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RICERCA:

In vigore al: 01/01/2018

Corte costituzionale - ordinanza 9 gennaio 2012, n. 4
Patto di stabilità interno - blocco degli stipendi - violazione della procedura prevista dall'art. 79 dello Statuto, richiamando la grave crisi economica - rinuncia al ricorso

Ritenuto che con ricorso notificato il 28 settembre 2010, depositato in cancelleria il 6 ottobre 2010, e iscritto al n. 105 del registro ricorsi dell’anno 2010, la Provincia autonoma di Trento ha promosso, tra l’altro, questioni di legittimità costituzionalità dell’art. 9, commi 1, 2-bis, 3, 4, 28 e 29, del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 30 luglio 2010, n. 122, in riferimento all’art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), agli artt. 8, numero 1, 79 e 80 e al Titolo VI del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), all’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), e all’art. 17 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale);

che, ad avviso della ricorrente, l’art. 9, commi 1 (il quale stabilisce che per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle pubbliche amministrazioni non può superare il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010), 2-bis (il quale dispone che dal 1° gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche non può superare il corrispondente importo dell’anno 2010 ed è, comunque, automaticamente ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio), 3 (il quale stabilisce che nei confronti dei titolari di incarichi di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche non si applicano le disposizioni normative e contrattuali che autorizzano la corresponsione, a loro favore, di una quota dell’importo derivante dall’espletamento di incarichi aggiuntivi) e 4 (che – con disposizione espressamente applicabile ai contratti ed accordi stipulati prima della data di entrata in vigore del decreto-legge – stabilisce che i rinnovi contrattuali del personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni per il biennio 2008-2009 ed i miglioramenti economici del rimanente personale in regime di diritto pubblico per il medesimo biennio non possono determinare aumenti retributivi superiori al 3,2 per cento), del decreto- legge n. 78 del 2010, applicando anche alle Province autonome, agli enti locali e agli altri enti del sistema provinciale misure di contenimento della spesa, violerebbero, in primo luogo, l’art. 79 dello statuto di autonomia speciale, il quale in più punti precisa che le Province, gli enti locali trentini e gli enti pubblici collegati alla Provincia e agli enti locali sono sottratti alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le altre Regioni (la difesa provinciale deduce, in particolare, la lesione del comma 1, che fa riferimento «alle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale», del comma 2, del comma 3, secondo e terzo periodo e del comma 4, primo periodo, del predetto art. 79);

che, in secondo luogo, la ricorrente denuncia la violazione dell’autonomia organizzativa e finanziaria della Provincia e degli enti locali per eccesso dai limiti della potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto l’art. 9, commi 1, 2-bis, 3 e 4, del decreto- legge n. 78 del 2010 pone limiti rigidi a specifiche voci di spesa;

che, in terzo luogo, le predette disposizioni statali contrasterebbero con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, poiché costituiscono norme direttamente applicative in materie di competenza provinciale, quali l’«ordinamento degli uffici provinciali e del personale ad essi addetto» (art. 8, numero 1, dello statuto speciale) e la finanza locale (art. 80 dello statuto speciale, attuato dall’art. 17 del d.lgs. n. 268 del 1992);

che la Provincia autonoma di Trento censura anche l’art. 9, comma 28, del decreto- legge n. 78 del 2010, il quale stabilisce che, a decorrere dall’anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all’art. 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009 e che, per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all’art. 70, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30), non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell’anno 2009;

che, al riguardo, la Provincia autonoma sostiene che il predetto comma 28, nonostante la clausola di salvaguardia contenuta nel suo terzo periodo, applica anche alla ricorrente misure di contenimento della spesa, in violazione dell’art. 79 dello statuto speciale e, in subordine sussisterebbe comunque lesione dell’art. 117, terzo comma, Cost., perché le disposizioni contenute nella norma impugnata non hanno natura di principi fondamentali, non lasciando alcun margine di manovra alla Provincia;

che la difesa provinciale aggiunge che la limitata clausola di salvaguardia di cui al terzo periodo dell’art. 9, comma 28, del decreto- legge n. 78 del 2010 non solo non vale a far salva la legittimità costituzionale della disposizione in relazione alla Provincia, ma è ulteriormente illegittima in quanto, non comprendendo gli enti locali, implica la diretta applicazione a tali enti dei limiti posti dal comma 28 stesso;

che, anche sotto questo profilo, tale norma sarebbe dunque illegittima per violazione dell’art. 79, comma 3, secondo e terzo periodo, del d.P.R. n. 670 del 1972, poiché sono direttamente applicate agli enti provinciali (tranne gli «enti sanitari») ed agli enti locali misure di contenimento della spesa; in secondo luogo (e in subordine), sussisterebbe eccesso dai limiti della potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e finanza locale, in quanto la disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di spesa; in terzo luogo, sarebbe leso l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, poiché l’art. 9, comma 28, del decreto- legge n. 78 del 2010 costituirebbe norma direttamente applicativa in materia di finanza locale, di competenza provinciale ai sensi dell’art. 80, comma 1, dello statuto speciale;

che la Provincia autonoma di Trento aggiunge che sussisterebbe invasione della specifica competenza ad essa assegnata dall’art. 17, comma 3, del d.lgs. n. 268 del 1992, il quale stabilisce che «nel rispetto delle competenze regionali in materia di ordinamento dei Comuni, le Province disciplinano con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all’assunzione di personale, le modalità di ricorso all’indebitamento, nonché le procedure per l’attività contrattuale»;

che la ricorrente impugna anche l’art. 9, comma 29, del decreto- legge n. 78 del 2010, il quale stabilisce che «le società non quotate, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’ISTAT ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche, adeguano le loro politiche assunzionali alle disposizioni previste nel presente articolo»;

che la difesa della Provincia, premesso che la norma da ultimo menzionata si rivolge anche a società pubbliche dell’ordinamento provinciale e introduce limiti finanziari diretti al sistema amministrativo provinciale e limiti indiretti all’autonomia finanziaria della Provincia e degli enti locali provinciali, sostiene che essa sarebbe illegittima: per violazione dell’art. 79 del d.P.R. n. 670 del 1972, poiché comporta la diretta applicazione di misure di contenimento della spesa alla Provincia ed agli enti provinciali; per lesione dell’autonomia organizzativa e finanziaria della Provincia e degli enti locali; per eccesso dai limiti della potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica e finanza locale, in quanto la disposizione pone un limite rigido ad una voce specifica di spesa; per contrasto con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, trattandosi di norma direttamente applicativa in materie di competenza provinciale, quali l’organizzazione provinciale e la finanza locale;

che nel giudizio di legittimità costituzionale si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;

che, preliminarmente la difesa dello Stato eccepisce la tardività del ricorso proposto contro norme già contenute nel decreto- legge n. 78 del 2010, non modificate in sede di conversione e, quindi, in ipotesi immediatamente lesive;

che, nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri afferma che il predetto decreto-legge è stato adottato nel pieno di una grave crisi economica internazionale, al fine di assicurare la stabilità finanziaria del Paese nella sua interezza e le disposizioni in esso contenute, pertanto, devono essere esaminate nel loro complesso, poiché ognuna sorregge le altre al fine di raggiungere le finalità di stabilizzazione e di rilancio economico ed esse trovano fondamento nei principi fondamentali della solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.), dell’uguaglianza economica e sociale (art. 3, secondo comma, Cost.), dell’unitarietà della Repubblica (art. 5 Cost.) e della responsabilità internazionale dello Stato (art. 10 Cost.), nonché in quelli correlati del concorso di tutti alle spese pubbliche (art. 53 Cost.), della pari dignità (art. 114 Cost.), del fondo perequativo (art. 119 Cost.), della tutela dell’unità giuridica ed economica (art. 120 Cost.) e degli altri doveri espressi dagli articoli da 41 a 47, 52 e 54 della Costituzione;

che l’Avvocatura generale dello Stato sostiene che erroneamente la ricorrente ha affermato che, per essa, l’unico modo per concorrere alla tutela del patto di stabilità sarebbe la stipulazione dell’accordo previsto dall’art. 79, comma 3, dello statuto speciale, disposizione che invece si riferisce alle misure amministrative da adottare per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, non a quelle legislative, regolate dal successivo comma 4 dello stesso art. 79;

che la difesa dello Stato aggiunge che la modifica dell’art. 79 del d.P.R. n. 670 del 1972 introdotta dalla legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), afferisce principalmente all’attuazione del federalismo fiscale, sulla base di quanto stabilito dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), concernente il concorso degli enti ad autonomia speciale al perseguimento degli obiettivi di perequazione e solidarietà, mentre le misure di contenimento della spesa pubblica previste dal decreto- legge n. 78 del 2010 sono rivolte a fronteggiare la contingente situazione di crisi economico-finanziaria e l’esclusione della loro applicabilità agli enti ad autonomia speciale pregiudicherebbe il conseguimento degli obiettivi del predetto decreto-legge;

che, inoltre, ad avviso del resistente, in situazioni di straordinaria necessità ed urgenza, potrebbe derogarsi anche alle procedure statutarie in ragione dell’esigenza di salvaguardare la salus rei publicae e in applicazione dei principi costituzionali fondamentali della solidarietà economica e sociale, dell’unità della Repubblica e della responsabilità internazionale dello Stato;

che il Presidente del Consiglio dei ministri afferma che le disposizioni contenute nell’art. 9 del decreto- legge n. 78 del 2010 concernono la spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni, vale a dire uno degli aggregati di spesa più consistenti e di rilevanza strategica ai fini dell’attuazione del piano di stabilità interno, con conseguente sottrazione di tali disposizioni da ogni censura di interesse regionale, anche perché si tratta di norme non permanenti, ma transitorie;

che, infine, l’Avvocatura generale dello Stato ricorda che, con la sentenza n. 151 del 2010, questa Corte ha stabilito che la disciplina del rapporto di pubblico impiego è riconducibile alla materia dell’ordinamento civile, riservata alla competenza esclusiva statale;

che, in data 9 novembre 2011, la Provincia autonoma di Trento ha depositato atto di rinuncia all’impugnazione dell’art. 9, commi 1, 2-bis, 3, 4, 28 e 29, del decreto- legge n. 78 del 2010;

che, con atto depositato all’udienza pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri ha accettato la rinuncia.

Considerato che la rinuncia al ricorso accettata dalla controparte costituita determina, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l’estinzione del giudizio.

 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l’estinzione del giudizio.

 

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