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In vigore al: 04/10/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 2 del 09.01.1996
Omessa inclusione delle opere pubbliche statali tra quelle per le quali non è richiesta la concessione edilizia

Sentenza (8 gennaio) 9 gennaio 1996, n. 2; Pres. Ferri – Red. Mirabelli

 
Ritenuto in fatto: 1. Con ordinanza emessa il 25 febbraio 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale il 3 gennaio 1995) nel corso di un giudizio promosso dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato nei confronti del Comune di Merano e della Provincia autonoma di Bolzano - diretto ad ottenere l'annullamento sia del diniego di rilascio, da parte del Sindaco di Merano, della concessione edilizia per lavori nella stazione ferroviaria che dell'art. 13 del regolamento di esecuzione delle leggi urbanistiche provinciali—, il Consiglio di Stato ha sollevato, in riferimento agli artt. 4 e 8 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, secondo comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano 23 giugno 1970, n. 20 (Approvazione del testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico). L'art. 24 del testo unico prevede, al primo comma, che chiunque intenda eseguire nuove costruzioni deve chiedere apposita licenza al sindaco del comune; stabilisce, al secondo comma, che la licenza edilizia è pure richiesta «per le opere da eseguirsi sui terreni demaniali, ad eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale». Quest'ultima disposizione sarebbe in contrasto con un principio generale dell'ordinamento giuridico dello Stato in materia urbanistico-edilizia, nella parte in cui, limitando l'eccezione alle sole opere di difesa nazionale, non comprende tra quelle sottratte al regime della licenza, ora della concessione edilizia, anche le opere pubbliche di competenza statale o di interesse nazionale.
I lavori considerati nel processo principale riguardano modificazioni edilizie nella stazione, che il Consiglio di Stato considera opera ferroviaria ed in quanto tale opera pubblica statale o di interesse nazionale.
Ad avviso del giudice rimettente, la legislazione urbanistico-edilizia statale avrebbe sempre escluso per tali opere la necessità di una concessione del comune. Già con l'art. 29 della legge urbanistica (17 agosto 1942, n. 1150) si prevedeva in questi casi che fosse il Ministro dei lavori pubblici ad accertare la conformità dell'opera agli strumenti urbanistici. La legislazione successiva ha preordinato, in generale, procedimenti di intesa tra l'amministrazione competente per l'opera pubblica ed il comune; indicando anche l'autorità che decide se non si raggiunge l'intesa (art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616). Per le opere ferroviarie è inoltre previsto che l'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato accerti, d'intesa con le regioni le quali devono sentire gli enti locali interessati, la conformità delle opere da eseguire alle prescrizioni delle norme e degli strumenti urbanistici (art. 10 della legge 12 febbraio 1981, n. 17). Un'analoga procedura di verifica, basata sulla comunicazione dei progetti alle regioni ed agli enti locali interessati e su eventuali intese, è prevista per le opere comprese nel piano generale dei trasporti (art. 25 della legge 17 maggio 1985, n. 210, istitutiva dell'ente Ferrovie dello Stato).
I principi che si possono ricavare da questa disciplina sarebbero: il coordinamento tra l'opera pubblica da realizzare e la pianificazione territoriale; il venir meno degli ordinari poteri comunali in materia urbanistica per le opere pubbliche di altre amministrazioni. Quest'ultimo principio ne rispecchierebbe uno più generale dell'ordinamento giuridico dello Stato, per il quale l'autorità preposta ad una funzione deve avere i poteri occorrenti per esercitarla. Quando pubbliche funzioni comportano la realizzazione di un manufatto edilizio, necessariamente compreso nel territorio di un ente locale, verrebbero meno gli ordinari poteri di governo urbanistico-edilizio dell'ente territoriale. Ad avviso del giudice rimettente, l'evoluzione legislativa porterebbe da una procedura che vede il Ministro sostituire il comune, a forme di partecipazione mediante intese tra le amministrazioni interessate. Ma non si potrebbe rovesciare la situazione, attribuendo al comune il potere di condizionare, con la propria determinazione sulla concessione edilizia, le funzioni e le decisioni rimesse ad altre autorità.
Ad avviso del Consiglio di Stato, il principio per il quale non spetta al comune il potere di concessione edilizia per le opere pubbliche di competenza statale o di interesse nazionale sarebbe da classificare tra i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, in armonia con i quali deve essere esercitata la potestà legislativa attribuita alla Provincia autonoma di Bolzano in materia urbanistica. La norma denunciata, non rispettando questo limite, sarebbe in contrasto con gli artt. 4 e 8 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige.
La rilevanza della questione di legittimità costituzionale è motivata considerando che il ricorso dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato si fonda solo sulla carenza del potere di concessione da parte del sindaco. Non avrebbe alcun rilievo, ad avviso del giudice rimettente, la trasformazione dell'ente Ferrovie dello Stato in società per azioni, perché la legittimità dell'atto impugnato deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al momento della sua emanazione e la privatizzazione dell'ente non avrebbe fatto venir meno la qualificazione dell'opera pubblica come di interesse nazionale.
2. Nel giudizio dinanzi alla Corte si è costituita la Provincia autonoma di Bolzano, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
Ad avviso della Provincia, la questione sarebbe irrilevante nel giudizio principale: sia perché la regola della necessità della concessione edilizia per chiunque intenda edificare è contenuta nel primo comma dell'art. 24 del testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico, mentre la questione è stata proposta esclusivamente per il secondo comma dello stesso articolo, sicché una dichiarazione di incostituzionalità di quest'ultima disposizione non influirebbe sul giudizio principale; sia perché il ricorso originariamente proposto e pendente dinanzi al Consiglio di Stato sarebbe improcedibile, in quanto la sopravvenuta trasformazione dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato in ente pubblico e poi di questo in società per azioni non consentirebbe più di applicare le norme sulle opere di amministrazioni statali, né quelle sulle opere dell'ente Ferrovie dello Stato (art. 25 della legge n. 210 del 1985 e art. 7 della legge 15 dicembre 1990, n. 385).
L'irrilevanza della questione deriverebbe, infine, dall'erroneità della qualifica di opera pubblica ferroviaria di interesse nazionale attribuita ai lavori nella stazione di Merano. ;
Nel merito la Provincia di Bolzano ritiene che la questione sia infondata, giacché non esisterebbe un principio per il quale l'esercizio di funzioni pubbliche, che comporti la realizzazione di manufatti edilizi, fa venir meno gli ordinari poteri di governo urbanistico-edilizio del comune nel cui territorio l'opera deve essere realizzata.
In presenza di molteplici autorità pubbliche, le cui interagiscono, l'esercizio dei rispettivi poteri deve essere coordinato e non risolto secondo un criterio gerarchico con il venir meno del potere di un'autorità.
In materia urbanistica, la necessità della concessione comunale anche per le opere pubbliche é la regola; ad essa fa eccezione il regime speciale riservato alle opere statali, per le quali l'accertamento della conformità alle prescrizioni urbanistiche è compiuto, anziché dal comune col rilascio della concessione, dallo Stato d'intesa con la regione interessata. Ma, ad avviso della Provincia, questa disciplina non sarebbe applicabile nel giudizio principale, perché l'intervento da realizzare nella specie non sarebbe un'opera pubblica di interesse nazionale, ma un'opera che deve essere eseguita da un ente divenuto di diritto privato.
In via subordinata la Provincia osserva che la disciplina, la quale per le opere pubbliche dello Stato prescrive l'intesa con la regione sottraendole al regime della concessione edilizia, non costituirebbe un principio generale dell'ordinamento giuridico, che in quanto tale limita la competenza legislativa della Provincia.
In prossimità dell'udienza la Provincia di Bolzano ha depositato una memoria ribadendo ed illustrando ulteriormente le argomentazioni già svolte.
 
Considerato in diritto: 1. La questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Consiglio di Stato, investe il testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico, approvato dal Presidente della Giunta provinciale di Bolzano con decreto del 23 giugno 1970, n. 20, che, al secondo comma dell'art. 24. omette di includere le onere pubbliche statali o di interesse nazionale tra quelle per le quali non è richiesta la concessione edilizia. Questa disposizione sarebbe in contrasto con un principio generale dell'ordinamento dello Stato in materia urbanistico-edilizia, che vincolerebbe anche la potestà legislativa della Provincia autonoma di Bolzano (artt. 4 e 8 dello Statuto speciale per il Trentino Alto-Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). Secondo tale principio (desunto in generale dall'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 ed in modo specifico, per le opere ferroviarie, dall'art. 10 della legge 12 febbraio 1981, n. 17 e dall'art. 25 della legge 17 maggio 1985, n. 210), non spetterebbe al comune il potere di rilasciare la concessione edilizia per le opere pubbliche statali o di interesse nazionale, per le quali vale il rispetto delle previsioni urbanistiche, ma anche la cedevolezza del poter di decisione del comune. E la modificazione edilizia di una stazione costituirebbe opera ferroviaria, alla quale applicare tale principio.
2. La Provincia di Bolzano ha eccepito l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale per difetto di rilevanza sotto diversi profili:
a) la regola che obbliga chi intende eseguire costruzioni edilizie a chiedere apposita licenza al sindaco sarebbe espressa dal primo comma dell'art. 24 del testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico, mentre viene denunciato il secondo comma di tale disposizione, sicché la dichiarazione di illegittimità costituzionale
non avrebbe effetto sul giudizio principale;
b) a seguito della trasformazione delle Ferrovie dello Stato prima in ente pubblico economico e poi in società per azioni, non potrebbero più trovare applicazione le norme relative alle opere edilizie delle amministrazioni statali o da realizzare su aree demaniali;
e) sarebbe erronea la qualificazione degli interventi da eseguire in locali adibiti a servizi nelle stazioni come opere pubbliche ferroviarie o di interesse nazionale.
L'eccezione di inammissibilità non può essere accolta.
Il giudice rimettente incentra la questione di legittimità costituzionale nella omessa indicazione - nel contesto della disposizione che menziona te opere edilizie, solo quelle destinate alla difesa nazionale, per le quali non è richiesta la concessione edilizia - anche delle opere di interesse nazionale o di quelle ferroviarie. L'esito del giudizio dovrebbe condurre, nella prospettazione dell'ordinanza di rimessione, all'estensione dell'eccezione, contenuta nel secondo comma dell'art. 24, alla regola generale dell'obbligo di concessione edilizia, stabilita nel primo comma della stessa disposizione. In questa prospettiva è innegabile l'incidenza della soluzione del dubbio di legittimità costituzionale riferito al secondo comma dell'art. 24, sul giudizio principale, il cui esito è condizionato dall'affermazione o meno della sottrazione alla concessione edilizia comunale delle opere ferroviarie.
Gli altri profili di inammissibilità per difetto di rilevanza tendono a trasferire nel giudizio di legittimità costituzionale valutazioni che trovano appropriata collocazione nel giudizio a quo: sia per quanto attiene all'incidenza delle trasformazioni dell'ente ricorrente sulla prosecuzione di quel giudizio; sia per la qualificazione delle opere da eseguire come opere ferroviarie o di interesse nazionale; sia, infine, per l'applicabilità ad esse delle norme relative alle opere pubbliche, per le quali il potere comunale, di concessione verrebbe meno.
Il giudice rimettente, dopo aver esposto e valutato i fatti da cui ha avuto origine la controversia sottoposta al suo giudizio, ha ravvisato l'esistenza dei presupposti per l'attribuita qualificazione delle opere e per l'individuazione delle norme ad esse applicabili, con una motivazione sorretta da argomentazioni non implausibili, in quanto tale sufficiente a dare ingresso alla questione di legittimità costituzionale.
3. Nel merito la questione non è fondata, nei sensi di seguito precisati.
Il dubbio di legittimità costituzionale riguarda la ritenuta necessità che, per le opere ferroviarie, le quali comportino trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, sia sempre richiesto, secondo la disciplina legislativa della Provincia autonoma di Bolzano, un apposito provvedimento del sindaco: nella forma della licenza edilizia, secondo la dizione dell'art. 24 del testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico (approvato con decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano n. 20 del 1970, vigente all'epoca della relativa richiesta per opere nella stazione ferroviaria di Merano), o sotto forma di concessione edilizia, secondo l'art. 60 del successivo testo unico nella stessa materia (approvato con decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano 26 ottobre 1993, n. 38).
Le qualificazioni della stazione come opera ferroviaria, in quanto dipendenza o pertinenza della ferrovia, e della modificazione edilizia per essa progettata come opera pubblica di interesse nazionale, rimangono nella sfera delle valutazioni proprie del giudice rimettente, attenendo agli elementi della fattispecie sottoposta al suo esame, non sindacabili nel giudizio di legittimità costituzionale.
In materia di linee ferroviarie anche le norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige prevedono, come per altre opere pubbliche, la competenza statale; stabiliscono inoltre che, ai fini dell'attuazione del piano urbanistico provinciale e dei piani territoriali di coordinamento, gli interventi siano effettuati previa intesa con la provincia interessata (art. 20 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381). Lo strumento dell'intesa per l'accertamento della conformità delle opere alle prescrizioni urbanistiche è previsto, nella più ampia considerazione delle opere che devono realizzare amministrazioni statali o che insistono su aree demaniali, dall'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977, che disciplina anche le procedure da seguire quando si debba provvedere in difformità dalla previsione degli strumenti urbanistici.
Le norme relative allo specifico settore delle opere ferroviarie stabiliscono che l'accertamento della conformità alle prescrizioni urbanistiche sia fatto direttamente da parte dell'Azienda ferroviaria, d'intesa con le regioni interessate, le quali devono sentire gli enti locali (art. 10 della legge n. 17 del 1981); o prefigurano verifiche di conformità alle regole urbanistiche mediante procedure semplificate e con l'applicazione dell'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 (art. 25 della legge n. 210 del 1985). In ogni caso non opera la disciplina dell'ordinario potere di concessione edilizia comunale e si manifesta, con modalità diverse, un principio di collaborazione e di coordinamento tra amministrazioni ed enti portatori dei vari interessi pubblici, egualmente rilevanti e coinvolti nella realizzazione di opere di competenza di una delle amministrazioni o di interesse statale.
Tanto le norme di attuazione dello statuto speciale quanto la disciplina dettata dall'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977, o dalle altre norme previste specificamente per le opere ferroviarie, delineano quindi una regolamentazione che implica il coordinamento tra competenze statali in materia di opere pubbliche e competenze regionali o provinciali e locali relative all'assetto urbanistico e del territorio, in base a principi che trovano applicazione anche nella Provincia autonoma di Bolzano (cfr. sentenze n. 180 del 1989 e n. 216 del 1985).
In questo contesto normativo, l'art. 24 del testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico, stabilendo la regola generale dell'obbligo della licenza per nuove costruzioni o per modificazioni di quelle esistenti, ed indicando con una specifica eccezione le opere destinate alla difesa nazionale (per le quali l'art. 81 del d.P.R. n. 616 del 1977 non richiede neanche le procedure d'intesa), non esclude l'applicabilità di altre disposizioni legislative che preordinano strumenti e procedure di collaborazione per la realizzazione di opere pubbliche in conformità e, se necessario, anche in deroga agli strumenti urbanistici esistenti.
La  disposizione si sottrae pertanto alle censure proposte dal giudice rimettente, essendo possibile un'interpretazione della stessa adeguata ai principi costituzionali invocati; interpretazione del resto già altre volte accolta anche dalla giurisprudenza amministrativa e seguita dalla prassi dell'amministrazione provinciale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, secondo comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano 23 giugno 1970, n. 20 ( Approvazione del testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico), sollevata, in riferimento agli artt. 4 e 8 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, dal Consiglio di Stato con l'ordinanza indicata in epigrafe.
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