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Delibera 27 aprile 2009, n. 1181
Indicazioni provinciali per le scuole dell'infanzia delle località ladine

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1.2 Affrontare le diversità individuali e inclusione

1.2.1 Bambini di età diverse

Il gruppo misto per fasce d’età rappresenta per ogni bambino una comunità di apprendimento molto stimolante. L’età dei bambini della scuola dell’infanzia è, di norma, compresa fra i tre e i sei anni, ma la possibilità di estendere la scolarizzazione ai bambini sotto i tre anni, sta ampliando le fasce d’età. In casi eccezionali, poi, è consentito ai bambini in età scolare di prolungare la permanenza alla scuola dell’infanzia. Se, da un lato, l’eterogeneità dei gruppi misti richiede un grande impegno da parte delle insegnanti, dall’altro questi gruppi offrono ai bambini molteplici occasioni per imparare e fare esperienze diverse in un contesto relazionale aperto, oltre che ad ampliare notevolmente le possibilità di scelta dei propri compagni o compagne di gioco. In un contesto misto i bambini interagiscono più frequentemente con i bambini dell’altro sesso e, a seconda dell’ambito tematico, si rivolgono ai più piccoli o ai più grandi. Queste dinamiche consentono loro di apprendere più facilmente che nei rapporti con gli adulti, in quanto sono in grado di superare con maggiore facilità le differenze dettate dall’esperienza e dal livello di sviluppo. Le naturali differenze di sviluppo fanno sì che i bambini siano maggiormente accettati nella loro individualità.

Attraverso il confronto con i compagni più grandi e più piccoli, il bambino impara le regole della convivenza in un gruppo misto d’età. Attraverso la positiva interazione con compagni di età diverse i bambini e le bambine acquisiscono in primo luogo un ampio spettro di competenze sociali, quali ad esempio: rispetto, disponibilità, capacità di definirsi e di delimitare il proprio spazio, pazienza, competenze che li rendono anche capaci di accettare l’aiuto dei più grandi ed esperti e di offrire il proprio aiuto a chi è più inesperto. Essi iniziano a considerarsi un modello per gli altri e ad estrinsecare il proprio comportamento. Sperimentano cosa significa confrontarsi con le differenze e gestire i conflitti nel rapporto con i più grandi, i coetanei e con i più piccoli facendo valere i propri interessi e rispettando al tempo stesso gli interessi altrui.

1.2.2 Maschi e femmine: validità della formazione di genere

È la natura a decidere il sesso del neonato determinandone di conseguenza l’appartenenza biologica. Sono invece le condizioni sociali a stabilire il genere sociale o culturale. Cosa significhi essere femmina o maschio lo stabilisce in modo ampio l’ambiente culturale e la società in cui ogni individuo cresce nonché le singole esperienze di genere. I ruoli di genere presentano una tipologia specifica che si estrinseca in norme di comportamento distinte per femmine e maschi, in usi, costumi e convenzioni. Gli anni della prima infanzia e le esperienze maturate all’interno della famiglia e della scuola dell’infanzia sono di gran-de importanza per lo sviluppo dell’identità di genere. I bambini si interrogano spesso su cosa significhi essere maschio o femmina, sperimentano il ruolo che possono assumere (maschile o femminile) e vogliono sapere quali desideri e quali idee che essi nutrono potranno realizzarsi. Troveranno le risposte alle loro domande nei propri modelli familiari, nelle dinamiche di genere che si svilupperanno alla scuola dell’infanzia, negli esempi proposti dai media nonché nelle aspettative di genere dell’ambiente in cui crescono. Ma è attraverso il confronto con gli altri bambini e bambine che essi svilupperanno la propria identità sociale di genere.

Il bambino sviluppa l’identità di genere con la quale si sente più sicuro e a suo agio. La scuola dell’infanzia offre la cornice adatta allo scopo, consentendo a tutti i bambini e le bambine, di riconoscere stereotipi di genere e di guardare con occhio critico a differenti ruoli maschili e femminili dettati dalla cultura e dalla tradizione. Le bambine e i bambini sviluppano idee differenziate e molteplici dei possibili ruoli maschili e femminili. Le insegnanti osservano questi processi nei gruppi, soprattutto quelli che incidono maggiormente sul singolo, riflettono le loro osservazioni e consentono ai bambini e alle bambine di costruire la propria individualità.

1.2.3 Bambini con diverso background culturale: formazione interculturale

Al giorno d’oggi i bambini crescono in un mondo contrassegnato dalla molteplicità caratterizzato da una grande molteplicità culturale e linguistica. Per potersi muovere e crescere in questo contesto bambini e adulti devono possedere competenze interculturali strettamente connesse con le competenze linguistiche. Ad esempio, per molti bambini di famiglie che presentano un background migratorio il plurilinguismo è un requisito ovvio e necessario, che non nasce da una decisione cosciente dei genitori o da una necessità formativa finalizzata all’acquisizione di un’altra lingua La formazione interculturale si esplica in una dimensione individuale e sociale. La disponibilità a mettersi apertamente in gioco con una cultura diversa implica accettare e rispettare la propria persona e nutrire sentimenti di appartenenza alla propria cultura. Acquisire una competenza interculturale significa in particolare dimostrare apertura mentale e curiosità sul piano culturale, sviluppare un orientamento plurilinguistico e la capacità di relazionarsi con l’estraneità. La com-petenza interculturale permette di maturare individualmente esperienze di vita e di conoscenza ed è nel contempo un requisito necessario per impostare rapporti pacifici e costruttivi fra persone singole e fra gruppi diversi con tradizioni linguistiche, culturali e religiose differenti. Acquisire una competenza interculturale è un obiettivo formativo e un impegno di crescita per i bambini e gli adulti della nostra provincia, ma anche per le persone che provengono da altri Paesi e si stabiliscono in Alto Adige. Attraverso il confronto interculturale si scoprono aspetti comuni e differenze, si concepiscono il plurilinguismo e la multiculturalità come un’opportunità per imparare assieme e reciprocamente. La pedagogia della molteplicità è una pedagogia che prende atto dei pregiudizi per affrontare e rispondere a concrete aspettative culturali. Attraverso l’incontro con coetanei di cultura e lingua diversa, il bambino impara a confrontarsi e a vivere spontaneamente con gli altri. Prova interesse e gioia nell’avvicinare e conoscere nuove culture e nuove lingue e cerca di comprenderle. Al tempo stesso il bambino si confronta con le proprie origini e riflette il proprio modo di vedere le cose e i propri schemi di comportamento.

1.2.4 Bambini con diverso background sociale

Il diverso background sociale delle famiglie determina grosse differenze fra i bambini, in particolare per quanto concerne le risorse finanziarie, le condizioni abitative e di vita, le esperienze quotidiane e le attività del tempo libero. Se da un lato i fattori di protezione, quali un buon clima familiare, gli stretti legami di amicizia, le abilità linguistiche o la presenza di sufficienti spazi di apprendimento e di esperienza, possono limitare i fattori di rischio, una condizione di povertà prolungata o di disoccupazione dei genitori tende ad aumentare il rischio di una condizione di indigenza prolungata. Situazioni familiari problematiche possono compromettere le opportunità di sviluppo e le capacità di apprendimento del bambino. Pertanto, i bambini in situazioni a rischio necessitano in modo particolare del sostegno della scuola dell’infanzia allo scopo di prevenire e ricostituire una situazione di equilibrio.

La scuola dell’infanzia contribuisce a sostenere le opportunità di apprendimento e di vita dei bambini di provenienza familiare e sociale svantaggiata, assicurando loro buone possibilità di crescita. È importante a questo scopo individuare quanto prima le situazioni familiari a rischio per garantire ai bambini un aiuto tempestivo e un sostegno duraturo, attivando una rete di collaborazioni che prevede anche il coinvolgimento dei servizi socio-sanitari e dei consultori del sistema formativo. Questa rete di sostegno ha il dovere di offrire gli aiuti necessari a contrastare preventi-vamente i rischi per la crescita. L’intervento pedagogico tiene conto delle molteplici competenze e delle strategie di elaborazione attivate dai bambini e dalle relative famiglie, promuovendo interventi mirati,e accuratamente programmati. Una responsabilità della scuola dell’infanzia è inoltre quella di promuovere le iniziative necessarie ad evitare che le famiglie socialmente ed economicamente disagiate ed i loro bambini vivano situazioni di discriminazione.

1.2.5 Bambini con doti particolari

I bambini con doti particolari possiedono un potenziale straordinario. Il talento si esprime in tutti gli ambiti dello sviluppo infantile; di regola però si manifesta in particolari dimensioni della personalità che toccano, soprattutto, la sfera motoria, emotiva, sociale, artistica e cognitiva.

Le insegnanti hanno il compito di rispondere in modo adeguato alle sfide originate dalle doti specifiche dei bambini, proponendo attività commisurate allo sviluppo e alle caratteristiche individuali. L’offerta di materiali e le proposte formative sono orientate alle specifiche necessità di apprendimento, agli interessi e alle preferenze del bambino. I bambini particolarmente dotati hanno bisogno di ricevere apprezzamento per ciò che fanno, proprio come gli altri bambini. L’interazione fra bambini con talenti e doti differenti e la vita comune offrono molteplici occasioni per migliorare la competenza sociale e ottimizzare i processi formativi organizzati.

Anche i bambini con doti particolari necessitano di un sostegno globale nei propri processi di sviluppo e di apprendimento. Tutti i settori di formazione e gli ambiti di sviluppo vanno tenuti in debita considerazione e gli obiettivi commisurati alle singole individualità e alle particolari necessità di apprendimento.

1.2.6 Bambini con disabilità e con sviluppo a rischio

Ci sono bambini che, durante la crescita, presentano evidenti situazioni a rischio o di deficit e che hanno bisogno pertanto di essere seguiti, sostenuti e stimolati.

Secondo il sistema internazionale di classificazione (ICF) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità si ha una disabilità quando la limitazione o la perdita di funzioni derivanti da una menomazione condizionano la vita del bambino. Un handicap, sempre secondo gli indici ICF, è invece una condizione di svantaggio intesa sostanzialmente come un fenomeno ambientale, che è possibile evitare o almeno limitare con interventi adeguati. Questa definizione sottende un concetto di persona incentrato sulle capacità e sulle potenzialità del singolo. Su questo principio si basa la diagnostica e la pratica pedagogica.

I bambini che presentano un accentuato rischio nello sviluppo vengono individuati nella scuola dell’infanzia e spesso già in famiglia per la particolarità del loro comportamento o per uno sviluppo insolito dovuto a molteplici fattori. La partecipazione di questi bambini alla vita di comunità è talvolta limitata o compromessa a causa della loro condizione.

Il principio della formazione inclusiva si è sviluppato positivamente in Alto Adige come risposta alla necessità di garantire il miglior sostegno possibile a questi bambini e bambine. Essa coinvolge tutti i bambini e mira a limitare le condizioni di svantaggio nella formazione. La partecipazione alla vita della comunità, nella quale ogni bambino o bambina è rispettato e apprezzato, è la premessa migliore per lo sviluppo di ogni individuo e consente di concepire la diversità come un arricchimento per l’apprendimento. Per ottenere questo tipo di partecipazione, è necessaria una stretta collaborazione fra la scuola dell’infanzia, la famiglia e i servizi socio-sanitari, nell’ambito della quale essi, partendo dalle rispettive competenze e prerogative, cooperano nella realizzazione di un progetto globale che si concretizza nella scuola dell’infanzia.

Le scuole dell’infanzia tengono conto delle situazioni assai diverse di bambini disabili e con sviluppo a rischio, attivando programmi differenziati di sostegno, che si possono realizzare efficacemente su tre livelli, per favorire la partecipazione senza riserve alla vita della comunità:

  1. prevenzione primaria: evitare l’insorgenza di problemi di sviluppo
  2. prevenzione secondaria: intervenire tempestivamente una volta individuati i rischi per lo sviluppo
  3. riabilitazione: intervenire in modo mirato in caso di disabilità.

Per poter seguire adeguatamente i bambini con sviluppo a rischio, oltre all’intervento pedagogico, sono fondamentali per la scuola dell’infanzia l’individuazione precoce, la cooperazione e l’attivazione di programmi di prevenzione secondaria. Molti di questi bambini hanno bisogno di indagini diagnostiche, della consulenza, del sostegno e dell’accompagnamento terapeutico da parte dei servizi specialistici.

L’accoglienza di bambini con disabilità implica un’accurata e tempestiva programmazione, approfonditi colloqui con la famiglia e con i servizi specialistici, una riflessione nella costituzione del gruppo e un progetto pedagogico comune. Inoltre questi bambini fruiscono di specifici sostegni terapeutici inclusi nell’offerta pedagogica della scuola dell’infanzia e ad essa strettamente correlati. Il personale pedagogico della scuola dell’infanzia, le famiglie e gli specialisti dei servizi programmano assieme le necessarie indagini diagnostiche, il percorso pedagogico all’interno del gruppo e gli interventi terapeutici. Ogni decisione viene illustrata nella massima trasparenza e deliberata di concerto fra le parti. Ogni anno viene elaborato il piano educativo/formativo individualizzato, frutto di questa collaborazione, e, al momento del passaggio alla scuola elementare, viene aggiornato il profilo dinamico funzionale.

Una percezione differenziata da parte di tutte le persone coinvolte nel processo di formazione, il confronto e la conoscenza delle possibilità di apprendimento del bambino costituiscono la base di partenza per la definizione di obiettivi formativi, per la programmazione degli interventi successivi, per seguire nel modo migliore il bambino nel suo percorso individuale di apprendimento, per garantire la possibilità di partecipazione a tutti i bambini e per realizzare di conseguenza una formazione inclusiva. La spregiudicatezza dei bambini nei confronti di bambini ed adulti affetti da disabilità apre la strada alla realizzazione del principio della formazione inclusiva.

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ActionAction Delibera 27 aprile 2009, n. 1181
ActionActionAllegato
ActionAction1. RIFERIMENTI TEORICI
ActionActionApprendimento e sviluppo infantile
ActionActionConcetto di formazione: formazione precoce nel contesto dell’apprendimento permanente
ActionAction1.1 La filosofia delle indicazioni provinciali
ActionAction1.2 Affrontare le diversità individuali e inclusione
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