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In vigore al: 12/09/2015

Corte costituzionale - sentenza del 26 marzo 2014, n. 72
Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito nella legge 30 luglio 2010, n. 122 – previsione di limiti puntuali a specifiche voci di spesa – applicabilità alla Provincia di Bolzano in quanto principi di coordinamento della finanza pubblica

Sentenza 26 marzo 2014 (2 aprile 2014), n. 72; Pres. Silvestri; Red. Cassese

 

Ritenuto in fatto 1.– Con ricorso notificato il 28 settembre 2010, depositato in cancelleria il 5 ottobre 2010 e iscritto al registro ricorsi n. 99 del 2010, la Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato i commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 19, 20, primo periodo, e 21, secondo periodo, dell’art. 6 (rubricato «Riduzione dei costi degli apparati amministrativi») del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, per violazione del Titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dell’art. 16 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), dell’art. 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), nonché degli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione.

1.1.– L’art. 6 del d. l. n. 78 del 2010 (d’ora in avanti, «art. 6»), nelle parti censurate dalla Provincia autonoma ricorrente, detta la seguente disciplina.

Il comma 3 prevede, a partire dal 1° gennaio 2011, una riduzione automatica pari al 10 per cento delle indennità e dei compensi corrisposti ai componenti di organi collegiali comunque denominati e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo. Inoltre, «[s]ino al 31 dicembre 2013, gli emolumenti di cui al presente comma non possono superare gli importi risultanti alla data del 30 aprile 2010, come ridotti ai sensi del presente comma». La norma riguarda tutte le pubbliche amministrazioni, incluse le autorità indipendenti; non si applica, sotto il profilo oggettivo, al trattamento retributivo di servizio, e, sotto il profilo soggettivo, ai commissari straordinari del Governo e agli altri commissari straordinari, comunque denominati.

Il comma 5 impone a tutti gli enti e organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, l’adozione di modifiche statutarie che prevedano un limite, rispettivamente, di cinque e tre componenti per gli organi interni. Le amministrazioni vigilanti sono chiamate ad applicare il medesimo vincolo con riferimento a tutti gli enti e organismi pubblici vigilati, attraverso l’adeguamento della relativa disciplina di organizzazione. La mancata attuazione determina responsabilità erariale e la nullità degli atti adottati dagli organi interessati.

Il comma 6 riduce del 10 per cento il compenso dei componenti degli organi di amministrazione e di quelli di controllo nelle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, nonché nelle società a totale partecipazione pubblica, ad esclusione delle società quotate e delle loro controllate.

Il comma 7 stabilisce che, a decorrere dall’anno 2011, la spesa annua per studi e incarichi di consulenza sostenuta da tutte le pubbliche amministrazioni – escluse le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati – non può essere superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009. L’affidamento di incarichi in assenza dei presupposti menzionati costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale. La previsione non si applica alle attività sanitarie connesse con il reclutamento, l’avanzamento e l’impiego del personale delle Forze armate e di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Il comma 8 prevede che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche non possono effettuare spese per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza, per un ammontare superiore al 20 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009. Inoltre, la norma dispone che, a decorrere dal 1° luglio 2010, l’organizzazione di convegni, cerimonie e altri eventi similari da parte delle amministrazioni dello Stato e delle agenzie, nonché da parte degli enti e delle strutture da esse vigilati, è subordinata alla preventiva autorizzazione del Ministro competente. Gli eventi autorizzati si devono svolgere al di fuori dall’orario di ufficio e il personale che vi partecipa non ha diritto a percepire compensi o indennità.

Il comma 9 stabilisce che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per sponsorizzazioni.

In base al comma 11, le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione si conformano al principio di riduzione di spesa desumibile dai commi 7, 8 e 9 dell’art. 6 e che «In sede di rinnovo dei contratti di servizio, i relativi corrispettivi sono ridotti in applicazione della disposizione di cui al primo periodo del presente comma. I soggetti che esercitano i poteri dell’azionista garantiscono che, all’atto dell’approvazione del bilancio, sia comunque distribuito, ove possibile, un dividendo corrispondente al relativo risparmio di spesa. In ogni caso l’inerenza della spesa effettuata per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, nonché per sponsorizzazioni, è attestata con apposita relazione sottoposta al controllo del collegio sindacale».

Il comma 12 prevede che, dal 2011, le amministrazioni pubbliche non possano effettuare spese per missioni, anche all’estero, per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009 e che «[g]li atti e i contratti posti in essere in violazione della disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale». Inoltre, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, non sono più dovute le diarie per le missioni all’estero, ad esclusione delle missioni internazionali di pace e di quelle comunque effettuate dalle Forze armate e di polizia e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Le misure e i limiti concernenti il rimborso delle spese di vitto e alloggio per il personale inviato all’estero sono determinate con decreto del Ministero degli affari esteri di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze. Infine, l’ultimo periodo prevede che «[a] decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e 8 della legge 26 luglio 1978, n. 417 e relative disposizioni di attuazione, non si applicano al personale contrattualizzato di cui al d.lgs. n. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi».

Il comma 13 introduce, a decorrere dall’anno 2011, un limite di spesa non superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009 per le attività esclusivamente di formazione svolte dalle amministrazioni pubbliche. Gli atti e i contratti posti in essere in violazione di tale disposizione costituiscono illecito disciplinare e determinano responsabilità erariale. La disposizione non si applica all’attività di formazione effettuata dalle Forze armate e di polizia e dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco tramite i propri organismi di formazione.

Il comma 14 dispone che, dal 2011, le amministrazioni pubbliche non possano effettuare spese di ammontare superiore all’80 per cento della spesa sostenuta nel 2009 per l’acquisto, la manutenzione, il noleggio e l’esercizio di autovetture, nonché per l’acquisto di buoni taxi. Tale limite può essere derogato, per il solo anno 2011, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere. La disposizione non si applica alle autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Il comma 19 pone a carico delle amministrazioni pubbliche il divieto di effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari o aperture di credito, e il divieto di rilasciare garanzie a favore delle società partecipate non quotate qualora esse abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali. Sono ammissibili deroghe giustificate dall’esigenza di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, a fronte di gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico e la sanità. Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti alle medesime società sopra indicate quando siano previsti da convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse o alla realizzazione di investimenti.

Il primo periodo del comma 20 riporta che «Le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica».

Il secondo periodo del comma 21, infine, stabilisce che «La disposizione di cui al primo periodo non si applica agli enti territoriali e agli enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale». Il primo periodo, a cui fa riferimento la norma impugnata, dispone che le riduzioni di spesa previste all’art. 6, escluse quelle di cui al primo periodo del comma 6 dello stesso articolo, sono versate annualmente dagli enti e dalle amministrazioni dotati di autonomia finanziaria in apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.

1.2.– La Provincia autonoma di Bolzano ritiene, in primo luogo, che i commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14 e 19 dell’art. 6 costituiscano norme dettagliate e puntuali in materia di «coordinamento della finanza pubblica», con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nonché ledano l’autonomia finanziaria della Provincia autonoma, garantita dal Titolo VI dello statuto speciale e dall’art. 119 Cost.

In secondo luogo, il comma 20, primo periodo, dell’art. 6, in combinato disposto con i commi 3, 7, 8, 9, 12, 13, 14 e 19 dello stesso articolo, lederebbe l’autonomia finanziaria della Provincia autonoma, garantita dal Titolo VI dello statuto speciale e dall’art. 119 Cost., in quanto la qualificazione delle previsioni dell’art. 6 come «disposizioni di principio», operata dal comma 20, non consentirebbe di «attribuire alle norme una natura diversa da quella da esse propria, quale risultante dalla loro oggettiva sostanza» (sentenze n. 207 del 2010, n. 447 del 2006, n. 482 del 1995), e, d’altra parte, il carattere estremamente dettagliato e puntuale di tali previsioni precluderebbe qualsiasi possibilità di autonomo adeguamento da parte degli enti provinciali e regionali, con conseguente violazione anche dell’art. 117, terzo comma, Cost.

In terzo luogo, il comma 20, primo periodo, dell’art. 6, in combinato disposto con i commi 5, 6 e 11 dello stesso articolo, si porrebbe in contrasto con l’art. 119 Cost. e il Titolo VI dello statuto speciale, nonché con l’art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992, secondo cui «[s]petta alla regione e alle province emanare norme in materia di bilanci, di rendiconti, di amministrazione del patrimonio e di contratti della regione e delle province medesime e degli enti da esse dipendenti», perché non escluderebbe dall’ambito di applicazione delle disposizioni impugnate gli enti locali, gli organismi strumentali (specie quelli del Servizio sanitario provinciale) e le società pubbliche facenti capo all’ordinamento provinciale, che, conseguentemente, sarebbero destinatari diretti delle norme di contenimento della spesa impugnate.

Infine, il comma 21, secondo periodo, dell’art. 6 lederebbe l’autonomia finanziaria provinciale (Titolo VI dello statuto e art. 119 Cost.), nonché l’art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs n. 266 del 1992, che definirebbe uno specifico sistema di adeguamento ai principi dettati da atti legislativi dello Stato, in quanto non escluderebbe «dall’obbligo di riservare allo Stato le somme provenienti dalle riduzioni di spesa conseguite ai sensi dell’articolo 6 anche gli enti ed organismi strumentali e le società pubbliche che fanno capo all’ordinamento provinciale e che […] sono soggette alle funzioni di coordinamento e controllo della ricorrente».

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio, eccependo, in via preliminare, la tardività del ricorso, in quanto le disposizioni del decreto-legge impugnate, non essendo state modificate in sede di conversione, sarebbero state immediatamente lesive.

Nel merito, la difesa dello Stato chiede il rigetto di tutte le censure sollevate dalla Provincia autonoma di Bolzano. Le norme impugnate non lederebbero l’autonomia finanziaria della Provincia giacché, intese come disposizioni di principio, si limiterebbero a definire «la riduzione complessiva (tetto) della spesa generale provinciale». Tale principio, inoltre, varrebbe anche per gli enti locali e quelli del sistema sanitario nazionale, nonché per le società pubbliche. Non potrebbe, perciò, configurarsi nessuna «violazione dello Statuto e delle Norme di attuazione ( d.lgs. n. 266/1992) perché proprio il comma 20 è il presupposto per l’applicazione dell’art. 2 di dette Norme, rimanendo demandato alla Regione l’adeguamento ai principi posti dall’art. 6, anche per quanto riguarda gli E.L. le società e le Camere di commercio della Regione».

3.– In data 3 maggio 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria, in cui insiste per il rigetto delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, ribadendo che l’art. 6 è una norma «del tutto idonea a salvaguardare i profili di autonomia costituzionalmente garantiti alle Regioni, in quanto queste potranno adottare specifiche misure di recepimento del dettato normativo adattando le misure stesse alle proprie peculiarità» e che il medesimo obbligo di adattamento vale per tutte le autonomie speciali.

4.– Con memoria depositata il 17 maggio 2011, la Provincia autonoma di Bolzano ribadisce che le disposizioni impugnate non possono essere considerate “di principio” in quanto impongono riduzioni automatiche che escluderebbero «ogni spazio di autodeterminazione in capo al legislatore provinciale, violando, nel contempo, il riparto di competenze sancito dalla Costituzione (art. 117, terzo comma) ed il regime di autonomia finanziaria delineato dall’art. 119 Cost. e dal Titolo VI dello Statuto». Per le stesse ragioni, anche rispetto agli enti locali e strumentali non residuerebbe in capo alla Provincia autonoma, chiamata ad adottare disposizioni di adeguamento alla normativa statale, alcun margine di autonomia. Il legislatore statale avrebbe, dunque, violato l’art. 79 dello statuto, essendosi «sostituito alla Provincia nel determinare il concorso degli enti e società predette al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e nell’individuare gli obblighi relativi al patto di stabilità interno».

5.– A seguito dell’accoglimento dell’istanza di rinvio, depositata dalla Provincia autonoma di Bolzano nella cancelleria della Corte in data 25 maggio 2011, e della fissazione di una nuova data di udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri, con una nuova memoria depositata il 17 ottobre 2011, ribadisce la legittimità delle disposizioni impugnate, sostenendo che la norma dettata dal comma 20, primo periodo, dell’art. 6 «è chiaramente volta ad affermare, con disposizioni di principio, l’esigenza di una consistente riduzione complessiva della spesa generale regionale e provinciale, nella misura pari alle riduzioni percentuali applicate, nei commi precedenti, alle singole spese statali (10%, 20%, 50% per categorie). Le Regioni, così, sono chiamate ciascuna ad assicurare una complessiva riduzione di spesa corrispondente a quella che si otterrebbe riducendo anch’esse i vari emolumenti indicati nei commi precedenti». Le norme censurate, pertanto, conterrebbero, in sostanza, una «determinazione indiretta di un tetto di spesa complessivo per ogni regione, parametrato all’anno preso a riferimento (2010 o 2009), che viene a costituire quel principio di coordinamento della finanza pubblica, evocato dal comma 20».

6.– Con memoria depositata il 28 ottobre 2011, la Provincia autonoma di Bolzano ha reiterato le proprie censure, asserendo che, ai fini del concorso provinciale agli obiettivi di finanza pubblica, occorrerebbe «l’individuazione concordata con il Ministro dell’economia e delle finanze degli obblighi relativi al patto di stabilità interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascuno periodo» e che, per contro, le riduzioni automatiche previste dall’art. 6 escludono in radice l’autodeterminazione del legislatore provinciale.

7.– In data 7 novembre 2011, la Provincia autonoma di Bolzano e il Presidente del Consiglio dei ministri hanno presentato una istanza congiunta di rinvio della discussione del ricorso, in attesa della formalizzazione dell’accordo raggiunto tra le parti.

8.– In data 17 aprile 2012, entrambe le parti hanno depositato ulteriori memorie. In particolare, la Provincia autonoma di Bolzano ha riaffermato l’illegittimità delle norme impugnate, asserendo che «riduzioni automatiche in percentuale, divieti o tetti di spesa […] vanno ben oltre i confini delle esigenze di coordinamento della finanza pubblica, escludendo in radice l’autodeterminazione del legislatore provinciale».

9.– A seguito del primo rinvio dell’udienza pubblica del 7-8 giugno 2011, la Corte ha disposto, su istanza congiunta della Provincia autonoma di Bolzano e del Presidente del Consiglio dei ministri, un secondo rinvio dell’udienza pubblica dal 22-23 novembre 2011 all’8 maggio 2012, a cui sono seguiti, su ulteriore istanza congiunta del 3 maggio 2012, un terzo rinvio e, su richiesta di trattazione della Provincia autonoma di Bolzano per mancato raggiungimento dell’accordo, la fissazione all’udienza in data 11 marzo 2014.

10.– In data 28 gennaio 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria, con cui aggiunge che la sentenza n. 182 del 2012 ha, nel frattempo, dichiarato la natura di principio di «coordinamento della finanza pubblica» dell’art. 6, applicabile quindi anche alle Province autonome (sentenza n. 139 del 2012).

11.– Con memoria depositata il 17 febbraio 2014, la Provincia autonoma di Bolzano, richiamando le modifiche che hanno interessato le norme impugnate nelle more della decisione del presente giudizio, rileva che le stesse non inciderebbero sull’oggetto delle questioni di legittimità costituzionale oggetto del ricorso, reiterando dunque le medesime censure ed evidenziando come le norme statali introdurrebbero «in via “unilaterale” misure e strumenti per il conseguimento del generale obiettivo del contenimento della spesa pubblica».

Considerato in diritto 1.– La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso notificato il 28 settembre 2010, depositato in cancelleria il 5 ottobre 2010 e iscritto al n. 99 del registro ricorsi 2010, ha impugnato i commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 19, 20, primo periodo, e 21, secondo periodo, dell’art. 6 (rubricato «Riduzione dei costi degli apparati amministrativi») del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, per violazione del Titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dell’art. 16 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), dell’art. 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), nonché degli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione.

I commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14 e 19 dell’art. 6 del d. l. n. 78 del 2010 (d’ora in avanti, «art. 6») prevedono l’applicazione di alcune misure di coordinamento della finanza pubblica alle Province autonome. Il comma 20, primo periodo, dell’art. 6 qualifica tali misure «disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica», mentre il successivo comma 21, secondo periodo, esonera gli enti territoriali e gli enti, di competenza regionale o delle Province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale, dal versamento delle somme provenienti dalle riduzioni di spesa operate con il medesimo art. 6 ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato.

2.– La trattazione delle questioni di legittimità costituzionale relative alle suddette disposizioni viene qui separata da quella delle altre questioni, promosse con il medesimo ricorso, che riguardano altri articoli del d. l. n. 78 del 2010 e che devono essere riservate ad altre pronunce.

3.– Successivamente al ricorso, alcune delle disposizioni impugnate sono state oggetto di modifiche.

3.1.– In particolare, l’art. 29, comma 15, della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario), ha inserito nel comma 12 dell’art. 6, dopo le parole «compiti ispettivi», le seguenti: «e a quella effettuata dalle università e dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell’Unione europea ovvero di soggetti privati».

L’art. 9, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42), ha introdotto un terzo periodo nel comma 20 dell’art. 6, stabilendo che «[a]i fini ed agli effetti di cui al periodo precedente, si considerano adempienti le Regioni a statuto ordinario che hanno registrato un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità interno e che hanno rispettato il patto di stabilità interno». Inoltre, l’art. 35, comma 1-bis, del decreto- legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98, ha aggiunto un ulteriore periodo: «[i]l rispetto del parametro è considerato al fine della definizione, da parte della regione, della puntuale applicazione della disposizione recata in termini di principio dal comma 28 dell’articolo 9 del presente decreto».

L’art. 2, comma 40, del decreto- legge 29 dicembre 2010, n. 225 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha aggiunto nella parte finale del comma 21 dell’art. 6 le seguenti parole: «nonché alle associazioni di cui all’articolo 270 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».

Infine, l’art. 1, comma 10, del decreto- legge 30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 27 febbraio 2014, n. 15, ha sostituito nel comma 3 dell’art. 6, le parole «[s]ino al 31 dicembre 2013» con «[s]ino al 31 dicembre 2014».

3.2.– Tale ius superveniens, pur modificando le suddette disposizioni, lascia inalterata la sostanza delle norme censurate dalla Provincia autonoma di Bolzano. Le modifiche medio tempore intervenute, perciò, non hanno carattere satisfattivo e non incidono sull’oggetto delle questioni di legittimità costituzionale del presente giudizio. Non può, dunque, essere dichiarata la cessazione della materia del contendere.

4.– In via preliminare, la Corte osserva che i giudizi avverso il d. l. n. 78 del 2010 sono stati promossi dalla Provincia autonoma di Bolzano sulla base di una delibera adottata in via d’urgenza dalla Giunta, ai sensi dell’art. 44, numero 5), dello statuto speciale. In tali casi, gli atti di ratifica dei rispettivi Consigli devono intervenire ed essere prodotti in giudizio non oltre il termine di costituzione della parte ricorrente (sentenza n. 142 del 2012).

Nel caso di specie non rileva la tempestività di siffatta ratifica e del relativo deposito in quanto questa Corte ha più volte ribadito che per i ricorsi promossi prima della citata sentenza sussistono gli estremi dell’errore scusabile già riconosciuto in ipotesi del tutto analoghe da questa Corte, in ragione del fatto che tale profilo di inammissibilità a lungo non è stato rilevato, sì da ingenerare affidamento nelle parti in ordine ad una interpretazione loro favorevole (sentenze n. 219 del 2013, n. 203, n. 202, n. 178 e n. 142 del 2012).

Il ricorso è perciò sotto tale aspetto ammissibile.

5.– Ancora in via preliminare, va esaminata l’eccezione sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri per asserita tardività del ricorso.

La difesa dello Stato eccepisce che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare, entro il termine di decadenza di cui all’art. 127 Cost., il d. l. n. 78 del 2010 e non la relativa legge di conversione n. 122 del 2010, perché le disposizioni censurate, che non hanno subito modifiche in sede di conversione del decreto-legge, sarebbero state immediatamente lesive.

L’eccezione non è fondata.

Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, la Regione che ritenga violate le proprie competenze da norme contenute in un decreto-legge «può riservare l’impugnazione a dopo l’entrata in vigore» della relativa legge di conversione, perché «soltanto a partire da tale momento il quadro normativo assume un connotato di stabilità e l’iniziativa d’investire la Corte non rischia di essere vanificata dall’eventualità di una mancata conversione» (da ultimo, sentenza n. 139 del 2012).

6.– Nel merito, le censure prospettate dalla Provincia autonoma di Bolzano possono essere suddivise in due gruppi di questioni: il primo riguarda i commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 19 e 20, primo periodo, dell’art. 6; il secondo concerne il comma 20, primo periodo, e il comma 21, secondo periodo, del medesimo articolo.

6.1.– Ad avviso della ricorrente, i commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14, 19 e il comma 20, primo periodo, in combinato disposto con i commi 3, 7, 8, 9, 12, 13, 14 e 19 dell’art. 6 violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di «coordinamento della finanza pubblica», e l’art. 119 Cost. e il Titolo VI dello statuto speciale, perché detterebbero limiti puntuali a specifiche voci di spesa.

Le questioni non sono fondate.

Come già affermato da questa Corte, l’art. 6 stabilisce principi di coordinamento della finanza pubblica, in base all’art. 117, terzo comma, Cost. (sentenze n. 221 e n. 36 del 2013, n. 262, n. 217, n. 211 e n. 139 del 2012). Esso non lede l’autonomia finanziaria di Regioni e Province a statuto speciale (art. 119 Cost. e Titolo VI dello statuto del Trentino-Alto Adige). Anche gli enti ad autonomia differenziata, infatti, sono soggetti ai vincoli legislativi derivanti dal rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 139 del 2012).

Non può essere invocato il Titolo VI dello statuto speciale e, in particolare, l’art. 79, come sostituito dall’art. 2, comma 107, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ? legge finanziaria 2010), per sostenere che il limite complessivo fissato dal d. l. n. 78 del 2010 non sarebbe applicabile alla Provincia autonoma di Bolzano. L’art. 79 dello statuto speciale «detta una specifica disciplina riguardante il solo patto di stabilità interno; per le altre disposizioni in materia di coordinamento della finanza pubblica, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome si conformano alle disposizioni legislative statali, legiferando entro i limiti stabiliti dallo Statuto, in particolare agli articoli 4 e 5» (sentenza n. 221 del 2013).

6.2.– La Provincia autonoma di Bolzano censura il comma 20, primo periodo, dell’art. 6, in combinato disposto con i commi 5, 6 e 11 dello stesso articolo, nella parte in cui non esclude dal proprio ambito di applicazione gli enti locali, gli organismi strumentali (ed in particolare modo il Servizio sanitario provinciale) e le società pubbliche, che fanno capo all’ordinamento provinciale in base al vigente assetto statutario. Ad avviso della ricorrente, la mancata esclusione di tali enti dall’ambito di applicazione della norma violerebbe l’art. 119 Cost. e il Titolo VI dello statuto speciale, nonché l’art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992. Analoga censura viene prospettata dalla Provincia autonoma di Bolzano nei confronti del comma 21, secondo periodo, dell’art. 6, il quale violerebbe l’art. 119 Cost., il Titolo VI dello statuto speciale e l’art. 2, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 266 del 1992, in quanto non escluderebbe «dall’obbligo di riservare allo Stato le somme provenienti dalle riduzioni di spesa conseguite ai sensi dell’articolo 6 anche gli enti ed organismi strumentali e le società pubbliche che fanno capo all’ordinamento provinciale e che […] sono soggette alle funzioni di coordinamento e controllo della ricorrente».

In entrambi i casi, quindi, la ricorrente lamenta che l’assenza di una esplicita menzione degli enti e degli organismi strumentali facenti capo all’ordinamento provinciale determinerebbe per questi ultimi sia l’applicazione in via diretta delle misure stabilite dall’art. 6 (comma 20), sia il mancato esonero dal versamento delle somme provenienti dalle riduzioni di spesa operate con il medesimo art. 6 ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato (comma 21).

Le questioni non sono fondate per erroneità del presupposto interpretativo da cui muove la Provincia autonoma di Bolzano.

Come già precisato da questa Corte, il citato comma 20, primo periodo, nella parte in cui menziona le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, va inteso nel senso che le disposizioni dell’art. 6 «non operano in via diretta, ma solo come disposizioni di principio, anche in riferimento agli enti locali e agli altri enti e organismi che fanno capo agli ordinamenti regionali» (sentenza n. 139 del 2012). Le medesime argomentazioni vanno applicate al comma 21, secondo periodo, dell’art. 6, che, con una formula analoga a quella usata nel comma 20, primo periodo, richiama gli «enti territoriali» e gli «enti, di competenza regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano, del Servizio sanitario nazionale».

La non fondatezza delle questioni deriva, dunque, da una errata interpretazione da parte della ricorrente dell’ambito soggettivo di applicazione delle due norme impugnate, che include anche gli altri enti e organismi strumentali che fanno capo all’ordinamento provinciale autonomo.

 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano con il ricorso indicato in epigrafe;

1) dichiara non fondate le questioni relative ai commi 3, 5, 6, 7, 8, 9, 11, 12, 13, 14 e 19 dell’art. 6 del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promosse, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione e del Titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara non fondata la questione relativa al comma 20, primo periodo, dell’art. 6 del d. l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, in combinato disposto con i commi 3, 7, 8, 9, 12, 13, 14 e 19 dello stesso articolo, promossa, per violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. e del Titolo VI dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, con il ricorso indicato in epigrafe;

3) dichiara non fondata la questione relativa al comma 20, primo periodo, dell’art. 6 del d. l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, in combinato disposto con i commi 5, 6 e 11 dello stesso articolo, nella parte in cui non esclude dal proprio ambito di applicazione gli enti locali, gli organismi strumentali (ed in particolare modo il Servizio sanitario provinciale) e le società pubbliche, che fanno capo all’ordinamento provinciale in base al vigente assetto statutario, promossa, per violazione dell’art. 119 Cost., del Titolo VI dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonché dell’art. 16 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), con il ricorso indicato in epigrafe;

4) dichiara non fondata la questione relativa al comma 21, secondo periodo, dell’art. 6 del d. l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, promossa, per violazione dell’art. 119 Cost, del Titolo VI dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e dell’art. 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), con il ricorso indicato in epigrafe.

 

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