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Delibera della Giunta provinciale
Parere
Corte costituzionale
Tribunale amministrativo regionale
Circolare
Accordo di Parigi
Costituzione della Repubblica italiana
Statuto di autonomia e norme di attuazione
Legge statale o legge costituzionale
Decreto del Presidente della Provincia / della Giunta provinciale
Legge provinciale
Contratto collettivo
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In vigore al: 07/09/2016
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Sentenze della Corte costituzionale
1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 109 del 26.03.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 109 del 26.03.1993
Concessione di agevolazioni alle imprese condotte da donne o a prevalente partecipazione femminile
Attendere, processo in corso!
Sentenza (24 marzo) 26 marzo 1993, n. 109; Pres. Borzellino - Red. Baldassarre
Ritenuto in fatto:
1. Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Provincia autonoma di Trento ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti di numerose disposizioni della legge 25 febbraio 1992 n. 215 (Azioni positive per l'imprenditoria femminile), deducendo: a) la violazione della competenza esclusiva in materia di artigianato, di comunicazioni e trasporti di interesse provinciale, di turismo e industria alberghiera, di agricoltura e foreste e di formazione professionale, ad essa costituzionalmente attribuita dall'art. 8, nn. 9, 18, 20, 21 e 29 dello Statuto speciale per il Trentino Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670) e dalle relative norme di attuazione; b) la violazione della competenza concorrente in materia di commercio, di esercizi pubblici e di incremento della produzione industriale, ad essa attribuita dall'art. 9, nn. 3, 7 e 8 del medesimo Statuto e dalle relative norme di attuazione; c) la lesione delle potestà amministrative sulle medesime materie, attribuite alla Provincia, ai sensi dell'art. 16 del citato Statuto.
La legge impugnata prevede interventi finanziari dello Stato finalizzati a favorire la promozione delle pari opportunità per uomini e donne nell'attività economica e imprenditoriale. Destinatari di tali interventi sono, da un lato, le società cooperative e le società di persone o di capitali con determinate caratteristiche nella composizione del capitale sociale e degli organi di amministrazione e le imprese individuali gestite da donne che operano « nei settori dell'industria, dell'artigianato, dell'agricoltura, del commercio, del turismo e dei servizi » (art. 2, comma 1, lett. a) e, dall'altro, le imprese, i consorzi, le associazioni, gli enti, le società di promozione, i centri di formazione o gli ordini professionali che « promuovono corsi di formazione imprenditoriale o servizi di consulenza e di assistenza tecnica e manageriale » (art. 2, comma 1, lett. b). Gli interventi previsti consistono, per le imprese individuali o societarie, in contributi in conto capitale fino al cinquanta per cento delle spese « per impianti e attrezzature sostenute per l'avvio o per l'acquisto di attività commerciali e turistiche o di attività nel settore dell'industria, dell'artigianato, del commercio e dei servizi » e « per i progetti aziendali connessi all'introduzione di qualificazione e di innovazione di prodotto, tecnologica ed organizzativa » (art. 4, comma 1, lett. a); ovvero in contributi in conto capitale fino al trenta per cento delle spese sostenute « per l'acquisizione di servizi destinati all'aumento della produttività, all'innovazione organizzativa, al trasferimento delle tecnologie, alla ricerca di nuovi mercati per il collocamento dei prodotti, all'acquisizione di nuove tecniche di produzione, di gestione e di commercializzazione, nonché per lo sviluppo di sistemi di qualità » (art. 4, comma 1, lett. b). Un contributo per un ammontare pari al cinquanta per cento delle spese sostenute dai soggetti di cui all'art. 2, comma 1, lett. b), è poi previsto dall'art. 4, comma 3.
Ai sensi dell'art. 8, ai destinatari della legge possono essere concessi dagli istituti di credito, agli stessi fini, finanziamenti agevolati di importo fino a trecento milioni e per cinque anni, con abbattimento del tasso di interesse al cinquanta per cento del tasso di riferimento in vigore per il settore di appartenenza dell'impresa.
Quanto al procedimento di erogazione e di finanziamento delle agevolazioni, viene innanzitutto istituito un « Fondo nazionale per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile », con apposito capitolo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'industria e con dotazione di dieci miliardi annui per il triennio 1992 1994. A carico di tale Fondo sono posti, non solo i contributi in conto capitale, ma anche le agevolazioni sugli interessi, determinate nella misura del dieci per cento del Fondo, del quale è previsto il conferimento al Mediocredito centrale. L'art. 6 demanda, poi, a un decreto del Ministro dell'industria, di concerto con quello del tesoro, la determinazione dei criteri e delle modalità per la presentazione delle domande e per la concessione delle agevolazioni, stabilendo, comunque, che le agevolazioni stesse sono concesse con decreto del Ministro dell'industria, di concerto con i ministri competenti per i settori cui appartengono i soggetti beneficiari (comma 2).
A giudizio della ricorrente, questa disciplina sarebbe illegittima, in quanto, in materie di sicura competenza provinciale, prevede interventi affidati esclusivamente allo Stato, senza il minimo coinvolgimento, neanche formale, delle regioni e delle province autonome. La Provincia osserva, infatti, che, anche secondo la giurisprudenza di questa Corte, interventi statali in materia di competenza provinciale sono ammissibili solo se sorretti da un interesse nazionale ovvero se rispondenti ad esigenze straordinarie riconducibili a situazioni di particolare emergenza (v., in particolare, sent. n. 116 del 1991). D'altra parte, anche ad ammettere la priorità dell'obiettivo del sostegno dell'imprenditoria femminile, ben altre avrebbero dovuto essere, secondo la ricorrente, le forme dell'intervento statale (statuizioni di principio e di indirizzo; previsioni di finanziamenti a destinazione vincolata).
Per quanto riguarda, poi, la previsione di interventi statali a sostegno delle imprese industriali, sussisterebbe, ad avviso della ricorrente, un'ulteriore ragione di illegittimità, consistente nella violazione dell'art. 15 dello Statuto. Quest'ultimo dispone, infatti, che siano assegnate alle province autonome, sentite le stesse, quote degli stanziamenti annuali iscritti nel bilancio dello Stato per l'attuazione di leggi statali che prevedono interventi finanziari per l'incremento della produzione industriale e che le somme così assegnate siano utilizzate d'intesa tra lo Stato e le province stesse. La legge impugnata, al contrario, non prevede alcuna assegnazione in favore delle province autonome, ne un loro coinvolgimento nella utilizzazione delle somme destinate alla promozione dell'imprenditoria femminile. Una simile disciplina, del resto, non potrebbe neanche essere giustificata in base alla clausola contenuta nello stesso art. 15 dello Statuto, il quale fa salva la diversa regolamentazione contenuta nelle norme generali sulla programmazione economica, dal momento che le disposizioni impugnate certamente non hanno carattere di norme programmatiche.
Illegittimo sarebbe, infine, sempre secondo la ricorrente, l'art. 12 della legge impugnata, il quale dispone che le regioni e le province autonome, in accordo con le associazioni di categoria e attraverso convenzioni con enti pubblici e privati che abbiano caratteristiche di affidabilità e di consolidata esperienza in materia e che siano presenti sull'intero territorio nazionale, provvedono all'attuazione di programmi che siano diretti alla diffusione di informazioni mirate, nonché alla realizzazione di servizi di consulenza e di assistenza tecnica, di progettazione organizzativa e di supporto alle attività agevolate dalla legge stessa. A tale fine le regioni e le province autonome possono ottenere contributi dal Fondo di cui all'art. 3 in misura non superiore al trenta per cento della spesa prevista. Ove questa disciplina dovesse essere interpretata nel senso che impone alle regioni e alle province autonome un vero e proprio obbligo di attuare i programmi previsti, risulterebbero lesi, ad avviso della ricorrente, l'autonomia organizzativa della Provincia di Trento e il principio di cui all'art. 81, comma 4, Cost., il quale richiede che le leggi statali, ove impongano nuovi oneri finanziari alle regioni o alle province autonome, debbono anche fornire i mezzi per far fronte a tali oneri.
2. Con un distinto ricorso, la Regione Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale nei confronti delle stesse disposizioni della legge n. 215 del 1992 (ad eccezione di quelle concernenti le agevolazioni per le imprese industriali), deducendo la violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost., nonché, limitatamente all'art. 12, dell'art. 81, comma 4, Cost., anche in riferimento all'art. 109 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, all'art. 27 1. 5 agosto 1978 n. 468 e all'art. 3, comma 6, 1. 14 giugno 1990 n. 158.
Le ragioni addotte dalla Regione Lombardia coincidono, fatte salve le differenze inerenti ai parametri, con quelle esposte dalla Provincia autonoma di Trento.
3. Si è costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
L'Avvocatura generale dello Stato osserva, innanzitutto, che la legge impugnata, al pari della precedente legge 10 aprile 1991 n. 125, è attuativa del precetto di cui all'art. 3, comma 2, Cost., in quanto è diretta a rimuovere le condizioni di fatto limitative dell'eguaglianza, promuovendo l'instaurazione di condizioni di parità non solo formale fra uomini e donne. La stessa legge, inoltre, sarebbe attuativa anche del precetto di cui all'art. 41, comma 1, Cost., che vuole l'iniziativa economica « libera » anche da condizionamenti di fatto. Ma
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se questi sono i fini della legge, risulta evidente, ad avviso dell'Avvocatura, come gli stessi non possano essere perseguiti altro che dallo Stato, dovendosi assicurare uniformità di trattamento su tutto il territorio nazionale attraverso strumenti di gestione necessariamente centralizzata per realizzare un equo riparto delle risorse.
Quanto al merito delle singole censure, l'Avvocatura dello Stato rileva che, per essere accordabili ratione subiecti
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le agevolazioni in favore delle imprese nulla tolgono e nulla aggiungono all'assetto normativo dei vari settori di attività nei quali verosimilmente si verificherà solo un aumento quantitativo, con una diversa composizione soggettiva, degli operatori. In altri termini, secondo l'Avvocatura dello Stato, proprio perché dall'ambito di operatività della legge non è escluso alcun settore di attività e proprio perché la finalità della legge è precipuamente quella di indurre un mutamento nella struttura delle imprese e nella loro conduzione, deve escludersi la dedotta violazione delle competenze provinciali e regionali, le quali non possono ritenersi incise da un intervento suppletivo e complementare operante, piuttosto, sul piano dei diritti della personalità. In particolare, ciò vale per le competenze in materia di formazione professionale, le quali non sono affatto disciplinate dalla legge impugnata.
Quanto alle censure rivolte all'art. 12, l'Avvocatura dello Stato contesta l'interpretazione proposta dalle ricorrenti, secondo la quale regioni e province autonome sarebbero obbligate ad assumere le iniziative di supporto ivi descritte. Si tratterebbe, al contrario, di interventi meramente facoltativi, nei confronti dei quali non avrebbero conseguentemente ragion d'essere i dubbi di legittimità costituzionale formulati con riferimento all'art. 81, comma 4, Cost.
Né, ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, possono ritenersi fondate le censure sotto il profilo della lesione dell'autonomia organizzativa. Premesso, infatti, che il vincolo nella scelta dei soggetti con i quali stipulare convenzioni che abbiano il requisito della presenza nell'intero territorio regionale (e non nazionale, come affermato dalle ricorrenti) riguarderebbe le sole regioni a statuto ordinario, la difesa dello Stato ritiene che tale previsione sia giustificata dallo scopo di assicurare un'uniforme copertura dell'attività di supporto, in maniera che la promozione dell'imprenditoria femminile ne resti ugualmente coadiuvata sul territorio di ciascuna regione.
4. In prossimità dell'udienza, le ricorrenti hanno presentato memorie con le quali insistono per l'accoglimento delle sollevate questioni di legittimità costituzionale.
Replicando alle deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, le ricorrenti osservano che il perseguimento di finalità di eguaglianza sostanziale non è di per sé ragione sufficiente per giustificare deroghe al riparto costituzionale delle competenze tra Stato e regioni (o province autonome). In realtà, il legislatore statale potrebbe legittimamente intervenire nelle materie assegnate alle regioni (o alle province autonome) ai fini perseguiti dalla legge impugnata soltanto dettando principi fondamentali o norme fondamentali di riforma economico-sociale ovvero erogando finanziamenti a destinazione vincolata. Del resto, poiché l'art. 3, comma 2, Cost. assegna tale compito alla Repubblica, deve ritenersi che quest'ultimo debba essere svolto dallo Stato, dalle regioni o dalle province autonome nell'ambito delle rispettive competenze, individuate in base a criteri oggettivi, non in base a criteri teleologici.
Le ricorrenti contestano, quindi, l'assunto della difesa dello Stato in base al quale la legge impugnata nulla aggiungerebbe all'assetto normativo dei vari settori di attività, osservando che, al contrario, gli strumenti individuati dalla legge impugnata (incentivazioni finanziarie di investimenti aziendali o di acquisto di servizi da parte delle imprese; finanziamenti di corsi di formazione imprenditoriale) sono di per sé oggettivamente attinenti all'ambito della disciplina dei singoli settori interessati. In ogni caso, proseguono le ricorrenti, quand'anche si volesse ritenere non preclusa allo Stato la disciplina specifica e di immediata applicazione degli interventi previsti dalla legge impugnata, dovrebbe ritenersi ingiustificata l'attribuzione agli organi ministeriali centrali dell'attività amministrativa di erogazione dei finanziamenti. Nessuna finalità di eguaglianza sostanziale, infatti, potrebbe giustificare l'avocazione allo Stato delle competenze amministrative di spesa in materie rientranti tra le attribuzioni regionali o provinciali.
Quanto all'art. 12, le ricorrenti prendono atto delle deduzioni dell'Avvocatura dello Stato, secondo le quali le iniziative regionali o provinciali ivi previste sarebbero facoltative e non obbligatorie. La Regione Lombardia, in particolare, osserva, in ogni caso, che anche l'accertata facoltatività delle convenzioni non farebbe venir meno la dedotta lesione della propria autonomia organizzativa, dal momento che le attività previste dall'art. 12 vanno comunque realizzate nell'ambito regionale mediante strumenti organizzativi disciplinati dalla legge statale e attraverso soggetti aventi le caratteristiche individuate dalla stessa legge.
Considerato in diritto:
1. Le questioni di legittimità costituzionale sottoposte al giudizio di questa Corte, le quali investono varie disposizioni contenute nella legge 25 febbraio 1992 n. 215 (Azioni positive per l'imprenditoria femminile), sono state sollevate da due distinti ricorsi regolarmene notificati e depositati dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Lombardia.
Con il primo dei menzionati ricorsi la Provincia ricorrente contesta la legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 6 e 8 1. n. 215 del 1992, ritenendo che le disposizioni ivi contenute si pongano in contrasto con:
a) le competenze di tipo esclusivo attribuite alla stessa Provincia dall'art. 8, nn. 9 (artigianato), 18 (comunicazioni e trasporti d'interesse provinciale), 20 (turismo e industria alberghiera), 21 (agricoltura e foreste) e 29 (addestramento e formazione professionale) dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670) e relative norme di attuazione;
b) le competenze di tipo concorrente assicurate alla Provincia medesima dall'art. 9, nn. 3 (commercio), 7 (esercizi pubblici) e 8 (incremento della produzione industriale) del citato Statuto speciale e relative norme di attuazione;
c) le competenze di natura amministrativa attribuite alla ricorrente sulle materie indicate nelle lettere precedenti in virtù dell'art. 16 del ricordato Statuto speciale;
d) la speciale attribuzione assegnata alla Provincia dall'art. 15 del citato Statuto speciale in ordine alle quote degli stanziamenti annuali iscritti nel bilancio dello Stato per l'attuazione di leggi statali che prevedono interventi finanziari a favore dell'incremento delle attività industriali.
Con il medesimo ricorso, la Provincia autonoma di Trento contesta altresì la legittimità costituzionale dell'art. 12 1. n. 215 del 1992, deducendone il contrasto con la propria autonomia organizzativa e con il principio posto dall'art. 81, comma 4, Cost., in base al quale ogni legge che comporti nuove spese deve contestualmente prevedere i mezzi finanziari per farvi fronte.
Con il secondo ricorso la Regione Lombardia ha contestato la legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 6 e 8 1. n. 215 del 1992, deducendo la violazione degli artt. 117 e 118 (competenze legislative e amministrative in materia di turismo e industria alberghiera, trasporti d'interesse regionale, istruzione artigiana e professionale, agricoltura e foreste, artigianato) e dell'art. 119 (autonomia finanziaria). Anche la Regione Lombardia contesta la legittimità costituzionale dell'art. 12, deducendo la violazione della propria autonomia organizzativa e dell'art. 81, comma 4, Cost., in connessione con l'art. 109 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, l'art. 27 1. 5 agosto 1978 n. 468 e l'art. 3, comma 6, 1. 14 giugno 1990 n. 158.
Poiché i predetti ricorsi prospettano questioni di legittimità costituzionale identiche o connesse, i relativi giudizi vanno decisi con un'unica sentenza.
2. Una prima censura riguarda gli artt. 2, 4 e 8 1. n. 215 del 1992, i quali determinano, rispettivamente, i soggetti che possono accedere ai benefici disposti dalla predetta legge (art. 2) e le agevolazioni previste al fine di incentivare la promozione di nuove imprenditorialità femminili e di permettere l'acquisizione di servizi reali da parte dei soggetti precedentemente indicati (artt. 4 e 8). Ad avviso delle ricorrenti, le disposizioni contenute nei predetti articoli sembrano contrastare con le norme costituzionali ricordate nel precedente punto della motivazione, dal momento che individuerebbero le agevolazioni finanziarie e i relativi possibili beneficiari in relazione ad attività economiche e imprenditoriali svolgentisi in ambiti (agricoltura, turismo, etc.) affidati alle competenze delle province autonome e delle regioni.
Le questioni non sono fondate.
Al fine di decidere i dubbi di costituzionalità sollevati nei confronti degli artt. 2, 4 e 8 della legge impugnata, occorre prima precisare in cosa consistono le « azioni positive » a favore delle donne nel campo imprenditoriale.
2.1. Ai sensi dell'art. 1, secondo comma, della legge n. 215 del 1992, le disposizioni contenute nell'atto contestato perseguono le seguenti finalità:
a) favorire la creazione e lo sviluppo dell'imprenditoria femminile, anche in forma cooperativa;
b) promuovere la formazione imprenditoriale e qualificare la professionalità delle donne imprenditrici;
c) agevolare l'accesso al credito per le imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile;
d) favorire la qualificazione imprenditoriale e la gestione delle imprese familiari da parte delle donne;
e) promuovere la presenza delle imprese a conduzione o a prevalente partecipazione femminile nei comparti più innovativi dei diversi settori produttivi.
In vista della realizzazione di tali fini, l'impugnato art. 2 individua, quali soggetti che possono accedere ai benefici indicati in altre disposizioni della stessa legge, le società cooperative e di persone costituite in misura non inferiore al sessanta per cento da donne, le società di capitali le cui quote di partecipazione appartengano in misura non inferiore ai due terzi a donne e i cui organi di amministrazione siano costituiti per almeno i due terzi da donne, le imprese individuali gestite da donne operanti nei settori dell'industria, dell'artigianato, dell'agricoltura, del commercio, del turismo e dei servizi (lettera a). Lo stesso articolo, alla lettera b), aggiunge che ai medesimi benefici possono accedere le imprese o i loro consorzi, le associazioni, gli enti, le società di promozione imprenditoriale, anche a capitale misto pubblico e privato, i centri di formazione imprenditoriale o eroganti servizi di consulenza e di assistenza tecnica e manageriale riservati, per una quota non inferiore al settanta per cento, a donne.
In relazione alle distinte categorie di soggetti indicati nelle due lettere dell'art. 2, l'art. 4 determina, poi, le agevolazioni di cui quei soggetti possono beneficiare. Le società e le imprese indicati nella lettera a), sempreché siano costituite dopo l'entrata in vigore della legge n. 215 del 1992, possono usufruire di contributi in conto capitale fino al cinquanta per cento delle spese per impianti e attrezzature sostenute per l'avvio dell'impresa ovvero per l'acquisto di attività commerciali e turistiche o di attività nel settore dell'industria, dell'artigianato, del commercio o dei servizi, nonché per i progetti aziendali connessi all'introduzione di qualificazione e di innovazione attinenti ai prodotti, alle tecnologie o all'organizzazione. Inoltre, gli stessi soggetti ora considerati possono beneficiare di contributi fino al trenta per cento delle spese sostenute per l'acquisizione di servizi destinati all'aumento della produttività, all'innovazione organizzativa, al trasferimento delle tecnologie, alla ricerca di nuovi mercati per il collocamento dei prodotti, all'acquisizione di nuove tecniche di produzione, di gestione e di commercializzazione, nonché per lo sviluppo di sistemi di qualità.
I soggetti indicati nell'art. 2, lettera b), possono usufruire, a norma dell'art. 4, comma 3, di contributi fino al cinquanta per cento delle spese sostenute per le attività descritte dallo stesso art. 2.
Infine, l'art. 8 dispone che ai soggetti indicati nell'art. 2, lettera a), possono essere concessi finanziamenti agevolati, di importo non superiore a trecento milioni e di durata non superiore a cinque anni, ad un tasso di interesse pari al cinquanta per cento del tasso di riferimento in vigore per il settore cui appartiene l'impresa beneficiaria.
2.2. Dalla descrizione ora compiuta si desume che le disposizioni impugnate prevedono incentivazioni finanziarie a favore di imprese a prevalente partecipazione femminile ovvero a favore di istituzioni vòlte a promuovere l'imprenditorialità femminile, al chiaro scopo di agevolarne lo sviluppo, con riferimento ai momenti più importanti del ciclo produttivo, nei vari settori merceologici in cui operano. Si tratta, più precisamente, di interventi di carattere positivo diretti a colmare o, comunque, ad attenuare un evidente squilibrio a sfavore delle donne, che, a causa di discriminazioni accumulatesi nel corso della storia passata per il dominio di determinati comportamenti sociali e modelli culturali, ha portato a favorire le persone di sesso maschile nell'occupazione delle posizioni di imprenditore o di dirigente d'azienda.
In altri termini, le finalità perseguite dalle disposizioni impugnate sono svolgimento immediato del dovere fondamentale che l'art. 3, comma 2, Cost. assegna alla Repubblica di « rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese ». Le « azioni positive », infatti, sono il più potente strumento a disposizione del legislatore, che, nel rispetto della libertà e dell'autonomia dei singoli individui, tende a innalzare la soglia di partenza per le singole categorie di persone socialmente svantaggiate fondamentalmente quelle riconducibili ai divieti di discriminazione espressi nel comma 1 dello stesso art. 3 (sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali) al fine di assicurare alle categorie medesime uno statuto effettivo di pari opportunità di inserimento sociale, economico e politico.
Nel caso di specie, le « azioni positive » disciplinate dalle disposizioni impugnate sono dirette a superare il rischio che diversità di carattere naturale o biologico si trasformino arbitrariamente in discriminazioni di destino sociale. A tal fine è prevista, in relazione a un settore di attività caratterizzato da una composizione personale che rivela un manifesto squilibrio a danno dei soggetti di sesso femminile, l'adozione di un trattamento di favore nei confronti di una categoria di persone, le donne, che, sulla base di una non irragionevole valutazione operata dal legislatore, hanno subito in passato discriminazioni di ordine sociale e culturale e, tuttora, sono soggette al pericolo di analoghe discriminazioni.
Trattandosi di misure dirette a trasformare una situazione di effettiva disparità di condizioni in una connotata da una sostanziale parità di opportunità, le « azioni positive » comportano l'adozione di discipline giuridiche differenziate a favore delle categorie sociali svantaggiate, anche in deroga al generale principio di formale parità di trattamento, stabilito nell'art. 3, comma 1, Cost. Ma tali differenziazioni, proprio perché presuppongono l'esistenza storica di discriminazioni attinenti al ruolo sociale di determinate categorie di persone e proprio perché sono dirette a superare discriminazioni afferenti a condizioni personali (sesso) in ragione della garanzia effettiva del valore costituzionale primario della « pari dignità sociale », esigono che la loro attuazione non possa subire difformità o deroghe in relazione alle diverse aree geografiche e politiche del Paese. Infatti, se ne fosse messa in pericolo l'applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale, il rischio che le « azioni positive » si trasformino in fattori (aggiuntivi) di disparità di trattamento, non più giustificate dall'imperativo costituzionale di riequilibrare posizioni di svantaggio sociale legate alla condizione personale dell'essere donna, sarebbe di tutta evidenza.
Ciò non toglie che nel programma di « azioni positive » previsto, in conformità alla precisa indicazione costituzionale che ne affida il compito alla « Repubblica », siano coinvolti anche soggetti pubblici diversi dallo Stato (regioni e province autonome). Ma un coinvolgimento del genere, come la Corte non ha mai mancato di affermare (v., da ultimo, sent. n. 281 del 1992), è costituzionalmente possibile soltanto all'interno di un quadro diretto a garantire un'effettiva coerenza di obiettivi e di comportamenti.
2.3. Sulla base delle suesposte motivazioni vanno rigettati i dubbi di legittimità costituzionale sollevati dalle ricorrenti nei confronti degli artt. 2, 4 e 8 1. n. 215 del 1992.
Analogamente a quanto si riscontra nella più recente legislazione sociale (sulla quale questa Corte si è già pronunziata: v. sentt. nn. 75, 202, 281 e 406 del 1992), le disposizioni impugnate pongono una disciplina positivamente differenziata in dipendenza di fattori direttamente attinenti a qualità soggettive delle categorie di persone considerate, e non già in ragione delle attività da esse svolte. Questo carattere della disciplina impugnata testimonia la portata generale della stessa, nel senso che contiene misure concernenti le imprese condotte da donne o a prevalente partecipazione femminile, senza riguardo ai particolari settori materiali nei quali queste operano. Tali settori, infatti, sono presi in considerazione dal legislatore unicamente al fine di specificare la natura imprenditoriale delle attività e non già a quello di privilegiare taluni settori materiali e di riservare ad essi soltanto il superamento delle discriminazioni che si intendono eliminare.
Quanto affermato non porta ad escludere che l'attuazione delle « azioni positive » a favore dell'imprenditoria femminile possa in concreto interferire con le politiche di incentivazione che le regioni o le province autonome promuovono nei settori materiali affidati alle loro competenze. Tale incidenza indiretta, secondo il costante orientamento di questa Corte (v., da ultimo, sentt. nn. 281, 366 e 406 del 1992), non può tuttavia costituire motivo di illegittimità costituzionale, ma esige, piuttosto, la previsione di adeguati strumenti di cooperazione fra lo Stato e le regioni (o le province autonome).
3. Le considerazioni appena svolte conducono all'accoglimento parziale delle questioni di legittimità costituzionale che le ricorrenti hanno sollevato nei confronti dell'art. 6 1. n. 215 del 1992.
Tale articolo, al comma 1, demanda a un decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del tesoro, la determinazione dei criteri e delle modalità per la presentazione delle domande e per la concessione delle agevolazioni previste dal già ricordato art. 4. Per questo aspetto le censure mosse dalle ricorrenti vanno rigettate, dal momento che l'attribuzione allo Stato del potere di stabilire programmi di « azioni positive » riguardo all'imprenditoria femminile fa consequenzialmente cadere la pretesa lesività dell'intervento di un decreto ministeriale diretto a fissare i criteri e le modalità per l'attuazione di quei programmi legislativi.
Al contrario, vanno parzialmente accolte le censure che le stesse ricorrenti muovono al comma 2 dell'art. 6, per il quale le agevolazioni sono concesse con decreto del Ministro dell'industria, di concerto con i Ministri competenti per i settori cui appartengono i soggetti beneficiari, ma senza alcuno strumento di cooperazione con le regioni o le province autonome, le cui materie di propria competenza siano interessate dal suddetto decreto.
Le censure delle ricorrenti vanno accolte su quest'ultimo punto, poiché l'esercizio del potere statale di concedere agevolazioni alle imprese a prevalente partecipazione femminile o condotte da donne, giustificato dalla necessità di assicurare condizioni di uniformità su tutto il territorio nazionale in ordine all'attuazione di un valore costituzionale primario, come la realizzazione dell'eguaglianza effettiva delle donne e degli uomini nel campo dell'imprenditoria, produce indubbie interferenze sullo svolgimento delle competenze regionali (o provinciali), allorché le agevolazioni da concedere riguardino imprese operanti in settori materiali sottoposti alla disciplina dei poteri regionali (o provinciali) medesimi. In relazione a tali interferenze, il principio costituzionale di leale cooperazione esige che la decisione statale di concessione delle predette agevolazioni sia preceduta da forme di raccordo con le regioni (o le province autonome) nel cui ambito di competenza ricadono le attività delle imprese destinatarie dei benefici previsti dalla legge n. 215 del 1992. Tale esigenza di cooperazione, che peraltro la disposizione impugnata soddisfa unicamente nei rapporti con gli altri ministeri (mediante il « concerto »), si impone tanto più nei rapporti con le regioni e le province autonome, dal momento che l'art. 12 della legge impugnata prevede che queste ultime concorrano attraverso la predisposizione di propri programmi di « azioni positive » coerenti con quelli nazionali al raggiungimento degli obiettivi di eguaglianza sostanziale perseguiti dalla legge stessa.
Per le ragioni ora esposte, quando la concessione delle agevolazioni da parte del Ministro dell'industria interferisce con competenze attribuite alle regioni a statuto ordinario e alle province autonome, il relativo potere non può essere esercitato senza che sia previsto un adeguato strumento di collaborazione tra Stato e regioni (o province autonome).
4. Non fondate sono le questioni di legittimità costituzionale sollevate da entrambe le ricorrenti nei confronti dell'art. 12 1. n. 215 del 1992.
Nel prevedere che le regioni e le province autonome, in vista di finalità coerenti con la stessa legge, attuino, in accordo con le associazioni di categoria, programmi che prevedano la diffusione di informazioni mirate, nonché la realizzazione di servizi di consulenza e di assistenza tecnica, di progettazione organizzativa, di supporto alle attività agevolate dalla legge medesima, l'art. 12 violerebbe l'autonomia organizzativa garantita alle regioni e alle province autonome là dove stabilisce, secondo la prospettazione delle ricorrenti, la necessità dell'accordo con le associazioni di categoria. La stessa sfera di competenze sarebbe violata, sempre secondo le ricorrenti, anche dal comma 2 dello stesso articolo, che prevede, per la realizzazione dei predetti programmi, la stipulazione di convenzioni con enti pubblici e privati, presenti nel territorio, aventi esperienza in materia. Infine, anche il comma 3 dell'art. 12 sarebbe costituzionalmente illegittimo, in quanto violerebbe l'art. 81, comma 4, della Costituzione, per aver limitato la possibilità per le regioni e le province autonome di attingere al Fondo nazionale ad un ammontare non superiore al trenta per cento della spesa prevista, di modo che sarebbero stabiliti oneri finanziari sprovvisti di adeguati mezzi di copertura.
Le censure ora considerate muovono tutte dal presupposto erroneo che le regioni e le province autonome siano obbligate a predisporre i programmi indicati nell'art. 12, con il conseguente vincolo a stipulare le convenzioni e gli accordi previsti e a finanziare le suddette attività, per il settanta per cento, con risorse proprie. In realtà, sia se interpretato nella sua stretta letteralità, sia se collocato in una visione sistematica dell'intera legge, l'art. 12 porta a configurare la predisposizione e la realizzazione dei programmi di « azioni positive » come una facoltà delle regioni e delle province autonome. Sotto il profilo letterale, occorre considerare che l'articolo in esame mira a predisporre un quadro di coordinamento fra le iniziative a favore dell'imprenditoria femminile poste in essere dallo Stato e quelle concorrenti autonomamente decise dalle regioni e dalle province autonome. L'art. 12, sotto quest'ultimo aspetto, si limita a prevedere la necessità della coerenza dei programmi liberamente determinati dalle regioni (e dalle province autonome) con le finalità d'interesse generale perseguite dalla legge n. 215 del 1992 e a stabilire, anche in relazione al contributo finanziario statale del trenta per cento della spesa prevista per i suddetti programmi, la via preferenziale dell'accordo con le associazioni di categoria (per la predisposizione dei programmi medesimi) e quella della convenzione con enti pubblici e privati aventi particolare esperienza in materia (per la realizzazione dei programmi stessi). Si tratta, com'è evidente, di vincoli e di disposizioni che non possono in alcun modo esser considerati lesivi dell'autonomia costituzionale spettante alle ricorrenti.
5. Deve, infine, dichiararsi la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Lombardia nei confronti dell'art. 3 1. n. 215 del 1992, il quale prevede l'istituzione presso il Ministero dell'industria del Fondo nazionale per lo sviluppo dell'imprenditoria femminile. Infatti, poiché per le ragioni precedentemente illustrate la materia regolata dalla legge in questione sfugge alle competenze regionali o provinciali, vengono conseguentemente a cadere le censure delle ricorrenti in ordine a una presunta violazione della autonomia ad esse assicurata dalle disposizioni statutarie e costituzionali ricordate al punto 1 della presente motivazione.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
- dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, comma 2,1. 25 febbraio 1992 n. 215 (Azioni positive per l'imprenditoria femminile), nella parte in cui non prevede un meccanismo di cooperazione tra lo Stato, le regioni e le province autonome in relazione all'esercizio del potere del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianale concernente la concessione delle agevolazioni alle imprese condotte da donne o a prevalente partecipazione femminile allorché queste ultime operino nell'ambito dei settori materiali affidati alle competenze delle regioni e delle province autonome;
- dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, 3, 4, 6, comma 1, e 8 1. 25 febbraio 1992 n. 215, sollevate, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Trento, in riferimento agli artt. 8, nn. 9, 18, 20, 21 e 29; 9, nn. 3, 7 e 8; 15 e 16, d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e relative norme di attuazione, e dalla Regione Lombardia, in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 Cost.;
- dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 1. 25 febbraio 1992 n. 215, sollevata, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Trento, per violazione della propria autonomia organizzativa e dell'art. 81, comma
4,
Cost., e dalla Regione Lombardia, per violazione della propria autonomia organizzativa e dell'art. 81, comma
4
,
Cost., in connessione con l'art. 109 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, l'art. 27 l. 5 agosto 1978 n. 468 e l'art. 3, comma 6, 1. 14 giugno 1990 n. 158.
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Norme costituzionali
1) ACCORDO DI PARIGI
2) Costituzione della Repubblica Italiana
3) Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670
3) Legge 11 marzo 1972, n. 118
4) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 20 gennaio 1973, n. 48
5) Decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 1973, n. 115
6) Decreto del Presidente della Repubblica 1° febbraio 1973, n. 49
7) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° febbraio 1973, n. 50
8) Decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1973, n. 686
9) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° novembre 1973, n. 687
10) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° novembre 1973, n. 689
11) Decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre 1973, n. 690
12) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 1° novembre 1973, n. 691 —
13) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 marzo 1974, n. 278
14) Decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 279
15) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 marzo 1974, n. 280 —
16) Decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381
17) Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 469
18) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 marzo 1975, n. 470
19) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 marzo 1975, n. 471 —
20) Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 472
21) Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 473
22) Decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 1975, n. 474
23) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 28 marzo 1975, n. 475 —
24) Decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1976, n. 752
25) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 marzo 1977, n. 234
26) Decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1977, n. 235
27) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 19 ottobre 1977, n. 846
28) Decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58
29) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 31 luglio 1978, n. 570
30) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 31 luglio 1978, n. 571
31) Decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1978, n. 1017
32) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 26 gennaio 1980, n. 197 —
33) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 marzo 1981, n. 215
34) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 marzo 1981, n. 217
35) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 24 marzo 1981, n. 228
36) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 29 aprile 1982, n. 327 —
37) Decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 1983, n. 89
38) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 21 marzo 1983
39) Decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 1984, n. 426
40) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 19 novembre 1987, n. 511
41) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 19 novembre 1987, n. 521
42) Decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526
43) Decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 527
44) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 15 luglio 1988, n. 301 —
45) Decreto del Presidente della Repubblica15 luglio 1988, n. 305
46) Decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574
47) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 15 luglio 1988, n. 575
48) Legge 30 novembre 1989, n. 386
49) Decreto legislativo 13 settembre 1991, n. 310
50) Decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 265
51) Decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266
52) DECRETO LEGISLATIVO 16 marzo 1992, n. 267 —
53) Decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268
54) Decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 133
56) DECRETO LEGISLATIVO 21 settembre 1995, n. 429
57) Decreto legislativo 24 luglio 1996, n. 434
58) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 22 novembre 1996
59) DECRETO LEGISLATIVO 9 settembre 1997, n. 354
60) DECRETO LEGISLATIVO 21 dicembre 1998, n. 495 —
61) DECRETO LEGISLATIVO 11 novembre 1999, n. 463
63) LEGGE COSTITUZIONALE 31 gennaio 2001, n. 2
64) Decreto legislativo 1° marzo 2001, n. 113
65) Decreto legislativo 16 maggio 2001, n. 260
66) Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 280
67) Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
68) DECRETO LEGISLATIVO 11 giugno 2002, n. 139
69) Decreto legislativo 15 aprile 2003, n. 118
70) DECRETO LEGISLATIVO 23 maggio 2005, n. 99
71) Decreto legislativo 6 giugno 2005, n. 120
72) DECRETO LEGISLATIVO 13 giugno 2005, n. 124
73) DECRETO LEGISLATIVO 12 aprile 2006, n. 168
74) Decreto legislativo 25 luglio 2006, n. 245
75) Decreto legislativo 21 maggio 2007, n. 83
76) Legge 23 dicembre 2009 , n. 191
77) Decreto legislativo 19 novembre 2010 , n. 252
78) Decreto legislativo 21 gennaio 2011 , n. 11
79) Decreto legislativo 19 maggio 2011 , n. 92
80) Decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 166
81) Decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 172
82) Decreto legislativo 13 settembre 2012, n. 170
83) Decreto legislativo 5 marzo 2013, n. 28
84) Legge 23 dicembre 2014, n. 190
85) Decreto legislativo 29 aprile 2015, n. 75
86) Decreto legislativo 29 aprile 2015, n. 76
87) Decreto legislativo 13 gennaio 2016, n. 14
88) Decreto legislativo 4 novembre 2015, n. 186
89) Decreto legislativo 3 marzo 2016, n. 43
90) Decreto legislativo 3 marzo 2016, n. 46
Normativa provinciale
I Alpinismo
II Lavoro
III Miniere
IV Comuni e comunità comprensoriali
V Formazione professionale
A Ordinamento della formazione professionale
B Formazione nel settore sanitario
a) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 21 settembre 1978, n. 17
b) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 22 dicembre 1978, n. 28
c) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 4 settembre 1979, n. 36
d) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 16 marzo 1981, n. 8
e) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 20 ottobre 1986, n. 21
f) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 23 ottobre 1986, n. 22
g) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 9 marzo 1989, n. 5
h) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 17 giugno 1992, n. 22
i) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 4 marzo 1993, n. 8
j) Legge provinciale 26 ottobre 1993, n. 18
k) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 4 dicembre 1996, n. 47
l) Decreto del Presidente della Giunta provinciale 7 luglio 1999, n. 37
m) Legge provinciale 15 novembre 2002, n. 14
n) Decreto del Presidente della Provincia 20 ottobre 2003, n. 46
o) Decreto del Presidente della Provincia 7 gennaio 2008, n. 4 —
C Corsi di diploma nel settore sociale
D Riconoscimento delle qualifiche professionali
E Provvidenze per la formazione professionale
VI Difesa del suolo - opere idrauliche
A
B
C
a) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 28 ottobre 1994, n. 49
D
E
VII Energia
VIII Finanze
IX Turismo e industria alberghiera
X Assistenza e beneficenza
XI Esercizi pubblici
XII Usi civici
XIII Ordinamento forestale
XIV Igiene e sanità
A Servizio sanitario
a) LEGGE PROVINCIALE 23 agosto 1973, n. 28
b) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 5 dicembre 1975, n. 55
c) LEGGE PROVINCIALE 25 giugno 1976, n. 25 —
d) LEGGE PROVINCIALE 17 gennaio 1977, n. 1
e) LEGGE PROVINCIALE 3 settembre 1979, n. 12
f) Legge provinciale 2 gennaio 1981, n. 1
g) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 14 luglio 1981, n. 25
h) Legge provinciale 12 gennaio 1983, n. 3
i) Legge provinciale 21 giugno 1983, n. 18
j) LEGGE PROVINCIALE 28 giugno 1983, n. 19
k) LEGGE PROVINCIALE 18 agosto 1983, n. 30
l) LEGGE PROVINCIALE 17 aprile 1986, n. 15
m) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 20 ottobre 1986, n. 20
n) Legge provinciale 17 agosto 1987, n. 21
o) LEGGE PROVINCIALE 12 maggio 1988, n. 19
p) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 21 novembre 1988, n. 34
q) Legge provinciale 22 novembre 1988, n. 51
r) LEGGE PROVINCIALE 10 aprile 1991, n. 8
Articolo unico
s) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 13 aprile 1992, n. 16
t) DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 13 aprile 1992, n. 17
u) LEGGE PROVINCIALE 29 luglio 1992, n. 30 —
v) LEGGE PROVINCIALE 10 novembre 1993, n. 22
w) LEGGE PROVINCIALE 19 dicembre 1994, n. 13
x) Legge provinciale 2 maggio 1995, n. 10
y) LEGGE PROVINCIALE 13 novembre 1995, n. 22 —
z) Legge provinciale 9 giugno 1998, n. 5
z) DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 19 luglio 1982, n. 4289
a') DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA PROVINCIALE 10 agosto 1999, n. 48
b') Legge provinciale 4 gennaio 2000, n. 1
c') Legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7
d') DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 16 agosto 2001, n. 48
e') Legge provinciale 5 novembre 2001, n. 14
f') Decreto del Presidente della Provincia 11 ottobre 2002, n. 40
g') LEGGE PROVINCIALE 2 ottobre 2006, n. 9
h') DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA 18 gennaio 2007, n. 11 —
i') Decreto del Presidente della Provincia 30 marzo 2011 , n. 14
j') Decreto del Presidente della Provincia 18 giugno 2013, n. 16
k') Decreto del Presidente della Provincia 24 ottobre 2013, n. 30
l') Decreto del Presidente della Provincia 30 ottobre 2013, n. 34
m') Decreto del Presidente della Provincia 18 novembre 2013, n. 37
n') Legge provinciale 19 giugno 2014, n. 4
o') Decreto del Presidente della Provincia 25 luglio 2014, n. 26
p') Legge provinciale 19 maggio 2015, n. 5
B Medicina preventiva-assistenza sanitaria
C Igiene
D Piano sanitario provinciale
E Salute mentale
F Accordi di lavoro
G - Emergenza sanitaria – COVID-19
XV Utilizzazione acque pubbliche
XVI Commercio
XVII Artigianato
XVIII Libro fondiario e catasto
XIX Caccia e pesca
XX Protezione antincendi e civile
XXI Scuole materne
XXII Cultura
XXIII Uffici provinciali e personale
XXIV Tutela del paesaggio e dell' ambiente
XXV Agricoltura
XXVI Apprendistato
XXVII Fiere e mercati
XXVIII Lavori pubblici, servizi e forniture
A Finanziamento di opere pubbliche
a) LEGGE PROVINCIALE 29 agosto 1972, n. 28
b) LEGGE PROVINCIALE 24 novembre 1973, n. 78
c) Legge provinciale 11 giugno 1975, n. 27
d) LEGGE PROVINCIALE 20 maggio 1976, n. 12
e) LEGGE PROVINCIALE 16 maggio 1978, n. 21
f) LEGGE PROVINCIALE 8 giugno 1978, n. 27
g) LEGGE PROVINCIALE 12 giugno 1980, n. 18
h) LEGGE PROVINCIALE 7 agosto 1986, n. 24 —
i) LEGGE PROVINCIALE 23 aprile 1987, n. 10 —
j) LEGGE PROVINCIALE 4 novembre 1987, n. 28
B Espropriazioni per causa pubblica utilità
C Disposizioni procedurali
XXIX Spettacoli pubblici
XXX Territorio e paesaggio
XXXI Contabilità
A
a) LEGGE PROVINCIALE 17 febbraio 1966, n. 3
a) Legge provinciale 24 maggio 1976, n. 17
Art. 1 (Affidamento del servizio di tesoreria)
Art. 2 (Condizioni e modalità esecutive per lo svolgimento del servizio di tesoreria)
Art. 3 (Conto del tesoriere)
Art. 4 (Norma transitoria)
Art. 5
B
C
D
E
F
XXXII Sport e tempo libero
XXXIII Viabilità
XXXIV Trasporti
XXXV Istruzione
XXXVI Patrimonio
XXXVII Attività economiche
XXXVIII Edilizia abitativa agevolata
XXXIX Leggi di contenuto vario (Omnibus)
Delibere della Giunta provinciale
Sentenze della Corte costituzionale
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1995
1994
1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 6 del 19.01.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 109 del 26.03.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 206 del 29.04.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 215 del 05.05.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 218 del 05.05.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 228 del 07.05.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 260 del 01.06.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 316 del 15.07.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 357 del 28.07.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 438 del 14.12.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 496 del 31.12.1993
Corte costituzionale - Sentenza N. 497 del 31.12.1993
1992
1991
1990
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1988
1987
1986
1985
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1983
1982
Sentenze T.A.R.
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2007
2006
2005
2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 5 del 15.01.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 6 vom 15.01.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 11 del 16.01.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 19 vom 21.01.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 20 vom 21.01.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 27 vom 23.01.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 30 del 23.01.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 34 del 26.01.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 45 del 10.02.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 70 vom 23.02.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 87 del 02.03.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 90 vom 02.03.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 111 del 08.03.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 145 del 17.03.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 152 vom 23.03.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 166 del 29.03.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 169 del 30.03.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 175 del 30.03.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 178 del 31.03.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 179 del 31.03.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 180 del 31.03.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 194 del 07.04.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 195 del 07.04.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 199 del 08.04.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 203 del 14.04.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 204 del 14.04.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 208 del 16.04.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 212 del 21.04.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 216 del 23.04.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 221 del 26.04.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 242 del 05.05.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 263 vom 13.05.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 267 vom 17.05.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 293 del 10.06.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 297 del 15.06.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 308 del 25.06.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 309 del 28.06.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 317 del 30.06.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 332 vom 05.07.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 334 del 05.07.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 336 del 06.07.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 338 del 08.07.2004
Verwaltungsgericht Bozen - Urteil Nr. 346 vom 12.07.2004
T.A.R. di Bolzano - Sentenza N. 351 del 20.07.2004
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