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In vigore al: 04/10/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 356 del 27.07.1994
Istituzione delle Agenzie provinciali per la protezione ambientale

Sentenza (19 luglio) 27 luglio 1994, n. 356; Pres. Casavola - Red. Mirabelli
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso notificato il 24 febbraio 1994 e depositato in cancelleria il successivo 1° marzo, la Provincia autonoma di Bolzano ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 01, comma 3; 03, commi 3 e 4; 1, comma 1, lett. b) e 7 d. l. 4 dicembre 1993 n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente), conv., con modif., in 1. 21 gennaio 1994 n. 61, denunciandone il contrasto con gli artt. 8, comma 1, nn. 1), 5), 9), 13), 14), 16), 19), 21) e 24); 9, comma 1, nn. 3), 8), 9) e 10); 14, comma 3; 16, comma 1, n. 5); 68 e 107 d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e con le relative norme di attuazione, nonché con gli artt. 1 e 2 d.lgs. 16 marzo 1992 n. 266.
La Provincia premette di avere, in base al proprio Statuto speciale, competenza esclusiva in materia di: ordinamento degli uffici provinciali e del personale, urbanistica, artigianato, tutela del paesaggio, opere di prevenzione e di pronto soccorso per calamità pubbliche, miniere cave e torbiere, alpicoltura e parchi per la protezione della flora e della fauna, assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione a mezzo di aziende speciali, agricoltura, foreste, patrimonio zootecnico ed ittico, servizi antigrandine e bonifica, opere idrauliche; nonché competenza concorrente in materia di: commercio, incremento della produzione industriale, utilizzazione delle acque pubbliche, escluse le grandi derivazioni a scopo idroelettrico, igiene e sanità. Materie tutte che la ricorrente ritiene coinvolte in tema di protezione ambientale.
Il decreto-legge denunciato definisce le « attività scientifiche connesse all'esercizio delle funzioni pubbliche per la protezione dell'ambiente » (art. 01); demanda alle regioni il compito di provvedere « all'organica ricomposizione in capo alle province delle funzioni amministrative in materia ambientale »; attribuisce alle province le funzioni di autorizzazione e di controllo per la salvaguardia dell'ambiente già di competenza delle unità sanitarie locali (art. 02).
L'art. 03 prevede l'istituzione di agenzie regionali e provinciali « per lo svolgimento delle attività di interesse regionale di cui all'art. 01 e delle ulteriori attività tecniche di prevenzione, di vigilanza e di controllo ambientale, eventualmente individuate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano » (comma 1), e detta altre norme sulla organizzazione e l'attività di tali agenzie.
L'art. 1 disciplina l'istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, cui è attribuito il compito di svolgere sia « le attività tecnico-scientifiche di cui all'art. 01, comma 1, di interesse nazionale », sia « le attività di indirizzo e coordinamento tecnico nei confronti delle agenzie di cui all'art. 03 allo scopo di rendere omogenee sul piano nazionale le metodologie operative per l'esercizio delle competenze ad esse spettanti » [art. 1, comma 1, lett. a) e b)].
Il decreto-legge impugnato, che risponde all'esigenza di colmare il vuoto normativo determinato dal risultato del referendum popolare che ha abrogato le disposizioni che affidavano alle unità sanitarie locali i controlli ambientali, avrebbe sovvertito le attribuzioni della provincia autonoma, rendendo in particolare obbligatoria l'istituzione di un'agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente (art. 03), ed interferendo così nell'autonomia organizzativa e di gestione della provincia stessa, che ha già dato un assetto al sistema dei controlli ambientali. Interferenza ancor più grave, considerando l'attribuzione all'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente del potere di svolgere attività di indirizzo e coordinamento tecnico nei confronti dell'agenzia provinciale.
In contrasto con competenze costituzionalmente riservate alla provincia sarebbe anche l'obbligo per le agenzie provinciali di prevedere forme di consultazione delle associazioni imprenditoriali di categoria e delle organizzazioni sindacali nelle materie di loro competenza (art. 01, comma 3, del decreto-legge).
La Provincia di Bolzano denuncia, infine, l'art. 7 d. l. n. 496 del 1993, che stabilisce la immediata applicabilità delle disposizioni del decreto-legge anche nelle province autonome di Trento e di Bolzano, compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione, fino all'adozione da parte delle stesse di apposite normative. Questa disposizione sarebbe in contrasto con gli artt. 1 e 2 d.lgs, n. 266 del 1992, che, disciplinando in via generale i rapporti tra legge statale e legge provinciale, prevede che le province autonome si adeguino alle norme fondamentali di riforma economico-sociale entro sei mesi dalla loro pubblicazione.
2. Anche la Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 26 febbraio 1994 e depositato il successivo 4 marzo, ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 01, comma 3; 03; 1, comma 1, lett. a) e b), e comma 3, d. l. n. 496 del 1993, denunciandone il contrasto con gli artt. 8, nn. 1), 5), 6), 13), 16), 17), 21), 24); 9, nn. 9) e 10); 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e con le relative norme di attuazione (in particolare con i decreti del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974 n. 381; 28 marzo 1975 n. 474; 26 gennaio 1980 n. 197 e con il decreto legislativo 16 marzo 1992 n. 266).
La ricorrente sostiene che il decreto-legge è per più aspetti lesivo dell'autonomia provinciale, assicurata da norme di rango costituzionale, nonostante l'apparente clausola di salvaguardia, di rispetto dello Statuto e delle norme di attuazione, contenuta nell'art. 7. Questa disposizione, oltre a contrastare con il decreto legislativo n. 266 del 1992, sarebbe contraddetta in particolare dall'art. 03 dello stesso decreto-legge, che vincola le future normative provinciali a istituire l'agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente.
L'obbligo di istituire l'agenzia inciderebbe sull'autonomia organizzativa delle province autonome, prescrivendo la costituzione di un ente funzionale dotato di piena autonomia, per l'esercizio di compiti propri delle province stesse. La legge statale conterrebbe inoltre una disciplina dettagliata circa l'organizzazione funzionale e territoriale, le risorse, il personale, le attività di detta agenzia e i rapporti fra di essa e gli enti locali.
Lesivo dell'autonomia provinciale sarebbe anche l'art. 01, comma 3, che, prevedendo l'obbligo di consultazione di rappresentanti delle organizzazioni degli imprenditori, vincolerebbe l'organismo provinciale nelle modalità di espletamento delle proprie funzioni.
La Provincia di Trento contesta anche i compiti e le modalità di azione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, alla quale sono attribuite « le attività tecnico-scientifiche di cui all'art. 01, comma 1, di interesse nazionale » (art. 01), senza tuttavia dare alcuna definizione di tale interesse e delle relative attività. Ne risulterebbe ampliato l'ambito di intervento dell'organismo nazionale, a scapito delle competenze regionali e provinciali. Tanto più che sono attribuite all'Agenzia nazionale (mediante il rinvio all'ari. 01, comma 1) non solo attività di tipo strumentale (ricerca, raccolta ed elaborazione di dati e informazioni), neutre rispetto al riparto di competenze fra Stato e regioni e province autonome, ma anche compiti di competenza provinciale, quali il controllo dei fattori di inquinamento, sicché l'Agenzia nazionale sarebbe investita anche di funzioni operative di controllo, che rientrano nella competenza regionale o provinciale e locale.
Secondo la Provincia autonoma di Trento l'estensione delle competenze statali risulterebbe confermata dall'art. 1, comma 3, che prevede convenzioni tra l'Agenzia nazionale, le regioni e le province autonome, in vista della specializzazione di talune strutture tecniche delle agenzie regionali e provinciali al fine di assicurare sull'intero territorio nazionale il più efficace espletamento delle funzioni dell'Agenzia nazionale. Nel sistema della nuova legge l'Agenzia nazionale sarebbe destinata ad operare non solo a livello centrale e con funzioni di ricerca o di indirizzo, ma anche a livello locale, avvalendosi delle strutture tecniche delle agenzie regionali e provinciali.
La ricorrente denuncia infine l'art. 1, comma 2, lett. b), d. l. n. 496 del 1993, che, attribuendo compiti di indirizzo e coordinamento tecnico all'Agenzia nazionale nei confronti delle agenzie regionali o provinciali, assoggetterebbe la provincia, nella propria attività, ad un anomalo potere di indirizzo non sorretto e limitato da norme di legge.
3. In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la non fondatezza delle questioni.
L'Avvocatura osserva che l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e le agenzie regionali e provinciali sono chiamate a svolgere, nei rispettivi ambiti di competenza, le attività tecnico-scientifiche connesse all'esercizio delle funzioni pubbliche per la protezione dell'ambiente definite dall'art. 01, comma 1, d. l. n. 496 del 1993.
La loro attività si riferisce alla valutazione tecnica ed al controllo dei fenomeni d'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo [lett. d) e h)], dei rischi di incidenti nelle attività produttive [lett. i)] e dell'uso pacifico dell'energia nucleare [lett. I)].
La disciplina della riorganizzazione dei controlli ambientali non avrebbe pertanto leso attribuzioni devolute alla competenza esclusiva o concorrente delle ricorrenti.
Per quanto concerne l'ari. 01, comma 3, l'Avvocatura osserva che esso esprime una legittima indicazione di principio, la quale, se prende in qualche modo in considerazione gli interessi della produzione e del lavoro, non per questo investe materie su cui le province dispongono di competenza esclusiva.
La disciplina dettata dall'art. 03, commi 1 e 4, nel colmare il vuoto lasciato dall'abrogazione delle norme sottoposte a referendum, intenderebbe realizzare, in vista della tutela del diritto alla salute, una riforma della disciplina dei controlli ambientali, per ottenere un effettivo miglioramento dei corrispondenti servizi, non soltanto in termini di efficienza, ma anche di correttezza e imparzialità, principi questi che implicano a loro volta un'esigenza di uniformità. Il controllo sullo stato dei corpi ambientali, e quindi delle condizioni di salubrità dell'ambiente di vita, si pone, ad avviso dell'Avvocatura, in relazione inscindibile con l'inderogabilità degli standards sui limiti di accettabilità della presenza di fattori inquinanti nell'aria, nell'acqua e nel suolo.
La scelta del legislatore nazionale di prevedere l'istituzione obbligatoria delle agenzie regionali e provinciali come articolazioni autonome di un apparato nazionale e quindi funzionalmente collegate all'Agenzia nazionale troverebbe la propria ragione giustificatrice nell'esigenza di uniformità degli strumenti che presidiano il diritto alla salute. Tra questi occupano un posto di rilievo i controlli ambientali, dal momento che la loro efficienza e correttezza tecnica garantiscono la rilevazione fedele degli stati di inquinamento e la conseguente doverosa attivazione degli interventi correttivi.
L'Avvocatura ritiene infondate anche le censure mosse all'art. 1, comma 1, lett. b), d. l. n. 496 del 1993. L'attività affidata all'Agenzia nazionale, diretta a garantire l'omogeneità delle metodologie operative, è definita come un indirizzo e coordinamento tecnico, che non può essere assimilato a quello svolto dal Governo sul piano della funzione legislativa e amministrativa. Una volta affidate le attività di controllo ambientale di interesse nazionale ad un organismo autonomo, sottoposto alla sola vigilanza del Ministero dell'ambiente, analoga separazione dei controlli dalle funzioni amministrative attive deve essere realizzata a livello regionale e provinciale.
4. In una memoria illustrativa depositata in prossimità dell'udienza, la Provincia autonoma di Bolzano osserva che la disciplina legislativa denunciata riguarda non soltanto le attività di valutazione tecnica affidate all'Agenzia nazionale ed alle agenzie regionali e provinciali, ma anche le attività di vigilanza e controllo, che rientrano pienamente nelle competenze costituzionalmente riservate alla provincia. Ribadisce quindi le censure rivolte: a) all'istituzione obbligatoria di un ente strumentale, l'agenzia provinciale, secondo un modello rigidamente stabilito dalla legge statale; b) all'attribuzione all'Agenzia nazionale di un potere di indirizzo e coordinamento nei confronti dell'agenzia provinciale; e) all'immediata applicabilità, anche nei confronti della Provincia ricorrente, delle disposizioni contenute nel decreto-legge.
5. Anche la Provincia autonoma di Trento ha depositato una memoria illustrativa, rilevando che l'implicazione, in un certo settore, di diritti costituzionalmente protetti, che possono in ipotesi richiedere uniformità di trattamento fra i cittadini su scala nazionale, non giustifica lo spostamento delle competenze amministrative né la compressione dell'autonomia regionale o provinciale nel definire e disciplinare le proprie strutture amministrative.
Le disposizioni denunciate neppure potrebbero essere giustificate dall'esigenza di separare le funzioni di controllo dalle funzioni amministrative attive. Ad avviso della ricorrente anche tale aspetto è riservato all'ambito dell'autonomia organizzativa e della competenza primaria della provincia. Inoltre le disposizioni impugnate non detterebbero principi, ma definirebbero anche in dettaglio il tipo di organizzazione imposto alla provincia, instaurando anche un legame di dipendenza funzionale dell'apparato provinciale dell'Agenzia nazionale.
 
Considerato in diritto: 1. Le Province autonome di Bolzano e di Trento denunciano, proponendo questioni di legittimità costituzionale in via principale, alcune disposizioni sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, adottate con il decreto- legge 4 dicembre 1993 n. 496, conv., con modif., in 1. 21 gennaio 1994 n. 61.
La nuova disciplina segue l'abrogazione parziale — dichiarata, a seguito di referendum popolare, con il d.P.R. 5 giugno 1993 n. 177 — di alcune disposizioni in materia ambientale dettate dalla legge 23 dicembre 1978 n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale. Essa è ispirata a principi innovativi, fra i quali: la definizione e la delimitazione delle attività tecnico-scientifiche per la protezione dell'ambiente; l'istituzione di appositi organismi con compiti tecnici (l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente e le agenzie regionali e delle province autonome), dotati di autonomia e separati dagli organi di amministrazione attiva; l'attribuzione all'Agenzia nazionale di poteri di indirizzo e coordinamento tecnico.
Questi aspetti della nuova disciplina sono denunciati dalle province ricorrenti, che ne affermano il contrasto con le attribuzioni loro costituzionalmente riservate dallo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670) e dalle relative norme di attuazione (d.P.R. 22 marzo 1974 n. 381; d.P.R. 26 gennaio 1980 n. 197) e con il decreto legislativo 16 marzo 1992 n. 266, concernente il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali.
Le Province autonome censurano specificamente le seguenti disposizioni del decreto- legge n. 496 del 1993, quale risulta a seguito delle integrazioni e modificazioni apportate dalle legge di conversione n. 61 del 1994:
a) l'art. 01, comma 3, che prescrive alle agenzie delle province autonome di prevedere forme di consultazione delle associazioni imprenditoriali di categoria e delle organizzazioni sindacali, nelle materie concernenti le attività tecnico-scientifiche (indicate dal comma 1 della stessa disposizione), loro rimesse per la protezione dell'ambiente, vincolando così l'organismo provinciale nelle modalità di espletamento delle proprie funzioni alla partecipazione delle forze sociali;
b) l'art. 03, che obbliga ad istituire le agenzie provinciali per lo svolgimento di attività che le province hanno già disciplinato, incidendo sulla loro autonomia organizzativa, giacché la legge statale stabilisce non solo gli obiettivi da perseguire e le attività da compiere, ma anche la struttura e la condizione degli enti cui sono rimessi, con una disciplina di dettaglio, che tra l'altro individua l'organo interno alla provincia di vigilanza sulle agenzie;
c) l'art. 1, commi 1, lett. a) e b), e 3, che, nell'istituire l'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, rimette ad essa lo svolgimento delle attività tecnico-scientifiche di interesse nazionale (indicate nell'art. 01) senza una precisa definizione dell'ambito di intervento; l'Agenzia nazionale sarebbe inoltre investita non solo di funzioni di indirizzo e controllo, ma anche operative, di competenza provinciale, esercitando anche un potere di indirizzo e coordinamento;

d) l'art. 7, che dichiara le disposizioni del decreto-legge immediatamente applicabili anche alle province autonome di Trento e di Bolzano, fino all'adozione da parte delle stesse di proprie normative, in contrasto con l'assetto dei rapporti tra legislazione statale e legislazione regionale, fissato dagli artt. 1 e 2 d.lgs. n. 266 del 1992.

2. I due ricorsi hanno ad oggetto le stesse disposizioni legislative, delle quali denunciano, con prospettazioni in gran parte coincidenti, analoghi vizi di legittimità costituzionale. I relativi giudizi vanno pertanto riuniti per essere decisi con unica sentenza.

3. E opportuno premettere, alla valutazione delle singole censure, che il sistema organizzativo e funzionale delineato dalle nuove disposizioni sui controlli ambientali e sull'istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente appare nel suo complesso diretto ad innovare profondamente la disciplina del settore.
Il nuovo assetto normativo segue principi che vedono enucleate le funzioni tecnico-scientifiche, di consulenza e controllo, da tenere separate dall'amministrazione attiva e da esercitare ai distinti livelli, statale e provinciale (o regionale) mediante apposite agenzie, dotate di autonomia.
Viene delineata una disciplina uniforme, nei tratti essenziali, su tutto il territorio nazionale, sia per le figure organizzative (le agenzie) che per le funzioni dalle stesse esercitate, configurando anche un possìbile collegamento e coordinamento tecnico di specifiche attività, nel rispetto della reciproca autonomia delle diverse agenzie.
Si è in presenza di principi che assumono i caratteri propri delle norme fondamentali di riforma economico-sociale: profondamente innovativi nel settore della protezione ambientale, di essenziale importanza per la vita della comunità, realizzano, secondo esigenze di carattere unitario, valori espressi dagli artt. 9 e 32 Cost.
La protezione dell'ambiente, che pure attraversa una molteplicità di settori in ordine ai quali si mantengono competenze diverse, statali e regionali, ha assunto una propria autonoma consistenza, che, in ragione degli specifici ed unitari obiettivi perseguiti, non si esaurisce né rimane assorbita nelle competenze di settore, rivendicate dalle province ricorrenti.
Il decreto-legge denunciato nel suo disegno complessivo non tende a modificare l'assetto delle competenze sostanziali. Anzi, anche la competenza per le attività tecnico-scientifiche, connesse all'esercizio delle funzioni pubbliche per la protezione dell'ambiente, accede al livello di competenza per il quale l'attività di supporto o di controllo tecnico si esprime.
4.1. In ordine logico la prima questione è costituita dall'obbligo, previsto dall'art. 03 del testo legislativo in esame anche per le province autonome di Trento e di Bolzano, di istituire con proprie leggi agenzie provinciali alle quali è attribuito il compito di svolgere le attività tecnico-scientifiche, di interesse provinciale (e locale), connesse all'esercizio delle funzioni pubbliche per la protezione dell'ambiente; attività che sono indicate dal comma 1 della stessa disposizione, ed alle quali possono esser aggiunti altri compiti tecnici di prevenzione, di vigilanza e di controllo ambientale, determinati dalle stesse province.
Le agenzie acquisiscono le funzioni, il personale, i beni, le attrezzature e la dotazione finanziaria dei soppressi presìdi multizonali di prevenzione e degli altri apparati in precedenza adibiti dalle unità sanitarie locali alle attività che vengono demandate ai nuovi organismi. Le agenzie provinciali devono essere inoltre dotate di autonomia tecnico-giuridica, amministrativa e contabile. Le leggi provinciali, nell'istituirle, provvedono a definirne l'organizzazione, la dotazione tecnica e di personale, le risorse finanziarie.
Questa disciplina indica i principi della riforma del settore ed i vincoli che ne derivano per la legislazione provinciale; segnatamente l'obbligo di istituire appositi ed autonomi organismi tecnici per la protezione ambientale, destinando ad essi, nella transizione alla nuova configurazione organizzativa, gli apparati preesistenti, cui erano rimesse le medesime funzioni, ed i relativi finanziamenti.
Questo quadro, nel porre i principi della riforma economico-sociale di settore, lascia aperta alla legislazione provinciale ogni determinazione in ordine alla struttura ed agli organi dell'agenzia, all'articolazione degli uffici, agli ulteriori compiti che si ritenga di attribuire ad essa, alle procedure da seguire ed ai rapporti con gli altri organi provinciali.
In particolare è rimessa alla legge provinciale la disciplina dell'organizzazione, delle risorse tecniche e di personale, dei mezzi finanziari, delle modalità di consulenza e di supporto tecnico da prestare agli apparati provinciali e degli enti locali che si avvalgono delle agenzie.
In conclusione l'obbligo di istituire le agenzie provinciali risponde all'esigenza di assicurare la presenza di appositi ed autonomi organismi tecnici su tutto il territorio nazionale, in modo da rendere, tra l'altro, agevole ed omogenea la raccolta e l'elaborazione di dati in materia ambientale, e consentire l'esercizio indipendente dell'attività di consulenza e di controllo tecnico. Il modo d'essere di questi nuovi organismi, ferma la loro autonomia, è rimesso alla disciplina della legge provinciale.
Non sono pertanto fondate le censure proposte sul generale contenuto dell'art. 03 d. l. n. 496 del 1993, introdotto dalla legge n. 61 del 1994.
4.2. Fondate sono le doglianze concernenti la determinazione, fatta con legge statale, dell'autorità provinciale di vigilanza sulle agenzie, individuata nella presidenza della giunta provinciale (art. 03, comma 1, ultimo periodo). Difatti, stabilita la necessità della vigilanza, non spetta alla legge statale determinare con una disposizione di dettaglio l'organo della provincia autonoma, cui essa deve essere rimessa, interferendo in tal modo sulla ripartizione delle funzioni fra i diversi organi interni della provincia (sentt. nn. 355 del 1993 e 407 del 1989).
Deve essere, pertanto, dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 03, comma 1, ultimo periodo, del decreto-legge in questione, nella parte in cui dispone che la vigilanza sulle agenzie è esercitata dalla presidenza della giunta provinciale, anziché dalla provincia autonoma.
5. Non sono fondate le censure prospettate con riferimento all'obbligo delle agenzie provinciali per la protezione dell'ambiente di consultare le organizzazioni sindacali e degli imprenditori nelle materie nelle quali si svolge l'attività tecnico-scientifica affidata alla loro competenza (art. 1, comma 3).
Questa disposizione, vincolando a « prevedere forme di consultazione », enuncia solo un principio, indicando una finalità ed un metodo partecipativo da seguire, le cui modalità ed articolazioni sono rimesse alle determinazioni proprie delle province autonome. Si risponde così ad una generale esigenza di partecipazione di qualificate  organizzazioni rappresentative di interessi collettivi, in un settore, quello della protezione e dei controlli ambientali, nel quale sono evidenti l'interesse ed il contributo che può offrire il mondo della produzione e del lavoro, sul piano tecnico dell'esperienza e dell'applicazione delle prescrizioni.
6. Non sono fondate le censure proposte con riferimento alla disciplina dei rapporti tra Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente ed agenzie provinciali [art. 1, commi 1, lett. a) e b), e 3].
Ciascuno di questi enti è dotato di autonomia organizzativa e funzionale, senza che sia possibile configurare, come invece ipotizzano le province ricorrenti, un accentramento di funzioni ed una subordinazione delle agenzie provinciali, destinate ad atteggiarsi ed operare quale organo periferico dell'Agenzia nazionale.
Le attività di supporto tecnico-scientifico, proprie delle agenzie, nazionale e provinciali, sono espressamente rimesse all'una o alle altre a seconda del livello dell'interesse che assistono, senza modificare l'assetto e la ripartizione delle competenze sostanziali.
Anche quando si prefigura l'opportunità di specializzazione di talune strutture tecniche delle agenzie (art. 1, comma 3), il modulo previsto è quello della convenzione, che per sua natura rispetta l'autonomia dei soggetti coinvolti e la loro libera determinazione, sicché ne risulta sottolineata la reciproca indipendenza degli enti.
Quanto all'attività di indirizzo e coordinamento tecnico rimessa all'Agenzia nazionale nei confronti delle agenzie provinciali (o regionali) per l'esercizio delle competenze ad esse spettanti, si tratta di un coordinamento che riguarda esclusivamente l'omogeneità sul piano nazionale delle metodologie operative, riferite essenzialmente alla raccolta sistematica, alla elaborazione di dati e di informazioni sulla situazione ambientale. Se si tiene conto anche del collegamento con l'Agenzia europea dell'ambiente e con l'Istituto statistico delle Comunità europee, è evidente l'esigenza di omogeneità dei metodi di rilevazione e di elaborazione da adottare. Anche negli altri settori, della verifica, dello studio e del controllo appaiono specificamente rilevanti i profili attinenti alle metodologie tecniche.
Si tratta quindi di un coordinamento tecnico che, come più volte affermato dalla Corte (sentt. nn. 49 del 1991,139 del 1990, 242 del 1989 e 924 del 1988), si distingue da quello politico amministrativo e può essere affidato anche ad enti appartenenti all'amministrazione statale, dotati delle conoscenze e delle esperienze tecniche necessario in rapporto ai compiti previsti, senza che ciò determini una lesione delle competenze costituzionalmente assicurate alle regioni o alle province autonome.
7. Fondate sono le censure rivolte all'art. 7 d. l. n. 496 del 1993, che dispone l'immediata applicabilità anche alle province autonome di Trento e di Bolzano delle norme dello stesso decreto-legge, sino all'adozione da parte delle province di apposite normative.
Questa disposizione viene a toccare i rapporti tra atti legislativi statali e leggi provinciali, invertendo la sequenza prevista dalle norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige ( d.lgs. n. 266 del 1992). Secondo questa disciplina l'adeguamento della legislazione provinciale alle norme fondamentali delle riforme economico-sociali deve avvenire entro sei mesi dalla pubblicazione della legge statale che esprime tali norme. Nel frattempo restano applicabili le disposizioni legislative provinciali preesistenti.
L'art. 7 d. l. n. 496 del 1993, nonostante l'enunciazione della salvaguardia di compatibilita con le norme statutarie e di attuazione delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, per queste ultime contraddice palesemente le modalità ed i tempi di adeguamento della legislazione provinciale alle norme statali di riforma economico-sociale.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,
a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, ultimo periodo, d. l. 4 dicembre 1993 n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione ambientale), conv., con modif., in l. 21 gennaio 1994 n. 61, nella parte in cui stabilisce che le agenzie provinciali sono poste sotto la vigilanza « della presidenza della giunta provinciale », anziché « della provincia autonoma »,
b) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 7 dello stesso decreto-legge, nella parte in cui dispone che le norme in esso contenute si applicano direttamente nelle province autonome di Trento e di Bolzano fino all'adozione da parte delle stesse di apposita normativa;
c) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli, artt. 1, comma 3; 3; 1, comma 1, lett. a) e b), e comma 3, dello stesso decreto legge, in riferimento agli artt. 8, comma 1, 9, comma 1, 14, comma 3,16, comma 1, 68 e 107 dello Statuto speciale di cui al d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670 e relative norme di attuazione, proposte dalle Province autonome di Trento e Bolzano con i ricorsi in epigrafe.