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In vigore al: 12/09/2015

Corte costituzionale - Sentenza N. 218 del 05.05.1993
Invito del Commissario del governo a fare adottare il provvedimento di revoca dalla carica di assessore e consigliere comunale, ai sensi della legislazione antimafia

Sentenza (23 aprile) 5 maggio 1993, n. 218; Pres. Casavola - Red. Ferri
 
Ritenuto in fatto: 1. La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso notificato il 28 novembre 1992, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine alla nota del Commissario del Governo per la Provincia di Bolzano dell'1 ottobre 1992 (prot. n. 026372), indirizzata al Sindaco del Comune di Selva Val Gardena, avente ad oggetto: « Applicazione della legge 18 gennaio 1992 n. 16 ».
La ricorrente premette che l'art. 54, n. 5, dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670), attribuisce alla Giunta provinciale i poteri di « vigilanza » e « tutela » sulle amministrazioni comunali. Da ciò, fra l'altro, consegue che - anche ai sensi dell'art. 87 dello Statuto - non spetta al Commissario del Governo per la Provincia di Bolzano alcun potere di controllo sulle amministrazioni comunali (almeno per quanto riguarda le funzioni non delegate dallo Stato: cfr. art. 87, comma 1, n. 2, dello Statuto); ed in particolare, ai sensi dell'art. 87, comma 1, n. 3, dello Statuto, non gli spettano i poteri di controllo originariamente propri del prefetto, e proprio perché i poteri di controllo sui comuni sono attribuiti dallo stesso Statuto alla Giunta provinciale.
Ciò premesso, la ricorrente rileva che con la nota impugnata si invita il Sindaco del Comune di Selva Val Gardena a fare adottare dal competente organo il provvedimento di revoca dalla carica dell'assessore (e consigliere) comunale Sig. Franz Costa - condannato con sentenza definitiva per il reato di interesse privato in atti d'ufficio -, ai sensi dell'art. 15, comma 4, 1. 19 marzo 1990 n. 55, come sostituito dall'art. 1 1. 18 gennaio 1992 n. 16.
Con la stessa nota il Commissario del Governo ha altresì ritenuto di fare presente al Comune che il provvedimento di revoca da emanarsi non sarebbe soggetto al controllo di legittimità della Giunta provinciale di cui all'art. 57 T.U. delle leggi regionali sull'ordinamento dei comuni della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R.G. 19 gennaio 1984 n. 6). A tenore della lett. I) di tale articolo sono infatti sottoposti al controllo di legittimità provinciale « gli atti di convalida e di nomina degli organi delle amministrazioni comunali, nonché quelli di presa d'atto delle dimissioni o che dispongono la decadenza, la revoca o la surrogazione degli organi medesimi »; ma, secondo il Commissario del Governo, tale disciplina - anche in base a quanto stabilito dall'art. 49 del relativo regolamento d'esecuzione (d.P.R.G. 12 luglio 1984 n. 12) sarebbe applicabile solo al Consiglio comunale, alla Giunta comunale ed al Sindaco, non anche agli atti relativi ai singoli consiglieri ed assessori comunali.
Ciò posto, la ricorrente osserva quanto segue.
É in primo luogo da contestare l'assunto da cui muove la impugnata nota del Commissario del Governo: che cioè la disciplina dell'art. 15, commi 1 e 4, 1. n. 55 del 1990 (come modificato dalla legge n. 16 del 1992) sia di per sé direttamente applicabile alla Provincia autonoma ricorrente ed agli organi dei comuni in essa esistenti. Com'è noto, infatti, nella Regione Trentino-Alto Adige, la disciplina dell'ordinamento dei comuni - ivi compresa quella relativa all'elezione degli organi comunali, nonché alle cause di ineleggibilità e di decadenza dei consiglieri ed assessori comunali - appartiene alla competenza legislativa (concorrente) della stessa Regione Trentino-Alto Adige, ai sensi dell'art. 5, comma 1, dello Statuto speciale.
Si aggiunga che, di fatto, la Regione Trentino-Alto Adige ha ampiamente esercitato la suddetta potestà legislativa, fra l'altro stabilendo una particolare disciplina delle cause di ineleggibilità e di decadenza dei consiglieri ed assessori comunali, contenuta nel « Testo unico delle leggi regionali sulla composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali » (d.P.R.G. 29 gennaio 1987 n. 3), nonché nel già citato « Testo unico delle leggi sull'ordinamento dei comuni ».
In ordine, pertanto, alla citata legge n. 55 del 1990 (e nei limiti in cui essa ponga « principi fondamentali della materia ») potrà porsi tutt'al più un problema di eventuale adeguamento della disciplina legislativa regionale: che è cosa ben diversa da ciò che invece è contenuto nella nota impugnata.
In secondo luogo, prosegue la ricorrente, anche qualora - in denegata ipotesi - la disciplina della legge n. 55 del 1990 fosse direttamente applicabile ai comuni trentini, egualmente la impugnata nota del Commissario del Governo risulterebbe essere lesiva delle attribuzioni costituzionali della Provincia ricorrente.
Infatti il Commissario del Governo, con quella nota, evidentemente pretende di esercitare un potere di vigilanza e di tutela sul comune di Selva Val Gardena. Ma si è detto che nella Regione Trentino-Alto Adige i poteri di controllo (di « vigilanza » e di « tutela ») sulle amministrazioni comunali e sui loro organi spettano esclusivamente alle Giunte provinciali, secondo quanto stabilito dall'art. 54, n. 5, dello Statuto speciale.
Pertanto, la surriferita determinazione della nota impugnata, con la quale il Commissario invita il Comune di Selva a provvedere alla revoca dell'assessore Franz Costa (« dandone immediata informazione a questo ufficio ») è palesemente invasiva delle attribuzioni della Provincia ricorrente. E a questa, e solo a questa, che spetta - ove ne sussistano i presupposti legali - di sollecitare il Comune a dichiarare la decadenza dei consiglieri ed assessori (v. art. 21, ultimo comma, d.P.R.G. 19 gennaio 1984 n. 6, cit.).
Né si potrebbe ritenere che il Commissario abbia inteso esercitare un potere sostitutivo, a causa dell'inerzia della Provincia. Ciò è da escludersi, sia perché il Commissario non ha - nel caso di specie - un tale potere; sia perché, se avesse comunque inteso esercitare un potere siffatto, avrebbe dovuto — anche in ossequio al principio di leale collaborazione - indirizzare la nota alla Provincia autonoma, anziché direttamente ed esclusivamente al Comune.
Sotto ogni aspetto, dunque, risultano lese le attribuzioni provinciali di controllo sui comuni, stabilite dall'art. 54, n. 5, dello Statuto. Corrispondentemente il Commissario ha esorbitato dalle attribuzioni che per esso, in modo tassativo (perché ciò corrisponde alla esigenza di garantire l'autonomia provinciale), sono stabilite dall'art. 87 dello Statuto. Attribuzioni fra le quali - come si è già detto in precedenza - non ve n'è alcuna su cui possa fondarsi la nota in questione.
Infine, prosegue la Provincia, la nota impugnata lede le suddette attribuzioni provinciali anche sotto un ulteriore profilo, laddove essa afferma che il richiesto provvedimento comunale di revoca (della nomina ad assessore e della convalida della elezione a consigliere) sarebbe sottratto al controllo di legittimità da parte della Provincia.
Il potere della Giunta provinciale di esercitare il controllo sugli atti dei comuni è fondato anch'esso sull'art. 54, n. 5, dello Statuto. Si è visto come in base all'art. 57, lett. I), d.P.R.G. n. 6 del 1984 siano soggetti a tale controllo provinciale tutti gli atti di « convalida e di nomina degli organi delle amministrazioni comunali », come pure quelli di « presa d'atto delle dimissioni » e quelli che dispongono « la decadenza, la revoca e la surrogazione degli organi medesimi ».
É chiaro che si tratta di tutti gli atti di questo tipo che riguardino il consiglio comunale, la giunta ed il sindaco, come pure (nel caso di organi collegiali: consiglio e giunta) degli atti che riguardino i componenti dei medesimi.
Che sia così è dimostrato dal fatto stesso che la suddetta disposizione fa riferimento anche alla ipotesi di « surrogazione degli organi medesimi »: infatti la surrogazione può aversi, evidentemente, soltanto per i singoli consiglieri comunali; come pure è comprovato dal fatto che la suddetta disciplina diventerebbe palesemente assurda se si dovesse interpretare nel senso che, in base ad essa, l'atto che pronuncia la decadenza o la revoca del Sindaco (o dell'intera Giunta) debba essere sottoposta al controllo di legittimità della Giunta provinciale, e non così, invece, l'atto, di identico contenuto, che riguardi invece un assessore.
Le argomentazioni che, in senso contrario, vengono addotte dal Commissario del Governo sono del tutto infondate. Esse si riducono, infatti, ad un richiamo della norma contenuta nell'art. 49 del regolamento di esecuzione (d.P.R.G. 12 luglio 1984 n. 12) del suddetto Testo unico sull'ordinamento dei comuni. La quale norma stabilisce che, ai fini della lettera 1) dell'art. 57 del Testo unico, sono organi dell'Amministrazione comunale quelli individuati dall'art. 1 del citato Testo unico delle leggi regionali sulla composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali (d.P.R.G. n. 3 del 1987): cioè il consiglio comunale, la giunta ed il sindaco. Ma l'argomento risulta essere del tutto inconsistente sol che si consideri: a) che trattandosi di una norma regolamentare di esecuzione essa non può che avere valore ricognitivo e specificativo di quanto già stabilito dal Testo unico (pena la sua illegittimità); b) che anche ai sensi dell'art. 49 del regolamento, gli atti di cui all'art. 57, lett. I), sottoposti al controllo di legittimità sono quelli che riguardano il sindaco, la giunta, il consiglio comunale, ed anche — evidentemente — i singoli componenti di questi ultimi organi collegiali.
2. Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale, riservandosi di illustrare le proprie ragioni in una successiva memoria, conclude per il rigetto del ricorso, richiamando comunque la sentenza di questa Corte n. 407 del 1992.
3. Con memoria depositata nei termini, l'Avvocatura dello Stato osserva quanto segue.
In ordine alla inapplicabilità alla Provincia ricorrente della disciplina posta dall'art. 15, commi 1 e 4 1. n. 55 del 1990, come modificato dalla legge n. 16 del 1992, il motivo è privo di fondamento: basta, in proposito, richiamare la recentissima sentenza n. 407 del 1992 pronunziata da questa Corte su ricorso della Provincia autonoma di Trento.
Quanto, poi, al preteso esercizio di un inesistente potere di vigilanza e tutela sul Comune di Selva Val Gardena da parte del Commissario del Governo e correlativa pretesa invasione di attribuzioni della Provincia, anche questa censura è infondata.
Come ha affermato questa Corte con la citata sentenza n. 407 del 1992, infatti, le attività in esame esulano dalla materia del controllo sugli organi. Inoltre, il Commissario non intese, con la lettera dell'1 ottobre 1992, attribuirsi alcun potere di vigilanza o tutela: l'espressione « dandone immediata informazione a quest'ufficio », contenuta nella lettera di invito, era esclusivamente rivolta ad acquisire notizie sull'esito del procedimento di competenza del Comune. E ciò al fine di promuovere l'azione di decadenza dinanzi all'A.G.O. (art. 9 bis d.P.R. n. 570 del 1960) nel caso di eventuale inerzia del Consiglio comunale.
Secondo la giurisprudenza della Corte, del resto, la semplice richiesta di informazioni non può considerarsi invasiva (sent. n. 465 del 1991).
In ordine, infine, alla pretesa sottrazione della deliberazione di revoca della convalida dell'elezione al controllo di legittimità delle province, si osserva che la censura è innanzitutto inammissibile, poiché gli ultimi due commi della lettera in epigrafe contengono univocamente la mera espressione di un parere giuridico circa la non sottoposizione a controllo dei provvedimenti dichiarativi in esame; parere che non può, in quanto tale, considerarsi invasivo della competenza provinciale.
Ad ogni modo il parere del Commissario appare ineccepibile nel suo contenuto.
Ed invero le delibere comunali nella materia che qui interessa non sono soggette al controllo dell'organo tutorio. L'art. 58 del testo unico delle leggi regionali sull'ordinamento dei comuni limita il potere di annullamento della giunta provinciale alle sole « deliberazioni di cui all'articolo precedente », il quale stabilisce — alla lettera 1)— che il controllo di legittimità sia esercitato solo sugli « atti di convalida e di nomina degli organi delle amministrazioni comunali, nonché quelli di presa d'atto delle dimissioni o che dispongono la decadenza, la revoca o la surrogazione degli organi medesimi ».
Non solo, ma l'art. 49 del Regolamento chiarisce in maniera inequivocabile che « sono organi dell'amministrazione comunale ai fini della lettera l) dell'art. 57 del testo unico, quelli individuati dall'art. 1 del testo unico delle leggi regionali sulla composizione ed elezione degli organi delle amministrazioni comunali ».
La richiamata norma — cui corrisponde attualmente l'art. 1 d.P.G.R 21 gennaio 1987 n. 3 lett. l), intitolato « Organi dell'Amministrazione comunale » — stabilisce che « ogni Comune ha un Consiglio, una Giunta ed un Sindaco ».
La situazione normativa, per espressa precisazione del legislatore, è oltremodo chiara: solamente il Consiglio, la Giunta ed il Sindaco debbono e possono considerarsi « organi dell'amministrazione comunale » ai fini del controllo di legittimità previsto dal citato art. 57, lett. I).
Trattasi, evidentemente, di una definizione tassativa cui sono e rimangono assolutamente estranei sia i singoli consiglieri sia i singoli assessori.
4. Anche la Provincia di Bolzano ha depositato memoria, sviluppando le argomentazioni contenute nel ricorso ed insistendo per il suo accoglimento.
 
Considerato in diritto: 1. La Provincia di Bolzano ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in ordine alla nota del Commissario del Governo del 1° ottobre 1992, indirizzata al Sindaco del Comune di Selva Val Gardena, avente ad oggetto: « Applicazione della legge 18 gennaio 1992 n. 16 ».
La ricorrente contesta, innanzitutto, che la normativa dettata dalla citata legge n. 16 del 1992 (recante « Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali ») sia ad essa direttamente applicabile, in quanto la disciplina dell'ordinamento dei comuni — ivi compreso quindi tutto ciò che attiene alle cause di ineleggibilità e decadenza dei consiglieri od assessori comunali — appartiene alla potestà legislativa concorrente della Regione Trentino-Alto Adige (art. 5 dello Statuto speciale), già del resto ampiamente esercitata.
Nel caso, invece, in cui dovesse ritenersi che la menzionata legge n. 16 del 1992 sia direttamente operante anche nei confronti dei comuni del Trentino-Alto Adige, la Provincia lamenta che la nota impugnata viola le competenze in materia di « vigilanza » e « tutela » sulle amministrazioni comunali riservate alla giunta provinciale dall'art. 54, n. 5 dello Statuto speciale (nonché, indirettamente, dall'art. 87 dello Statuto stesso, che regola le attribuzioni del Commissario del Governo), nelle parti in cui il Commissario medesimo:
a) invita il Sindaco del Comune di Selva Val Gardena « a voler fare tempestivamente adottare dal competente organo il provvedimento di cui al comma 4 dell'art. 15 1. n. 55 del 1990 come modificato dall'art. 11. n. 16 del 1992, dandone immediata informazione a questo ufficio »;
b) afferma che l'emanando provvedimento non è soggetto al controllo di legittimità della giunta provinciale, ai sensi dell'art. 57 del Testo unico delle leggi regionali sull'ordinamento dei comuni approvato con d.P.G.R. 19 gennaio 1984 n. 6.
2. Seguendo l'ordine delle censure, va innanzitutto respinta quella, radicale, che si fonda sull'assunto della inapplicabilità della legge 18 gennaio 1992 n. 16 nel territorio della ricorrente.
Basta, al riguardo, ribadire quanto già questa Corte ha affermato nella sentenza n. 407 del 1992, e cioè che le finalità che con la citata legge si sono intese perseguire sono la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica, la tutela della libera determinazione degli organi elettivi, il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche: ciò allo scopo di fronteggiare una situazione di grave emergenza, che coinvolge interessi ed esigenze dell'intera collettività nazionale connessi a valori costituzionali di primario rilievo, con la conseguenza dell'esistenza nella specie dei requisiti che legittimano l'intervento legislativo dello Stato anche quando incida su materie in linea di principio di competenza regionale o provinciale.
3. Passando alle censure più specifiche, in ordine a quella sopra indicata sub a) il ricorso deve essere rigettato.
Nella menzionata sentenza n. 407 del 1992, la Corte ha già rilevato che l'art. 1 1. n. 16 del 1992 ha introdotto un'ampia disciplina in tema di eleggibilità (e in genere di capacità di assumere e mantenere cariche di varia natura nelle regioni, nelle province, nei comuni o in altri organismi di autonomia locale), configurando, in particolare, delle nuove cause di ineleggibilità in relazione al fatto di aver subito condanne (o misure di prevenzione) per determinati delitti di particolare gravita. Si è poi osservato che la normativa in esame — che ha sostituito quasi integralmente quella dell'art. 15 1. 19 marzo 1990 n. 55 — si inserisce nel filone della cosiddetta legislazione antimafia e persegue essenzialmente, come si è ricordato al punto precedente, finalità ed interessi nazionali connessi a valori costituzionali di rilevanza primaria, in quanto strettamente collegati alla difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Ciò posto, deve ritenersi che, con la nota impugnata— nella parte ora in esame —, il Commissario del Governo ha esercitato un proprio potere di impulso e di vigilanza preventiva, che trova piena giustificazione nella menzionata esigenza di tutelare un interesse generale di sicura spettanza statale, qual è, appunto, quello della difesa dell'ordine pubblico.
Ne deriva, in conclusione, che non sussiste, nella fattispecie, alcuna lesione delle specifiche competenze provinciali in materia di vigilanza sulle amministrazioni comunali, competenze che, d'altra parte, restano pienamente integre.
4. Rimane da esaminare la censura relativa alla parte della nota impugnata in cui il Commissario del Governo afferma che il provvedimento da adottare da parte dell'organo comunale sarebbe sottratto al controllo di legittimità della giunta provinciale (cfr. sopra al punto 1, lett. b).
In ordine a tale profilo di censura il Presidente del Consiglio dei Ministri solleva un'eccezione di inammissibilità, per inidoneità dell'atto impugnato ad invadere le competenze provinciali.
L'eccezione va accolta.
Invero, nella parte de qua la nota in esame, come osserva l'Avvocatura dello Stato, non va al di là della mera espressione di un parere fondato sull'interpretazione della normativa regionale che regola la materia: ne consegue che, per tale parte, la nota medesima, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (crf. sentt. nn. 771 e 775 del 1988, 473 del 1992), non é idonea a dar luogo ad un conflitto di attribuzioni.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

a) dichiara che spetta allo Stato, e per esso al Commissario del Governo per la Provincia di Bolzano, invitare, con la nota n. 26372 del 1° ottobre 1992, il Sindaco del Comune di Selva Val Gardena a far adottare dal competente organo, in applicazione della legge 18 gennaio 1992 n. 16, il provvedimento indicato nella nota medesima;
b) dichiara inammissibile, in ogni altra parte, il conflitto di attribuzione sollevato con il ricorso in epigrafe dalla Provincia di Bolzano in ordine alla nota del Commissario del Governo sopra citata.
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