rette da antichi statuti o consuetudini»), deve essere esercitata «in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica».
Aggiunge il ricorrente che l'art. 6 del d.P.R. 1° novembre 1973, n. 690 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige concernente tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare), stabilisce esplicitamente le modalità e i termini attraverso i quali lo Stato e le Province autonome possono esercitare il diritto di prelazione, già previsti in generale dagli artt. 31 e 32 della legge 1° giugno 1939, n. 1089 (Tutela delle cose d'interesse artistico e storico).
Risulterebbe, di conseguenza, violato l'articolo 9 Cost., nella parte in cui, per finalità di conservazione dell'unità aziendale dei masi chiusi, si deroga senza alcuna ragionevolezza alla previsione dell'obbligo di denuncia e della prelazione a favore dello Stato (o della Provincia autonoma) in occasione dei trasferimenti di beni immobili culturali, principio che in materia costituisce connotato tipico e punto finale delle stesse conservazione, tutela e fruizione di tali beni, previste dall'ordinamento nazionale.
Appare per contro evidente che, allorché l'esercizio del diritto di prelazione possa incidere sulla continuità del «maso chiuso», tale ultimo interesse ha pieno diritto d'ingresso nel relativo procedimento amministrativo e nel successivo controllo giurisdizionale sul corretto esercizio della prelazione, con la conseguenza che l'esclusione tout court dalla prelazione e dall'obbligo di denuncia non sarebbe giustificata (art. 3, primo comma, Cost.) in relazione agli obiettivi perseguiti e/o dichiarati dal legislatore provinciale.
Infine, ad avviso del ricorrente, la suddetta esclusione renderebbe estremamente difficile l'esercizio delle funzioni di conservazione e tutela da parte della Provincia autonoma in relazione ai beni di cui si discute, essendo questi assoggettati ad un regime nel quale le declaratorie di vincolo e le misure di conservazione, per acquisire efficacia, devono essere notificate alla parte proprietaria.
2.— Si è costituita in giudizio la Provincia di Bolzano la quale – premesso di essere intervenuta, con la legge impugnata, in un settore che involge una serie di aspetti concernenti sia la conservazione del patrimonio storico, artistico e culturale situato nel proprio territorio, sia l'ordinamento dei masi chiusi – afferma che, prima delle modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, essa era titolare di una competenza esclusiva in materia di beni culturali, in relazione alla quale disponeva di un ampio raggio di attribuzioni, limitate unicamente dalle competenze che, in via eccezionale, rimanevano allo Stato. Per altro verso, la “tutela dei beni culturali” rientra oggi nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), restando di competenza delle Regioni la sola valorizzazione, peraltro con il limite dei principi fondamentali contenuti in leggi dello Stato (art. 117, terzo comma, Cost.). Le nuove norme costituzionali, attribuendo alle Regioni una competenza legislativa concorrente nel solo ambito della valorizzazione dei beni culturali, si rivelano maggiormente limitative dell'autonomia provinciale rispetto a quanto previsto dalle norme dello statuto speciale e dalle relative norme di attuazione e, quindi, in base all'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) esse non dovrebbero applicarsi alla Provincia.
Secondo la difesa provinciale, in particolare, lo statuto speciale del Trentino-Alto Adige riserva la competenza in materia di «tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare» alla potestà “esclusiva” o “primaria” delle Province (art. 8, n. 3, dello statuto). Le norme di attuazione statutaria contenute nel d.P.R. n. 690 del 1973 definiscono in concreto la portata e le modalità di esercizio della competenza provinciale. L'art. 1, primo comma, di tale decreto, infatti, prevede che «le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia di ordinamento, tutela, vigilanza, conservazione, custodia e manutenzione del patrimonio storico artistico e popolare sono esercitate, per il rispettivo territorio, dalle province di Trento e Bolzano con l'osservanza delle disposizioni contenute nel presente decreto»; nel contempo, il secondo comma del medesimo articolo dispone la permanenza in capo allo Stato – ai sensi dell'art. 109 dello statuto – delle attribuzioni nei confronti dei soli beni indicati nel d.P.R. 20 gennaio 1973, n. 48 (Beni del patrimonio storico ed artistico di interesse nazionale per il Trentino-Alto Adige, esclusi dalla competenza provinciale), cioé: il monumento della vittoria di Bolzano e il monumento dell'alpino di Brunico. Oltre a questa ipotesi specifica, i limiti alla competenza provinciale sono chiaramente individuabili dal testo del medesimo d.P.R. n. 690 del 1973, che in alcuni articoli rinvia espressamente alla permanenza in capo allo Stato di talune attribuzioni concernenti aspetti settoriali della tutela dei beni culturali, come ad esempio in materia di archivi dei privati dichiarati di notevole interesse storico nazionale (art. 2, terzo comma) o di esportazione e importazione dei beni soggetti alla legge n. 1089 del 1939 (art. 7).
Non rientra, invece, nell'ipotesi di permanenza di funzioni in capo allo Stato la disposizione contenuta all'art. 6, comma 2, del suddetto decreto il quale si limita a prevedere che il diritto di prelazione spetta, «nei casi in cui è consentita l'alienazione di beni facenti parte del patrimonio storico, artistico e popolare», in via generale alle Province autonome e che, solo quando si tratti di beni appartenenti allo Stato, esso deve essere esercitato «nel termine e nei modi di cui agli articoli 31 e 32 della legge 1 ° giugno 1939, n. 1089».
L'ampiezza delle competenze provinciali in questa materia viene definita rinviando ad una nozione molto ampia di «patrimonio storico, artistico e popolare», che infatti ricomprende – ai sensi dell'art. 2, comma 1, del medesimo d.P.R. n. 690 del 1973 – oltre ai beni mobili e immobili rientranti nell'ambito di applicazione della legge n. 1089 del 1939 (abrogata e sostituita prima dal decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 e oggi dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con d.lgs. n. 42 del 2004), tutte quelle cose «che, avendo riferimento alla storia della civiltà, meritano di essere conservate e tutelate».
Inoltre, per l'esercizio delle funzioni trasferite dallo Stato alla Provincia di Bolzano risulta competente la Ripartizione provinciale beni culturali (secondo quanto dispone l'art. 1, comma 1, della legge prov. di Bolzano n. 26 del 1975), alla quale spetta, quindi, anche la competenza ad avviare il procedimento in esito al quale la Giunta provinciale sarà chiamata a adottare il provvedimento di vincolo su un bene culturale (art. 5-bis della citata legge provinciale n. 26 del 1975).
La competenza provinciale primaria abbraccia, in primo luogo, la medesima materia dei “beni culturali”, così come definita nell'art. 148, comma l, lettera a), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), e si estende poi alla disciplina di tutte quelle funzioni e di tutti quei compiti che il successivo art. 149, commi 3 e 4, del medesimo decreto attribuisce allo Stato.
Anche in materia di ordinamento dei masi chiusi, le disposizioni dello statuto di autonomia (art. 8, n. 8) attribuiscono alla Provincia una competenza legislativa di tipo “esclusivo” o “primario”. Tale competenza statutaria – la quale richiama la necessità che rimanga in seno alla Provincia la potestà di regolamentare un istituto sconosciuto nel resto dell'Italia ed espressione di antichissime tradizioni tirolesi – non può essere limitata da alcuna competenza statale, incontrando esclusivamente le limitazioni disposte in via generale dall'art. 4 dello statuto.
La non fondatezza della questione viene anzitutto motivata dalla Provincia sulla base di un'erronea lettura dell'art. 6 del d.P.R. n. 690 del 1973 compiuta dal ricorrente nell'assumerne la violazione, in quanto dalla disposizione si evince chiaramente che essa non riguarda in alcun modo l'esercizio di un diritto di prelazione ad opera dello Stato, essendo le Province autonome le uniche titolari di tale diritto.
In secondo luogo, il richiamo degli artt. 31 e 32 della legge n. 1089 del 1939 ad opera della citata norma di attuazione non varrebbe né come fondamento, né come modalità di esercizio generale di detto diritto da parte delle Province autonome, bensì solo come criterio da rispettare nel caso specialissimo in cui i beni per i quali le Province si avvalgano del diritto di prelazione appartengano allo Stato (perché anche in questo caso spetta comunque ad esse esercitarlo).
In conclusione, ogni aspetto concernente la regolamentazione giuridica dei masi chiusi rimarrebbe nella competenza esclusiva del legislatore provinciale, il quale è stato costantemente chiamato a disciplinarne l'assetto complessivo, alla luce delle esigenze scaturenti, volta per volta, dall'evoluzione dei rapporti giuridico-sociali.
Inoltre, l'esclusione del diritto di prelazione sugli immobili soggetti a vincolo storico-artistico e facenti parte di un maso chiuso si porrebbe quale compiuta realizzazione delle finalità di tutela sottese al principio di cui all'art. 9 Cost.; incentivando la continuità familiare nella titolarità di detti beni, la disposizione impugnata perseguirebbe, infatti, l'intento di non alterare il regolare proseguimento delle attività tradizionalmente svolte all'interno dei masi chiusi, garantendo in questo modo la vitalità e l'evoluzione di un istituto che rientra a pieno titolo nel patrimonio storico, artistico e culturale della Repubblica.
Del tutto generica e, pertanto, inammissibile sarebbe, infine, la censura formulata con riferimento all'art. 3, primo comma, Cost.; non si vede, infatti, in quale elemento della disciplina impugnata e con riferimento a quale situazione possa ravvisarsi una disparità di trattamento. La soluzione per la quale ha optato il legislatore provinciale, disponendo che il diritto di prelazione della Provincia è escluso in quei casi in cui si tratta di successione aziendale entro il quarto grado, tiene al contrario conto di tutti i principi costituzionali (in particolare, del principio di eguaglianza e ragionevolezza di cui all'art. 3, primo comma, Cost.), non sacrificandone alcuno a favore dell'altro. Si tiene, infatti, giustamente conto della circostanza che spesso «l'eredità» viene regolata con atti inter vivos quando l'assuntore invecchia e si vede, quindi, costretto a trasferire il maso chiuso ai familiari.
3.— Con successivo ricorso, notificato alla Provincia autonoma di Bolzano il 16 settembre 2005 e depositato il 26-27 settembre 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2005, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali nei settori dell'agricoltura, della protezione civile, delle acque pubbliche e della tutela dell'ambiente e altre disposizioni). Tale ricorso, proposto anche, «per quanto occorrere possa», nei confronti della Regione Trentino-Alto Adige ed a questa notificato il 16 settembre 2005, è stato depositato il 27 settembre 2005, oltre il termine di cui all'art. 31, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.
La norma censurata sostituisce quella impugnata con il precedente ricorso, prevedendo l'esclusione dall'obbligo di denuncia nella medesima ipotesi – ivi contemplata – di trasferimento della proprietà in seguito a successione aziendale, ma entro il terzo grado di parentela (non più quindi entro il quarto). Peraltro, non viene reiterata in modo esplicito l'esenzione dall'obbligo di denuncia già contenuta nel secondo comma della disposizione sostituita e si lascia fermo l'obbligo di denuncia dei trasferimenti di proprietà.
Secondo l'Avvocatura, che riproduce gli argomenti già svolti, la formulazione della norma impugnata, nella parte in cui, derogando esplicitamente all'art. 59 del d.lgs. n. 42 del 2004, sembra distinguere i trasferimenti di proprietà dai casi di successione aziendale tra parenti fino al terzo grado, genera dubbi sulla permanenza generalizzata dell'obbligo di denuncia dei trasferimenti immobiliari, in un regime nel quale le declaratorie di vincolo e le misure di conservazione, per acquisire efficacia, devono essere notificate alla parte proprietaria.
4.— Si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano, contestando il merito del ricorso e riservandosi ulteriore memoria. Successivamente la Provincia ha proposto istanza per la trattazione congiunta dei due ricorsi.
5.— Nell'imminenza dell'udienza, la Provincia autonoma di Bolzano ha depositato ulteriore memoria, in riferimento al primo dei due ricorsi, in cui chiede preliminarmente dichiararsi la cessazione della materia del contendere in conseguenza dell'intervenuta modifica della norma impugnata.
6.— Anche in riferimento al ricorso n. 82 del 2005, la Provincia autonoma di Bolzano ha sollecitato una pronuncia di inammissibilità, sul rilievo che la norma impugnata sarebbe meramente ricognitiva di quell'esclusione del diritto di prelazione, nei casi in cui il trasferimento del maso chiuso avvenga nell'ambito familiare, già prevista con l'art. 26 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2001 e per il triennio 2001-2003 e norme legislative collegate – legge finanziaria 2001), mai impugnato. Peraltro, la norma di cui al ricorso n. 97 del 2004, sottolinea la Provincia, è stata modificata dalla disposizione ora impugnata, proprio dopo la proposizione del ricorso anzidetto.
Sempre in via preliminare, si eccepisce poi la sommarietà del ricorso, che si limiterebbe ad evocare in modo impreciso alcuni parametri statutari, senza soddisfare i requisiti richiesti dalla costante giurisprudenza costituzionale per poter superare il vaglio di ammissibilità.
Nel merito, la Provincia insiste nelle argomentazioni difensive già svolte relativamente alla propria competenza legislativa primaria in materia di beni culturali e, specificamente, di maso chiuso.
Quanto ai parametri statutari evocati, si osserva che il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto indicare in che cosa consista il denunciato contrasto, dato che il generico richiamo alle norme dello statuto non sarebbe sufficiente per motivare l'impugnazione.
Considerato in diritto 1.— Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato l'art. 14 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 luglio 2004, n. 4 (Disposizioni in connessione con l'assestamento del bilancio di previsione della Provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006), che inserisce nella legge della Provincia autonoma di Bolzano 12 giugno 1975, n. 26 (Istituzione della Ripartizione provinciale Beni culturali e modifiche ed integrazioni alle leggi provinciali 25 luglio 1970, n. 16 e 19 settembre 1973, n. 37), l'art. 5-quinquies, così formulato:
«1. Il diritto di prelazione di cui agli articoli 60, 61 e 62 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, non trova applicazione nel caso di trasferimento della proprietà in seguito a successione aziendale entro il quarto grado di parentela in immobili soggetti a tutela storico-artistica e facenti parte di un maso chiuso.
2. Per gli immobili di cui al comma 1 non trova applicazione l'obbligo di denuncia di cui all'art. 59 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42».
Secondo il ricorrente, tali disposizioni sono in contrasto con gli artt. 4 e 8, numeri 3 e 8, dello statuto della Regione Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, i quali, nell'attribuire alle Province autonome la competenza in materia di tutela e conservazione dei beni culturali nonché di ordinamento dei masi chiusi, prescrivono che essa sia esercitata in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica.
Il ricorrente denuncia il contrasto delle disposizioni censurate con l'art. 6 del d.P.R. 1° novembre 1973, n. 690 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige concernente tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare), il quale prevede le modalità e i termini per l'esercizio del diritto di prelazione da parte dello Stato e delle Province autonome. Il ricorrente sostiene, inoltre, che le suddette disposizioni violino gli artt. 3 e 9 della Costituzione.
2.— Successivamente, la Provincia di Bolzano, con l'art. 12 della legge provinciale 20 giugno 2005, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali nei settori dell'agricoltura, della protezione civile, delle acque pubbliche e della tutela dell'ambiente e altre disposizioni), ha sostituito le disposizioni denunciate, stabilendo che «il diritto di prelazione di cui agli articoli 59, 60 e 61 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, non trova applicazione nel caso di trasferimento della proprietà, in caso di successione aziendale entro il terzo grado di parentela in edifici soggetti a tutela storico-artistica e facenti parte di un maso chiuso. Resta fermo l'obbligo di denuncia dei trasferimenti di proprietà».
Il Presidente del Consiglio dei ministri, con altro ricorso, ha impugnato anche tale disposizione, adducendo ragioni analoghe a quelle che sorreggono il primo. Il ricorrente mette in evidenza come tale disposizione generi dubbi sulla permanenza dell'obbligo di denuncia del trasferimento e lamenta la violazione del principio di leale collaborazione per abuso della potestà legislativa.
3.— In via preliminare, deve essere disposta la riunione dei due giudizi per la loro unitaria trattazione, in quanto hanno ad oggetto questioni concernenti la medesima materia e in gran parte coincidenti.
3.1— Sempre in via preliminare, si deve rilevare che la sostituzione della disposizione impugnata con il primo ricorso, ad opera dell'art. 12 della legge provinciale n. 4 del 2005, non ha fatto venir meno l'interesse del ricorrente a che sia decisa nel merito la questione sollevata con il primo ricorso, in quanto non risulta che le disposizioni della legge n. 4 del 2004 non abbiano avuto alcuna applicazione.
4.— Sul merito delle questioni, si premette che la disciplina del maso chiuso ha costituito oggetto di scrutinio di costituzionalità sotto vari profili e in tempi diversi.
Fin dalla prima sentenza, fondamentale per quanto concerne la disciplina dell'istituto, questa Corte ha affermato che esso «non trova precedenti nell'ordinamento italiano, non può qualificarsi né rivivere se non con le caratteristiche sue proprie derivanti dalla tradizione e dal diritto vigente fino all'emanazione di quel r.d. 4 novembre 1928, n. 2325 in base al quale esso istituto cessò di avere formalmente vita». Ha precisato, inoltre, che il legislatore provinciale, in virtù dell'art. 11 n. 9 dello statuto speciale (nel testo originario), «può disciplinare la materia dei masi chiusi nell'ambito della tradizione e del diritto preesistente e, in conseguenza, con una potestà necessariamente più ampia, data la natura dell'istituto, che per le altre materie nello stesso art. 11 contemplate» (sentenza n. 4 del 1956).
Il principio è stato successivamente ribadito (sentenze n. 5 e n. 40 del 1957; n. 55 del 1964; n. 35 del 1972; ordinanza n. 28 del 1956), ed è bene sottolineare, da un lato, che esso è stato affermato per ritenere la legittimità costituzionale di disposizioni della legislazione provinciale incidenti anche sul diritto privato e sulla giurisdizione – materie, in via generale, di attribuzione statale esclusiva – dall'altro, che la disciplina statutaria non è, per quanto qui interessa, mutata.
Più di recente questa Corte, svolgendo il proprio ragionamento sulla base degli enunciati principi, ha però precisato che la particolare tutela accordata all'istituto non giustifica qualsiasi deroga alla disciplina generale, ma soltanto quelle che sono funzionali alla conservazione dell'istituto nelle sue essenziali finalità e specificità (sentenza n. 340 del 1996).
L'istituto in oggetto, secondo la sintesi fattane da questa Corte nella menzionata sentenza n. 4 del 1956, ha caratteristiche tutte particolari «come quelle della indivisibilità del fondo, della sua connessione con la compagine familiare e della assunzione di esso fondo come maso chiuso da un unico soggetto, cui un sistema particolare – anche relativo al procedimento di assegnazione e di determinazione del valore del fondo nel caso di pluralità di eredi – permette di perpetuare e garantire nel maso stesso il perseguimento delle finalità economiche e sociali proprie dello istituto».
5.— Alla luce dei principi enunciati, la cui validità la Corte ribadisce ancora, la questione della legittimità costituzionale delle disposizioni di entrambe le leggi prevedenti l'esclusione della prelazione nei casi indicati non è fondata.
Le norme censurate, infatti, essendo non soltanto predisposte alla tutela della indivisibilità del maso, ma soprattutto finalizzate a mantenerne la connessione con la compagine familiare, non contrastano con le norme statutarie invocate che, lette nei sensi di cui si è detto, giustificano, in materia di masi chiusi, le deroghe alla disciplina generale senza violazioni dell'art. 3 della Costituzione.
Si soggiunge che, alla stregua di quanto detto, non è rilevante la differenza di un grado di parentela tra alienante e destinatario del trasferimento per l'esclusione della prelazione intercorrente tra la disposizione impugnata con il primo ricorso e quella oggetto del secondo, in quanto entrambe le disposizioni sono in funzione della connessione tra maso e famiglia, cui esso appartiene.
Poiché entrambe le disposizioni impugnate sono dirette alla tutela del maso chiuso con riguardo alle peculiarità di siffatto bene, esse non contrastano neppure con l'art. 9 Cost., che attribuisce lo sviluppo della cultura e la tutela dei beni culturali e del paesaggio alla Repubblica in tutte le sue articolazioni, e non soltanto allo Stato.
6.— Restano da scrutinare le disposizioni che, nell'una e nell'altra legge provinciale, fanno riferimento alla denuncia del trasferimento del maso chiuso nelle circostanze indicate; nella prima per escludere il relativo obbligo, nella seconda per imporlo.
Per quanto concerne quest'ultima, si osserva che la censura trova la sua confutazione nel rilievo che la lettera della disposizione – nello stabilire che «resta fermo l'obbligo di denuncia dei trasferimenti di proprietà» – non consente dubbi sull'esistenza dell'obbligo stesso. Tuttavia, anche con specifico riguardo alla disposizione sulla esclusione dell'obbligo della denuncia contenuta nella legge provinciale n. 4 del 2004, persiste l'interesse del ricorrente per la ragione indicata.
Su questo specifico punto la questione è fondata.
Infatti, anche se lo scopo principale e immediato della denuncia è quello di mettere l'amministrazione provinciale, cui spetta il diritto di prelazione, nella possibilità di esercitarlo (sicché nei casi in cui la prelazione è esclusa verrebbe meno la ratio della denuncia), deve ritenersi che esso non si esaurisca nel rendere possibile la prelazione stessa. La denuncia ha la fondamentale funzione di rendere nota la titolarità dei beni, nei tempi e con le modalità stabilite, all'organo cui spetta la tutela (ancorché questo possa altrimenti acquisire i dati necessari); tutela che può esplicarsi in attività diverse dall'esercizio della prelazione, a garanzia dei beni di cui all'art. 9 della Costituzione.
D'altra parte, l'eliminazione dell'obbligo della denuncia – già ripristinato con la successiva legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 4 del 2005 – non è funzionale al regime del maso chiuso.
 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 
riuniti i giudizi,
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, comma 2, della legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 luglio 2004, n. 4 (Disposizioni in connessione con l'assestamento del bilancio della provincia di Bolzano per l'anno finanziario 2004 e per il triennio 2004-2006);
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, della medesima legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 4 del 2004 e dell'art. 12 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 giugno 2005, n. 4 (Modifiche di leggi provinciali nei settori dell'agricoltura, della protezione civile, delle acque pubbliche e della tutela dell'ambiente e altre disposizioni), sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 9 della Costituzione, nonché agli artt. 4 e 8, numeri 3 e 8, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dal Presidente del Consiglio dei ministri con i ricorsi indicati in epigrafe.
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