Sentenza del 12 febbraio 2003, n. 48; Pres. Widmair, Est. Mosna
Il verbale di valutazione della commissione tecnica è atto endoprocedimentale, che, come tale, non necessita di impugnazione autonoma, come invece l'atto conclusivo del procedimento, che è da individuarsi nell'aggiudicazione.
Nelle procedure di aggiudicazione di appalti di forniture deve riconoscersi alla commissione tecnica un potere di introdurre elementi di specificazione e prevedere sottovoci delle categorie principali già definite negli atti di gara, ove ciò occorra per una più esatta valutazione delle offerte. L'esercizio di questo potere-dovere, peraltro, è soggetto ad un limite temporale ben preciso, che coincide – al fine di evitare possibili lesioni del principio della par condicio – con il momento dell'apertura delle buste contenenti le offerte: ciò anche se, al momento dell'introduzione dei c.d. sottocriteri, le buste contenenti le offerte economiche non fossero state ancora aperte, essendo sufficiente l'avvenuta apertura di quelle contenenti le offerte tecniche.
L'acquiescenza ad un provvedimento amministrativo sussiste solo in presenza di atti o comportamenti univoci posti liberamente in essere dal destinatario dell'atto, che dimostri la chiara ed irrefutabile volontà dello stesso di accettarne gli effetti e l'operatività. Da ciò discende che è da escludersi l'acquiescenza per mera presunzione.
L'impugnazione di un atto preparatorio, che abbia lesività immediata, deve essere seguita dal gravame contro l'atto conclusivo del procedimento, a meno che tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione con consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l'atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, nè del destinatario dell'atto presupposto, nè di altri soggetti.
L'attribuzione al Giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, delle controversie relative alle “procedure di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di servizi pubblici e forniture” di cui all'art. 4 L. 21 luglio 2000 n. 205, implica che il medesimo possa e debba valutare la validità del contratto successivo all'aggiudicazione, quando quest'ultima venga annullata. Invero, poiché il Giudice amministrativo è competente a giudicare tutti gli atti del procedimento mirante alla conclusione del contratto con il soggetto vincitore della gara, rientra nella sua giurisdizione anche l'esame della sorte di detto contratto, sotto il profilo del controllo della validità del consenso dell'Amministrazione, posto che questo è il risultato di una procedura viziata. Tale soluzione appare coerente con il principio della giurisdizione esclusiva nella materia di cui si tratta, principio che risponde anche all'esigenza di tutela delle parti attuata da un unico organo giudicante. Resta peraltro ferma l'esclusione della cognizione del Giudice amministrativo delle controversie relative all'esecuzione del contratto, che attengono unicamente allo svolgimento del rapporto tra l'Amministrazione e l'aggiudicatario.
L'invalidità del contratto conseguente all'annullamento in sede giurisdizionale dell'aggiudicazione, si configura come nullità, con effetti assai simili alla caducazione automatica del contratto, per il venir meno degli atti che ne costituiscono il necessario presupposto.
Il risarcimento del danno che, ai sensi della L. n. 205/2000, il Tribunale Amministrativo Regionale può disporre a tutela del ricorrente, è costituito, in via principale, dalla reintegrazione in forma specifica e solo in via degradata, ove la stessa non sia possibile o comunque eccessivamente onerosa per l'Amministrazione, dal risarcimento per equivalente, in conformità all'art. 2058 c.c.
In materia di procedure per l'aggiudicazione di appalti pubblici, l'applicazione della reintegrazione in forma specifica presuppone la certezza che, se l'Amministrazione non fosse incorsa nell'illegittimità censurata dal ricorrente, l'appalto avrebbe dovuto essere necessariamente aggiudicato allo stesso. Ove sia invece certo che l'Amministrazione, a seguito di nuove valutazioni tecniche, debba adottare una rideterminazione sull'esito della gara, la domanda di risarcimento fondata sulla mancata aggiudicazione va tuttavia presa in esame in relazione alla perdita della possibilità di conseguire il risultato utile invocato con l'annullamento dell'attività illegittima dell'Amministrazione, cioè la c.d. perdita di chance.
La risarcibilità del danno a titolo di perdita di chance è subordinata all'esistenza dei presupposti ex art. 2043 c.c. e precisamente alla condotta colposa dell'Amministrazione e al nesso causale tra questa e il danno. Qualora il danno non possa essere esattamente provato nel suo ammontare, esso va liquidato ai sensi dell'art. 1226 c.c., assumendo come parametro di valutazione il danno complessivamente considerato per la mancata aggiudicazione, diminuito di un coefficiente di riduzione proporzionato al grado di probabilità teorica di conseguirla. Tale coefficiente va stabilito in via equitativa dal Giudice, in rapporto all'ampiezza dei poteri discrezionali che residuano alla commissione tecnica dopo l'annullamento dei provvedimenti di gara.