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Corte costituzionale - Sentenza N. 743 del 30.06.1988
Rettifica dei confini comunali e regionali

Sentenza (20 giugno) 30 giugno 1988, n. 743; Pres. Saja - Red. Corasaniti
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso notificato il 19 gennaio 1983 la Regione Veneto ha proposto conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei Ministri nei confronti della Regione Trentino-Alto Adige e della Provincia di Trento, notiziandone il Comune di Canazei, la Provincia di Belluno ed il Comune di Rocca Pietore, in riferimento a d.P.R. in data 29 maggio 1982 che , in accoglimento di ricorso proposto dal Comune di Canazei ai sensi dell'art. 267 r.d. 3 marzo 1934 n. 383, aveva rettificato i confini tra il detto Comune ed il Comune di Rocca Pietore, così modificando anche i confini tra la Regione Veneto e la Regione Trentino-Alto Adige.
La decisione del Capo dello Stato risulterebbe lesiva delle attribuzioni della Regione ricorrente sotto un duplice profilo: perché tocca il territorio regionale e, dunque, un elemento che individua l'ente pubblico territoriale, assistito da garanzia costituzionale (131 Cost.), non modificabile se non con il procedimento di cui all'art. 132 Cost. e non rettificabile se non attraverso un conflitto innanzi alla Corte cost. (art. 134 Cost.); perché, nel merito, sottrarrebbe ingiustamente alla Regione Veneto una parte del suo territorio attribuendo particolare rilevanza ai lavori della Commissione italo-austriaca del 1911, di cui fraintenderebbe il valore ed i risultati, trascurando la tradizione amministrativa, gli atti dell'Istituto geografico militare, le leggi medesime del Trentino-Alto Adige (di approvazione, ad es., del piano urbanistico della Provincia di Trento), le risalenti consuetudini di uso collettivo delle popolazioni di Rocca Pletore, le convenzioni confinarie sottoscritte in varie epoche dai due Comuni. Il protocollo italo-austriaco del 1912 (che valorizza la linea di cresta della Marmolada, anziché quella che congiunge Punta Penia al passo di Fedaia, attraversando il ghiacciaio), d'altra parte, fu approvato solo dai Ministri interessati mentre non venne ratificato ne reso esecutivo con legge del Parlamento (come avrebbe richiesto l'art. 5 dello statuto albertino) ne con regio-decreto; si tratterebbe, dunque, di un semplice accordo di polizia confinaria, non di un vero trattato di modifica del territorio.
Gli atti di organizzazione amministrativa successivi alla guerra avrebbero fatto richiamo, prescindendo del tutto dal protocollo italo-austriaco, alla precedente tradizione amministrativa.
La Regione ricorrente chiedeva sospensione dell'atto impugnato.

2. Si costituivano il Presidente del Consiglio dei Ministri e la Regione Trentino-Alto Adige con atti distinti ma del tutto analoghi, contestando l'ammissibilità del conflitto proposto dalla Regione Veneto. Il ricorso, infatti, non rivendicherebbe una competenza della Regione ma si limiterebbe ad affermare l'illegittimità dell'atto dello Stato, per essere stato adottato dal Presidente della Repubblica anziché dal Parlamento o dalla Corte costituzionale; conterrebbe, dunque, censure deducibili, come tali, solo innanzi al giudice amministrativo.

Il ricorso, inoltre, sarebbe improponibile per tardività, essendosi consumata la pretesa lesione delle competenze regionali ben prima dell'atto decisorio, con l'invito rivolto alla Regione Veneto a presentare deduzioni nel procedimento amministrativo.

Ed, infine, il conflitto risulterebbe inammissibile anche perché non attinente ad una competenza della Regione, ma ad una questione di confine che interesserebbe primariamente i Comuni e solo di riflesso le Regioni in cui i Comuni sono compresi.

La decisione del Capo dello Stato ai sensi dell'art. 267 della l. com. e di prov. risulterebbe comunque non censurabile sotto il profilo della competenza, trattandosi di rettifica dei confini comunali coincidenti con i confini delle Regioni e, dunque, non potendo essere operanti le competenze regionali in tema di confini dei Comuni di cui all'art. 1 lett. d) d.P.R. n. 1 del 1972 (parere del Cons. di Stato, sez. I, 17 ottobre 1975).
3. Si costituiva anche la Provincia di Trento, con atto in data 8 febbraio 1983, eccependo, innanzi tutto, l'inammissibilità del conflitto e deducendo, nel merito, la sua infondatezza. Il conflitto sarebbe inammissibile perché promosso non a difesa di competenze regionali, ma delle pretese competenze di alcuni organi dello Stato (Parlamento, Corte costituzionale) nei confronti di altri (Presidente della Repubblica), così da assumere, paradossalmente, il contenuto di un conflitto tra poteri dello Stato.
Né la Corte costituzionale potrebbe procedere alla rettifica dei confini, risultando una decisione sul punto del tutto estranea al contenuto tipico del conflitto di attribuzione, così come disciplinato dalle norme costituzionali e legislative.
Nel merito, comunque, il ricorso sarebbe infondato, muovendo da premesse giuridiche inesatte; dalla confusione, in particolare, tra procedimento di modifica delle circoscrizioni regionali, disciplinato dall'ari. 132 Cost., e procedimento di rettifica, fondato non su scelte politiche degli organi rappresentativi e delle popolazioni interessate, ma su dati di fatto storici e su argomenti giuridici. L'accertamento dei confini non potrebbe, dunque, essere censurato per violazione di una norma, quale l'art.132 Cost., che attiene al diverso problema della modifica dei medesimi. Né potrebbe esser censurato per violazione delle norme sul conflitto intersog-gettivo innanzi alla Corte, essendo questo un giudizio di legittimità, ben distinto dal giudizio di merito (art. 7 comma 1 1. 6 dicembre 1971 n. 1034; art. 27 n. 3 t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato) sui limiti del territorio comunale.
Non sarebbero comunque persuasive le argomentazioni svolte da parte ricorrente in riferimento ai protocollo italo-austriaco del 1912, trattandosi di atto volto ad accertare i confini e non a modificarli, per la cui efficacia non era dunque necessaria una ratifica legislativa.
La Provincia di Trento chiedeva comunque l'acquisizione dei documenti raccolti nel corso del procedimento deciso con il decreto del Capo dello Stato impugnato nel presente conflitto.
Interveniva l'Ente per il turismo di Belluno, evidenziando l'interesse turistico della località contesa e sottratta al Comune di Rocca Pietore.
4. Questa Corte, con ordinanza in data 29 aprile 1983 n. 124, prendeva atto della rinunzia all'istanza di Sospensione depositata dalla Regione Veneto in data 12 aprile 1983.
5. Con memoria (tardivamente depositata) la Regione Veneto sosteneva l'inapplicabilità alla fattispecie dell'art. 267 r.d. 3 marzo 1934 n. 383. Nel corso dell'udienza del 10 maggio 1988 le parti sviluppavano ulteriormente le rispettive tesi; la Regione Veneto sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 267 detto r.d. n. 383 del 1934.
 
Considerato in diritto: l. L'intervento dell'Ente per il turismo di Belluno, soggetto diverso da quelli legittimati a promuovere il conflitto ed a resistervi, deve, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. sent. n. 8 del 1957, sent. n. 17 del 1957, sent. n. 18 del 1957; ordinanze 2 aprile 1958, 22 aprile 1975, 3 giugno 1976, 23 febbraio 1977; ord. n. 240 del 1988), ritenersi inammissibile.
2. La Regione Veneto propone conflitto di attribuzione "contro" il Presidente del Consiglio dei Ministri e "nei confronti" sia della Regione Trentino-Alto Adige sia ancora della Provincia di Trento in relazione al decreto del Presidente della Repubblica 2 maggio 1982 che, in accoglimento di ricorso del Comune di Canazei, proposto ai sensi dell'art. 267 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383 (t.u. della legge comunale e provinciale), ha deciso sulla contestazione di confini fra il detto comune ed il Comune di Rocca Pietore, appartenenti rispettivamente alla Regione Trentino-Alto Adige e alla Regione Veneto.
La Regione ricorrente deduce violazione delle sue attribuzioni per quel che attiene alla sfera territoriale delle medesime, innanzi tutto per la ragione che una questione di determinazione dei confini, avente diretta rilevanza costituzionale ( art. 131 Cost.), e stata decisa al di fuori dei procedimenti in proposito previsti dalla Costituzione; al di fuori cioè della particolare ed aggravata procedura legislativa prevista per la modifica del territorio regionale ( art. 132, ultimo comma, Cost.) e del procedimento innanzi alla Corte Costituzionale per le controversie sulle attribuzioni regionali ( art. 134 Cost.).
Deduce poi la ingiustizia, nel merito, della pronunzia del Capo dello Stato, perché fondata su elementi (lavori della Commissione italo-austriaca del 1911) di valore non decisivo e senza adeguata considerazione di ulteriori elementi (tradizione amministrativa, atti del Centro geografico militare, leggi del T.A.A., risalenti consuetudini di uso collettivo ed altri) di significato contrario.
3. Il conflitto della Regione Veneto deve intendersi promosso contro lo Stato, in quanto è rivolto contro il Presidente del Consiglio dei Ministri ed è diretto a impugnare un atto emesso dal Presidente della Repubblica su parere del Consiglio di Stato, che, ai sensi dell'art. 267 del R.D. n. 383 del 1934, ha deciso su una contestazione di confini fra il Comune di Canazei e il
Comune di Rocca Pietore appartenenti rispettivamente alla Regione Trentino-Alto Adige e alla Regione Veneto, e in quanto e primariamente contestato "radicitus" un potere dello Stato.
Si tratta, peraltro, di potere fondato su norma di rango legislativo (appunto l'art. 267 del R.D. n. 383 del 1934) che è (come la Corte può e deve accertare in questa sede di conflitto di attribuzione) ancora in vigore.
Non sembra, infatti, che la norma in questione possa ritenersi abrogata ad opera delle norme di trasferimento alle Regioni delle funzioni relative, fra l'altro, alla contestazione di confini tra comuni (art. 1 del D.P.R. 14 gennaio 1972, n. 1, lettera d); cfr. anche art. 16 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616), norme che esattamente il parere del Consiglio di Stato acquisito nel corso del procedimento di cui si tratta riferisce alle sole decisioni di contestazione di confini fra comuni appartenenti alla medesima regione, ne ad opera delle norme costituzionali invocate dalla ricorrente ( artt. 131, 132, 134 Cost.), le quali nulla dispongono per quel che concerne l'ipotesi di contestazione di confini.
L'eventuale contrasto fra l'art. 267 del R.D. n. 383 del 1934 ed un principio costituzionale desumibile dal complesso delle norme costituzionali suindicate non potrebbe quindi esser valutato se non in termini di legittimità costituzionale. La Regione Veneto ha invero prospettato in udienza la configurabilità di una questione di legittimità costituzionale dell'art. 267 del R.D. n. 383 del 1934, da intendere peraltro nei termini precisati con il ricorso introduttivo del conflitto, vale a dire nel senso che tale norma sarebbe illegittima, in relazione agli artt. 131, 132, 134 Cost., perché spetterebbe al Parlamento o alla Corte
Costituzionale la competenza a decidere, nelle varie ipotesi configurabili, in ordine ai confini regionali. Ma in questi termini la questione, venendo a concernere un ipotetico conflitto tra regioni, ed essendo posta in riferimento ai suddetti parametri considerati come distinti, ed anzi come alternativi, non e rilevante nel presente giudizio.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara che spetta allo Stato decidere con il decreto del Presidente della Repubblica 29 maggio 1982 in ordine alla contestazione di confini proposta dal Comune di Canazei ed ai sensi dell'art. 267 del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, recante "Testo unico della legge comunale e provinciale", nella permanenza in vigore di tale norma e, per l'effetto, rigetta il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Veneto contro lo Stato e nei confronti della Regione Trentino-Alto Adige, nonché della Provincia di Trento con atto notificato il 19 gennaio 1983.
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