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In vigore al: 25/02/2013

Corte costituzionale - Sentenza N. 345 del 29.11.2010
Cave e torbiere - aree estrattive - lavorazione di materiali inerti provenienti anche da altre cave o scavi- non assoggettabilità alla disciplina dei rifiuti

Sentenza (29 novembre) 1 dicembre 2010, n. 345; Pres. Amirante; Red. Tesauro
 
Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso, notificato il 22-26 gennaio 2010, depositato il 26 gennaio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di legittimità costituzionale in via principale dell'art. 9 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 13 novembre 2009, n. 10 (Norme in materia di commercio, artigianato, alpinismo, esercizi pubblici, turismo e miniere), «nella parte in cui detta il nuovo testo dell'art. 4, comma 8, della legge provinciale 19 maggio 2003, n. 7».
1.1.- Il ricorrente premette che, con la legge n. 10 del 2009, la Provincia di Bolzano ha dettato disposizioni in materia di commercio, artigianato, alpinismo, esercizi pubblici, turismo e miniere. In particolare, con l'art. 9, il legislatore provinciale è intervenuto a modificare la precedente legge provinciale 19 maggio 2003, n. 7 (Disciplina delle cave e delle torbiere) recante la disciplina delle cave e delle torbiere, ridefinendo l'ambito di applicazione della normativa (all'art. 1), disciplinando la coltivazione delle cave e delle torbiere (art. 2), nonché la procedura di presentazione e l'istruttoria delle domande di coltivazione (art. 3) e la procedura di autorizzazione alla coltivazione delle cave e delle torbiere (art. 4).
Con particolare riferimento alla disposizione che ha sostituito l'art. 4 della legge provinciale n. 7 del 2003, il ricorrente sostiene che il legislatore provinciale, consentendo, all'interno delle cave, la lavorazione di materiali inerti provenienti da altre «cave, sbancamenti, scavi, gallerie, fiumi, torrenti, rii o zone colpite da eventi naturali eccezionali ubicati ad una distanza non superiore a 15 chilometri dall'impianto», senza assoggettare tale attività alle prescrizioni in materia di autorizzazioni all'esercizio di impianti di trattamento dei rifiuti, ed escludendo aprioristicamente e genericamente che tali materiali rientrino nell'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti, sarebbe andato al di là delle competenze assegnate dallo statuto alla Provincia negli artt. 4, 8, primo comma, punti 5, 6 e 14, e 9, punto 10, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in materia di miniere, cave e torbiere, tutela del paesaggio ed urbanistica, nonché in materia di igiene e sanità. La norma impugnata si porrebbe, inoltre, in contrasto con gli standard minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente fissati dal legislatore statale nella parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e, in ambito comunitario, con la direttiva 2006/12/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti), in violazione dell'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione.
2.- Nel giudizio si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano, che ha chiesto, nell'atto di costituzione e nella memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica, che venga dichiarata l'inammissibilità e, in subordine, l'infondatezza della questione.
La resistente ritiene che la norma impugnata, che incide sulla materia delle miniere, cave e torbiere, di competenza legislativa primaria della medesima Provincia ai sensi dell'art. 8, n. 14, dello statuto speciale, come risulta dalla stessa rubrica della legge provinciale il cui art. 4 è sostituito dalla norma oggetto del giudizio, non determini alcuna interferenza sulla diversa materia della tutela dell'ambiente. Tale assunto sarebbe dimostrato dalla previsione in base alla quale, ai fini del rilascio delle autorizzazioni, ai sensi dell'art. 3 della legge provinciale in esame, l'ufficio provinciale competente deve previamente acquisire, oltre al parere del Comune territorialmente interessato e a quello dei Comuni confinanti interessati dalla coltivazione, anche il parere della Conferenza dei servizi in materia ambientale ovvero la pronuncia sulla valutazione di impatto ambientale, nel pieno rispetto della normativa statale in materia appunto ambientale.
Considerato che tale disposizione sarebbe stata introdotta per «ragioni obiettive», in quanto «in una terra di montagna non è possibile costruire e mantenere impianti o infrastrutture di lavorazione di materiali inerti in qualsiasi luogo con la necessità di limitare e sfruttare al meglio le infrastrutture a disposizione nonché favorire la riutilizzazione dei materiali inerti in parola, sempre che gli stessi soddisfino, ovviamente, i criteri prescritti dalla legge», la Provincia ha ulteriormente puntualizzato che essa non inciderebbe in nessun modo sulle nozioni di contenuto ambientalistico dei materiali in oggetto (quali “prodotti”, “sottoprodotti” o “rifiuti”), che resterebbero invariate, essendo del tutto estranee alla norma provinciale impugnata. La conferma di tale assunto si ricaverebbe dall'art. 2 della legge provinciale n. 7 del 2003, che fa espressamente salve «le norme vigenti in materia di tutela dell'ambiente», nonché dalla delibera della Giunta provinciale n. 189 del 2009, che ripete quanto stabilito dalle norme statali e comunitarie ai fini della classificazione di terre e rocce da scavo in prodotti, sottoprodotti e rifiuti, prevedendo, fra l'altro, che il detentore di materiale inerte dovrà provare, caso per caso, la “certezza” della qualità di sottoprodotto nonché del concreto utilizzo del predetto materiale, mediante la compilazione di apposito modello di certificazione (il cosiddetto certificato di utilizzo).
3.- All'udienza pubblica, il ricorrente e la resistente hanno insistito per l'accoglimento delle conclusioni svolte nelle difese scritte.
Considerato in diritto 1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 13 novembre 2009, n. 10 (Norme in materia di commercio, artigianato, alpinismo, esercizi pubblici, turismo e miniere) nella parte in cui ha sostituito l'art. 4, comma 8, della legge provinciale 19 maggio 2003, n. 7 (Disciplina delle cave e delle torbiere) e stabilito che «sulle aree estrattive dotate di impianti di lavorazione autorizzati ai sensi del presente articolo è consentita la lavorazione di materiali inerti provenienti anche da altre cave, sbancamenti, scavi, gallerie, fiumi, torrenti, rii o zone colpite da eventi naturali eccezionali ubicati ad una distanza non superiore a 15 chilometri dall'impianto».
Il ricorrente sostiene che tale norma, così disponendo, consentirebbe, all'interno delle cave, la lavorazione di materiali inerti, senza assoggettare tale attività alle prescrizioni in materia di autorizzazioni all'esercizio di impianti di trattamento dei rifiuti, escludendo aprioristicamente e genericamente che tali materiali (tra cui sono ricomprese terre e rocce da scavo e materiali da demolizione) rientrino nell'ambito di applicazione della disciplina dei rifiuti. In tal modo la citata disposizione andrebbe al di là delle competenze assegnate dallo statuto alla Provincia in tema di miniere, cave e torbiere, di tutela del paesaggio ed urbanistica, nonché in materia di igiene e sanità e si porrebbe in contrasto con gli standard uniformi di tutela dell'ambiente fissati dal legislatore statale nella parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e, in ambito comunitario, con la direttiva 2006/12/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti).
Più precisamente, la norma provinciale impugnata farebbe sorgere la presunzione che, nelle situazioni da essa previste, le terre e rocce da scavo costituiscano sottoprodotti che presentano un vantaggio o un valore economico per il loro detentore anziché un onere di cui egli cercherebbe di disfarsi. Essa, pertanto, sottrarrebbe alla nozione di rifiuto taluni residui che invece corrisponderebbero alla definizione di cui all'art. 1, lettera a), della citata direttiva, ponendosi in contrasto con la stessa e quindi con le norme dello statuto che delimitano la competenza provinciale e con l'art. 117, primo comma, Cost., oltre che in contrasto con quanto stabilito dal legislatore statale e quindi con gli artt. 4, 8, primo comma, punti 5, 6 e 14, e 9, punto 10, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e  con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
2.1.- In via preliminare, deve essere dichiarata infondata l'eccezione di inammissibilità della censura di violazione degli obblighi comunitari, proposta dalla Provincia autonoma di Bolzano sull'assunto della non corretta identificazione dei parametri, in specie per il mancato richiamo degli artt. 117, quinto comma, ed 11 della Costituzione.
Quanto all'art. 117, quinto comma, Cost., occorre osservare che esso correttamente non è stato invocato, posto che è parametro inconferente nella specie. Il Governo ha, infatti, dedotto il contrasto della disciplina provinciale con il limite generale che grava sul legislatore regionale e provinciale come su quello statale, ai sensi del primo comma dell'art. 117 Cost. e dell'art. 11 Cost., limite costituito, appunto, dal rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (dal rispetto degli obblighi internazionali, secondo il linguaggio statutario), a prescindere dal fatto che detta disciplina costituisca o meno esercizio di una legittima competenza della Provincia.
L'art. 11 Cost., poi, è stato implicitamente invocato, poiché, dagli argomenti esposti nel ricorso, è agevole desumere che le censure sono state correttamente proposte tenendo conto anche di tale parametro costituzionale (sentenza n. 227 del 2010).
2.2.- Egualmente infondata è l'eccezione di inammissibilità, per genericità, della censura sollevata in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost.
Nel ricorso, infatti, il pur succinto richiamo alla giurisprudenza comunitaria in tema di terre e rocce da scavo – che ha chiarito la portata applicativa delle relative norme della direttiva inerenti alla differenziazione fra rifiuti, prodotti e sottoprodotti – consente agevolmente di individuare i profili di asserito contrasto con la normativa provinciale impugnata.
3.- Nel merito, la questione non è fondata.
L'art. 9 della legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 10 del 2009 ha modificato la precedente legge provinciale n. 7 del 2003, recante la disciplina delle cave e delle torbiere, ridefinendone l'ambito di applicazione (all'art. 1) e dettando una nuova disciplina della coltivazione delle cave e delle torbiere (art. 2), della procedura di presentazione e dell'istruttoria delle domande di coltivazione (art. 3), nonché della procedura di autorizzazione alla coltivazione delle cave e delle torbiere (art. 4), disposizione, quest'ultima, oggetto della presente impugnativa. Lo stesso ricorrente riconosce che tutte le predette disposizioni sono riconducibili principalmente alla materia delle cave e torbiere, per la quale, ai sensi dell'art. 8, primo comma, punto 14, dello Statuto speciale, alla Provincia autonoma è riconosciuta una competenza primaria.
In particolare, la disposizione impugnata, nella parte in cui testualmente stabilisce che «sulle aree estrattive dotate di impianti di lavorazione autorizzati ai sensi del presente articolo è consentita la lavorazione di materiali inerti provenienti anche da altre cave, sbancamenti, scavi, gallerie, fiumi, torrenti, rii o zone colpite da eventi naturali eccezionali ubicati ad una distanza non superiore a 15 chilometri dall'impianto», non contiene espressamente alcuna definizione di rifiuto, né alcuna esplicita qualificazione dei materiali inerti di cui si consente la lavorazione. Essa, pertanto, non incide sul regime dei predetti materiali, tantomeno contiene una presunzione assoluta circa la configurazione dei medesimi come sottoprodotti. Tale disposizione si limita, infatti, ad individuare le lavorazioni che possono essere effettuate presso le aree estrattive dotate di impianti autorizzati alla coltivazione delle cave, rinviando, per la qualificazione e per l'individuazione del regime al quale i materiali oggetto di lavorazione devono essere sottoposti, alle norme statali, in particolare alle norme del Codice dell'ambiente ( d.lgs. n. 152 del 2006), che hanno recepito la normativa comunitaria, in specie la direttiva 2006/12/CE.
Pertanto, alla stregua della norma censurata, i materiali inerti oggetto delle lavorazioni di cui alla norma provinciale impugnata potranno essere lavorati senza essere assoggettati alla disciplina dei rifiuti, solo ove ne sia certo il riutilizzo e siano soddisfatte le condizioni prescritte dal Codice dell'ambiente perché essi siano configurati come sottoprodotti; nel caso in cui tali condizioni non sussistano, essi dovranno, invece, essere assoggettati alla procedura autorizzatoria prescritta per i rifiuti dalla normativa statale, in armonia con la normativa comunitaria.
Con la norma impugnata, il legislatore provinciale si è limitato a disciplinare la materia delle cave e torbiere, di propria competenza, senza intervenire in alcun modo sulle qualificazioni dei materiali in oggetto (quali “prodotti”, “sottoprodotti” o “rifiuti”) e sul loro regime. Non vi è stata, dunque, alcuna invasione della sfera di competenza statale nella materia della “tutela dell'ambiente” e, conseguentemente, alcuna violazione della pertinente normativa comunitaria. Il regime dei materiali che possono essere lavorati nelle aree estrattive ai sensi dell'art. 9 della legge provinciale n. 10 del 2009 è quello individuato dal legislatore statale nell'esercizio della sua competenza esclusiva in tema di tutela dell'ambiente, come confermato anche dall'art. 2 della legge provinciale n. 7 del 2003, che fa espressamente salve «le norme vigenti in materia di tutela dell'ambiente», imponendone il rispetto tutte le volte in cui, come nel caso di specie, la disciplina della coltivazione delle cave e delle torbiere per l'utilizzazione delle sostanze minerali, della costruzione e dell'esercizio dei relativi impianti fissi e mobili e delle infrastrutture, nonché dell'utilizzo delle discariche di materiali di cava interferiscano con la materia della tutela dell'ambiente.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 13 novembre 2009, n. 10 (Norme in materia di commercio, artigianato, alpinismo, esercizi pubblici, turismo e miniere), nella parte in cui ha sostituito l'art. 4, comma 8, della legge provinciale 19 maggio 2003, n. 7 (Disciplina delle cave e delle torbiere), proposta, in riferimento agli artt. 4, 8, primo comma, punti 5, 6 e 14, e 9, punto 10, del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) ed all'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.
 
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