In vigore al

RICERCA:

In vigore al: 04/10/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 302 del 01.10.2003
Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblcii - sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici - Inapplicabilità

Sentenza (23 settembre 2003) 1° ottobre n. 302; Pres.  Chieppa, Rel. Finocchiaro
 
Ritenuto in fatto: 1.  - La Provincia di Trento, con atto notificato il 28 aprile e depositato  il  5 maggio  del 2000, la Provincia di Bolzano, con atto notificato  il  29 aprile  e  depositato  il  18 maggio del 2000 e la Regione  Valle d'Aosta, con atto notificato il 27 aprile e depositato il  9 maggio  del 2000, hanno proposto analoghi ricorsi per conflitto di  attribuzione  nei  confronti  dello Stato, avverso il decreto del Presidente  della  Repubblica  25 gennaio  2000,  n. 34  (Regolamento recante  istituzione  del sistema di qualificazione per gli esecutori di  lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni), chiedendone l'annullamento nella  parte  in  cui disciplina il sistema di qualificazione per gli esecutori  di lavori pubblici di interesse provinciale e regionale ed in   particolare  (in  subordine  la  Regione  Valle  d'Aosta)  degli articoli: 1, comma 2; 2 comma 1, lettera b); 5, comma 1, lett. h); 8, comma 1 (reg. confl. nn. 18, 23 e 19 del 2000) .
Le  ricorrenti  contestano l'applicabilita' del regolamento - che disciplina  il  sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici  sulla  base  del  potere  conferito dall'art. 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (legge quadro in materia di lavori pubblici) - ai lavori pubblici di interesse provinciale e regionale .
In  particolare:  la  disposizione  che estende la qualificazione prevista  dal  regolamento  agli  esecutori  dei  lavori pubblici, di importo  superiore  a  150.000  euro,  affidati dalle regioni e dalle province  ad  autonomia  differenziata  (art. 1, comma 2); quella che include  tra  le  «stazioni  appaltanti»  del  regolamento,  oltre ai soggetti  di cui all'art. 2, comma 2, della legge, anche le regioni e le  province  ad autonomia differenziata (art. 2, comma 1, lett. b)); quella  che include due rappresentanti delle regioni e delle province autonome  - designati dalla conferenza dei presidenti delle regioni e delle  province  autonome  -  nella  commissione  consultiva (art. 5, comma 1, lett. h)), istituita presso l'Autorita' per la vigilanza sui lavori  pubblici  per  esprimere pareri nel corso del procedimento di autorizzazione,  da parte di quest'ultima, degli organismi di diritto privato  che attuano il sistema di qualificazione (Societa' organismi di  attestazione,  SOA);  quella  che  include tra i soggetti che non possono  detenere  partecipazioni  al  capitale  di  una SOA anche le regioni e le province autonome (art. 8, comma 1) .
Tutte  le  ricorrenti deducono l'invasione della propria sfera di competenza  in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei principi    costituzionali    relativi   all'esercizio   del   potere regolamentare e del principio di legalita' .
Le  Province  di  Trento  e di Bolzano premettono di disporre, in materia  di  lavori pubblici di interesse provinciale, della potesta' legislativa  primaria  e  delle  relative potesta' amministrative, ai sensi  degli  artt. 8,  n. 17  e  16  d.P.R.  31 agosto  1972, n. 670 (Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), del d.P.R. 22 marzo 1974,  n. 381  (Norme  di  attuazione  dello  statuto speciale per la regione   Trentino-Alto   Adige   in  materia  urbanistica  ed  opere pubbliche)  e  del  d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto   tra   atti   legislativi   statali  e  leggi  regionali  e provinciali,   nonche'   la   potesta'   statale   di   indirizzo   e coordinamento)   e   di   aver  disciplinato  la  materia  con  leggi provinciali  e relativi regolamenti di attuazione (legge prov. Trento 10 settembre  1993,  n. 26,  artt. 34, 37 e 41, d. Pres. Giunta prov . 30 settembre  1994,  n. 12,  art. 18,  l. p. Bolzano, 17 giugno 1998, n. 6  e  successive  modificazioni,  artt. 41-42),  collegandosi alla normativa  nazionale  ed,  in particolare (Bolzano) ai principi posti dall'art. 8  della  legge  n. 109  del  1994,  senza  che  il Governo impugnasse  per  mancato  adeguamento (ex art. 2, comma 2, del d.lgs . 16 marzo   1992,   n. 266),   ne'  si  opponesse  alla  promulgazione (Bolzano) .
La  Regione Valle d'Aosta premette di disporre di analoghi poteri sulla  base  degli  artt. 2,  lett. f) e 4 della legge costituzionale 26 febbraio  1948,  n. 4  (Statuto  speciale  per  la Valle d'Aosta), dell'art. 1  della  legge 16 maggio 1978, n. 196 (Norme di attuazione dello  statuto  speciale  della regione Valle d'Aosta) e dell'art. 58 del  d.P.R.  22 febbraio  1982,  n. 182  (Norme  di  attuazione dello statuto  speciale  della  regione Valle d'Aosta per l'estensione alla regione  delle  disposizioni  del  d.P.R.  n. 616  del  1977  e della normativa  relativa  agli  enti  soppressi  con l'art. 1-bis del d.l . n. 481  del  1978,  convertito  in  legge  n. 641 del 1978) e di aver disciplinato  la materia con legge (legge reg. 20 giugno 1996, n. 20, recte,  12) e prospetta la violazione anche degli artt. 5, 114, 115 e 116 della Costituzione .
Con    riferimento   alla   normativa   statale   le   ricorrenti sottolineano,  in  generale, che, dopo la sentenza della Corte n. 482 del  1995,  solo i principi desumibili dalle disposizioni della legge n. 109  del  1994  e  successive  modificazioni  costituiscono  norme fondamentali di riforma economico-sociale vincolanti per le regioni e province ad autonomia differenziata .
Nel     caso    di    specie,    il    principio    consisterebbe nell'assoggettamento   degli   esecutori   di  lavori  pubblici  alla procedura  di  qualificazione  e alla procedura di certificazione dei prodotti, processi, servizi e sistemi di qualita' aziendali impiegati e  non ad una disciplina di dettaglio, come l'istituzione del sistema effettuata con il regolamento .
In   particolare,  le  ricorrenti  deducono  che  il  regolamento contestato  non  e'  loro  applicabile, come emerge dall'art. 8 della legge  «delegante»,  il  quale,  per  i lavori pubblici assoggettati, rinvia   all'art. 2,  comma 1  che,  a  sua  volta,  per  i  soggetti affidatari,  richiama  l'art. 2,  comma 2,  dove  non  sono  comprese regioni e province autonome.
Inoltre,  aggiungono  le  ricorrenti,  la  non  applicabilita' e' confermata  dalla  sentenza n. 482 del 1995, che, per tale motivo, ha respinto  il ricorso all'epoca presentato, con conseguente violazione del principio di legalita' .
Infine, le ricorrenti richiamano la giurisprudenza consolidata di questa  Corte  (sent. nn. 465 del 1991, 333 del 1995 e 408 del 1998), secondo la quale i regolamenti governativi, compresi quelli delegati, non sono legittimati a disciplinare materie di competenza regionale e provinciale e lo strumento della delegificazione non puo' operare per fonti di diversa natura, tra le quali vi e' un rapporto di competenza e non di gerarchia .
Passando  alle  specifiche  censure,  le ricorrenti si soffermano soprattutto  sull'estensione  del sistema di qualificazione (previsto dal  regolamento)  per  gli  esecutori di lavori pubblici, di importo superiore  a  150.000 euro, alle regioni, anche a statuto speciale, e alle province autonome .
Tutte sostengono che tale estensione non puo' trovare fondamento, ne' nell'art. 93, comma 1, lett. f), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo  1997,  n. 59),  che  ha  mantenuto  allo  Stato le funzioni relative  «alla  regolamentazione  e  alla vigilanza relativamente al sistema  di  qualificazione  degli  esecutori  di  lavori  pubblici», perche'   riferibile   solo   alle   regioni   ordinarie,  ne'  nella ricomprensione   di   tale  regolamentazione  nella  «disciplina  del mercato»,  piuttosto  che  nella  materia  dei  lavori  pubblici, con conseguente esclusione di ogni specificita' territoriale .
Su    quest'ultimo    profilo   le   ricorrenti   deducono   che, indiscutibilmente,   la   disciplina   dei  requisiti  di  capacita', esperienza,   dimensione,  richiesti  per  l'affidamento  dei  lavori pubblici,  attiene alle garanzie di efficienza e sicurezza dell'opera costruita  e  non e' diretta a disciplinare un determinato settore di mercato,   come   confermato   da   una   tradizione   legislativa  e giurisprudenziale  che l'ha sempre considerata quale un aspetto della disciplina  dei lavori pubblici di spettanza delle autorita' titolari delle  competenze.  Afferma  inoltre  la  Provincia  di Trento che se davvero   la   disciplina   delle   qualificazioni   non   tollerasse differenziazioni,  dovrebbe  ipotizzarsi  un  sistema unico a livello europeo .
Le  Province  di  Trento e Bolzano, poi, aggiungono che non hanno fondamento i dubbi sui possibili pericoli collegati al riconoscimento dell'autonomia   a   province  e  regioni  (esposti  nella  relazione governativa  al  regolamento),  secondo  cui  un'impresa operante sul territorio  nazionale dovrebbe conseguire tante qualificazioni quante sono le regioni, oltre a quella nazionale .
Infatti, il riconoscimento delle autonomie comporterebbe solo che per   i   lavori   pubblici   provinciali   sarebbe   sufficiente  la qualificazione   sulla  base  delle  regole  provinciali  -  comunque rispettose  dei  principi  nazionali  - ma, naturalmente, agli stessi potrebbero partecipare anche le imprese con qualificazione nazionale .
Gli   altri  articoli  impugnati  sono  denunciati  da  tutte  le ricorrenti come conseguenza e conferma della diretta applicabilita' a loro del regolamento .
Inoltre,  la  Regione Valle d'Aosta - con riferimento all'art. 5, comma 1,  lett.  h)  -  aggiunge  che, se per assurdo, il regolamento dovesse  ritenersi  conforme  al  quadro  costituzionale, dovrebbe di conseguenza  riconoscersi  il  ruolo marginale riservato alla Regione nell'ambito  della  commissione  consultiva,  dove  non  e'  previsto neppure un suo rappresentante su ventiquattro .
Con  riferimento  all'art. 8,  comma 1,  la  stessa Regione - per l'ipotesi  che  la  norma  si  ritenesse  applicabile  alle regioni a statuto  speciale  nonostante  individui  come  destinatarie solo «le regioni  e  le  province autonome» lamenta l'invasione della potesta' legislativa  esclusiva  in materia di lavori pubblici e rammenta che, con  legge  regionale  (legge  reg. 10 aprile 1997, n. 12, artt. 31 e 33),  e'  prevista  la  possibilita'  per  la  Regione  di  acquisire partecipazioni societarie o di costituire societa' di diritto privato dotate di personalita' giuridica .
2.  -  In  tutti  i  giudizi  si  e' costituito il Presidente del Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che i ricorsi siano respinti .
L'Avvocatura  si  sofferma  sulle  ragioni per cui sarebbe errato l'assunto  delle  ricorrenti,  secondo  cui  il  principio di riforma economico  sociale  -  ricavabile dall'art. 8, della legge n. 109 del 1994   -   è  costituito  dall'assoggettamento  degli  esecutori,  a qualsiasi titolo, di lavori pubblici alla procedura di qualificazione e  di  certificazione  dei  prodotti,  servizi  e sistemi di qualita' aziendali impiegati, mentre la disciplina di tale sistema di qualita' sarebbe  rimessa  alla  potesta'  legislativa  e  regolamentare delle regioni e province a statuto speciale .
Premesso  che  la  sentenza  della  Corte  n. 482 del 1995 non ha riguardato  l'art. 8 della legge n. 109 del 1994, relativo al sistema unitario  di  qualificazione, la difesa dello Stato sottolinea che la legge  prevede  un  sistema  di  qualificazione  unico  per tutti gli esecutori  a  qualsiasi  titolo,  dove  la  qualificazione  non e' un requisito  per  la  partecipazione  alle procedure di affidamento dei lavori,   «ma   un   requisito   soggettivo  dell'impresa,  cioe'  un presupposto  di  legittimazione  che  consente  all'impresa di essere parte  di  un  appalto  di  opera pubblica durante tutta la durata di esso»  (Consiglio di Stato, sez. V, 11 aprile 1991, n. 517; Corte dei conti,  sez.  controllo,  22  giugno 1993, n. 102). Tale unicita' del sistema,  posta  a  tutela  della  libera concorrenza del mercato, e' costituzionalmente  giustificato  perche' rivolto alla disciplina del mercato  del  settore,  concernendo  -  attraverso  la qualificazione dell'impresa e la certificazione di qualita' dei prodotti, servizi ed interventi   effettuati   dall'impresa   -   non  tanto  e  non  solo l'esecuzione di lavori pubblici ma il modo di essere e di presentarsi dell'impresa  sul  mercato  per  affrontare  la concorrenza europea e internazionale. Evidenziato che il sistema di qualificazione previsto dall'art. 8  della  legge  n. 109 del 1994 ed attuato dal regolamento impugnato   e'   fortemente   innovativo   -   sostituendo   ad   una qualificazione  formale  basata sugli albi dei costruttori un modello basato   sulla   costante   verifica   del   possesso  dei  requisiti tecnico-organizzativi    ed    economico-finanziari   conformi   alla disciplina  comunitaria  - l'Avvocatura sostiene che l'unicita' della normativa e' imposta dall'esigenza di trasparenza e uniformita' delle regole  nella  concorrenza,  che  non  puo' sopportare particolarismi normativi   e  specialita'  territoriali,  al  fine  di  evitare  che un'impresa,  operante  sul  territorio  nazionale,  debba conseguire, oltre  ad  una qualificazione nazionale, tante diverse qualificazioni quante sono le regioni .
Inoltre,  aggiunge  la  difesa  erariale, la regolamentazione del sistema   di   qualificazione   e'   funzione  mantenuta  allo  Stato dall'art. 93,  comma 1,  lett.  f)  del  d.lgs.  n. 112  del 1998, ed erroneamente le ricorrenti sostengono che lo stesso varrebbe solo per le regioni ordinarie .
Infatti, dal collegamento dell'art. 93 con l'art. 10 dello stesso decreto  legislativo,  risulta  evidente  che,  una volta indicate le funzioni  da  trasferire  - sia pure con diverse modalita' da regioni ordinarie  a  regioni  e  province  ad  autonomia  differenziata - le funzioni  mantenute  allo Stato non possono non riguardare ugualmente tutte  le  regioni  e  le  province  autonome,  perche' altrimenti la distinzione  tra  funzioni  trasferite  e  funzioni mantenute sarebbe priva  di  certezza  giuridica  ed  il d.lgs. n. 112 del 1998 sarebbe scarsamente esaustivo del riparto di competenze .
3. - La Regione Emilia-Romagna ha proposto ricorso, notificato il 26 giugno  e  depositato  il  6 luglio  del  2000,  per  conflitto di attribuzione  nei  confronti  dello  Stato,  avverso  il  decreto del Presidente  della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione   della   legge  quadro  in  materia  di  lavori  pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) - emanato sulla base   dell'art. 3   della   legge  n. 109  del  1994  -  chiedendone l'annullamento,  nella  parte  in  cui  intende disciplinare i lavori pubblici   di  interesse  regionale,  e,  segnatamente,  dell'art. 1, commi 2  e 3, e dell'art. 188, commi 8, 9 e 10 (reg. conf l. n. 30 del 2000) .
La  Provincia  di Trento e la Provincia di Bolzano hanno proposto analoghi  ricorsi,  notificati rispettivamente il 26 e il 27 giugno e depositati  il  6 luglio  del  2000,  chiedendo  l'annullamento dello stesso  regolamento, nella parte in cui intende disciplinare i lavori pubblici  di  interesse  provinciale,  e,  segnatamente, dell'art. 1, commi 2  e  3, e dell'art. 188, commi 8, 9 e 10 (reg. confl. nn. 31 e 32 del 2000) .
Le  ricorrenti  contestano:  l'applicabilita'  del regolamento ai lavori   pubblici   di  interesse  regionale  e  provinciale  in  via suppletiva,   sino  all'adeguamento  della  propria  legislazione  ai principi   desumibili   dalla   legge   quadro   (art. 1,   comma 3); l'applicabilita',  in  via  permanente,  del  medesimo regolamento ai lavori  pubblici  di  interesse regionale e provinciale finanziati in misura  prevalente  con  fondi  provenienti  dallo  Stato,  ai lavori realizzati  nell'ambito  di  funzioni delegate, nonche' nelle materie non  oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma dell'art. 117 della Costituzione  (art. 1,  comma 2);  l'obbligo  di istituire elenchi di collaudatori  e  di  curarne  la tenuta mediante apposite commissioni (art. 188, commi 8, 9 e 10) .
Tutte  le  ricorrenti deducono l'invasione della propria sfera di competenza  in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei principi    costituzionali    relativi   all'esercizio   del   potere regolamentare e del principio di legalita' .
La  Regione  Emilia-Romagna  premette  di disporre, in materia di lavori  pubblici  di  interesse  regionale,  di  potesta' legislativa concorrente  e delle relative potesta' amministrative, ai sensi degli artt. 117,  118  e  119 della Costituzione e «di aver disciplinato la materia con varie leggi» .
Le  Province  di  Trento  e di Bolzano premettono di disporre, in materia  di  lavori pubblici di interesse provinciale, della potesta' legislativa  primaria  e  delle  relative potesta' amministrative, ai sensi  degli  artt. 8,  n. 17 e 16 dello Statuto di autonomia (d.P.R . 31 agosto 1972, n. 670; relative norme di attuazione: d.P.R. 22 marzo 1974,  n. 381  e d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266) e di aver disciplinato la materia con leggi provinciali e relativi regolamenti di attuazione (l.p.   Trento   10 settembre   1993,  n. 26,  d.Pres.  Giunta  prov . 30 settembre  1994,  n. 12,  l.  p.  Bolzano 17  giugno 1998,  n. 6 e successive modificazioni) .
Con riferimento alla normativa statale le ricorrenti sottolineano che,  dopo  la  sentenza della Corte n. 482 del 1995, solo i principi desumibili   dalle  disposizioni  della  legge  n. 109  del  1994,  e successive  modificazioni,  costituiscono principi della legislazione dello  Stato  e  norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale, rispettivamente  per le regioni ordinarie e per le regioni e province ad  autonomia  differenziata. Quanto al regolamento, emanato ai sensi dell'art. 3  della  stessa  legge,  mettono  in evidenza che - sempre sulla   base   della  sentenza  n. 482  del  1995,  oltre  che  della giurisprudenza  consolidata  di questa Corte (sent. nn. 465 del 1991, 333  del  1995  e  408  del 1998) i regolamenti governativi, compresi quelli  delegati,  non  sono  legittimati  a  disciplinare materie di competenza   regionale   e  provinciale  e  che  lo  strumento  della delegificazione  non puo' operare per fonti di diversa natura, tra le quali vi e' un rapporto di competenza e non di gerarchia .
Inoltre,  la  Provincia di Bolzano aggiunge che il Governo non ha impugnato   per  mancato  adeguamento  (ex  art. 2,  comma 2,  d.lgs. 16 marzo  1992,  n. 266),  ne' si e' opposto alla promulgazione della legislazione  che si e' data in materia per adeguare la disciplina ai principi della legislazione statale ( l.p. n. 6 del 1998) .
Passando  alle  specifiche  censure,  le ricorrenti si soffermano innanzitutto   sulla   disposizione   che   prevede  l'applicabilita' dell'intero  regolamento in via transitoria a tutti i lavori pubblici di   interesse  regionale  e  provinciale,  sino  all'adeguamento  ai principi posti dalla legge n. 109 del 1994 .
Tutte  sostengono  l'inidoneita'  della  norma  regolamentare  ad intervenire  nelle  materie  di  competenza  regionale e provinciale, tanto  piu' se di competenza esclusiva, richiamando la giurisprudenza della Corte in precedenza citata .
Inoltre,    quanto   al   fondamento   di   tale   applicabilita' nell'art. 10, legge 10 febbraio 1953, n. 62, richiamato espressamente dalla  norma  impugnata,  in  generale, ne sottolineano l'inidoneita' perche'  relativo al rapporto di incompatibilita' tra legge statale e legge  regionale da valutare in concreto (Regione Emilia Romagna), ed in  particolare  l'erroneita' rispetto alle province autonome, per le quali  l'adeguamento  e'  specificamente  disciplinato  da  norme  di attuazione  statutaria  (art. 2,  d.lgs.  16 marzo 1992, n. 266), che prevedono  uno  specifico  giudizio  di costituzionalita'. A tal fine richiamano  analogo  rilievo  fatto  dalla  Corte  dei conti (Ufficio controllo  sugli  atti  del  Governo  -  rilievo  n. 2  del  2000)  e contestano  il  contrario  avviso  espresso  dal  Consiglio  di Stato (parere  n. 123  del  21 settembre  1999)  e  dall'Autorita'  per  la vigilanza sui lavori pubblici (parere del 17 marzo 1999) .
La  Provincia  di  Bolzano,  infine,  sostiene che il regolamento impugnato  e'  privo  di  base  legale perche', ai sensi dell'art. 2, comma 2,  legge  n. 109  del  1994,  come interpretato dalla sentenza n. 482  del  1995,  le  regioni e le province non sono comprese tra i destinatari del regolamento .
Quanto   all'applicazione,   in   via  permanente,  del  medesimo regolamento  ai  lavori pubblici di interesse regionale e provinciale finanziati in misura prevalente con fondi provenienti dallo Stato, ai lavori realizzati nell'ambito di funzioni delegate, nonche' a materie non  oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma dell'art. 117 della Costituzione,   le   ricorrenti  -  ribadito  in  generale  che  tali previsioni  presuppongono  l'applicazione  di  tutte  le disposizione della  legge  e  non  solo dei principi desumibili dalle stesse - con conseguente  violazione  dei  principi  costituzionali  in materia di esercizio  del potere regolamentare e vizio di legalita' dello stesso regolamento, si soffermano partitamente sulle tre ipotesi .
Sottolineano  che  l'eventuale  esistenza di flussi finanziari ad hoc,  separati  dall'ordinaria finanza regionale, non influisce sulla natura  dei  lavori e sulla competenza delle regole da rispettare per il loro svolgimento, contrariamente a quanto sostiene il Consiglio di Stato (parere cit.), e secondo quanto sostenuto anche dalla Corte dei conti  (rilievo  cit.)  e  da  quanto emerge per le Province autonome dalle norme statutarie (art. 5, legge 30 novembre 1989, n. 386) .
Per  i lavori realizzati nell'ambito di funzioni delegate - messa in  evidenza  l'ambiguita' della definizione che appare riferirsi sia ai  lavori  nelle  materie  oggetto  di  delega,  sia  ai  lavori che spetterebbero  allo  Stato  e  verrebbero delegati - le ricorrenti ne deducono   l'illegittimita'   poiche'   inciderebbe  sul  riparto  di competenze tra lavori di interesse statale e di interesse regionale e provinciale  basato  sulla dimensione dei lavori e non sulle materie, quale  risulta  dal  d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e, per le province, dalle  disposizioni  di  attuazione  statutarie  (artt. 19  e 19-bis, d.P.R.  22 marzo 1974, n. 381). Per i lavori realizzati nelle materie non  oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma dell'art. 117 della Costituzione,  evidenziata l'erroneita' del riferimento alle province autonome,  si  sostiene l'illegittimita' della previsione se riferita ai   lavori   pubblici   nelle  materie  escluse  dalla  legislazione concorrente  per  le  stesse ragioni sopradette. Se, invece, la norma intendesse   riferirsi   alla   diretta   applicabilita'   di   norme regolamentari  che disciplinerebbero aspetti sottratti all'ambito dei lavori  pubblici  regionali  e  provinciali,  da  un  lato tale norma sarebbe illegittima perche' con regolamento porrebbe un principio che discende   dal   riparto   delle   competenze,   dall'altro   sarebbe inammissibile  che  un  regolamento pretendesse di definire i confini della materia di competenza provinciale .
Quanto,  infine,  all'obbligo  imposto  a  regioni  e province di istituire  elenchi  di  collaudatori,  di  curarne la tenuta mediante apposite  commissioni  -  disciplinando i requisiti e le modalita' di iscrizione  e  la  stessa  organizzazione  interna degli elenchi - le ricorrenti  sottolineano  la natura organizzatoria e non di principio della  disposizione,  come tale invasiva delle rispettive competenze, gia' esercitate, nel caso, dalla Provincia di Bolzano (art. 19, legge prov. n. 6 del 1998) .
4.  -  In  tutti  i  giudizi  si  e' costituito il Presidente del Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  chiedendo  che  i  ricorsi  siano dichiarati inammissibili   o   comunque   respinti,  con  riserva  di  esprimere articolate osservazioni e difese .
5.  - Nei ricorsi per conflitto di attribuzione avverso il d.P.R . n. 34  del  2000,  tutte  le  ricorrenti  hanno depositato memorie in prossimita' dell'udienza .
5.1.  -  La  Provincia  di  Trento  si  ricollega innanzitutto ad argomentazioni gia' svolte nel ricorso introduttivo. Ribadisce che la sentenza n. 482 del 1995 si e' espressamente occupata del regolamento di  qualificazione, previsto dall'art. 8 della legge n. 109 del 1994, sia  affermando  in generale che i regolamenti non sono legittimati a disciplinare   materie   di   competenza   regionale,   sia   negando l'applicabilita'  alle regioni dei commi 2 e 8 dello stesso articolo .
Aggiunge la stessa Provincia che la competenza provinciale in materia di  qualificazione  delle  imprese  non  altera  la  concorrenza «dal momento  che non si tratta di imporre requisiti diversi a imprese che operano  poi  sugli  stessi mercati (e che sarebbero avvantaggiate in caso di requisiti meno stringenti), visto che gli esecutori di lavori in Provincia di Trento devono avere tutti gli stessi requisiti» e che la  materia  non e' quella della concorrenza ma quella della qualita' delle  opere  pubbliche, soggetta alle norme fondamentali della legge quadro  e  agli obblighi comunitari. Infine, controdeducendo rispetto alla  tesi  dell'Avvocatura  secondo cui l'art. 93, comma 1, lett. f) del  d.lgs.  n. 112/1998 - che riserva allo Stato la regolamentazione del  sistema  di  qualificazione  -  varrebbe  anche  per gli enti ad autonomia  differenziata  sulla  base di un'interpretazione congiunta con   l'art. 10  dello  stesso  d.lgs.,  la  Provincia  sostiene  che l'art. 10  cit. stabilisce solo che se le «Regioni speciali rimangono indietro  in  relazione  ad  alcuna  delle funzioni conferite», «tali funzioni devono essere ad esse trasferite, ferme restando quelle gia' di  loro  competenza  in base alle norme statutarie e di attuazione» .
Concludendo, sostiene che le argomentazioni del ricorso hanno trovato conferma   nella  sentenza  della  Corte  n. 376  del  2002,  che  ha dichiarato  infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 20, legge  n. 59  del  1997, come modificato dalla legge n. 340 del 2000, solo in quanto la norma impugnata poteva e doveva essere interpretata nel  senso che i regolamenti di delegificazione non possono prevalere su  preesistenti  leggi  regionali  ma  solo  su  preesistenti  leggi statali; laddove il regolamento impugnato pretende di prevalere sulle leggi  provinciali  vigenti  in  materia. Ed, inoltre, ricorda che la preclusione  di  regolamenti  statali  in materie provinciali risulta anche  dal  d.lgs.  n. 266  del  1992,  che  abilita  solo le leggi a vincolare  la  provincia,  comunque  solo nei termini dell'obbligo di adeguamento e non della diretta applicabilita' .
5.2.  -  La  Regione  Valle  d'Aosta, preliminarmente, afferma la permanenza   dell'interesse  al  ricorso:  la  sospensione  dell'albo regionale  disposta  con  d.G.R.  Valle  d'Aosta n. 2506 del 9 luglio 2001,  dopo  la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  - sentenza  n. 207  del  2001  -  dell'art. 23 della legge regionale 20 giugno 1996,  n. 12,  nella  parte  in  cui prevedeva come condizione necessaria  per  la  partecipazione alle gare per l'affidamento degli appalti  l'iscrizione  ad un albo regionale di preselezione dotato di efficacia  triennale  con riferimento alla presenza di un'adeguata ed efficiente  organizzazione  aziendale  sul  territorio regionale, non puo'  essere  interpretata  come  abdicazione  alle  proprie potesta' riconosciute  dall'ordinamento  costituzionale. Quindi, richiamate le argomentazioni  svolte nel ricorso, precisa che, essendo vincolata ai soli   principi   di   riforma  economico-sociale,  non  puo'  essere assoggettata  alle  norme  di  dettaglio, tantomeno se regolamentari, secondo  quanto  sostenuto  dalla Corte gia' per le regioni a statuto ordinario,  perche'  altrimenti  il  disegno costituzionale diretto a riconoscere  e  promuovere l'autonomia regionale (artt. 5, 114 e 116, comma 1  Cost.)  dovrebbe  ritenersi  privo  di  concreta attuazione .
Controdeducendo  alla  tesi  del  Governo,  secondo cui la disciplina impugnata  tutelerebbe la libera concorrenza del mercato, distorta da tante  discipline  particolari in materia di requisiti delle imprese, premesso  che  l'espressione  «libera concorrenza del mercato» non si riferisce   a  nulla,  la  Regione  Valle  d'Aosta  aggiunge  che  la preoccupazione di evitare discipline plurime prova troppo, perche' il sistema  di  qualificazione  dovrebbe essere unico per tutta l'Unione europea,  mentre le imprese U.E. possono partecipare sulla base della qualificazione  ottenuta  nel  Paese d'origine (art. 8, comma 11-bis, della  legge  n. 109 del 1994) e, analogamente, ai lavori pubblici di interesse  regionale,  possono partecipare anche le imprese «italiane in  base  alla  qualificazione  da  esse  posseduta  conformemente al principio  del  mutuo  riconoscimento».  Quanto alla tesi del Governo della  riserva  allo  Stato del potere di regolamentare il sistema di qualificazione,  fondata  sull'art. 93, comma 1, lett. f), del d.lgs . n. 112  del  1998, in collegamento con l'art. 10 dello stesso d.lgs., ribadito  che  il  primo riguarda solo le regioni ordinarie, aggiunge che  il  secondo  attribuisce alle regioni a statuto speciale materie non  rientranti nella competenza regionale, senza potersi desumere da esso   un'erosione   delle   attribuzioni  gia'  assegnate  da  legge costituzionale.  Infine,  la  Regione  riprende  le argomentazioni di dettaglio  svolte  nel  ricorso  partitamente  rispetto agli artt. 5, comma 1, lett. h) e 8, comma 1 del regolamento impugnato .
5.3.  -  Preliminarmente  la Provincia di Bolzano, che per questa parte  svolge  argomentazioni  comuni ai due ricorsi, si sofferma sul mutamento  del  titolo  V  della  Costituzione. Pur non ritenendo del tutto  convincente  l'orientamento  della  Corte  - secondo cui per i giudizi  in  via  principale  e  per  conflitto  introdotti prima, il parametro  resta  quello originario (tra le altre, sentenza n. 39 del 2003)  - non chiede di mutare orientamento, stante la circostanza che il  cambiamento del parametro non condurrebbe a risultati diversi per via  della  evidente  fondatezza  dei  ricorsi  sulla  base di quelli originari.  Comunque, secondo la ricorrente, la riforma ha rafforzato le    proprie    competenze    costituzionali    e    aggravato    la incostituzionalita'  dei  due regolamenti in via sopravvenuta, stante l'art. 117,  quarto e sesto comma, in relazione all'art. 10, l. cost . n. 3  del  2001.  Da  un  lato  sottolinea  l'attribuzione del potere regolamentare  allo  Stato  nelle  sole materie di propria competenza legislativa  esclusiva;  dall'altro fa propria la tesi di «gran parte della  dottrina»,  in  base  alla quale la ricomprensione dei «lavori pubblici»   nella  competenza  legislativa  esclusiva  residuale  non incontra  il  limite  dei  principi  fondamentali  e,  quindi, per le regioni   e   province   ad   autonomia  differenziata,  delle  norme fondamentali  di  riforma  economico-sociale, pur riconoscendo che la Corte  ha  affermato tale limite nei confronti della Regione Sardegna (sentenza  n. 536  del  2002),  senza peraltro ribadirlo puntualmente (sentenza  n. 48  del  2003).  In  particolare,  con riferimento alla previsione  del  nuovo  articolo 117,  secondo  comma lett. e), della Costituzione,  che  riserva alla competenza esclusiva dello Stato «la tutela  della concorrenza», la provincia di Bolzano - ribadito che il nuovo  parametro  non  e' applicabile ai ricorsi anteriori secondo la giurisprudenza  della stessa Corte - ne sostiene la non riferibilita' alle   regioni   e  province  ad  autonomia  differenziata  ai  sensi dell'art. 10, l. cost. n. 3 del 2001 e, comunque, anche ad ammetterne l'applicabilita',  l'inidoneita'  ai  fini  del  rigetto  del ricorso avverso  il  d.P.R.  n. 34  del 2000. Infatti, argomentando da alcune sentenze  della  Corte (nn. 282 e 407 del 2002), la provincia ritiene che   «la   tutela   della   concorrenza»,   al  pari  della  «tutela dell'ambiente»,  non  costituisce  una materia in senso stretto ma un valore  costituzionalmente  protetto  che  attraversa  le  materie di competenza  delle  regioni,  senza  sottrarle a queste, giustificando solo  specifiche  norme  statali,  e  non  norme  regolamentari,  che limitano l'esercizio della potesta' legislativa .
Inoltre,  nel richiamare le argomentazioni svolte nel ricorso, la provincia ribadisce: che la sentenza n. 482 del 1995 ha espressamente escluso  l'applicabilita'  dell'art. 8  della legge n. 109 del 1994 a regioni  e  province; che un regolamento statale non puo' intervenire nelle  materie  di competenza regionale con nessun tipo di norma, ne' di  principio  ne'  di dettaglio; che l'art. 10 del d.lgs. n. 112 del 1998  non  puo'  essere  fatto  valere per materie gia' di competenza esclusiva,   valendo   solo  per  le  funzioni  che  non  siano  gia' attribuite .
Infine, aggiunge che la normativa europea non richiede un sistema di   qualificazione  unico  a  livello  nazionale,  ne'  esclude  che all'interno  dei  singoli  Stati  vi  possano essere sistemi diversi, richiedendo soltanto che i diversi sistemi di qualificazione (statali e  regionali)  rispettino  la  disciplina  comunitaria,  secondo  cui l'iscrizione   in  elenchi  ufficiali  di  imprenditori  riconosciuti costituisce  solo una presunzione di idoneita' in relazione ad alcuni dei  requisiti e criteri prescritti. Invece, il d.P.R. n. 34 del 2000 contrasta  con  la  direttiva, laddove questa (artt. 18, 26, 27 e 29, direttiva  CE  14 giugno 1993,  n. 93/37) stabilisce come deve essere data  la  prova  della  capacita' finanziaria, economica e tecnica da parte  delle imprese e che il relativo accertamento deve essere fatto dalle amministrazioni aggiudicatrici, mentre il regolamento impugnato prevede l'attestazione di qualificazione come condizione necessaria e sufficiente  per  la dimostrazione dell'esistenza dei requisiti e che le  stazioni  appaltanti non possono richiederne la dimostrazione con altre modalita' .
6.  -  In prossimita' dell'udienza la Regione Emilia-Romagna e la Provincia di Trento hanno presentato analoghe memorie nei ricorsi per conflitto  instaurati  nei confronti del d.P.R. n. 554 del 1999 (reg . confl.   nn. 30   e   31   del  2000).  Entrambe  sostengono  che  le argomentazioni  del  ricorso  hanno  trovato  conferma nella sentenza della Corte n. 376 del 2002, che ha dichiarato infondata la questione di  costituzionalita'  dell'art. 20, della legge n. 59 del 1997, come modificato  dalla  legge n. 340  del  2000,  solo in quanto la norma impugnata  poteva  e  doveva  essere  interpretata  nel  senso  che i regolamenti  di delegificazione non possono prevalere su preesistenti leggi  regionali  ma solo su preesistenti leggi statali. La Provincia di Trento, inoltre, ricorda che la preclusione di regolamenti statali in  materie provinciali risulta anche dal d.lgs. n. 266 del 1992, che abilita  solo  le  leggi  a vincolare la provincia, comunque solo nei termini   dell'obbligo   di   adeguamento   e  non   della   diretta applicabilita' .
6.1.  -  Anche  la  Provincia  di  Bolzano ha depositato memoria, richiamando le argomentazioni svolte nel ricorso introduttivo e - per quanto  possa  occorrere  -  quelle della memoria relativa al ricorso della stessa provincia nei confronti del d.P.R. n. 34 del 2000 .
6.2.   -   L'Avvocatura   dello  Stato,  resistente  nei  ricorsi presentati  dalla Regione Emilia-Romagna e dalle Province di Trento e Bolzano  avverso  il  d.P.R.  n. 554 del 1999, ha depositato analoghe memorie .
A   sostegno   dell'inammissibilita'  dei  ricorsi,  l'Avvocatura argomenta   che  l'atto  impugnato  -  essendo  un  regolamento  c.d . delegificato  -  ha solo la forma del regolamento ma sostanza e forza di  legge, ed e' come tale inidoneo ad essere oggetto di conflitto di attribuzione,  potendosi  nei suoi confronti proporre solo ricorso in via  principale nei diversi termini previsti; con la conseguenza che, anche a volerlo considerare, in via di conversione, quale impugnativa diretta, sarebbe palesemente tardivo .
Con   riferimento   all'infondatezza,   la   difesa  del  Governo sottolinea  che  la  riforma  operata dal legislatore nel settore dei lavori pubblici si fonda sulla stretta connessione tra le norme della legge  quadro  e  quelle  del  regolamento delegificante, tale da non poter  considerare  operanti  i principi contenuti nella legge se non tradotti  nella  disciplina  del  regolamento,  sino  a che non siano trasposti  nelle  leggi regionali, secondo la previsione dell'art. 1, comma 3,   impugnato.   Quanto  alla  applicabilita'  permanente  del regolamento   impugnato  ai  lavori  pubblici  finanziati  in  misura prevalente  con  fondi dello Stato, premesso che vengono in questione valutazioni   discrezionali  nella  allocazione  di  ingenti  risorse finanziarie  sottratte  ad  altre  finalita'  di  interesse  statale, sostiene  che  l'«interesse regionale» - che non puo' essere legato a parametri  fissi  come  quello  territoriale - diventa recessivo. Con riferimento,  infine,  alla applicabilita' permanente del regolamento nelle   «materie   non   oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma dell'art. 117  della  Costituzione»,  l'Avvocatura  evidenzia  che si tratta di materie - quali la disciplina delle societa' di ingegneria, la  definizione di controversie, le garanzie - che non attengono alla competenza regionale in materia di lavori pubblici .
Nelle  memorie  relative  ai ricorsi presentati dalle province di Trento  e  di  Bolzano,  la  difesa  erariale aggiunge che, mentre il richiamo   all'art. 10   della   legge   n. 62   del  1953  contenuto nell'impugnato   art. 1,  comma 3,  sembra  escludere  le  regioni  e province  ad  autonomia  differenziata, l'applicabilita' a queste dei principi  contenuti  nella  legge  quadro  e nel regolamento discende direttamente  dalla  legge  quadro attraverso il richiamo espresso ai principi  di  riforma  economico-sociale (art.1, comma 2, della legge n. 109 del 1994) .
Considerato in diritto :     1. - I  sei  ricorsi, promossi rispettivamente dalla Provincia di Trento (reg. conf l. n. 18 del 2000), dalla Provincia di Bolzano (reg .conf l.  n. 23  del  2000)  e dalla Regione Valle d'Aosta (reg. confl .n. 19  del  2000)  nei  confronti  del  Presidente  del Consiglio dei ministri,  con riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio  2000,  n. 34 (Regolamento recante istituzione del sistema di  qualificazione  per  gli  esecutori  di lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 8  della  legge  11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni),  nonche'  dalla  Regione  Emilia-Romagna (reg. confl . n. 30  del  2000),  dalla  Provincia di Trento (reg. conf l. n. 31 del 2000)  e  dalla Provincia di Bolzano (reg. conf l. n. 32 del 2000) nei confronti  del Presidente del Consiglio dei ministri, con riferimento al  decreto  del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento  di  attuazione  della  legge quadro in attuazione della legge  quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e  successive  modificazioni),  sollevano  questioni  di legittimita' costituzionale   parzialmente   coincidenti,   in  quanto  dirette  a sostenere  l'inapplicabilita'  nei  loro confronti dei regolamenti di delegificazione impugnati. I giudizi, evidentemente connessi, possono dunque essere riuniti per essere decisi con unica pronuncia .
2. - Con i primi tre ricorsi, proposti dalla Provincia di Trento, dalla  Provincia  di Bolzano e dalla Regione Valle d'Aosta, si chiede l'annullamento del decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000,   n. 34,   nella   parte   in  cui  disciplina  il  sistema  di qualificazione  per  gli  esecutori  di  lavori pubblici di interesse provinciale  e  regionale  ed in particolare (in subordine la Regione Valle  d'Aosta)  degli  artt. 1,  comma 2; 2, comma 1, lettera b); 5, comma 1, lett. h) ed 8, comma 1 .
Le  ricorrenti  contestano l'applicabilita' del regolamento - che disciplina  il  sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici  sulla  base  del  potere  conferito dall'art. 8 della legge n. 109  del  1994  -  ai  lavori  pubblici di interesse provinciale e regionale .
In  particolare:  la  disposizione  che estende la qualificazione prevista  dal  regolamento  agli  esecutori  dei  lavori pubblici, di importo  superiore  a  150.000  euro,  affidati dalle regioni e dalle province  ad  autonomia  differenziata  (art. 1, comma 2); quella che include  tra  le  «stazioni  appaltanti»  del  regolamento,  oltre ai soggetti  di cui all'art. 2, comma 2, della legge, anche le regioni e le  province  ad autonomia differenziata (art. 2, comma 1, lett. b)); quella  che include due rappresentanti delle regioni e delle province autonome  - designati dalla conferenza dei presidenti delle regioni e delle  province  autonome  -  nella  commissione  consultiva (art. 5, comma 1, lett. h)), istituita presso l'Autorita' per la vigilanza sui lavori  pubblici  per  esprimere pareri nel corso del procedimento di autorizzazione,  da parte di quest'ultima, degli organismi di diritto privato  che attuano il sistema di qualificazione (Societa' organismi di  attestazione,  SOA);  quella  che  include tra i soggetti che non possono  detenere  partecipazioni  al  capitale  di  una SOA anche le regioni e le province autonome (art. 8, comma 1) .
Tutte  le  ricorrenti,  premesso di disporre in materia di lavori pubblici  di  interesse  provinciale  (o  regionale)  della  potesta' legislativa   primaria  e  delle  relative  potesta'  amministrative, peraltro gia' esercitate, deducono l'invasione della propria sfera di competenza  in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei principi    costituzionali    relativi   all'esercizio   del   potere regolamentare e del principio di legalita' .
3. - La  Regione Emilia-Romagna ha proposto ricorso per conflitto di  attribuzione  nei  confronti  dello Stato, avverso il decreto del Presidente  della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione   della   legge  quadro  in  materia  di  lavori  pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) - emanato sulla base   dell'art. 3   della   legge  n. 109  del  1994  -  chiedendone l'annullamento  nella  parte  in  cui  intende  disciplinare i lavori pubblici di interesse regionale e segnatamente dell'art. 1, commi 2 e 3,  e  dell'art. 188,  commi 8,  9  e 10. La Provincia di Trento e la Provincia  di  Bolzano  hanno  proposto  analoghi  ricorsi, chiedendo l'annullamento  dello  stesso  regolamento nella parte in cui intende disciplinare   i   lavori   pubblici   di   interesse  provinciale  e segnatamente  dell'art. 1, commi 2 e 3, e dell'art. 188, commi 8, 9 e 10.
Le  ricorrenti  contestano  l'applicabilita'  del  regolamento ai lavori   pubblici   di  interesse  regionale  e  provinciale  in  via suppletiva,   sino  all'adeguamento  della  propria  legislazione  ai principi   desumibili   dalla   legge   quadro   (art. 1,   comma 3); l'applicabilita',  in  via  permanente,  del  medesimo regolamento ai lavori  pubblici  di  interesse regionale e provinciale finanziati in misura  prevalente  con  fondi  provenienti  dallo  Stato,  ai lavori realizzati  nell'ambito  di  funzioni delegate, nonche' nelle materie non  oggetto  di  potesta'  legislativa  a  norma dell'art. 117 della Costituzione  (art. 1,  comma 2);  l'obbligo  di istituire elenchi di collaudatori  e  di  curarne  la tenuta mediante apposite commissioni (art. 188, commi 8, 9 e 10) .
Le ricorrenti, premesso di disporre in materia di lavori pubblici di  interesse  provinciale  (o  regionale) della potesta' legislativa primaria  (o  concorrente)  e delle relative potesta' amministrative, peraltro gia' esercitate, deducono l'invasione della propria sfera di competenza  in materia di lavori pubblici, mediante la violazione dei principi    costituzionali    relativi   all'esercizio   del   potere regolamentare e del principio di legalita' .
Tutte  sostengono  l'inidoneita'  della  norma  regolamentare  ad intervenire  nelle  materie  di  competenza  regionale e provinciale, tanto  piu' se di competenza esclusiva, richiamando la giurisprudenza della Corte .
Inoltre,    quanto   al   fondamento   di   tale   applicabilita' nell'art. 10, legge 10 febbraio 1953, n. 62, richiamato espressamente dalla  norma  impugnata,  in  generale  ne sottolineano l'inidoneita' perche'  relativo al rapporto di incompatibilita' tra legge statale e legge  regionale da valutare in concreto (Regione Emilia-Romagna), ed in  particolare  l'erroneita' rispetto alle province autonome, per le quali  l'adeguamento  e'  specificamente  disciplinato  da  norme  di attuazione  statutaria  (art. 2,  d.lgs.  16 marzo 1992, n. 266), che prevedono un apposito giudizio di costituzionalita' .
La  Provincia  di  Bolzano,  infine,  sostiene che il regolamento impugnato  e'  privo  di  base  legale perche', ai sensi dell'art. 2, comma 2,  legge  n. 109  del  1994,  come interpretato dalla sentenza n. 482  del  1995,  le  regioni e le province non sono comprese tra i destinatari del regolamento .
4. - Va  premesso  che, come di recente affermato da questa Corte (sentenze  nn. 39  e  13  del  2003  e 507 del 2002), tutti i ricorsi devono  essere scrutinati alla luce delle disposizioni costituzionali sulla  competenza vigenti nel momento in cui i decreti impugnati sono stati  adottati,  a  nulla  rilevando  il  successivo  mutamento  dei parametri  conseguenti all'entrata in vigore del nuovo titolo V della Parte seconda della Costituzione .
4.1. - I   primi  tre  ricorsi  sono  fondati  sulla  base  delle considerazioni che seguono .
I decreti del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 e n. 594 del 1999 trovano il loro fondamento, rispettivamente, negli artt. 8 e 3 della legge n. 109 del 1994 .
Con il primo di tali articoli e' stato previsto che, con apposito regolamento,  da  emanare ai sensi dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto  1988,  n. 400,  e' istituito, tenuto conto della normativa vigente in materia, un sistema di qualificazione, unico per tutti gli esecutori   a   qualsiasi   titolo   di   lavori   pubblici   di  cui all'articolo 2,  comma 1  (della  legge  n. 109 del 1994), di importo superiore  a  150.000  euro, articolato in rapporto alle tipologie ed all'importo dei lavori stessi (art. 8, comma 2) .
Con  il  secondo  dei  suddetti  articoli e' stata demandata alla potesta'  regolamentare  del Governo, ai sensi dell'art. 17, comma 2, della  legge  23 agosto  1988,  n. 400,  con  le  modalita' di cui al presente  articolo  e secondo le norme della legge n. 109 del 1994 la materia  dei lavori pubblici con riferimento: a) alla programmazione, alla  progettazione,  alla  direzione  dei lavori, al collaudo e alle attivita' di supporto tecnico-amministrativo con le annesse normative tecniche;  b)  alle  procedure  di  affidamento degli appalti e delle concessioni   di   lavori   pubblici,  nonche'  degli  incarichi  di progettazione; c) alle forme di pubblicita' e di conoscibilita' degli atti   procedimentali,   anche  mediante  informazione  televisiva  o trasmissione telematica, nonche' alle procedure di accesso agli atti; d)  ai  rapporti  funzionali  tra  i  soggetti  che  concorrono  alla realizzazione dei lavori e alle relative competenze .
Subito  dopo  l'emanazione  delle suddette norme, questa Corte ha esaminato  la  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3 della  legge  n. 109  del  1994 sollevata da alcune regioni e, con la sentenza  n. 482  del  1995, l'ha dichiarata infondata rilevando, fra l'altro,  l'inesattezza  del  presupposto  interpretativo  da  cui le ricorrenti  muovevano, e cosi' testualmente motivando: «I regolamenti governativi,  compresi  quelli  delegati,  non  sono  legittimati  a disciplinare  materie di competenza regionale o provinciale (sentenza n. 333  del  1995).  Ne'  lo strumento della delegificazione previsto dall'art. 17  della  legge  n. 400 del 1988 puo' operare per fonti di diversa natura, tra le quali vi e' un rapporto di competenza e non di gerarchia.  Nel  caso  in  esame  la  disposizione denunciata prevede esclusivamente la delegificazione statale, rispettando l'attribuzione alla legge della disciplina dei rapporti con le regioni e le province autonome.   Difatti   queste   ultime   non   sono  comprese  tra  le amministrazioni  e  gli  enti  destinatari  del  regolamento, secondo l'espressa  previsione  ed  elencazione  che ne fa l'art. 2, comma 2, lettera a),   della   legge   n. 109   del   1994.  Solo  la  diretta incompatibilita'  delle norme regionali con i sopravvenuti principi e norme  fondamentali  della  legge  statale puo' determinare, ai sensi dell'art. 10,  primo  comma,  della  legge  10 febbraio  1953, n. 62, l'abrogazione  delle  prime (sentenze nn. 153 del 1995, 498 e 497 del 1993,  50  del  1991,  151  del 1974). La disposizione denunciata non trova  quindi  applicazione  alle  ricorrenti, che non hanno pertanto interesse  a  far  valere gli ulteriori vizi prospettati, mancando la lesione  dell'autonomia  costituzionalmente  garantita alle regioni e alle  province  autonome  (sentenze nn. 314 del 1990 e 961 del 1988) .
Esclusa l'applicabilita' alle regioni dell'emanando regolamento, ogni dubbio  di legittimita' costituzionale riferito ai suoi contenuti (in particolare,  per  il  rinvio  ad  esso operato dall'art. 8, comma 2, della  legge  n. 109 del 1994, secondo quanto prospettano le Province autonome di Bolzano e di Trento e la Regione Sardegna) non ha ragione di essere» .
Sulla  base  di  tali considerazioni il d.P.R. n. 34 del 2000 - e particolarmente le norme dello stesso impugnate - e' incostituzionale nella  parte  in  cui dispone la propria applicabilita' alle regioni, anche  a statuto speciale, e alle province autonome per non essere le stesse comprese fra i destinatari del regolamento .
Ne'  si  puo'  convenire  con  l'eccezione  della difesa erariale secondo cui la sentenza della Corte n. 482 del 1995 non ha riguardato l'art. 8 della legge n. 109 del 1994, relativo al sistema unitario di qualificazione,  essendo  infatti  sufficiente  rilevare, da un lato, che,  come risulta dalla motivazione della pronuncia di questa Corte, vi  e'  espresso  richiamo  all'articolo  citato  e,  dall'altro  che l'art. 8  della  legge  abilitante,  rinvia,  per  i  lavori pubblici assoggettati,  all'art. 2,  comma 1, che, a sua volta, per i soggetti affidatari,  richiama  l'art. 2,  comma 2,  dove  non  sono  comprese regioni e province autonome .
Quanto  enunciato  trova  del  resto  conferma  nella sentenza di questa  Corte  n. 376  del  2002 che, nell'affrontare il problema dei regolamenti   di   delegificazione  emanati  ai  sensi  dell'art. 17, comma 2,  della  legge  n. 400 del 1988, afferma espressamente che la delegificazione  - cioe' la sostituzione di una disciplina di livello regolamentare  ad  una preesistente di livello legislativo - riguarda solo la legislazione statale preesistente e che la delegificazione e' lo   strumento   adottato dal  legislatore  statale  per  realizzare l'obiettivo  della  semplificazione  dei  procedimenti nell'ambito di cio' che era gia' disciplinato dalle leggi statali precedentemente in vigore. La sostituzione in parte qua con norme regolamentari riguarda esclusivamente le preesistenti disposizioni di leggi statali .
4.2. - Concludendo  sui  primi tre ricorsi, va dichiarato che non spetta  allo  Stato  adottare,  con  il  decreto del Presidente della Repubblica  25 gennaio  2000,  n. 34 (Regolamento recante istituzione del  sistema  di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai  sensi  dell'articolo 8  della  legge  11 febbraio 1994, n. 109, e successive  modificazioni)  norme  applicabili  nei  confronti  delle Regioni,  anche  a  statuto  speciale,  e  delle Province autonome di Trento   e   di   Bolzano   e,   conseguentemente,   va   pronunciato l'annullamento  degli  artt. 1,  comma 2,  2, comma 1, lettera b), 5, comma 1,  lettera h)  ed  8,  comma 1, del predetto d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, nella parte in cui, rispettivamente, (a) individuano fra i  destinatari del sistema unico di qualificazione, gli esecutori dei lavori  pubblici, di importo superiore a 150.000 euro, affidati dalle regioni  anche a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e  Bolzano  (art.1,  comma 2); (b) definiscono «stazioni appaltanti», fra  le  altre,  le  regioni  anche  a statuto speciale e le province autonome  di  Trento  e  Bolzano  (art. 2,  comma 1,  lett.  b);  (c) includono  nella  commissione  consultiva  due  rappresentanti  delle regioni  e  delle  province  autonome  (art. 5,  comma 1,  lett.  h), espressione   da   intendersi  comprensiva  anche  delle  Regioni  ad autonomia  differenziata);  (d)  includono  anche  le  regioni  e  le province   autonome   tra   i   soggetti  che  non  possono  detenere partecipazioni  al  capitale di una SOA (art. 8, comma 1, espressione comprensiva anche delle Regioni a statuto speciale) .
5. - Passando  all'esame  degli  altri tre ricorsi proposti dalla Regione  Emilia-Romagna,  dalla Provincia di Trento e dalla Provincia di    Bolzano   deve   rilevarsi,   preliminarmente,   l'infondatezza dell'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla difesa erariale ed argomentata  sulla  circostanza che l'atto impugnato ha solo la forma del  regolamento  ma sostanza e forza di legge, come tale inidoneo ad essere  oggetto  di  conflitto  di  attribuzione,  potendosi nei suoi confronti proporre solo ricorso in via principale nei diversi termini previsti; con la conseguenza che, anche a volerli considerare, in via di  conversione,  quale  impugnativa  diretta,  sarebbero palesemente tardivi .
L'atto  impugnato  non  ha  valore  di  legge  e,  quindi, non e' soggetto  al  procedimento  di impugnazione gia' previsto dall'art. 2 della  legge  costituzionale  del  1948  e  ora previsto (con termine modificato) dall'art. 127, comma 2, della Costituzione .
Correttamente,   pertanto,   le   ricorrenti  hanno  proposto  il conflitto  di  attribuzione  ed  i  relativi  ricorsi, notificati nel termine  di  sessanta giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato, ai  sensi  dell'art. 39,  comma 2,  della  legge  n. 87 del 1953 sono ammissibili, per essere stati tempestivamente proposti .
5.1. - Passando  all'esame  delle singole questioni, sono fondate le censure relative agli artt. 1, comma 2, e 188, commi 8, 9 e 10 del d.P.R.   n. 554  del  1999,  per  le  stesse  ragioni  enunciate  nel precedente paragrafo n. 4.1, dal momento che tale disciplina estende, con  norma regolamentare, le disposizioni predette a soggetti esclusi dall'applicazione  delle  stesse,  sulla  base della legge n. 109 del 1994.  Pertanto, va dichiarato che non spetta allo Stato adottare con il  decreto  del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento  di  attuazione  della legge quadro in materia di lavori pubblici  11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) norme applicabili  nei confronti delle Regioni, anche a statuto speciale, e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e, conseguentemente va pronunciato  l'annullamento degli artt. 1, comma 2, e 188, commi 8, 9 e 10 del citato d.P.R. n. 554 del 1999, nella parte in cui estendono, rispettivamente,  l'applicabilita' del regolamento ai lavori pubblici di  interesse regionale e provinciale finanziati in misura prevalente con  fondi  provenienti dallo Stato, ai lavori realizzati nell'ambito di  funzioni  delegate  e  nell'ambito  delle  materie non oggetto di potesta'   legislativa   a  norma  dell'art. 117  della  Costituzione (art. 1,  comma 2),  nonche' estendono l'obbligo di istituire elenchi di  collaudatori e di curarne la tenuta mediante apposite commissioni (art. 188, commi 8, 9 e 10) .
Il  prevalente  finanziamento  statale  e  l'afferenza a funzioni delegate  o a materie estranee al vecchio art. 117 della Costituzione non giustificano infatti l'applicabilita' del regolamento che, in via generale,  non  si  applica  alle  regioni e si deve escludere che il criterio  del finanziamento prevalente sia suscettibile di trasferire un'opera  pubblica  dalla  sfera  di  competenza  regionale  a quella statale .
Quanto  all'altra  censura  e'  sufficiente  osservare che lavori pubblici  di  competenza  regionale non sono solo quelli attinenti ad altre  materie di competenza regionale previste dal vecchio art. 117, in  quanto  l'ambito  della  materia  «lavori pubblici» di competenza regionale  era definito da norme di attuazione degli statuti speciali e,  per  le  regioni  ordinarie,  dal  d.P.R.  24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione  della  delega  di  cui  all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) .
5.2. - Con   riferimento   alla   censura  relativa  dell'art. 1, comma 3,   del   d.P.R.  n. 544  del  1999,  secondo  cui,  ai  sensi dell'art. 10  della legge n. 62 del 1953, le regioni, anche a statuto speciale  e  le province autonome di Trento e di Bolzano applicano le disposizioni  del  regolamento  fino a quando non avranno adeguato la propria  legislazione  ai  principi  desumibili  dalla legge, occorre distinguere  fra  Regioni  ordinarie  e  Province di Trento e Bolzano (accomunate,  per  quel  che  interessa,  alla  Regione Trentino-Alto Adige) .
Nei  confronti delle prime la norma impugnata non e' illegittima, perche'  ad  esse  si  applica il meccanismo dell'art. 10 della legge n. 62 del 1953, esplicitamente richiamata .
La disposizione denunciata va intesa nel senso che il regolamento si  applica  ove  la  preesistente  legislazione regionale risulti in concreto  abrogata  per  effetto  del  suo  contrasto  con i principi fondamentali  recati  dalla legge n. 109 del 1994, oltre che la' dove non  vi  sia mai stata legislazione regionale (e dunque la disciplina statale  previgente  e  ora  «delegificata» continui ad applicarsi in forza del principio di continuita).
Stabilire  se  le leggi regionali preesistenti sono o non sono in contrasto  con  i  nuovi  principi fondamentali e, quindi, sono o non sono   abrogate,  e'  compito  dei  giudici  nei  casi  concreti;  il regolamento  statale non puo' fare presumere che sia cosi', a priori, per tutte le leggi regionali preesistenti .
Sulla base di questa interpretazione, la questione, relativa alle Regioni ordinarie, e' infondata .
Diverso  e'  il discorso per le Province di Trento e Bolzano (che godono  di  una  disciplina  comune,  per  quanto  di interesse, alla Regione Trentino-Alto Adige) .
A  loro  non  si applica l'art. 10 della legge n. 62 del 1953, ma l'art. 2  del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto  speciale  per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la  potesta'  statale  di  indirizzo e coordinamento), secondo cui il sopravvenire   di   nuove   norme   statali  comportanti  vincoli  di adeguamento  della  legislazione  provinciale non produce abrogazione delle  leggi  provinciali  preesistenti  in  contrasto  con  i  nuovi vincoli,   ma   solo  un  obbligo  di  adeguamento,  la  cui  mancata realizzazione  puo'  essere  fatta  valere  dal  Governo con apposito ricorso contro le leggi provinciali non adeguate .
Nei  confronti,  quindi,  delle  due  Province  autonome non puo' trovare applicazione il regolamento statale in base all'art. 10 della legge n. 62 del 1953 .
Pertanto  va  dichiarato  che non spetta allo Stato e per esso al Presidente  del  Consiglio  dei ministri adottare, con il decreto del Presidente  della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione   della   legge  quadro  in  materia  di  lavori  pubblici 11 febbraio   1994,   n. 109,   e   successive  modificazioni)  norme applicabili  in  via suppletiva nei confronti delle Province autonome di   Trento   e   di  Bolzano,  e,  conseguentemente  va  pronunciato l'annullamento  dell'art. 1, comma 3, del predetto d.P.R. 21 dicembre 1999,  n. 554, nella parte in cui si riferisce alle Province autonome di Trento e di Bolzano .

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi;
a)   dichiara  che  non spetta allo Stato e per esso al Presidente del  Consiglio  dei ministri, adottare, con il decreto del Presidente della   Repubblica   25 gennaio   2000,  n. 34  (Regolamento  recante istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici,  ai  sensi  dell'articolo 8  della  legge 11 febbraio 1994, n. 109,  e  successive modificazioni) e con il decreto del Presidente della  Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della  legge  quadro  in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109,  e  successive modificazioni) norme applicabili nei confronti delle Regioni, anche a statuto speciale, e delle Province autonome di Trento  e  di  Bolzano,  e,  conseguentemente,  annulla  gli artt. 1, comma 2, 2, comma 1, lettera b), 5, comma 1, lettera h) e 8, comma 1, del  d.P.R.  25 gennaio  2000,  n. 34, nonche' gli artt. 1, commi 2 e 188, commi 8, 9 e 10 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, nella parte in  cui si riferiscono alle Regioni, anche a statuto speciale, e alle Province autonome di Trento e di Bolzano;
b)   dichiara  che  non spetta allo Stato e per esso al Presidente del  Consiglio  dei  ministri adottare, con il decreto del Presidente della  Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della  legge  quadro  in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109,  e  successive modificazioni) norme applicabili nei confronti delle  Province  autonome di Trento e di Bolzano, e, conseguentemente annulla  l'art. 1,  comma 3,  del  predetto  d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554,  nella  parte  in  cui si riferisce alle Province autonome di Trento e di Bolzano;
c)   rigetta,   per   il  resto,  il  ricorso  per  conflitto  di attribuzioni  proposto dalla Regione Emilia-Romagna avverso l'art. 1, comma 3,  del  decreto  del  Presidente  della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di   lavori   pubblici   11 febbraio   1994,   n. 109,  e  successive modificazioni), con il ricorso indicato in premessa .