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In vigore al: 04/10/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 234 del 03.03.1988
Assegno vitalizio ai Sindaci - Esclusione

Sentenza (24 febbraio) 3 marzo 1988, n. 234; Pres. Saja, Red. Baldassarre
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso notificato il 19 febbraio 1981 e depositato il 27 febbraio 1981 il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge della Regione Trentino-Alto Adige riapprovata dal Consiglio regionale il 29 gennaio 1981 dal titolo « Norme sulla corresponsione di un assegno vitalizio al sindaco e aggiornamento dell'indennità di carica ».
Nel ricorso, dopo aver ricordato che già un testo analogo è stato in precedenza rinviato nel 1975 dal Governo con gli stessi motivi fatti valere nel caso presente, si osserva che la legge regionale ora impugnata vuole introdurre l'istituto dell'assegno vitalizio al sindaco, non previsto dalla legislazione statale sull'ordinamento dei comuni.
Il testo censurato prevede all'art. 1 che l'assegno venga liquidato ai sindaci che abbiano compiuto il sessantesimo anno di età e che abbiano versato i contributi per un quinquennio o una legislatura. La condizione del periodo minimo di contribuzione non si applica in caso di invalidità al lavoro, contratta a causa dell'ufficio.
L'art. 2 stabilisce l'entità dell'assegno.
Gli artt. 3 e 4 sanciscono la cumulabilità dell'assegno con altri trattamenti di quiescenza e la sospensione dello stesso in caso di rielezione a sindaco o di elezione a consigliere regionale o al Parlamento nazionale o europeo.
Nei titoli secondo e terzo è poi prevista l'istituzione di un apposito fondo amministrato da consorzi a livello provinciale che provvedono anche alla liquidazione degli assegni. Il fondo è alimentato sia con i contributi obbligatori, sia con quelli volontari versati per il raggiungimento del periodo minimo dei cinque anni. In caso di contribuzione insufficiente è prescritta la copertura del disavanzo annuale da parte dei Comuni consorziati.
In via transitoria è infine previsto il riscatto degli anni di esercizio del mandato da parte dei sindaci che siano in carica al momento di entrata in vigore della legge o che siano scaduti dopo il 1973.
La legge impugnata, nota l'Avvocatura dello Stato, rientra nella materia « ordinamento dei Comuni » in cui la Regione ha competenza ripartita e non esclusiva. La posizione economica degli amministratori di Province e Comuni è regolata dalla l. 26 aprile 1974 n. 169, modificata, anche se non nelle linee essenziali, dalla l. n. 632 del 1979: ai sindaci spetta un'indennità mensile di carica, avente una funzione compensativa dell'attività svolta per la titolarità dell'ufficio e una riparatoria delle capacità di guadagno, assorbite dall'esercizio della funzione.
La normativa censurata vorrebbe estendere i benefici economici ai sindaci ben oltre il suddetto ambito, ispirandosi, nel prevedere benefici economici oltre la durata della carica, a princìpi difformi da quelli ricavabili dalla legislazione statale.
Poiché l'assegno vitalizio ha una propria fisionomia « previdenziale », la legge censurata, secondo il Governo, ha aggiunto al trattamento indennitario un vero e proprio sistema previdenziale, violando il limite delle competenze attribuite alla Regione Trentino-Alto Adige dall'art. 5 n. 1 del relativo statuto.
L'Avvocatura rileva infine che, in ogni caso, nelle materie della previdenza e delle assicurazioni sociali, comprese nell'elenco di cui all'art. 6 dello statuto, la Regione ha solo una competenza integrativa.
In conclusione si chiede che la Corte dichiari l'incostituzionalità della legge regionale in oggetto, per contrasto con gli artt. 4, 5 e 6 dello statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige.
2. La Regione Trentino-Alto Adige, nell'atto con il quale si è costituita nel presente giudizio, sostiene che rientra nell'autonomia legislativa di cui essa gode il poter prevedere istituti non disciplinati dalla legislazione statale; altrimenti la Regione, dotata di autonomia di indirizzo politico e amministrativo, avrebbe solo una potestà normativa di attuazione, e quindi necessariamente secondaria.
Inoltre, sempre secondo la Regione, nel sostenere che la legge impugnata viola i princìpi della materia, il Governo mostra di confondere questi ultimi con gli istituti. A giudizio della resistente si tratta invece di cose ben distinte, tanto che, mentre la Regione deve osservare i princìpi desumibili dalle leggi statali, nello stesso tempo può ben introdurre nella propria legislazione nuovi istituti, purché ovviamente non contrastino con i predetti princìpi. E questi, nel caso di specie, non sono contraddetti dalla legge impugnata, poiché di un trattamento previdenziale godono molti funzionari onorari, come i parlamentari, i consiglieri regionali e quasi tutti i pubblici amministratori.
3. All'udienza pubblica del 10 dicembre 1987 la difesa della Regione Trentino-Alto Adige ha sostenuto che la normativa impugnata rientrerebbe nell'ambito di una delle materie in cui la Regione stessa ha competenza primaria. D'altra parte l'Avvocatura ha insistito per l'accoglimento dei motivi espressi nel ricorso.
 
Considerato in diritto: 1. La questione di legittimità costituzionale, sollevata con il ricorso dello Stato, deve ritenersi fondata.
Va anzitutto negato ogni fondamento alla pretesa della Regione, espressa nel corso dell'udienza pubblica, in base alla quale la previsione dell'assegno vitalizio ai sindaci sarebbe riconducibile a una delle materie — elencate nell'art. 4 dello statuto regionale — in cui la Regione Trentino-Alto Adige ha competenza primaria.
Infatti, la previsione legislativa in oggetto, dal momento che concerne uno degli organi del Comune (il sindaco), rientra nella materia « ordinamento dei Comuni », che è al primo posto dell'elenco — di cui all'art. 5 dello statuto — delle materie in cui la Regione ha competenza ripartita.
2. Non può neppure accogliersi la prospettazione della Regione, secondo la quale, la legge impugnata non contrasterebbe con alcun principio fondamentale della legislazione statale, limitandosi a prevedere un nuovo istituto (trattamento previdenziale ai sindaci), nel rispetto del principio per cui il titolare di uffici onorari può fruire di trattamenti di tipo previdenziale.
In verità, pur a voler ipoteticamente accreditare l'opinione relativa all'esistenza di confini netti e precisi tra il concetto di istituto giuridico e quello dei princìpi fondamentali, sta di fatto che le categorie dei titolari di cariche elettive ed onorarie sono così varie e diverse fra loro da indurre ad escludere che si possa desumere, anche se limitatamente al trattamento previdenziale, un principio unico, estensibile a ciascuna di esse. Non è infatti possibile riscontrare alcuna omogeneità, se pure con riferimento al solo regime previdenziale, tra i sindaci, da un lato, e, dall'altro, i titolari di cariche elettive inserite in organi costituzionali o quelli preposti ad organi dotati di una particolare autonomia politica e legislativa, i quali, come ha più volte ribadito questa Corte (v. ad es. sent. n. 292 del 1987), godono, ciascuno per proprio conto, di uno speciale status giuridico e di un altrettanto peculiare trattamento economico, e quindi previdenziale.
Del resto, se il legislatore nazionale non ha previsto un assegno vitalizio ai sindaci, ma ha disposto un'indennità di carica, limitata alla durata della stessa, non si può permettere al legislatore regionale di stabilire, nell'esercizio della propria competenza concorrente, una deroga alla generale esclusione dell'assegno vitalizio ai sindaci, la quale determinerebbe un'inammissibile disparità di trattamento fra i titolari di un medesimo ufficio:
un ufficio che — non è inutile ricordarlo anche a tale proposito — non solo ricopre un ruolo fondamentale nella struttura amministrativa del sistema giuridico italiano, ma è anche chiamato, con riferimento ad alcune sue funzioni, a operare come organo dello Stato.
3. Il necessario accoglimento della questione relativa al preteso contrasto della normativa impugnata con l'art. 5, n. 1 dello statuto del Trentino-Alto Adige che attribuisce alla Regione competenza ripartita nella materia dell'ordinamento dei Comuni, deve far ritenere assorbito il profilo della pretesa violazione dell'art. 6 dello statuto, in base al quale la Regione ha competenza solo integrativa nella materia della previdenza e delle assicurazioni sociali.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Trentino-Alto Adige, riapprovata il 29 gennaio 1981, dal titolo « Norme sulla corresponsione di un assegno vitalizio al sindaco e aggiornamento dell'indennità di carica ».
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