Sentenza del 28 maggio 2003, n. 218; – Pres. Mosna, Est. Rossi Dordi
Il principio giuridico del “tempus regit actum”, secondo cui gli atti e provvedimenti devono essere formati nel rispetto della normativa vigente al momento della loro emanazione, è un principio generale nel campo amministrativo, valido anche nel caso di ritardo nell'emissione del provvedimento. Rimane peraltro ferma la non applicabilità dello jus superveniens qualora, dopo la notifica di una sentenza del Giudice amministrativo di annullamento di un provvedimento di diniego, la Pubblica Amministrazione debba rinnovare il provvedimento stesso in riferimento alla originaria domanda, nel qual caso è applicabile la normativa vigente alla data in cui è stata effettuata la notifica (cfr. Cons. Stato Ad. Plen. 8 gennaio 1986 n. 1).
Il principio del divieto di applicazione analogica di leggi penali e speciali di cui all'art. 14 delle preleggi al codice civile – secondo cui le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e tempi in esse considerati – è valido anche nel campo del diritto amministrativo e non ha alcuna connessione con gli effetti che comporta l'abrogazione di una legge, la quale non può considerarsi un'eccezione ad una regola generale, ma costituisce un fatto che incide sulla vigenza della legge stessa.
Nel procedimento diretto alla concessione di un contributo per la costruzione di un impianto idroelettrico di cui all'art. 8 LP 19 febbraio 1993 n. 4 e s.m., va applicato l'art. 4 co. 4 LP 22 ottobre 1993 n. 17, in virtù del quale, per i casi in cui nessuna norma disponga al riguardo, il termine di conclusione del procedimento è di trenta giorni decorrenti dalla data di messa in mora dell'Amministrazione a mezzo di diffida.
E' manifestamente infondata, in relazione agli artt. 116 e 117 Cost. e agli artt. 4, 5, 8 dello Statuto di autonomia, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 co. 4 LP 22 ottobre 1993 n. 17, là dove è posta a carico della parte interessata l'onere della diffida all'Amministrazione di concludere il procedimento entro il termine di trenta giorni. Invero, la diffida prevista dal legislatore provinciale ha funzione di tipo sollecitatorio, analogamente alla funzione meramente acceleratoria che ha il termine dettato dalla corrispondente norma statale (art. 2 L. n. 241/90), termine che – tranne i soli casi in cui il procedimento deve sfociare in un provvedimento sanzionatorio – assume carattere ordinatorio tutte le volte in cui il decorso del termine di trenta giorni non può comunque determinare la perdita del potere di provvedere da parte dell'Amministrazione, con conseguente legittimità anche del provvedimento tardivamente adottato.
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 23 LP 29 agosto 2000 n. 13 (che modifica l'art. 8 LP 19 febbraio 1993 n. 4), per contrasto con gli artt. 4, 5, 6, 8, 9 dello Statuto di autonomia, non avendo pretesamene la Provincia di Bolzano competenza legislativa specifica, ma solo indiretta e riflessa, nel settore della contribuzione per impianti idroelettrici. La Corte Costituzionale, invece, con sentenze n. 483/1991 e n. 244/1992, ha avuto modo di affermare chiaramente la competenza della Provincia autonoma di Bolzano a regolamentare, in via del tutto autonoma, il settore della contribuzione in materia energetica.
E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della LP 29 agosto 2000 n. 13 per disparità di trattamento, in quanto tale normativa avrebbe eliminato solo il contributo per gli impianti idroelettrici mentre avrebbe confermato tutti gli altri interventi previsti negli altri settori. Per contro, il legislatore provinciale ha eliminato detto contributo in base alle risultanze scientifiche trascritte nel Piano energetico provinciale (approvato con delibera GP 29 aprile 1996 n. 1837) per cui non si può parlare né di disparità di trattamento né di irragionevolezza. E' pienamente giustificata, infatti, sul piano normativo, la differenziazione del trattamento degli impianti elettrici prettamente commerciali da quello riservato agli altri interventi, che, essendo utili anche alla collettività, sono ritenuti meritevoli di incentivazione pubblica (come ad es. gli impianti per l'utilizzo di fonti rinnovabili o alternative, finalizzati al risparmio energetico).