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In vigore al: 04/10/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 462 del 19.11.1992
Interventi statali per il trasporto pubblico metropolitano

Sentenza (5 novembre) 19 novembre 1992, n. 462; Pres. Corasaniti – Red. Mirabelli
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso notificato il 6 aprile 1992 la Provincia autonoma di Trento ha proposto questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 4, 5, 7, 9 e 10 della legge 26 febbraio 1992, n. 211 (Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa), denunziando violazione dell'art. 8, numeri 5, 17 e 18, e dell'art. 16 dello Statuto speciale (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670) e delle relative norme di attuazione, contrasto con l'autonomia finanziaria garantita alla Provincia dal titolo VI dello Statuto e dalle relative norme di attuazione, nonché violazione dell'art. 128 della Costituzione e degli artt. 1, terzo comma, e 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali).
2. La legge n. 211 del 1992 disciplina interventi dello Stato per lo "sviluppo del trasporto pubblico nelle aree urbane e per favorire l'installazione di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata in sede propria e di tramvie veloci" nelle città metropolitane e nei comuni "individuati, su proposta delle regioni interessate, dal Ministro per i problemi delle aree urbane, di concerto con il Ministro dei trasporti, sulla base delle indicazioni del piano generale dei trasporti e, ove esistenti ed aggiornati, dei piani regionali dei trasporti" (art. 1, primo comma). La ricorrente afferma che il trasporto pubblico nelle aree urbane ed in generale il trasporto pubblico locale é materia di competenza della Provincia. Difatti l'art. 1 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 527, attribuisce ad essa "tutti i servizi di comunicazione e di trasporto di persone e di merci, di linea e non di linea, soggetti a concessione o ad autorizzazione", che si svolgono nell'ambito territoriale della provincia. Inoltre l'art. 84 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, la cui applicazione é stata estesa alla regione Trentino-Alto Adige e alle province autonome dagli artt. 9 e 10 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, conferisce alle regioni le funzioni amministrative relative ai servizi pubblici di trasporto esercitati con "linee tranviarie, metropolitane, filoviarie, funicolari e funiviari di ogni tipo, automobilistiche" .
3. La ricorrente lamenta che l'art. 1 della legge n. 211 del 1992 riservi alla Provincia un mero compito di proposta nella individuazione dei comuni che possono avvalersi dei benefici previsti, mentre la competenza a decidere sarebbe rimessa al Ministro per i problemi delle aree urbane, di concerto con il Ministro dei trasporti. Ne deriverebbe uno "scavalcamento" delle attribuzioni provinciali, nonostante il riferimento che la legge fa al piano nazionale dei trasporti - destinato ad "assicurare un indirizzo unitario alla politica dei trasporti" ed a "coordinare ed armonizzare l'esercizio delle competenze e l'attuazione degli interventi amministrativi dello Stato, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano" (art. 1 della legge 15 giugno 1984, n. 245) - ed ai piani regionali dei trasporti, da utilizzare solo se "esistenti ed aggiornati".
L'art. 1, secondo comma, della legge n. 211 del 1992 prevede che, qualora le regioni non formulino le loro proposte entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge, i comuni beneficiari possono essere individuati dal Ministro per i problemi delle aree urbane, di concerto con il Ministro dei trasporti, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. La Provincia di Trento osserva che le proposte attengono a scelte discrezionali di localizzazione di opere e di allocazione di risorse e che la mancata formulazione di esse non equivale ad inerzia nell'attuazione di un obbligo, ma può derivare da una valutazione negativa circa la sussistenza delle condizioni che rendono opportuni gli interventi ed il loro finanziamento. In tale ambito non potrebbero essere esercitati poteri sostitutivi, anche perché svolti senza alcun raccordo procedimentale con la Provincia interessata e quindi in contrasto con il principio di leale collaborazione.
4. a Provincia di Trento denuncia anche la illegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge n. 211 del 1992. Tale norma prevede che, in caso di carenza di tempestive iniziative degli enti locali interessati per il raggiungimento di accordi di programma (in base all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n.142) destinati alla realizzazione delle opere, la iniziativa per la definizione degli interventi sia assunta dal Ministro per i problemi delle aree urbane.
Siffatta iniziativa contrasterebbe, ad avviso della Provincia, con l'art.128 della Costituzione e con gli artt. 1, terzo comma, e 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
Il Ministro non avrebbe alcun titolo per promuovere gli accordi di programma e comunque, trattandosi di interventi surrogatori, la sostituzione avrebbe dovuto essere prevista in capo alla Provincia.
5. La Provincia ricorrente denunzia anche la approvazione, ad opera di organi statali, dei programmi di intervento e degli accordi di programma (art. 5, primo comma, della legge n. 211 del 1992). Ne deriverebbe una lesione delle attribuzioni provinciali, indipendentemente dal finanziamento delle opere a carico dello Stato.
Anche la approvazione dei progetti esecutivi (art. 5, secondo comma) da parte della Commissione interministeriale di cui all'art. 2 della legge 29 dicembre 1969, n. 1042, concernente la costruzione e l'esercizio di ferrovie metropolitane, sarebbe del tutto impropria (atteso il mutato contesto normativo) e lesiva delle attribuzioni provinciali.
6. La Provincia censura inoltre le modalità di finanziamento per la realizzazione degli interventi approvati. In particolare gli artt.7 ed 8 della legge prevedono un contributo parziale dello Stato sui mutui contratti dagli enti locali, subordinando la erogazione dei finanziamenti di competenza statale alla approvazione dei progetti esecutivi ed alla dimostrata disponibilità delle altre fonti di finanziamento necessarie per la realizzazione dei singoli lotti funzionali.
In presenza di interventi che rientrano nell'ambito delle competenze provinciali, lo Stato non potrebbe erogare finanziamenti diretti agli enti locali, sostituendosi alla Provincia, né potrebbe, senza violare l'autonomia finanziaria ed amministrativa della Provincia, assorbire alla competenza statale l'intera procedura di programmazione degli interventi e di approvazione dei progetti, a fronte di una partecipazione finanziaria soltanto parziale.
7. Censure analoghe sono rivolte all'art. 10 della legge denunciata, che prevede un ulteriore intervento finanziario diretto dello Stato per la realizzazione di opere (quali i sistemi ferroviari passanti ed i collegamenti ferroviari con aree aeroportuali, espositive ed universitarie) che almeno in parte ricadono nelle competenze provinciali, senza alcun coinvolgimento della Provincia.
8. Con ricorso notificato il 6 aprile 1992 la Regione Lombardia ha proposto questione di legittimità costituzionale degli artt.1, 4, 5, 7, 9 e 10 della legge 26 febbraio 1992, n. 211 (Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa), deducendo analoghi motivi ed argomentazioni identiche a quelli sopra riportati, con riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché all'art.128 della Costituzione e agli artt. 1, terzo comma, e 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali).
9. Nei due giudizi si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale sollevate siano dichiarate non fondate.
In prossimità dell'udienza l'Avvocatura ha depositato una memoria nel solo giudizio promosso dalla Regione Lombardia, osservando anzitutto che con la legge impugnata lo Stato mette a disposizione speciali mezzi finanziari per interventi volti a soddisfare esigenze specifiche di trasporto pubblico, mediante l'attivazione di sistemi adeguati al fabbisogno di spostamenti di massa, in modo da migliorare le condizioni del traffico e da contribuire alla riduzione dell'inquinamento.
Si tratta di interventi, connessi alla qualità della vita ed alle condizioni di lavoro, rispondenti ad interessi generali di rilievo costituzionale, che giustificano una azione statale extra ordinem, nel quadro della pianificazione del settore dei trasporti, già delineata nel rispetto delle competenze regionali nella fase di programmazione generale.
L'Avvocatura ritiene che anche nella fase di progettazione e di deliberazione degli interventi siano rispettate le competenze regionali.
In particolare nessuna modifica é stata introdotta alla procedura per il raggiungimento di un accordo di programma, disciplinato dall'art. 27 della legge n. 142 del 1992, giacché l'iniziativa del Ministro per i problemi delle aree urbane, che opera quale delegato del Presidente del Consiglio dei ministri, ha funzione solo sollecitatoria, attinente alla apertura della procedura e non alla decisione finale, non é invasiva delle competenze regionali e rispetta il principio di leale cooperazione. Né vulnerano le competenze regionali le approvazioni da parte di organi statali, volte a valutare l'intervento in rapporto alle finalità particolari della legge, con effetti limitati all'accesso ai benefici finanziari.
10. ell'udienza pubblica la difesa della Provincia autonoma di Bolzano e della Regione Lombardia ha ribadito le conclusioni già presentate.
L'Avvocatura dello Stato ha richiamato, anche per il giudizio promosso dalla Provincia autonoma di Trento, le argomentazioni svolte nella memoria depositata nel giudizio promosso dalla Regione Lombardia ed ha ulteriormente sviluppato il proprio assunto.
 
Considerato in diritto: 1. La Provincia autonoma di Trento e la Regione Lombardia, con ricorsi ritualmente e tempestivamente notificati, hanno chiesto che sia dichiarata la illegittimità costituzionale degli artt. 1, 4, 5, 7, 9 e 10 della legge 26 febbraio 1992, n. 211 (Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa), denunciando:
a) la Provincia autonoma di Trento, violazione dell'art. 8, numeri 5, 17 e 18, e dell'art. 16 dello Statuto speciale (d.P.R. 31 agosto 1972, n.670) e delle relative norme di attuazione; violazione dell'autonomia finanziaria garantita dal titolo VI dello Statuto speciale; violazione dell'art. 128 della Costituzione e degli artt. 1, terzo comma, e 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali);
b) la Regione Lombardia, violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione nonché dell'art. 128 della Costituzione e degli artt. 1, terzo comma, e 27 della legge 8 giugno del 1990 n 142.
2. I due ricorsi, concernenti le medesime disposizioni legislative, propongono motivi sostanzialmente analoghi e prospettano identiche argomentazioni. Pertanto possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.
3. La legge n. 211 del 1992, le cui disposizioni sono state denunciate come invasive delle competenze delle ricorrenti, disciplina interventi nel sistema dei trasporti rapidi di massa volti a favorire, con misure straordinarie, la urgente installazione di metropolitane e di tramvie veloci, al fine di sviluppare il trasporto pubblico nelle aree urbane secondo le previsioni programmatiche del piano generale e dei piani regionali dei trasporti. Gli interventi previsti dalla legge sono destinati ad integrare e completare gli altri, egualmente eccezionali, in precedenza delineati dal legislatore nazionale per affrontare il problema della mobilità nelle aree urbane maggiormente congestionate, interventi destinati alla realizzazione di programmi urbani di parcheggi ( legge 24 marzo 1989, n. 122) e di itinerari ciclabili e pedonali (legge 28 giugno l991, n. 208).
I lavori preparatori della legge n. 211 del 1992, quali risultano dalle relazioni e dalle discussioni parlamentari, chiariscono che era stata proposta una "triade" di provvedimenti legislativi per migliorare la mobilità all'interno delle aree urbane, con interventi nei settori dei parcheggi, delle piste ciclabili e delle metropolitane. Di questi provvedimenti proprio l'ultimo, secondo le valutazioni emerse nel corso dell'esame parlamentare, "rappresenta senza dubbio l'anello più importante" pur essendo anche il primo destinato a ridurre il congestionamento del traffico ed il secondo, di minor rilievo, volto a rendere più agevole la mobilità. Lo sviluppo del trasporto pubblico, con sistemi rapidi e di massa, é difatti considerato fondamentale per migliorare le condizioni di mobilità all'interno delle aree urbane maggiormente congestionate.
Si é dunque in presenza di tre provvedimenti legislativi distinti ma complementari, tutti egualmente rivolti ad affrontare con strumenti eccezionali i problemi della mobilità urbana, considerata una vera "emergenza nazionale". Questa situazione presenta caratteristiche già apprezzate dalla Corte, che, con riferimento alla legge n.122 del 1989, ha ritenuto che il programma di interventi straordinari nel settore dei parcheggi é stato disposto "in presenza di una emergenza che postula l'esigenza di interventi rapidi ed immediati a salvaguardia di esigenze primarie dei singoli e dell'intera collettività nazionale" (sentenza n. 459 del 1989). Nello stesso contesto, per finalità ed articolazione degli interventi, si colloca la legge n. 211 del 1992, che deve essere dunque esaminata tenendo particolarmente presenti i criteri di valutazione adottati dalla Corte nell'affrontare le questioni a suo tempo sollevate per la legge relativa ai parcheggi, criteri che fanno ritenere consentito un intervento straordinario, eccezionale e sostanzialmente aggiuntivo dello Stato per la rapida realizzazione degli interventi necessari, secondo una valutazione unitaria, per la installazione di sistemi di trasporto rapido di massa.
4.1. La prima delle disposizioni denunciate dalle ricorrenti riguarda la individuazione dei comuni che possono avvalersi dei benefici previsti dalla legge, nonché i poteri del Ministro per le aree urbane in ordine alla determinazione degli stessi.
L'art. 1, primo comma, della legge n. 211 del 1992 stabilisce che dei benefici possono avvalersi le "città metropolitane", vale a dire le destinatarie tipiche degli interventi, individuate direttamente dal legislatore che, adottandone la nomenclatura, evidentemente rinvia alla determinazione fatta con l'ordinamento delle autonomie locali (art.17 della legge 8 giugno 1990, n. 142). Alle città metropolitane si aggiungono, eventualmente ed integrativamente, "i comuni individuati, su proposta delle regioni interessate, dal Ministro per i problemi delle aree urbane, di concerto con il Ministro dei trasporti", sulla base delle indicazioni del piano nazionale e dei piani regionali dei trasporti. La disposizione tende a consentire, per i comuni diversi dalle città metropolitane, la ponderazione necessariamente unitaria, in ragione della unicità ed eccezionalità dell'intervento, di tutte le esigenze manifestate in sede locale e valutate in primo luogo dalle regioni che formulano le relative proposte. Pertanto non é fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge n.211 del 1992, prospettata dalle ricorrenti.
La facoltà del Ministro per i problemi delle aree urbane di individuare i comuni destinatari degli interventi anche quando le regioni non formulino le proposte entro centoventi giorni dalla entrata in vigore della legge é attributiva di un potere limitato: per i profili sostanziali, dai criteri e dalle previsioni del piano generale e dei piani regionali dei trasporti, alla cui attuazione gli interventi nel loro complesso devono essere rivolti; per i profili procedimentali, dal necessario raccordo con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
La individuazione dei comuni in assenza di proposta regionale tende pertanto a supplire alla mancata indicazione di interventi necessari, come tali già determinabili (alla stregua degli strumenti di pianificazione), ma che non sono stati oggetto di proposta per mera omissione.
4.2. Peraltro la sola indicazione del termine nel quale le regioni devono formulare le proposte (centoventi giorni, secondo quanto prevede l'art. 1, secondo comma, della legge n. 211 del 1992) non appare idonea a caratterizzare la mancata indicazione regionale come mera omissione, surrogabile alla stregua delle previsioni e dei criteri espressi dagli strumenti di pianificazione del settore. Affinché la mancata formulazione di proposte non possa avere il significato di una insuperabile valutazione negativa della necessità o della opportunità di interventi é necessario che, comunque, la regione o la provincia autonoma sia invitata in modo collaborativo a pronunciarsi, positivamente o negativamente, entro il termine che venga a tal fine fissato.
Per questo aspetto é costituzionalmente illegittimo l'art. 1, secondo comma, della legge n. 211 del 1992, nella parte in cui non prevede che il potere sostitutivo del Ministro per i problemi delle aree urbane sia esercitato, in caso di inerzia delle regioni o delle province autonome, previa richiesta alle stesse di pronunciarsi positivamente o negativamente, entro un congruo termine, in ordine alla proposta di individuazione dei comuni interessati agli interventi previsti dalla legge stessa.
5. Le altre censure formulate dalle ricorrenti riguardano le norme che disciplinano la definizione degli interventi, l'approvazione dei relativi progetti ed il finanziamento per la loro realizzazione. Si tratta di aspetti diversi, ma tutti egualmente riferiti alla attivazione da parte dello Stato di procedure volte a realizzare sistemi di trasporto in aree urbane. Le valutazioni in proposito devono essere effettuate, si é già ricordato, tenendo conto di quanto la Corte ha affermato nell'esaminare le questioni di legittimità costituzionale a suo tempo sollevate per le disposizioni in materia di parcheggi ( legge n.122 del 1989), a proposito delle quali é stato sottolineato "il carattere del tutto straordinario ed eccezionale del programma di interventi previsti dalla legge censurata, diretti a fronteggiare un'emergenza che coinvolge interessi che riguardano l'intera collettività" (sentenza n.459 del 1989). A maggior ragione nel caso delle metropolitane si deve ritenere che si é in presenza di un programma del tutto straordinario ed eccezionale di interventi statali per assicurare la mobilità di massa e per migliorare le condizioni ambientali nelle aree urbane. La realizzazione di tale programma, perché possa efficacemente rispondere all' emergenza affrontata, richiede: omogeneità nei criteri di valutazione delle diverse esigenze e dei singoli piani di intervento, quindi comparabilità e comparazione delle relative proposte, da effettuare in unica sede; governabilità dei tempi delle procedure amministrative previste, per una rapida definizione degli interventi; verifica delle risorse finanziarie disponibili, per una utile attribuzione del necessario contributo integrativo statale.
In questa prospettiva non appare illegittimo che il Ministro per i problemi delle aree urbane, esercitando una funzione di concreta sollecitazione, possa assumere l'iniziativa perché sia effettivamente attivato il procedimento per il raggiungimento degli accordi di programma previsti dall'art. 27 della legge n. 142 del 1990, senza che ne risultino modificate la struttura della relativa procedura e la libera determinazione dei soggetti interessati (art. 4 della legge n. 211 del 1992).
Riconosciuta la legittimità dell'intervento straordinario dello Stato per un eccezionale programma di realizzazione di sistemi di trasporto rapido di massa, ne segue la legittimità degli interventi di organi statali, necessari per l'attuazione della speciale procedura esecutiva prevista: la approvazione dei programmi di intervento nonché la relativa individuazione delle fonti di finanziamento a carico dello Stato da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (C.I.P.E.T.) (art 5, primo comma); la approvazione dei progetti secondo le disposizioni statali concernenti la costruzione di ferrovie metropolitane (art. 2 della legge 29 dicembre 1969, n.1042) quale condizione per la erogazione dei finanziamenti di competenza statale (artt. 5, secondo comma, e 7 della legge n. 211 del 1992).
Quanto ai finanziamenti (ancora art. 7 e art. 9 della legge denunciata) é da rilevare che la quantificazione e la diretta erogazione dei contributi da parte dello Stato agli enti interessati alla realizzazione delle opere sono complementari e consequenziali al sistema di eccezionale ed unificata determinazione dei sistemi di trasporto da eseguire.
Per quanto concerne, infine, l'art. 10 della legge n. 211 del 1992, si tratta del finanziamento in prevalenza di sistemi ferroviari passanti e di collegamenti delle Ferrovie dello Stato, pertanto di opere di competenza statale. Comunque, anche per i programmi urbani integrati e per i collegamenti con aree aeroportuali, espositive ed universitarie, previsti dalla stessa disposizione, si é solo in presenza di finanziamenti integrativi per opere non sottratte alla disciplina ed alle competenze comuni.
I ricorsi pertanto, per quanto attiene agli artt. 4, 5, 7, 9 e 10 della legge n. 211 del 1992, non sono fondati.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi;
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, secondo comma, della legge 26 febbraio 1992, n. 211 (Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa), nella parte in cui non prevede che il potere sostitutivo del Ministro per i problemi delle aree urbane sia esercitato, in caso di inerzia delle regioni o delle province autonome, previa richiesta alle stesse di pronunciarsi positivamente o negativamente, entro un congruo termine, in ordine alla proposta di individuazione dei comuni interessati agli interventi previsti dalla legge stessa;
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo comma, 4, 5, 7, 9 e 10 della legge 26 febbraio 1992, n.211, sollevate, con i ricorsi indicati in epigrafe, dalla Provincia autonoma di Trento in riferimento all'art. 8, numeri 5, 17 e 18, all'art.16 e al titolo VI dello Statuto speciale (approvato con d.P.R.31 agosto 1972, n. 670) e alle relative norme di attuazione ed in relazione all'art. 128 della Costituzione ed agli artt. 1, terzo comma, e 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e dalla Regione Lombardia in riferimento agli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione nonché all'art.128 della Costituzione ed agli artt. 1, terzo comma, e 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142.
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