Sentenza del 5 agosto 2004, n. 373; Pres.ff. Rossi Dordi, Est. Zelger
È principio generale che l'interesse che legittima l'intervento ad adjuvandum non può essere identico a quello del ricorrente, perché altrimenti si potrebbe eludere la perentorietà del termine. Se infatti fosse proposto un intervento a tutela di un interesse che avrebbe dovuto essere fatto valere con il ricorso principale, si determinerebbe una surrettizia riapertura dei termini. Si deve trattare, perciò, di un interesse accessorio, derivato o non ancora attuale o anche di mero fatto, ma comunque connesso con quello del ricorrente principale. Il soggetto intervenuto nel giudizio ad adiuvandum, non ha la facoltà di proporre autonomi motivi di censura degli atti impugnati, ma deve limitarsi a trattare ed eventualmente a precisare ed approfondire le doglianze formulate dal ricorrente.
È giurisprudenza unanime che per aversi la qualifica di controinteressato, la stessa deve essere desunta o desumibile dall'atto impugnato.
Le Province autonome di Trento e Bolzano hanno potestà legislativa primaria in materia di "urbanistica e piani regolatori" e quindi spetta ad esse tutta la materia, ivi compresi ì procedimenti da seguire per l'approvazione rispettivamente per la modifica dei piani urbanistici comunali. In tale contesto possono prevedere procedimenti sostitutivi in caso di inerzia degli organi comunali, e ciò anche in armonia con i principi contenuti nel T.U. sull'ordinamento dei Comuni (art 57 LR 4 gennaio 1993 n. 1). Il legislatore provinciale di Bolzano emanando l'ordinamento urbanistico provinciale ( LP n. 13/1997) si è avvalso di tale potere, inserendo nell'articolo 21, commi 2 e 4, le norme procedurali per la modifica d'ufficio del piano urbanistico comunale. Tale norma non elimina i poteri e le facoltà del Comune di partecipare alla programmazione urbanistica del territorio comunale e di prendere le posizioni proprie su modifiche del PUC inerenti la realizzazione di impianti d'interesse sovracomunale e di competenza provinciale, di cui all'art. 67 della LP. n. 13/1977.
Il piano urbanistico costituisce un atto complesso, che presuppone la disgiunta e, per principio, concorde manifestazione di volontà da parte del Comune e da parte dell'Autorità provinciale (sentenze di questo Tribunale n. 304/97. 275/98 e 439/2002), per cui una modifica unilaterale del piano da parte della Giunta provinciale appare configurabile soltanto come ipotesi eccezionale nei casi espressamente previsti dalla legge, da interpretarsi peraltro in modo restrittivo. Nei casi di cui all'art. 21 della L.P. 13/1997 (legge urbanistica provinciale) è prevista una tale ipotesi in relazione alla potestà di iniziativa, da parte della Giunta Provinciale, di modificare un piano urbanistico comunale e di approvazione definitiva, qualora il Comune non si avvalga, per sua scelta, della collaborazione rispettivamente del potere deliberativo di programmazione urbanistica del proprio territorio.
Con l'art. 134 della LP n. 13/1997 è stato esplicitamente abrogato il riferimento per l'applicazione degli standards urbanistici ed edilizi di cui al DM 1.4.1968 n. 1444. Il DM vigeva anche in provincia di Bolzano fino a tale data perché lo disponeva la legge provinciale e non per il fatto che si trattava di una norma di attuazione della legge n. 765/1967, la quale non è più applicabile dal momento in cui il legislatore provinciale ha diversamente disposto con la LP n. 6/1970 e modifiche successive (art. 105 dello Statuto speciale DPR n. 670/1972). Per cui non è neppure applicabile una norma di attuazione alla legge statale, se non per espresso richiamo nella legge provinciale. Da tale data (di abrogazione della nonna di rinvio) è applicabile esclusivamente la disciplina urbanistica provinciale, con la conseguenza che, in mancanza di specifiche norme in vigore in materia di distanze tra fabbricati e altezze degli stessi, diventa operante l'art. 873 c.c. di cui, per effetto del richiamo ivi contenuto, la normativa urbanistica locale costituisce integrazione. (vedi anche Cass. II, 20 aprile 1993 n. 4623).