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In vigore al: 08/03/2021

Corte costituzionale - Ordinanza N. 411 del 17.12.1997
Uso della lingua tedesca nei procedimenti giudiziari - Divieto di modificare nel corso di ciascun grado del giudizio la lingua processuale inizialmente prescelta

Ordinanza (10 dicembre) 17 dicembre 1997, n. 411; Pres. Granata – Red. Zagrebelsky
 
Ritenuto che con ordinanza del 15 luglio 1996 emessa nel corso di un giudizio civile il giudice istruttore presso il tribunale di Bolzano ha sollevato, in riferimento agli artt. 6 e 24 della Costituzione e all'art. 100 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 1, del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), «nella parte in cui impedisce alla parte di modificare nel corso di ciascun grado del giudizio la lingua processuale inizialmente prescelta, fatti salvi, in caso di modifica, la prosecuzione del giudizio senza interruzioni o ritardi ed il divieto di ottenere a spese d'ufficio la traduzione degli atti precedenti»;
che nel processo principale, scelto inizialmente da entrambe le parti l'uso della lingua tedesca, determinando così l'instaurazione del giudizio monolingue (art. 20, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1988), e dopo che, a seguito della rinuncia al mandato del difensore della parte attrice, il nuovo procuratore da questa nominato ha depositato atti e formulato richieste di verbalizzazione in lingua italiana, a tale variazione si è opposta la parte convenuta, sul rilievo che essa è preclusa dall'art. 20, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1988, il quale stabilisce che, nei giudizi civili, la lingua prescelta da ciascuna parte rimane immutata per l'intero grado del giudizio;
che, ad avviso del rimettente, la disciplina contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1988 - il quale, in attuazione dell'art. 100 dello statuto speciale di autonomia per il Trentino-Alto Adige, riconosce ai cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano il diritto di usare la madrelingua nei rapporti con gli uffici giudiziari, quale espressione del principio fondamentale di tutela delle minoranze linguistiche, posto dall'art. 6 della Costituzione - deve essere considerata insieme al diritto di difesa (art. 24 della Costituzione), inteso anche come difesa tecnica, nel quadro della più ampia libertà di scelta del proprio difensore, secondo quanto affermato nella sentenza n. 16 del 1995 della Corte costituzionale;
che tale ultima garanzia non sarebbe assicurata dalla norma denunciata che, impedendo di mutare la lingua inizialmente prescelta, comprimerebbe ingiustificatamente il diritto di difesa, con riguardo alla possibilità della parte di variare le proprie strategie difensive e di scegliere un difensore appartenente a un gruppo linguistico diverso da quello iniziale, lungo tutto il corso e in ogni fase del giudizio;
che il giudice a quo dubita inoltre della conformità della norma rispetto alla garanzia di utilizzazione della lingua tedesca, riconosciuta ai cittadini appartenenti alla relativa minoranza dall'art. 100 dello statuto speciale di autonomia, giacché, nell'ipotesi che la parte abbia rinunciato a tale possibilità in funzione dell'esigenza di una migliore difesa tecnica, avvalendosi perciò, inizialmente, di un difensore di lingua italiana, è preclusa la possibilità di modificare nel corso del grado la scelta originaria, a favore della lingua-madre tedesca;
che, secondo il rimettente, alla censurata limitazione dovrebbe porsi rimedio per mezzo di una pronuncia di incostituzionalità da cui consegua la facoltà di modificare la lingua prescelta in ogni fase del giudizio, senza che ciò determini l'interruzione dei termini processuali o altri ritardi nello svolgimento del processo e senza il diritto di ottenere la traduzione a spese d'ufficio degli atti anteriormente formati;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo una declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione;
che è altresì intervenuta in giudizio la provincia autonoma di Bolzano, la quale, nell'atto di intervento e in una memoria successivamente depositata, ha concluso nel senso dell'inammissibilità o dell'infondatezza della questione.
Considerato che la disciplina dell'uso della lingua tedesca nei rapporti con gli uffici giudiziari della provincia di Bolzano contenuta nell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1988 è attuativa della speciale protezione costituzionale delle minoranze linguistiche prevista, in generale, nell'art. 6 della Costituzione e, in particolare, nell'art. 100 del decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972;
che il diritto dei cittadini di lingua tedesca di usare la propria madrelingua nei rapporti con gli uffici giudiziari della provincia di Bolzano è pienamente tutelato dalla facoltà loro riconosciuta dalla norma impugnata di presceglierne l'uso;
che, all'evidenza, la pretesa contraria facoltà di variare la scelta iniziale, per abbandonare la propria lingua e passare all'uso di quella italiana, sotto nessun aspetto ha a che vedere con la garanzia della loro identità linguistica;
che l'anzidetta facoltà di mutare la lingua usata nel processo è invece collegata alla garanzia della difesa in giudizio prevista dall'art. 24 della Costituzione, come conseguenza del diritto di libera scelta in ordine alla propria difesa tecnica;
che tuttavia tale facoltà non potrebbe essere riconosciuta illimitatamente, senza che siano stabilite condizioni minime di stabilità in funzione sia dell'esigenza, costituzionalmente rilevante (sentenze n. 288 e n. 10 del 1997; n. 353 del 1996; n. 460 e n. 130 del 1995), del regolare ed efficiente svolgimento del giudizio, sia della protezione della posizione nel processo delle altre parti, le cui determinazioni in ordine alla scelta della lingua potrebbero essere dipese dalla scolta inizialmente operata in proposito dalla parte che intende mutarla;
che, sotto il profilo della necessaria composizione delle anzidette esigenze, non appare certo irragionevole che il legislatore, con la norma impugnata, abbia prescritto la regola dell'immutabilità della scelta della lingua all'interno di ciascun grado del processo civile;
che, infine, la considerazione che precede riguardo all'esistenza di più esigenze da comporre priva di forza anche l'argomento, avanzato dal giudice rimettente, in ordine al caso (che peraltro non è quello verificatosi nel giudizio nel quale la presente questione è stata sollevata) della parte di lingua tedesca che, avendo inizialmente scelto di usare la lingua italiana, pretende poi, nel corso del medesimo grado processuale, di ritornare sulla sua scelta e di optare per la sua madrelingua, poiché l'uso della lingua diversa da questa non gli è stata imposta ma dipende pur sempre da una sua iniziale libera determinazione;
che la questione sollevata deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata sotto ogni profilo e in relazione a ciascun parametro invocato.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 20, comma 1, del d.P.R 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedi menti giudiziari), sollevata, in riferimento agli arti. 6 e 24 della Costituzione e all'art. 100 del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dal giudice istruttore presso il tribunale di Bolzano, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
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