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In vigore al: 04/10/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 274 del 10.03.1988
Disciplina transitoria in materia di organi delle Unità sanitarie locali

Sentenza (25 febbraio) 10 marzo 1988, n. 274; Pres. Saja - Red. Corasaniti
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso notificato il 19 febbraio 1986, depositato il 26 successivo ed iscritto al n. 4 del Registro ricorsi 1986, la Regione Trentino-Alto Adige ha promosso questione di legittimità costituzionale della l. 15 gennaio 1986 n. 4, pubblicata il 20 gennaio 1986, recante « Disposizioni transitorie nell'attesa della riforma istituzionale delle Unità sanitarie locali » per contrasto con l'art. 4 n. 7, del proprio Statuto.
Ad avviso della ricorrente, l'art. unico l. n. 4 del 1986, che « sostituisce » gli organi delle Unità sanitarie locali previsti dall'art. 15 comma 2 l. n. 833 del 1978, disporrebbe in materia di « ordinamento degli enti sanitari ed ospedalieri » di cui all'art. 4 n. 7 dello Statuto regionale, invadendo così la sfera di competenza della Regione. In particolare, il comma secondo, nel prevedere che le norme « incompatibili » con la nuova legge « sono abrogate », nonché l'obbligo per la Regione di adeguare la propria legislazione ai princìpi della nuova legge entro quarantacinque giorni dalla sua entrata in vigore, e di riformare nei successivi quarantacinque giorni gli organi di gestione delle Unità sanitarie locali « in conformità ai princìpi contenuti » nella legge medesima, configurerebbe un tipo di disciplina modellata sui rapporti tra legge statale e legge regionale nei riguardi delle Regioni a Statuto ordinario, ma che non potrebbe applicarsi nei confronti di una competenza legislativa primaria. A questo ultimo riguardo si soggiunge che la legge, visto il suo contenuto, non potrebbe considerarsi determinativa né di nuovi princìpi dell'ordinamento giuridico, ne di norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
Viene ulteriormente argomentato che l'applicazione rigida nella Regione della norma che impone la soppressione dell'assemblea delle Unità sanitarie locali e demanda le relative competenze al consiglio comunale, all'assemblea generale delle Comunità montane o all'assemblea dell'associazione intercomunale costituita secondo la procedura prevista dall'art. 25 d.P.R, n. 616 del 1977 comma 1 lett. a) da un lato impedirebbe lo svolgimento di quelle competenze ad opera dell'« ente di diritto pubblico di cui all'art. 7 d.P.R. 22 marzo 1974 n. 279 » tutte le volte in cui detto ente non sia una Comunità montana (artt. 1 e 4 l. reg. n. 6 del 1980), dall'altro imporrebbe alle Province di Trento e Bolzano di istituire necessariamente le Comunità montane o l'ente di diritto pubblico di cui al citato art. 7 d.P.R, n. 279 del 1974, o — in alternativa — alla Regione di prevedere forme associative comunali richieste da una norma (l'art. 25 d.P.R, n. 616 del 1977) che non la riguarderebbe.
Inoltre, le norme impugnate, sottraendo all'Assemblea, dell'Unità sanitaria locale, o all'organo chiamato a sostituirla, attribuzioni quali l'adozione di atti regolamentari o le convenzioni per l'erogazione di prestazioni sanitarie, e devolvendole a un ente (Comuni, associazioni di Comuni, ente di diritto pubblico di cui all'art. 7) su cui la Regione non ha potestà legislativa primaria, eroderebbero ancor più la competenza regionale, violando ancora una volta l'art. 4 n. 7 dello Statuto.
Si argomenta da ultimo che la l. n. 4 del 1996, con l'introdurre un limite tassativo del numero dei componenti l'assemblea delle associazioni comunali — stabilendo che esso non può superare quello dei componenti assegnati al Consiglio del Comune che abbia un numero di abitanti pari a quello dei Comuni associati — configurerebbe un « tetto » talmente rigido (diversamente da quanto disposto dall'art. 19 l. reg. n. 6 del 1980, che stabilisce all'uopo un numero più elevato di componenti) da impedire che nella Regione Trentino-Alto Adige ciascun Comune possa esservi rappresentato proporzionalmente alla sua popolazione. Tale conseguenza, si soggiunte, si evidenzierebbe ancor più nella Provincia di Bolzano, tenuto conto della salvaguardia dei princìpi della proporzionale etnico-linguistica e del principio del bilinguismo, garantito, nella specie, dai criteri di cui all'art. 23 comma 2 d.P.R. 1 febbraio 1973 n. 49.
2. Con atto di costituzione depositato il 10 marzo 1986, il Presidente del Consiglio dei ministri ha prodotto le sue controdeduzioni. L'Avvocatura eccepisce in primo luogo l'inammissibilità della questione. Viene osservato che la Regione Trentio-Alto Adige ha dato piena e completa attuazione, con la l. reg. n. 6 del 1980, ai princìpi stabiliti dagli artt. 10 e 15 l. n. 833 del 1978 ed ha previsto essa stessa (artt. 17-21) la costituzione di associazioni tra i Comuni della Regione per la gestione delle funzioni dirette alla tutela della salute », tenendo conto che l'art. 25 d.P.R. n. 616 del 1977 non è ad essa applicabile e la l. n. 4 del 1986 non tratterebbe temi o materie che già non siano stati disciplinati dalla l. n. 833 del 1978.
Il ricorso — così si argomenta ulteriormente — dovrebbe peraltro considerarsi infondato poiché la legge impugnata modifica, pur se transitoriamente, l'ordinamento delle Unità sanitarie locali istituito su tutto il territorio nazionale con la l. n. 833 del 1978 le cui norme sono state qualificate norme fondamentali delle riforme economico-sociali dalla sentenza n. 245 del 1984 della Corte costituzionale. Sicché dovrebbe escludersi la violazione dell'art. 4 n. 7 dello Statuto regionale, avendo del resto la Corte affermato che il limite del rispetto dei principi delle riforme economico-sociali della Repubblica non opera solo in senso negativo ma anche come presupposto positivo di competenza legislativa statale (sent. n. 37 del 1966).
L'Avvocatura esclude altresì che la natura giuridica delle Unità sanitarie locali corrisponda a quella degli « enti sanitari ed ospedalieri » di cui all'ari. 4 n. 7 d.P.R, n. 670 del 1982. Diversamente dagli enti previsti dalla l. n. 132 del 1982, cui lo Statuto speciale si riferisce implicitamente, le Unità sanitarie locali, come « strutture operative dei Comuni », ex artt. 10 e 5 l. n. 833 del 1978, farebbero parte delle strutture di detti enti, il cui ordinamento è oggetto di competenza regionale concorrente ex art. 5 n. 1 dello Statuto stesso. Né le Unità sanitarie locali potrebbero annoverarsi fra gli enti dipendenti dalle Regioni — ed essere, come tali, oggetto di potestà legislativa primaria — giacché l'esigenza di tutelare l'autonomia comunale, particolarmente garantita dagli artt. 128-130 Cost., varrebbe anche nei confronti di esse. E si richiama da ultimo la necessità di assicurare con legge dello Stato l'esigenza di perseguire l'eguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio sanitario sull'intero territorio nazionale.
 
Considerato in diritto: 1. La Regione Trentino-Alto Adige ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale dell'art. unico l. 15 gennaio 1986 n. 4 (Disposizioni transitorie nell'attesa della riforma istituzionale delle Unità sanitarie locali), in riferimento all'ari. 4 n. 7 dello Statuto speciale per la detta Regione.
2. La legge impugnata, in attesa della riforma istituzionale delle Unità sanitarie locali, ha nuovamente disciplinato gli organi delle medesime, quali erano previsti dal comma 2 art. 15 l. 23 dicembre 1978 n. 833, stabilendo fra l'altro:
1) che è soppressa l'assemblea generale e che le relative competenze sono svolte dal consiglio comunale o dall'assemblea generale della Comunità montana, o dall'assemblea generale dell'associazione intercomunale costituita, secondo le procedure previste dall'art. 25 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 (vi è, cioè, sostituzione degli organi delle Unità sanitarie locali con quelli di uno degli enti suindicati, l'ultimo dei quali — associazione intercomunale — nasce, su promozione della Regione, per raggruppamento fra Comuni secondo ambiti territoriali adeguati alla gestione dei servizi sanitari e sociali);
2) che il numero dei componenti dell'assemblea è determinato dalla Regione, ma non può superare quello dei componenti assegnati al consiglio di un Comune, che abbia un numero di abitanti pari a quello dei Comuni associati;
3) che l'organo assembleare, su proposta del comitato di gestione (composto da cinque o da sette membri eletti dall'organo assembleare fra cittadini aventi esperienza di direzione e amministrazione) delibera, entro un termine, in tema di bilancio preventivo, suo assestamento e conto consuntivo; spese che vincolano il bilancio oltre l'anno; adozione complessiva delle piante organiche; convenzioni di cui all'art. 44 l. n. 833 del 1978 (convenzioni con istituzioni sanitarie private e con aziende termali).
3. La ricorrente formula in via principale l'ipotesi che la disciplina così introdotta non sia applicabile alle Regioni ad autonomia speciale.
Per l'ipotesi di ravvisata applicabilità, afferma che la disciplina è lesiva della potestà legislativa primaria attribuita ad essa Regione in tema di ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri.
In particolare osserva:
che la soppressione dell'assemblea delle Unità sanitarie locali e la sua sostituzione con gli organi assembleari degli enti come indicati dalla legge, oltre ad incidere in materia di sua competenza primaria, non comprende, e quindi esclude, la possibilità che le funzioni assembleari siano esercitate dagli organi di un ente istituito in luogo delle Comunità montane ai sensi dell'art. 7 d.P.R. 22 marzo 1974 n. 279 (come avvenuto ad opera della Provincia di Trento, che ha istituito i comprensori) e comunque obbliga le Province a istituire le Comunità montane o in luogo di esse altro ente ai sensi dell'art. 7 ora citato, oppure obbliga la Regione a procedere a una riorganizzazione dell'assetto locale prevedendo forme associative comunali previste da una disposizione (l'art. 25 d.P.R. n. 616 del 1977) che, essendo dettata per le Regioni ordinarie, non riguarda essa ricorrente;
che la limitazione della competenza dell'organo assembleare a specifici oggetti e la prefissione di un termine per deliberare contrasta con la disciplina regionale, in quanto da un lato sbilancia i rapporti fra tale organo e il comitato di gestione, dall'altro sposta le attribuzioni già dell'organo assembleare delle Unità sanitarie locali, cioè di un ente sanitario od ospedaliere sul cui ordinamento la Regione ha competenza primaria, all'organo assembleare di un ente sul cui ordinamento la Regione non ha competenza primaria, con la conseguenza di una ulteriore erosione della competenza regionale;
che la limitazione del numero dei componenti l'organo assembleare rende impossibile assicurare una rappresentanza di ciascun Comune proporzionale alla sua popolazione con la garanzia di almeno un rappresentante per Comune, e rende altresì impossibile osservare i princìpi, statutariamente stabiliti, della proporzionale etnica e del bilinguismo (art.19 l. reg. Trentino-Alto Adige n. 6 del 1980).
4. L'ipotesi che la legge impugnata non si estenda alle Regioni a statuto speciale è contraddetta dal n. 2 dell'art, unico impugnato, là dove si precisa da un lato che sono abrogate immediatamente le norme incompatibili, così facendosi implicito riferimento alla normativa statale, e dall'altro si fa obbligo alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano di adeguare la propria legislazione ai princìpi recati da essa legge, così facendosi espresso riferimento alle normative regionali senza distinzione fra autonomia ordinaria ed autonomia speciale.
Ciò posto, deve ritenersi che la questione non è fondata. I princìpi della legge impugnata (tenuto conto anche dei lavori parlamentari, nella IX legislatura, sull'originario disegno di legge presentato dal Ministro della sanità il 24 novembre 1984 e sullo stralcio deliberato dalla Camera dei deputati) sono individuabili nel più stretto collegamento del governo della Unità sanitarie locali ai Comuni o ad enti associativi a base comunale, con la connessa responsabilità dei relativi organi politici in ordine al detto governo, nel più accentuato proporzionamento fra ambiti territoriali e gestione dei servizi sanitari, nello snellimento degli organi e nell'accelerzione dei processi decisionali, anche mediante l'articolazione fra proposta del comitato di gestione e deliberazione assembleare. Si tratta di princìpi che toccano aspetti essenziali e qualificanti della riforma del servizio sanitario introdotta con la l. n. 833 del 1978, come sono la democraticità e l'efficienza del governo del servizio sanitario, contemperandone le rispettive esigenze. Pertanto tali princìpi costituiscono norme fondamentali di grande riforma economico-sociale (cfr., per la qualificazione in tal senso di una analoga norma modificativa della riforma sanitaria, la recente sentenza n. 107 del 1987). Né vi osta che si tratti di un assetto considerato dalla stessa legge come un definitivo (« in attesa della riforma istituzionale delle Unità sanitarie locali »), poiché ciò non toglie che esso sia stato adottato ai fini della realizzazione della riforma sanitaria: le grandi riforme economico-sociali non sempre si realizzano attraverso un solo atto, ma sovente attraverso più interventi del legislatore, tutti necessari alla riforma perseguita.
Rimane così privo di rilievo — poiché al limite del rispetto delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica soggiacciono anche le competenze esclusive della Regione Trentino-Alto Adige — il problema se sia pertinente la invocazione, da parte della Regione, della propria competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri, o se invece debba farsi riferimento ad altra competenza regionale concorrente, tenuto conto anche della definizione dell'Unità sanitaria locale quale struttura operativa dei Comuni, singoli o associati, e delle Comunità montane, data dall'art. 15 comma 1 l. n. 833 del 1978.
Va soggiunto che alcune delle compressioni specificamente segnalate non sono neppure ipotizzabili. Non sorgono, ad esempio, vincoli alle Regioni nel senso della istituzione delle Comunità montane (cui devono peraltro ritenersi parificati, ai fini dei quali si tratta, gli enti istituiti in luogo di esse ai sensi dell'art. 7 d.P.R. n. 279 del 1974, recante norme di attuazione dello Statuto Trentino-Alto Adige), sufficiente essendo il rispetto del principio dell'adeguamento fra ambiti territoriali e gestione del servizio sanitario. Quanto all'impossibilità, per effetto della imposizione di un limite massimo al numero dei componenti l'organo assembleare, di assicurare una rappresentanza di ciascun Comune proporzionale alla sua popolazione, con la garanzia di almeno un rappresentante per ciascun Comune, è da osservare che tale garanzia non è richiesta da alcuna norma statutaria né costituzionale. Mentre, quanto ai princìpi, certo statutariamente garantiti, della proporzionale etnica e del bilinguismo, non si vede come essi possano esser lesi dalla imposizione di un limite massimo purchessia al numero dei componenti gli organi assembleari.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. unico l. 15 gennaio 1986 n. 4 (Disposizioni transitorie nell'attesa della riforma istituzionale delle Unità sanitarie locali), sollevata, in riferimento all'art. 4 n. 7 dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige, dalla detta Regione con il ricorso in epigrafe.
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