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In vigore al: 04/10/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 211 del 25.02.1988
Trattamenti sanitari obbligatori a carico di persone affette da malattie mentali

Sentenza (11 febbraio) 25 febbraio 1988, n. 211; Pres. Saja - Red. Baldassarre
 
Ritenuto in fatto: 1.1. Con ricorso notificato il 14 giugno 1978 e depositato il 23 successivo, la Provincia autonoma di Bolzano ha impugnato gli artt. 2 comma ult., 3 commi 1, 3, 4 e 5, 4, 5 commi 2, 8 comma 2 e 3 l. 13 maggio 1978 n. 180, pubblicata sulla G.U. del 16 successivo, per contrasto con l'art. 20 dello statuto del Trentino Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670.
La ricorrente assume che la l. n. 180 del 1978, ogni volta che affida ai Sindaci compiti riferibili ai provvedimenti nei confronti dei malati di mente (artt. 2 ultimo comma, 3 commi 1, 3, 4 e 5, 4, 5 comma 2, 8 commi 3 e 4), leda la competenza relativa alle « attribuzioni spettanti all'autorità di pubblica sicurezza, previste dalle leggi vigenti, in materia di malati di mente », la quale è stata devoluta ai Presidenti delle Giunte Provinciali dall'art. 20 dello statuto del Trentino Alto Adige.
2. Si è costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, con atto di intervento del 1° luglio 1978.
L'Avvocatura eccepisce, innanzitutto, l'inammissibilità del ricorso, in quanto che l'unica attribuzione in materia di malati di mente spettante al Presidente della Giunta provinciale, in forza dell'art. 20 st. T.A.A., sarebbe quella di ordinare in via di urgenza il ricovero provvisorio, prevista dall'art. 2 comma 3, l. n. 36 del 1904. Ma, poiché tale disposizione sarebbe stata abrogata dall'art. 11 l. n. 180 del 1978 e poiché la norma abrogatrice non risulta impugnata dalla ricorrente, quest'ultima non potrebbe rivendicare per sé alcun'altra competenza in tale materia.
L'Avvocatura deduce, comunque, anche l'infondatezza del ricorso, giacché principio fondamentale della riforma attuata con la l. n. 180 del 1978 sarebbe quello di trasformare il problema del trattamento dei malati di mente da problema di pubblica sicurezza, quale era considerato con la l. n. 36 del 1904, in problema meramente sanitario. Ad avviso dell'Avvocatura il ricorso della Provincia di Bolzano presupporrebbe, invece, che l'attribuzione dell'art. 20 st. T.A.A. abbia comportato la « cristallizzazione » delle leggi e delle competenze assegnate al momento dell'entrata in vigore della norma statutaria. Ma tale assunzione non terrebbe conto del potere dello Stato di modificare con legge ordinaria i princìpi fondamentali regolanti una materia di competenza regionale.
Da ultimo, l'Avvocatura osserva che il detto art. 20 attribuirebbe la competenza ivi prevista al Presidente della Giunta provinciale in qualità di ufficiale del Governo, tanto che i suoi provvedimenti sono soggetti a ricorso amministrativo al Ministro dell'Interno (art. 8 d.P.R. n. 686 del 1973). sicché, anche sotto questo profilo, dovrebbe escludersi la spettanza provinciale dei poteri in questione.
3. All'udienza pubblica del 10 dicembre 1987 le parti hanno ribadito le rispettive conclusioni.
 
Considerato in diritto: 1. Sulla base dell'art. 20 st. T.A.A., che attribuisce ai Presidenti delle Giunte provinciali le competenze di pubblica sicurezza sui malati di mente previste dal diritto vigente, la Provincia di Bolzano sospetta di incostituzionalità le disposizioni della l. 13 maggio 1978 n. 180, che conferiscono al Sindaco, in qualità di autorità sanitaria locale, i seguenti poteri di pubblica sicurezza nei confronti dei malati di mente:
a) disporre gli accertamenti e i trattamenti sanitari obbligatori nei confronti delle persone affette da malattie mentali (art. 2); b) informare il giudice tutelare del disposto trattamento obbligatorio in condizioni di degenza ospedaliera (art. 3 comma 1); c) informare il sindaco del comune di residenza del malato mentale, ove non coincida con quello del disposto ricovero (art. 3 comma 3); d) informare il giudice tutelare della necessità di prolungare oltre il settimo giorno il trattamento sanitario (art. 3 comma 4);
e) essere informato dal sanitario competente circa la cessazione delle condizioni che richiedono l'obbligo del trattamento sanitario (art. 3 comma 5); f) disporre la revoca e la modifica del provvedimento col quale è stato disposto e prolungato il trattamento sanitario obbligatorio (art. 4); g) ricorrere avanti il Tribunale nei confronti della mancata convalida dei propri provvedimenti (art. 5); h) disporre, in via transitoria, il proseguimento del trattamento sanitario obbligatorio in condizioni di degenza nei confronti dei ricoverati negli ospedali psichiatrici alla data di entrata in vigore della legge (art. 8).
2. Prima di affrontare nel merito tali questioni, occorre esaminare l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato. Secondo questa, poiché l'unica competenza che l'art. 20 st. T.A.A. avrebbe trasferito ai Presidenti delle Giunte provinciali, cioè il potere di ordinare in via d'urgenza il ricovero dei malati di mente (art. 2 comma 3 l. n. 36 del 1904), è stato esplicitamente abrogato dall'art. 111. n. 180 del 1978, che non è stato impugnato, la Provincia ricorrente non avrebbe interesse a rivendicare per sé alcuna competenza in tale materia.
L'eccezione è infondata.
A parte che la premessa da cui muove l'Avvocatura appare errata, in quanto la l. n. 36 del 1904 prevedeva, agli artt. 2 comma 4, 8 commi 1 e 2, 9 comma 1 altri poteri esercitabili dal Sindaco e dal Prefetto, in qualità di autorità sanitarie locali, e che, pertanto, dovevano considerarsi trasferiti, ex art. 20 st. T.A.A., ai Presidenti delle Giunte provinciali (come si deduce anche dall'art. 3 comma 1, delle « norme di attuazione » di cui al d.P.R. 1 gennaio 1973 n. 686), sta di fatto che la loro abrogazione, effettuata — in parte esplicitamente, in parte implicitamente — dalla l. n. 180 del 1978, non ha alcuna rilevanza ai fini dell'ammissibilità del ricorso. Il conferimento ai Presidenti delle Giunte provinciali delle attribuzioni sui malati di mente spettanti all'autorità di pubblica sicurezza in base alle leggi vigenti è, infatti, operato da una norma di rango costituzionale, l'art. 20 st. T.A.A. per l'appunto. Ciò basta per consentire a questa Corte, secondo un costante orientamento risalente alla sent. n. 14 del 1956, di prescindere, in sede di ammissibilità della questione, da ogni ulteriore indagine circa la natura delle attribuzioni coinvolte o le vicende delle leggi statali cui la norma costituzionale fa genericamente rinvio.
3. Nondimeno, la questione di costituzionalità proposta con il ricorso di cui in epigrafe è infondata.
Come questa Corte ha costantemente affermato (sentt. nn. 174 del 1981, 225 e 239 del 1982, 8 del 1985), quando una norma costituzionale fa riferimento al diritto o alle leggi vigenti ai fini della determinazione delle materie di competenza regionale, non si deve affatto intendere che il significato dei termini cui si fa riferimento resti ancorato al momento dell'adozione della norma costituzionale di cui si tratta. Il senso delle disposizioni si evolve con il tempo a causa delle modificazioni introdotte nell'ordinamento normativo complessivo in cui sono inserite e del divenire storico della società in cui quelle sono applicate. Di modo che non è in alcun modo possibile affermare che il rinvio operato da norme costituzionali alle disposizioni vigenti in una certa materia comporti una sorta di pietrificazione del significato di quelle disposizioni o, addirittura, impedisca al legislatore ordinario di definire o di dimensionare diversamente il fenomeno da esse disciplinato e, quindi, di modificare, per tale via, i confini o il senso delle materie di competenza regionale che da quella definizione dipendono.
Nel caso di specie, a fronte dell'art. 20 st. T.A.A., che trasferisce ai Presidenti delle Giunte provinciali « le attribuzioni spettanti all'autorità di pubblica sicurezza previste dalle leggi vigenti in materia di (...) malati di mente », v'è stato un mutamento profondo nella concezione giuridica della malattia mentale e del conseguente trattamento da riservare a chi ne è colpito, che ha avuto il suo esito legislativo proprio nell'impugnata l. 13 maggio 1978 n. 180. Con quest'ultima il trattamento dei malati di mente è stato trasformato da problema di pubblica sicurezza a problema essenzialmente sanitario o di reinserimento sociale del paziente. Di modo che, mentre i poteri di pubblica sicurezza esercitabili in tale materia si assottigliano enormemente o scompaiono, quelli attinenti agli accertamenti e ai trattamenti sanitari obbligatori vengono riclassificati e attribuiti ai sindaci (secondo una disciplina, confermata poi, o comunque non smentita, dagli artt. 33 comma 3, 34, 35 e 64 l. 23 dicembre 1978 n. 833).
Per tali motivi la pretesa della ricorrente di impedire o di considerare costituzionalmente illegittima la riclassificazione della malattia mentale operata dal legislatore, facendo leva sull'art. 20 st. T.A.A., è destituita di qualsiasi fondamento, poiché essa si traduce in una richiesta a questa Corte di riqualificare con una propria decisione un fenomeno la cui definizione, a norma dello stesso art. 20, spetta soltanto al legislatore statale.
4. A sostegno dell'infondatezza della questione proposta dal ricorso della Provincia autonoma di Bolzano c'è .poi un secondo e decisivo argo mento.
Se si interpreta, come si deve, l'art. 20 st. T.A.A. in connessione con le relative « norme di attuazione », appare chiaro che le attribuzioni ivi previste sono conferite ai Presidenti delle Giunte Provinciali nella loro veste di ufficiali del Governo centrale. Ciò si deduce inequivocabilmente da almeno due disposizioni: per un verso, l'art. 3 d.P.R. n. 686 del 1973 (norme di attuazione dello Statuto), nel richiamarsi alle attribuzioni previste dall'art. 20 st. T.A.A., si riferisce esplicitamente ai Presidenti delle Giunte provinciali « in quanto autorità provinciali di pubblica sicurezza »;
per altro verso, l'art. 8 comma 2 dello stesso decreto legislativo, avverso i provvedimenti adottati dai Presidenti delle Giunte Provinciali nell'esercizio delle competenze di cui all'art. 20 st. T.A.A. ammette il ricorso al Ministro dell'Interno.
Di fronte alla natura delle attribuzioni devolute ai Presidenti delle Giunte provinciali dall'art. 20 st. T.A.A. cade ogni possibilità, per la Provincia ricorrente, di dare un fondamento giuridico alla propria pretesa.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale avverso gli artt. 2 ultimo comma, 3 commi 1, 3, 4 e 5, 4, 5 comma 2 e 8 commi 2 e 3, l. 13 maggio 1978 n. 180, sollevata dalla Provincia autonoma di Bolzano, con il ricorso di cui in epigrafe, in relazione all'art. 20 st. T.A.A. (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670).
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