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In vigore al: 18/02/2017

Corte costituzionale - Sentenza N. 102 del 05.04.1984
Concessione edilizia per opere da eseguirsi su terreni del demanio statale

Sentenza (4 aprile) 5 aprile 1984, n. 102; Pres. Elia – Rel. Saja
 
Ritenuto in fatto: 1. Con citazione del 9 settembre 1971 l'Amministrazione delle ferrovie dello Stato, dopo aver esposto di aver ottenuto dal Comune di Bressanone licenza per la costruzione di due edifici di abitazione su un'area del proprio demanio (area di pertinenza ferroviaria) e di avere pagato una parte del contributo per le opere di urbanizzazione, conveniva il detto Comune davanti al Tribunale di Trento, chiedendo dichiararsi che i detti edifici non erano in realtà soggetti a licenza edilizia e perciò non era neppure dovuta la contribuzione per le opere di urbanizzazione, e chiedendo altresì alla condanna alla restituzione di quanto a tale titolo già pagato.
Il convenuto si costituiva ed eccepiva il difetto della giurisdizione ordinaria, invocando l'art. 24 del testo unico delle leggi urbanistiche della Provincia di Bolzano approvato con d.P. 23 giugno 1970 n. 20, nella parte in cui imponeva la licenza edilizia anche per tutti gli edifici da costruire sul demanio statale con la sola eccezione delle opere per la difesa nazionale.
Il Tribunale, accogliendo tale eccezione, riteneva che l'Amministrazione statale era titolare non già di un diritto soggettivo ma di un mero interesse legittimo e di conseguenza, con decisione del 16 dicembre 1972, declinava la propria giurisdizione, affermando quella del giudice amministrativo.
La Corte d'appello di Trento per contro, con sentenza del 10 maggio 1974, osserva che l'azione era fondata non già sulla deduzione dell'illegittimo esercizio del potere da parte del Comune bensì sull'assoluta carenza del potere stesso nonché sulla pretesa di restituzione della somma già pagata;, ciò che imponeva di ravvisare un diritto soggettivo quale fondamento della causa petendi: ne conseguiva l'appartenenza della controversia al giudice ordinario e quindi la necessità di rimandare le parti davanti al tribunale ex art. 353 c.p.c.
Contro questa decisione il Comune proponeva ricorso per cassazione e la Corte Suprema, con ordinanza del 7 luglio 1977 (reg. ord. n. 573 del 1977 in G.U. n. 53 del 22 febbraio 1978), sollevava questione di legittimità costituzionale della citata disposizione dell'art. 24 d.P. n. 20 del 1970.
Ad avviso della Corte l'eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale di questa norma avrebbe consentito di ravvisare nei fatti di causa la violazione di un diritto dell'Amministrazione ferroviaria, ciò che bastava per ritenere la rilevanza della questione. In proposito, la Corte ravvisava nella legislazione statale un principio generale di esclusione delle opere costruite dallo Stato su aree del proprio demanio dai poteri comunali di amministrazione dell'attività edilizia. Questo principio generale era stato già espresso dall'art. 29 l. urb. 17 agosto 1942 n. 1150, che aveva attribuito al Ministero dei lavori pubblici il controllo sulla corrispondenza delle opere progettate dalle amministrazioni statali agli strumenti urbanistici locali, onde la giurisprudenza civile aveva escluso ogni ingerenza dei comuni sulle opere eseguite in aree demaniali.
Successivamente, l'art. 10 l. 6 agosto 1967, n. 765, modificando l'art. 31 della citata l. n. 1150 del 1942, aveva stabilito che, per dette opere, i privati concessionari dovessero chiedere la licenza edilizia, ma che le amministrazioni pubbliche fossero soggette solo al controllo di rispondenza agli strumenti urbanistici esercitato dal Ministero dei lavori pubblici d'intesa con le amministrazioni interessate e sentito il Comune. La l. urb. 28 gennaio 1977 n. 10 aveva confermato nel suo art. 9, ultimo comma, le norme di cui ai citati artt. 29 e 31 l. n. 1150 del 1942 e successive modificazioni.
Il contrasto della norma impugnata con il detto principio generale dell'ordinamento statale sembrava integrare, per conseguenza, una violazione dell'art. 11 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, che attribuiva alle province la potestà legislativa in materia urbanistica entro i limiti indicati dal precedente art. 4, ossia ”in armonia con i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato”.
2. L'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato interveniva ripetendo sostanzialmente le censure già formulate dal giudice rimettente ed aggiungendo che il sopravvenuto art. 84 (recte 81) d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, riservando allo Stato, d'intesa con la regione interessata, l'accertamento di conformità delle opere agli strumenti ed alle norme urbanistiche, aveva confermato il principio generale già esattamente identificato dalla Cassazione.
3. La Provincia di Bolzano, costituitasi, chiedeva che la questione fosse dichiarata inammissibile in quanto non rilevante nel giudizio a quo, e, in subordine, infondata.
L'irrilevanza nel giudizio civile risultava dall'oggetto del giudizio tributo per urbanizzazione, comunque dovuto ai sensi del comma 4 dell'impugnato art. 24, anche se il comma 2, che prescriveva la licenza edilizia, fosse stato dichiarato incostituzionale.
Essa derivava altresì dalla mancata impugnazione della licenza edilizia davanti al giudice amministrativo e dalla conseguente efficacia definitiva di essa.
La Provincia osservava poi che l'amministrazione urbanistica di tutto il territorio nazionale, comprese le aree del demanio statale era affidata dalla legislazione statale ai comuni ai quali spettava il potere di adottare i piani regolatori generali, e dal d.P.R. 15 gennaio 1972 n. 8 alle regioni, che esercitavano i poteri di controllo, e che non era pertanto identificabile nell'ordinamento statale alcun principio generale di riserva all'amministrazione statale della gestione urbanistica delle proprie aree demaniali.
4. L'Avvocatura dello Stato depositiva tardivamente, ossia senza osservare il termine di dodici giorni liberi prima dell'udienza (art. 10 Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale), una memoria illustrativa in difesa dell'Amministrazione delle ferrovie.
 
Considerato in diritto: 1. Il primo comma dell'art. 24 T.U. delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico approvato con il decreto del Presidente il 23 giugno 1970 n. 20, Giunta provinciale di Bolzano, dispone che per eseguire nuove costruzioni edilizie deve essere chiesta apposita concessione al sindaco del comune. Il secondo comma, nella sua seconda parte, soggiunge che «per le opere da eseguirsi su terreni demaniali, ad eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale, è pure richiesta la concessione». Il quadro normativo è completato dal quarto comma, il quale statuisce che «presupposto» necessario della concessione è il pagamento di un contributo, da parte dell'interessato, per le opere di urbanizzazione, nella misura stabilita dall'art. 36 dello stesso Testo Unico.
Il Giudice a quo, accogliendo un'eccezione formulata dal l'Amministrazione ferroviaria dello Stato già nel giudizio di secondo grado, ha denunciato il riportato secondo comma del cit. art. 24, per contrasto con gli arti. 4 e 11 dello Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige (riferito ancora dall'ordinanza di remissione alla L.Cost. 26 febbraio 1948 n. 5, mentre questa è stata sostituita dal T.U., approvato con D.P.R. 31 agosto 1972 n. 670, delle leggi costituzionali concernenti lo statuto medesimo) assumendone il contrasto con «il principio generale dell'ordinamento giuridico statale avente ad oggetto l'autonomia dello Stato, rispetto ai Comuni, nell'attività di gestione di beni del proprio demanio».
2. La Provincia autonoma di Bolzano ha eccepito l'irrilevanza della proposta questione nel giudizio a quo. Secondo la Provincia, concernendo fondamentalmente il giudizio principale l'onere della contribuzione per le opere di urbanizzazione ed essendo tale onere previsto nel quarto comma dell'art. 24 T.U. n. 20 del 1970, l'indicazione da parte del Giudice a quo soltanto del secondo comma renderebbe irrilevante la questione stessa, in quanto, anche se cadesse tale ultima disposizione, rimarrebbe pur sempre il ricordato onere di contribuzione.
L'eccezione non può trovare accoglimento.
Invero, l'ordinanza di remissione ha messo in risalto il carattere strumentale dell'onere suddetto (si veda, in particolare, pag. 11) il cui adempimento, secondo la legge provinciale in oggetto applicabile alla specie (ma si veda, successivamente, l'art. 8, e in particolare la lett. f L.P. 3 gennaio 1978 n. 1), costituisce presupposto necessario e indispensabile dell'atto autorizzativo, che risulta quindi privo di una propria autonomia. D'altra parte, l'ordinanza stessa ha precisato che il giudizio principale aveva per oggetto una azione di accertamento (negativo) dell'obbligo della concessione (e, quindi, dell'onere di contribuzione) nonché la repetitio di quanto già a tale titolo indebitamente corrisposto.
Ciò esclude che possa esservi incertezza circa la prospettata questione, la quale, indipendentemente dal richiamo esplicito e specifico delle singole parti della ricordata norma provinciale, risulta inequivocabilmente delineata, ossia riferita all'obbligo della concessione per tutte le costruzioni, anche se da eseguire su beni demaniali dello Stato, ed al connesso onere di contribuzione: pertanto, deve concludersi che, risultando pienamente raggiunto lo scopo a cui è preordinata l'indicazione della norma impugnata (art. 23 L. 11 marzo 1953 n. 87), riesce indifferente il mancato esplicito richiamo al quarto comma dell'art. 24 T.U. ult. cit.
3. Va quindi esaminata l'altra eccezione sollevata dalla Provincia, secondo cui la proposta questione sarebbe irrilevante anche sotto un diverso profilo, e precisamente perché la concessione rilasciata dal Comune, non essendo stata impugnata, è divenuta definitiva.
L'eccezione, che si esaurisce in una mera affermazione priva di qualsiasi elemento di sostegno, non può essere condivisa.
Invero, il giudizio principale ha per oggetto, come già si è detto e come pure la stessa Provincia di Bolzano riconosce, l'accertamento della inesistenza dell'obbligo della concessione e del connesso obbligo di contribuzione per le opere di urbanizzazione: sicché il carattere definitivo della concessione stessa non solo non contrasta con le domande proposte, ma sta alla base delle medesime, in quanto esse hanno per presupposto una situazione giuridica conseguente ad un procedimento amministrativo esaurito.4. Ai fini della rilevanza, deve invece la Corte osservare che nella fase del giudizio in cui è intervenuta l'ordinanza di remissione non è in discussione il merito della causa, ma soltanto la questione relativa alla giurisdizione. Invero il Tribunale di Bolzano ha negato la propria potestà giurisdizionale, rilevando che si controverteva sull'esercizio del potere discrezionale del Comune di rilasciare la concessione ed ha ritenuto che la causa apparteneva alla cognizione del Giudice amministrativo.
La Corte di Appello di Trento ha invece riformato tale decisione, osservando trattarsi di una posizione di diritto soggettivo, in quanto l'Amministrazione delle ferrovie negava la sussistenza dell'obbligo della concessione, così contestando la stessa esistenza del relativo potere del Comune, e richiedeva conseguentemente la restituzione di quanto, a suo avviso, indebitamente pagato a titolo di contributo per le opere di urbanizzazione: perciò la Corte ha rimesso la causa al primo Giudice secondo la disposizione dell'art. 353 cod. proc. civ. Avverso questa decisione dal Comune di Bressanone è stato proposto ricorso per cassazione limitatamente, com'è ovvio, all'unica questione decisa e pertanto l'ambito del giudizio di legittimità è circoscritto soltanto al problema di giurisdizione.
Ciò posto, osserva la Corte che, se nel giudizio principale si controverte della giurisdizione, una questione di costituzionalità, che sia rilevante, è configurabile soltanto se essa investe la norma attributiva della potestà giurisdizionale ossia se dalla sua risoluzione dipende la sussistenza o meno nel Giudice adito di tale potestà. Ma questo nesso non sussiste nel caso in esame, perché, qualificata l'azione, come lo è stata dal Giudice a quo, nel senso suindicato (accertamento dell'insussistenza dell'obbligo della concessione e quindi del relativo potere della P.A. nonché ripetizione dell'indebito), il petitum sostanziale concerne, secondo un orientamento che costituisce ius receptum nella giurisprudenza ordinaria, una posizione di diritto soggettivo (e non di interesse legittimo) e quindi secondo la disciplina generale, a parte quanto sarà detto nel numero successivo, la cognizione spetta comunque al Giudice ordinario.
Il Giudice a quo si limita in proposito ad affermare che la questione di legittimità costituzionale del cit. art. 24 è rilevante in quanto, se la norma fosse dichiarata illegittima e quindi venisse meno, ricorrerebbe la violazione di un diritto del l'Amministrazione ferroviaria.
Ma l'affermazione non è pertinente alla questione di giurisdizione bensì al merito della causa, in quanto la dichiarazione di illegittimità comporterebbe senz'altro la fondatezza della domanda per essere venuta meno la norma che prevede l'obbligo della concessione e l'onere di contribuzione ma non attribuirebbe al Giudice amministrativo la potestà di accertare l'insussistenza dell'obbligo della concessione (e quindi del relativo potere della P.A.), nonché dell'obbligo di contribuzione; correlativamente, se si verificasse l'ipotesi inversa, il Giudice dovrebbe rigettare la domanda, non sussistendo la causa petendi invocata dall'attore. In entrambi i casi, perciò, un'incidenza della pronuncia di questa Corte sulla giurisdizione è sicuramente da escludere, risolvendosi sempre il fondamento del petitum sostanziale in una posizione di diritto soggettivo.
5. Né sulla raggiunta conclusione può incidere l'art. 16 L. 28 gennaio 1977 n. 10, contenente norme per l'edificabilità dei suoli (già in vigore alla data dell'ordinanza di remissione, che tuttavia non lo ha tenuto presente); questo articolo devolve ai Giudici amministrativi i ricorsi giurisdizionali «contro il provvedimento con il quale la concessione viene data o negata nonché contro la determinazione o la liquidazione del contributo» (nella regione Trentino Alto Adige, non essendo stato ancora istituito il TAR, i ricorsi nella materia devoluta al Giudice amministrativo, si propongono, com'è noto, direttamente al Consiglio di Stato).
Non è compito di questa Corte procedere all'interpretazione della norma suddetta, che è riferibile all'intero territorio nazionale (peraltro essa è stata anche espressamente richiamata dall'art. 12 della legge provinciale 3 gennaio 1978 n. 1, Bolzano), essendo la potestà in tema di ordinamento giudiziario riservata allo Stato anche nei confronti delle Regioni a statuto speciale (cfr. sent. C. Cost. 16 febbraio 1982 n. 43).
Ma, se pure le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella loro fondamentale funzione relativa al riparto della giurisdizione, dovessero ritenere la detta norma applicabile alla fattispecie, la prospettata questione risulterebbe pur sempre irrilevante, in quanto la cognizione della controversia apparterrebbe in ogni caso al Giudice amministrativo, venendo analogamente in discussione la legittimità costituzionale dell'art. 24 cit., analogamente a quanto sopra osservato soltanto ai fini della fondatezza della domanda e non già per quanto concerne la giurisdizione. La cognizione del Giudice amministrativo, invero, deriverebbe non già dalla natura del petitum sostanziale, bensì dal potere discrezionale del legislatore di attribuire a detto Giudice anche la cognizione di diritti soggettivi ( art. 113 Cost.), sicché essa in nessun caso potrebbe rilevare ai fini qui considerati.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, secondo comma, seconda parte, T.U. delle leggi 23 giugno 1970 n. 20, Provincia di Bolzano(ordinamento urbanistico provinciale) sollevata dall'ordinanza indicata in epigrafe in riferimento agli artt. 4 e 11 L.Cost. 26 febbraio 1948 n. 5 (Statuto speciale della Regione Adige), ora sostituiti dagli artt. 4 e 8 del T.U., approvato con D.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 delle leggi costituzionali concernenti il medesimo statuto.
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