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In vigore al: 04/10/2016

Corte costituzionale - sentenza 9 aprile 2014, n. 99
Legittimità del principio statale della gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle P.A. ai titolari di cariche elettive, ad esclusione del mero rimborso delle spese ( legge 30 luglio 2010, n. 122)

Sentenza 9 aprile 2014 (16 aprile 2014); n. 99; Pres. Silvestri, Red. Mattarella.

 

Ritenuto in fatto 1.– Con ricorso notificato il 28 settembre 2010, depositato nella cancelleria di questa Corte il 5 ottobre 2010 ed iscritto al n. 99 del registro ricorsi dell’anno 2010, la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose disposizioni del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122.

L’impugnato d. l. n. 78 del 2010, nell’adottare misure intese a stabilizzare la finanza pubblica e a favorire lo sviluppo della competitività economica, dedica il suo Capo II alla «Riduzione del costo degli apparati politici ed amministrativi» e detta, con il censurato art. 5, una disciplina relativa a economie di spesa «negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici».

1.1.– La presente questione ha ad oggetto unicamente il comma 5 dell’art. 5 del d. l. n. 78 del 2010, impugnato dalla Provincia autonoma in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, nonché agli artt. 79 e 104, primo comma, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

L’art. 5, comma 5, dispone che, «Ferme le incompatibilità previste dalla normativa vigente, nei confronti dei titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196» – vale a dire dalle amministrazioni inserite nel conto economico consolidato – «inclusa la partecipazione a organi collegiali di qualsiasi tipo, può dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute»; e continua stabilendo che «eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta».

1.2.– La ricorrente Provincia autonoma di Bolzano deduce la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., atteso che, in materia di potestà legislativa concorrente «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», la disposizione impugnata imporrebbe un vincolo puntuale relativo ad una singola voce di spesa, ledendo correlativamente l’autonomia finanziaria dell’ente territoriale.

Viene altresì lamentata la violazione dell’art. 79 del d.P.R. n. 670 del 1972. Osserva infatti la ricorrente che il parametro evocato prevede che la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, le Province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali trentini, nonché gli enti pubblici ad essi collegati, sono sottratti alle misure di coordinamento finanziario che valgono per le Regioni e gli altri enti nel restante territorio nazionale e che «Le disposizioni statali relative all’attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarietà, nonché al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilità interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo […]». Da ciò seguirebbe il contrasto tra la disposizione impugnata e detto art. 79, in quanto la prima troverebbe diretta applicazione anche alla Provincia autonoma di Bolzano, senza differenziarne la posizione rispetto alle Regioni del restante territorio nazionale.

Con un terzo ordine di doglianze, l’art. 5, comma 5, del d. l. n. 78 del 2010 è censurato per violazione dell’art. 104, primo comma, del d.P.R. n. 670 del 1972, che ammette modifiche del quadro statutario concernente l’autonomia finanziaria della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di Bolzano ad opera del legislatore statale solo «su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province», atteso che, in assenza del previo consenso richiesto dal predetto art. 104, primo comma, la norma impugnata imporrebbe obblighi per determinate voci di spesa a carico della Provincia autonoma ricorrente, nonché degli enti locali situati nel territorio provinciale.

2.– Con atto depositato nella cancelleria di questa Corte il 4 novembre 2010, si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, nel merito, infondato.

Ad avviso della difesa dello Stato, il comma 5 dell’art. 5 dell’impugnato d. l. n. 78 del 2010 sarebbe immune dalle censure mosse dalla ricorrente, atteso che, ponendo una regola «generalissima ed uguale per tutta la P.A.», esprimerebbe un principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica».

L’Avvocatura generale dello Stato deduce altresì che la disposizione impugnata, essendo rivolta ai titolari di cariche elettive e stabilendo, per essi, «una particolare incompatibilità», oltre che costituire un principio di «coordinamento della finanza pubblica», rientrerebbe nella potestà legislativa statale di cui all’art. 122, primo comma, Cost., che demanda allo Stato di stabilire i princípi fondamentali in materia di «sistema di elezione e […] casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali […]».

3.– Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica del 23 novembre 2011, la difesa dello Stato afferma poi, senza fornire una motivazione al riguardo, che le previsioni del comma 5 dell’art. 5 «attengono all’ordinamento civile».

4.– Con memoria depositata nella cancelleria di questa Corte il 4 febbraio 2014, il resistente Presidente del Consiglio dei ministri richiama integralmente il contenuto dell’atto di costituzione in giudizio del 4 novembre 2010, ribadendo le conclusioni già precedentemente rassegnate, e chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o, nel merito, infondato.

4.1.– Afferma, anzitutto, la difesa dello Stato l’esigenza di contestualizzare l’esame dell’impugnato art. 5, comma 5, del d. l. n. 78 del 2010 nel quadro del grave momento storico che giustificherebbe l’adozione di norme restrittive volte a tutelare l’equilibrio finanziario e di bilancio. A tal fine risponderebbe la disposizione censurata dalla Provincia autonoma di Bolzano.

Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la Corte costituzionale avrebbe già ricondotto le disposizioni contenute nel d. l. n. 78 del 2010 alla preminente necessità di contenere la spesa pubblica a fini di stabilizzazione finanziaria, senza che ciò contraddica i requisiti di necessità ed urgenza, attese le esigenze di programmazione pluriennale delle politiche di bilancio (sentenza n. 310 del 2013).

4.2.– Sempre in via preliminare, richiamando il contenuto dell’atto di costituzione, l’Avvocatura dello Stato eccepisce inoltre la tardività del ricorso, in quanto proposto avverso disposizioni del d. l. n. 78 del 2010 non modificate in sede di conversione e che, quindi, avrebbero dovuto essere impugnate nel termine di cui all’art. 127, secondo comma, Cost., decorrente dalla data di pubblicazione del decreto-legge.

4.3.– Nel merito, quanto alle singole censure, osserva la difesa dello Stato che, attesa l’eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, l’impugnato art. 5, comma 5, del d. l. n. 78 del 2010, introduce «economie negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici» – come reca la rubrica dell’articolo censurato – stabilendo: la gratuità di qualsiasi incarico conferito dalla pubblica amministrazione, inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo, salvo il rimborso delle spese sostenute, e la limitazione a 30 euro di eventuali gettoni di presenza.

Afferma il resistente Presidente del Consiglio dei ministri che, in relazione alle richiamate disposizioni, la Provincia autonoma di Bolzano deduce la lesione della propria autonomia statutaria, patrimoniale e finanziaria (Titolo VI dello statuto speciale), nonché della propria autonomia di spesa garantita dall’art. 119 Cost., poiché il legislatore statale avrebbe dettato condizioni e limitazioni di dettaglio, che precluderebbero l’esercizio della potestà legislativa concorrente della Provincia. Al riguardo, la difesa dello Stato controdeduce che la norma impugnata non violerebbe in alcun modo i parametri costituzionali e statutari evocati, atteso che essa risponderebbe ad esigenze di coordinamento della finanza pubblica e di equilibrio di bilancio, rispettivamente tutelate dall’art. 117, terzo comma, Cost. e dall’art. 81, primo comma, Cost.

In particolare, la disposizione impugnata riguarderebbe i titolari di cariche elettive, e sarebbe pertanto riconducibile alla «materia dell’ordinamento elettorale, nella specie provinciale, di sicura spettanza legislativa statale (artt. 117 e 122 Cost.; art. 47 d.P.R. n. 670/72)»; né – rileva la difesa erariale – risulta stipulato l’accordo con lo Stato ai sensi dell’art. 79 dello statuto circa il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, e pertanto troverebbe applicazione «la normativa costituzionale generale».

L’Avvocatura dello Stato richiama infine la sentenza n. 151 del 2012 della Corte costituzionale, che ha espressamente qualificato la norma impugnata come principio fondamentale di«coordinamento della finanza pubblica», dichiarando conseguentemente non fondate le questioni sollevate dalle Regioni Puglia e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste; da ciò seguirebbe anche l’infondatezza della questione promossa nel presente giudizio.

5.– Con memoria depositata in data 3 marzo 2014 nella cancelleria di questa Corte, la ricorrente Provincia autonoma di Bolzano, richiamando integralmente quanto già esposto in atti, ha ribadito le conclusioni precedentemente rassegnate, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

5.1.– In via preliminare, quanto all’eccezione sollevata dalla difesa dello Stato circa l’asserita tardività del ricorso, perché proposto avverso disposizioni non modificate dalla legge di conversione del decreto-legge e quindi, stante la loro immediata lesività, suscettibili di autonoma impugnazione, la ricorrente richiama la giurisprudenza costituzionale che ha ripetutamente affermato l’ammissibilità di questioni concernenti disposizioni contenute in un decreto-legge proposte soltanto successivamente alla conversione in legge (sono menzionate le sentenze n. 215 del 2012, n. 207 e n. 205 del 2011).

5.2.– Nel merito, la Provincia autonoma di Bolzano rileva l’incidenza sull’autonomia di spesa della disposizione impugnata, la quale si porrebbe in contrasto con la giurisprudenza costituzionale che ammette la fissazione di un limite alla spesa delle Regioni, ritenendo che lo stesso sia compatibile con la natura di norma di principio che deve assistere l’espressione della potestà legislativa statale in materia di «coordinamento della finanza pubblica» (sentenze n. 221 del 2013 e n. 262 del 2012). Osserva infatti la ricorrente che, nel caso di specie, non vi sarebbe modo di interpretare la disposizione impugnata come volta a fissare un tetto complessivo di spesa all’interno del quale la Provincia è ammessa a individuare le specifiche misure e i puntuali tagli da effettuare per conseguire gli obiettivi imposti dallo Stato, atteso che il legislatore statale avrebbe già individuato il mezzo mediante cui conseguire il fine del contenimento della spesa, ovvero la gratuità dell’incarico, il quale, escludendo qualunque remunerazione, non consentirebbe alcun intervento specificativo provinciale, violando in tal modo la competenza concorrente della Provincia autonoma.

5.3.– Con un secondo ordine di argomenti, ribadendo quanto dedotto nel ricorso, la Provincia autonoma di Bolzano censura la disposizione impugnata per violazione dell’art. 79 dello statuto di autonomia, il quale – come sostituito dall’art. 2, comma 107, lettera h), della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), in esito al cosiddetto “Accordo di Milano” (sottoscritto il 30 novembre del 2009 tra i Ministri dell’economia e delle finanze e per la semplificazione normativa e i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano) – stabilisce, tra l’altro, che le Province autonome di Trento e di Bolzano «concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà e all’esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonché all’assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall’ordinamento comunitario, dal patto di stabilità interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale» soltanto mediante specifiche misure dettagliatamente individuate, disciplinando ogni aspetto del concorso provinciale agli obiettivi finanziari ed escludendo che lo Stato possa imporre obblighi di diversa natura e consistenza, al di fuori del regime pattizio previsto dagli artt. 103 e 104 dello statuto, salva la sola l’ipotesi – che non ricorrerebbe nella specie – dell’intervento concordato tra Stato e Provincia.

Considerato in diritto 1.– La Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119, della Costituzione, e agli artt. 79 e 104, primo comma, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 5, del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122.

Ad avviso della ricorrente, la disposizione impugnata imporrebbe un vincolo puntuale relativo ad una singola voce di spesa, ledendo, in tal modo, gli evocati parametri costituzionali e statutari.

2.– In via preliminare, occorre osservare che i giudizi avverso il d. l. n. 78 del 2010 sono stati promossi dalla Provincia autonoma di Bolzano sulla base di una delibera adottata in via d’urgenza dalla Giunta, ai sensi dell’articolo 44, numero 5), dello statuto speciale. In tali casi, gli atti di ratifica dei rispettivi Consigli devono intervenire ed essere prodotti in giudizio non oltre il termine di costituzione della parte ricorrente (sentenza n. 142 del 2012).

Nel caso di specie non rileva la tempestività di siffatta ratifica e del relativo deposito in quanto questa Corte ha più volte ribadito che per i ricorsi promossi prima della citata sentenza sussistono gli estremi dell’errore scusabile già riconosciuto in ipotesi del tutto analoghe, in ragione del fatto che tale profilo di inammissibilità a lungo non è stato rilevato, sì da ingenerare affidamento nelle parti in ordine a una interpretazione loro favorevole (sentenze n. 219 del 2013, n. 203, n. 202, n. 178 e n. 142 del 2012).

Il ricorso è perciò, sotto tale profilo, ammissibile.

3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha dedotto l’inammissibilità della questione sollevata per l’asserita tardività del ricorso, in quanto proposto avverso disposizioni del d. l. n. 78 del 2010 non modificate in sede di conversione. Queste ultime, quindi, secondo l’Avvocatura dello Stato, avrebbero dovuto essere impugnate, in quanto immediatamente lesive delle competenze regionali, nel termine di cui all’art. 127, secondo comma, Cost., decorrente dalla data di pubblicazione del decreto-legge.

L’eccezione è priva di fondamento.

È infatti principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che, qualora la Regione ritenga lese le proprie competenze costituzionali da un provvedimento provvisorio quale il decreto-legge, può impugnarlo nei termini previsti, oppure riservarsi di impugnare soltanto la legge di conversione, che rende permanente e definitiva la normativa precariamente dettata con il decreto-legge e che, pertanto, sia che lo modifichi, sia che ne riproduca invariato il contenuto, reitera, con la sola novazione della fonte, la lesione da cui deriva l’interesse a ricorrere della Regione (sentenze n. 215, n. 173, n. 151 e n. 139 del 2012, n. 232, n. 207 e n. 205 del 2011, n. 430 del 2007 e n. 383 del 2005).

Deve, pertanto, riconoscersi la tempestività dell’impugnazione, pur se relativa a disposizioni del d. l. n. 78 del 2010 non modificate in sede di conversione.

4.– Secondo il resistente Presidente del Consiglio dei ministri la disposizione impugnata troverebbe anzitutto giustificazione nella necessità di far fronte a difficoltà economiche in cui versa l’Italia, di così eccezionale gravità da mettere a repentaglio la stessa salus rei publicae e da consentire, perciò, deroghe temporanee, poste in via d’urgenza da Governo e Parlamento, alle regole costituzionali di distribuzione delle competenze fra Stato e Regioni.

A sostegno di tale assunto – avanzato, nell’atto di costituzione in giudizio e nelle memorie successive, con riguardo a tutte le disposizioni impugnate – la parte resistente invoca i princípi fondamentali della solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.), dell’uguaglianza economica e sociale (art. 3, secondo comma, Cost.), dell’unitarietà della Repubblica (art. 5 Cost.), della responsabilità internazionale dello Stato (art. 10 Cost.) dell’appartenenza all’Unione europea (art. 11 Cost.) ed i princípi del concorso di tutti alle spese pubbliche (art. 53 Cost.), di sussidiarietà (art. 118 Cost.), della responsabilità finanziaria (art. 119 Cost.), della tutela dell’unità giuridica ed economica (art. 120 Cost.) e gli «altri doveri espressi dalla Costituzione (artt. 41-47, 52, 54)».

In proposito, occorre osservare che questa Corte ha già affermato che le richiamate disposizioni costituzionali non attribuiscono allo Stato il potere di derogare alle competenze delineate dal Titolo V della Parte seconda della Costituzione. Al contrario, anche nel caso di situazioni eccezionali, lo Stato è tenuto a rispettare tale riparto di competenze ed a trovare rimedi che siano con esso compatibili (ad esempio, mediante l’esercizio, in via di sussidiarietà, di funzioni legislative di spettanza regionale, nei limiti ed alle condizioni più volte sottolineate dalla Corte). La Costituzione esclude che una situazione di necessità possa legittimare lo Stato ad esercitare funzioni legislative in modo da sospendere le garanzie costituzionali di autonomia degli enti territoriali, previste, in particolare, dall’art. 117 Cost.

Né può sostenersi che la sentenza n. 310 del 2013 – richiamata dalla difesa dello Stato nella memoria depositata il 4 febbraio 2014 – abbia in alcun modo legittimato, in via d’urgenza, una sorta di ulteriore estensione dei titoli competenziali dello Stato in materia di «coordinamento della finanza pubblica», essendosi questa Corte limitata a dichiarare la conformità a Costituzione delle disposizioni contenute nel d. l. n. 78 del 2010 – censurate in quel giudizio – osservando, tra l’altro, che esse appaiono del tutto coerenti con le finalità, perseguite dal provvedimento d’urgenza, di contenimento della spesa pubblica, le quali consentono «la protrazione nel tempo – anche se non senza limiti − delle misure previste», senza contraddire «la sussistenza della necessità ed urgenza, attese le esigenze di programmazione pluriennale delle politiche di bilancio».

Va pertanto ribadita, secondo quanto già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, l’inderogabilità dell’ordine costituzionale delle competenze legislative, anche nel caso in cui ricorrano le situazioni eccezionali prospettate dall’Avvocatura generale dello Stato (sentenze n. 151 e n. 148 del 2012).

5.– Passando all’esame delle singole censure, ad avviso della ricorrente la disposizione impugnata, introducendo vincoli puntuali relativi ad una singola voce di spesa lederebbe, anzitutto, la competenza della Provincia autonoma di Bolzano in materia di «coordinamento della finanza pubblica» e, correlativamente, l’autonomia finanziaria garantita dall’art. 119 Cost.

Secondo la difesa dello Stato, il comma 5 dell’art. 5 del d. l. n. 78 del 2010 sarebbe invece costituzionalmente legittimo perché, ponendo una regola «generalissima ed uguale per tutta la P.A.», esprimerebbe un principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica».

La questione non è fondata.

5.1.– Questa Corte, con la sentenza n. 151 del 2012, ha espressamente qualificato la norma impugnata come principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica», ascrivibile alla competenza legislativa dello Stato, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., affermando, tra l’altro, che «il comma denunciato introduce il principio di gratuità di tutti gli incarichi conferiti dalle indicate pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive (inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo), in forza del quale i soggetti che svolgono detti incarichi hanno diritto esclusivamente al rimborso delle spese sostenute». A detto principio – secondo la giurisprudenza di questa Corte – risponde anche la previsione che gli «eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30 euro a seduta», posta l’esiguità di tale limite (sentenza n. 151 del 2012, punto 7.1.2. del Considerato in diritto).

Dalla qualificazione della norma censurata come principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica» segue la non fondatezza delle censure prospettate in riferimento agli art. 117, terzo comma, e – correlativamente – 119 Cost.

5.2.– Parimenti non fondate sono le censure mosse dalla ricorrente Provincia autonoma di Bolzano in riferimento agli artt. 79 e 104, primo comma, del d.P.R. n. 670 del 1972.

In base al comma 4 (secondo periodo) del richiamato art. 79, la Provincia autonoma è infatti tenuta, per espresso vincolo statutario, ad adeguare la propria legislazione «ai princípi costituenti limiti» ai sensi dell’art. 5 dello stesso statuto, cioè ai princípi «stabiliti dalle leggi dello Stato».

Nella specie, la normativa statale censurata – come si è visto – introduce un principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica», il quale – in quanto posto dalla legge dello Stato – costituisce un limite applicabile alla legislazione provinciale, senza necessità che venga previamente attivata la procedura legislativa concordata tra Governo e Provincia, prevista dall’art. 104, primo comma, dello statuto, per la modifica delle misure amministrative finalizzate ad assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, adottate dalla Provincia in applicazione dell’accordo tra Provincia autonoma e Ministro dell’economia e delle finanze di cui al comma 3 dell’art. 79 del medesimo statuto.

Detto articolo – come sostituito dall’art. 2, comma 107, lettera h), della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2010), in esito al cosiddetto “Accordo di Milano” (sottoscritto il 30 novembre del 2009 tra i Ministri dell’economia e delle finanze e per la semplificazione normativa e i Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano) – costituisce – come afferma la stessa ricorrente – attuazione del principio dell’accordo per regolare la partecipazione delle Province autonome di Trento e di Bolzano al concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Al riguardo, occorre ricordare che questa Corte, in più pronunce, ha riconosciuto detti accordi quale strumento «ormai consolidato […] per conciliare e regolare in modo negoziato il doveroso concorso delle Regioni a statuto speciale alla manovra di finanza pubblica e la tutela della loro autonomia finanziaria, costituzionalmente rafforzata» (ex plurimis, sentenze n. 118 del 2012; n. 82 del 2007; n. 353 del 2004), atteso che «il contenuto dell’accordo deve essere compatibile con il rispetto degli obiettivi del patto di stabilità, della cui salvaguardia anche le Regioni a statuto speciale devono farsi carico e contemporaneamente deve essere conforme e congruente con le norme statutarie della Regione» (sentenza n. 118 del 2012).

Nondimeno, la previsione del comma 3 del richiamato art. 79, in base alla quale la Provincia autonoma di Bolzano concorda con lo Stato «gli obblighi relativi al patto di stabilità interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo» vale soltanto a regolare la partecipazione della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di Bolzano al concorso agli obiettivi di finanza pubblica nell’ambito del patto di stabilità, anche mediante l’eventuale modificazione del Titolo VI dello statuto di autonomia, proprio come avvenuto con il richiamato “Accordo di Milano”. Detta previsione, di per sé, non determina pertanto alcuna modificazione dei limiti a cui è soggetta la legislazione provinciale, giusto il combinato disposto degli artt. 4 e 5 dello statuto di autonomia, tra i quali non possono non annoverarsi i principi di «coordinamento della finanza pubblica».

Ne consegue che le modalità positivamente determinate, mediante le quali le Province autonome di Trento e di Bolzano concordano con il Ministro dell’economia gli obiettivi di finanza pubblica, non valgono a sottrarre le Province autonome stesse all’obbligo di adeguamento della legislazione provinciale ai principi di «coordinamento della finanza pubblica».

Al riguardo, come già affermato da questa Corte, occorre quindi ribadire che l’art. 79 dello statuto speciale «detta una specifica disciplina riguardante il solo patto di stabilità interno; per le altre disposizioni in materia di coordinamento della finanza pubblica, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome si conformano alle disposizioni legislative statali, legiferando entro i limiti stabiliti dallo statuto, in particolare agli articoli 4 e 5» (sentenza n. 221 del 2013).

 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riservata a separate pronunce la decisione delle ulteriori questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Provincia autonoma di Bolzano con il ricorso indicato in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 5, del decreto- legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 della Costituzione e agli artt. 79 e 104, primo comma, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), dalla Provincia autonoma di Bolzano con il ricorso indicato in epigrafe.

 

 

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