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In vigore al: 04/10/2016

Corte costituzionale - sentenza del 6 novembre 2013, n. 263
Incarichi conferiti all’interno delle comunità di valle – divieto di qualsiasi remunerazione previsione di norme di dettaglio senza concertazione con le province autonome - illegittimità

Sentenza 6 novembre 2013 (13 novembre 2013), n. 263; Pres. Silvestri; Red. Napoletano

 

Ritenuto in fatto 1.− Con due ricorsi, rispettivamente notificati il 9 e il 10 ottobre 2012, le Province autonome di Bolzano e di Trento hanno impugnato talune disposizioni contenute nel decreto- legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134. Fra queste le due Province autonome hanno censurato, con argomentazioni sostanzialmente coincidenti, l’art. 69, comma 3-bis, del d. l. n. 83 del 2012.

1.1.− Secondo la Provincia autonoma di Bolzano, in particolare, la norma censurata si porrebbe in contrasto con numerose disposizioni legislative contenute nel d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), con numerose disposizioni contenute nei decreti legislativi di attuazione dello statuto, oltre che col principio di leale collaborazione.

La Provincia ricorrente osserva, infatti, che la disposizione censurata − per assicurare la semplificazione dell’organizzazione degli enti territoriali locali, il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, il contenimento della spesa pubblica oltre che per ottemperare al principio della gratuità della titolarità di qualsiasi carica organo o ufficio di natura elettiva negli enti territoriali non previsti dalla Costituzione – prevede che le Province autonome dispongano, ciascuna nell’ambito della propria autonomia statutaria e nel quadro delle procedure di coordinamento di cui all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), la gratuità degli incarichi conferiti all’interno delle comunità di valle.

Ad avviso della Provincia di Bolzano la disposizione in questione sarebbe una norma di dettaglio lesiva delle attribuzioni legislative ed amministrative locali in materia di ordinamento degli enti locali fissate dall’art. 4, numero 3), dello statuto di autonomia.

Essa lederebbe, altresì, le competenze provinciali in tema di finanza locale di cui agli artt. 80, comma 1, e 81, secondo comma, dello statuto regionale nonché le relative norme di attuazione.

1.2.− La Provincia rileva ancora che l’art. 15, comma 2, del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), ha attribuito alla Regione e alle Province autonome il compito di trasferire ai Comuni le funzioni amministrative rientranti nelle materie di competenza regionale o provinciale e che l’art. 7 del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di minime proprietà colturali, caccia e pesca, agricoltura e foreste), consente alle Province autonome di costituire le comunità montane ovvero altri enti di diritto pubblico aventi analoghi compiti, al fine di valorizzare le zone montane, come poi avvenuto con la legge della Provincia autonoma di Bolzano 20 marzo 1991, n. 7 (Ordinamento delle comunità comprensoriali). Precisa, quindi, la ricorrente che l’art. 4, comma 6, di tale legge affida alla Giunta provinciale il compito di determinare, in ragione della popolazione e delle attività svolte, le indennità spettanti agli organi delle comunità comprensoriali, le quali, secondo quanto previsto dall’art. 11 della stessa legge provinciale, sono succedute alle preesistenti comunità di valle.

Rileva, a questo punto, la ricorrente Provincia che la disposizione censurata viola l’art. 79, commi 3 e 4, dello statuto di autonomia, secondo il quale non si applicano alle Province autonome né agli organismi ad ordinamento provinciale e regionale, le misure adottate per le Regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale, competendo alle Province le funzioni di coordinamento nel quadro degli obiettivi di finanza pubblica e provvedendo, altresì, sia la Regione che le Province autonome alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato.

La natura analitica e dettagliata dei precetti contenuti nella disposizione impugnata caratterizza quest’ultima come violativa delle competenze provinciali.

Se, per ipotesi, si ravvisasse nella norma censurata una disposizione di mero principio, essa non potrebbe, comunque, comprimere le competenze provinciali, essendo i fini da essa perseguiti raggiungibili esclusivamente attraverso il sistema di adeguamento di cui all’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento).

Infine la ricorrente denunzia la norma là dove, vietando la corresponsione di compensi a chi abbia svolto un compito rilevante per la comunità e costituendo un vincolo ad una specifica voce di spese, impone alla Provincia, in contrasto coi parametri costituzionali sopra indicati, di adeguarsi al suo contenuto.

2.− Si è costituito in giudizio, col patrocinio della Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

2.1.− Riguardo alle censure aventi ad oggetto il comma 3-bis dell’art. 69 del d. l. n. 83 del 2012, la difesa erariale osserva che, secondo quanto stabilito dal successivo comma 3-ter, la disposizione ora censurata trova applicazione «compatibilmente con le competenze attribuite alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione». In ogni caso, prosegue la difesa dello Stato, la disposizione censurata è coerente con le disposizioni di coordinamento della finanza pubblica volte a ridurre i costi per la gestione degli apparati amministrativi e politici, riflettendo in tal senso un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, fissato dallo Stato e dal quale possono derivare limitazioni alla autonomia locale organizzativa e di spesa, essendo anche gli enti ad autonomia speciale tenuti a concorrere alla azione di risanamento della finanza pubblica.

3.− Anche la Provincia autonoma di Trento ha impugnato l’art. 69, comma 3-bis, del d. l. n. 83 del 2012 lamentando il fatto che siffatta disposizione costituisca una sorta di «paradosso normativo» poiché per un verso prevede che quanto in essa contenuto sia applicato dalle Province autonome nell’ambito della propria autonomia, secondo le procedure fissate nella legge n. 42 del 2009, e compatibilmente con le competenze provinciali, per altro verso, dato il suo puntuale contenuto non consente, in sede attuativa, spazi di manovra alla autonomia locale. Tale tecnica normativa sarebbe pertanto viziata in quanto conducente ad un risultato irragionevole e contrastante col principio di certezza del diritto.

3.1.− La disposizione censurata contrasterebbe, altresì, con l’art. 79 dello statuto di autonomia regionale in base al quale lo Stato concorda con la Provincia gli obblighi relativi al patto di stabilità interno, spettando poi alla Provincia «provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali», fra i quali sono anche le comunità di valle.

Da ciò si fa discendere la conclusione che “lo Stato non può unilateralmente porre un vincolo finanziario (per di più puntuale) in relazione alle comunità di valle”.

Altresì violati sarebbero gli artt. 80, comma 1, e 81, secondo comma, dello statuto, ivi compresa la relativa norma di attuazione, cioè l’art. 17 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), stante il contrasto con la competenza legislativa provinciale in materia di finanza locale, nonché l’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 526 del 1987, il quale prevede la competenza legislativa regionale in materia di forme collaborative fra i Comuni.

3.2.− Da ultimo, la Provincia di Trento fa rilevare come la norma censurata sarebbe, altresì, in contrasto con l’art. 36, primo comma, della Costituzione, atteso che la previsione della gratuità degli incarichi ivi previsti viola il diritto alla retribuzione delle prestazioni lavorative, e con l’art. 97 Cost., espressivo del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto la impossibilità di retribuire una prestazione lavorativa, limitando gravemente la possibilità di ottenerla, pregiudica la efficiente organizzazione dell’ente che necessita della prestazione medesima.

La Provincia sarebbe legittimata a fare valere tali violazioni in quanto la norma censurata attiene a materie di competenza provinciale.

4.− Costituitosi anche in questo giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, ha ribadito le medesime difese già formulate con riferimento alle analoghe censure contenute nel ricorso proposto dalla Provincia autonoma di Bolzano.

Considerato in diritto 1.− Le due Province autonome di Trento e di Bolzano hanno impugnato di fronte a questa Corte, con distinti ricorsi, talune disposizioni contenute nel decreto- legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134, dubitando della loro conformità a numerosi parametri costituzionali.

In particolare, le predette Province autonome hanno promosso questione di legittimità costituzionale − con riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione e agli artt. 79, commi 3 e 4, 80, comma 1, e 81, secondo comma, dello statuto di autonomia regionale − dell’art. 69, comma 3-bis, del d. l. n. 83 del 2012, inserito in sede di conversione, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 134 del 2012.

1.1.− Riservata, pertanto, ad altra pronunzia la decisione in ordine alle censure relative alle restanti norme impugnate dalle due ricorrenti, oggetto dell’odierno esame è esclusivamente la questione di legittimità costituzionale del ricordato art. 69, comma 3-bis. Attesa sia l’unicità della disposizione che la sostanziale omogeneità delle doglianze formulate da ciascuna delle due Province autonome, i giudizi scaturiti dai due separati ricorsi vanno riuniti per essere unitariamente decisi.

2.− La norma oggetto della questione di legittimità costituzionale in esame, al dichiarato fine di «semplificare l’organizzazione degli enti locali, […] assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e […] contribuire al contenimento della spesa pubblica, nonché in ottemperanza al disposto dell’art. 23, comma 22, del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201», stabilisce che le Province autonome di Trento e Bolzano, nell’ambito della propria autonomia statutaria e nel quadro delle procedure di coordinamento di cui all’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione), «prevedono […] che gli incarichi conferiti all’interno delle comunità di valle siano svolti a titolo esclusivamente onorifico, senza la corresponsione di alcuna forma di remunerazione, indennità o gettone di presenza».

Secondo le Province ricorrenti la descritta disposizione normativa, caratterizzandosi quale norma di dettaglio, non consentirebbe alle Province, in sede di sua attuazione, alcun margine di discrezionalità, in tal modo ledendo le competenze provinciali in materia di finanza locale, fissate dagli artt. 80, comma 1, e 81, secondo comma, dello statuto di autonomia regionale.

Violate sarebbero, sempre secondo l’avviso delle ricorrenti, le competenze provinciali in materia di ordinamento degli enti locali, nonché il dettato dell’art. 79, commi 3 e 4, dello statuto di autonomia in base al quale «La Regione e le Province provvedono alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5» dello statuto medesimo.

Ad avviso delle Province ricorrenti l’assenza di qualsiasi margine di discrezionalità rimesso alla legislazione provinciale non solo, stante l’estremo dettaglio della normativa censurata, comporterebbe la violazione del predetto parametro, ma verrebbe ad evidenziare che non si è di fronte ad una norma di principio, ma di dettaglio.

2.1.− La Provincia autonoma di Trento poi deduce anche la violazione degli artt. 36 e 97 Cost., poiché, quanto al primo parametro, sarebbe violato il diritto di ricevere un compenso da parte di coloro che svolgono incarichi conferiti all’interno delle comunità di valle e, quanto al secondo, sarebbe violato il principio di buona amministrazione poiché l’assetto organizzativo dei predetti enti locali sarebbe pregiudicato dal fatto che difficilmente potrebbe essere reperito il personale disposto ad assumere gli incarichi in questione in assenza di qualsivoglia retribuzione.

La circostanza che siffatte violazioni ridonderebbero su materie di competenza provinciale, fa sì che, sebbene i parametri evocati non siano direttamente attributivi di competenze, la ricorrente sarebbe comunque legittimata a farle valere.

3.− La questione è fondata.

3.1.− Deve premettersi che il legislatore nazionale ha espressamente previsto che la norma censurata, la quale – giova precisare − per il suo tenore testuale è esclusivamente rivolta alle due Province autonome di Trento e di Bolzano, è stata introdotta «in ottemperanza al disposto dell’art. 23, comma 22, del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214».

Si tratta, come è noto, della norma in base alla quale la titolarità di cariche, uffici od organi di natura elettiva negli enti territoriali non previsti dalla Costituzione è, in linea di principio, esclusivamente onorifica e non comporta alcuna forma di remunerazione.

Questa Corte, tuttavia, di recente, ha avuto occasione di precisare che «il comma 22 [dell’art. 23 del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214] non si applica alle Regioni speciali» (sentenza n. 220 del 2013), né, evidentemente, alle Province autonome, dovendo queste – sia le Regioni che le Province autonome – concordare con lo Stato le modalità del loro concorso al raggiungimento degli obiettivi della finanza pubblica.

Appare, quindi, evidentemente in contraddizione con detto principio il contenuto della norma censurata che, in affermata ottemperanza ad una disposizione a queste non opponibile, impone, di fatto, alle due Province autonome ricorrenti l’attuazione di una specifica misura, individuata nei suoi puntuali profili dalla legge dello Stato, volta al contenimento della finanza pubblica.

3.2.− Oltre a presentare tale manifesta contraddizione logica la norma censurata, stante la sua natura di norma di dettaglio, che non lascia margini di apprezzamento al legislatore locale in sede di sua attuazione, si pone anche in contrasto con quanto previsto dai commi 3 e 4 dell’art. 79 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in base ai quali, per un verso, si prevede che «Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell’economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilità interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo» e, per altro verso, si stabilisce che «Le disposizioni statali relative […] al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilità interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province […]. La regione e le province provvedono alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5».

È, infatti, evidente che, in assenza delle forme di concertazione previste dall’art. 79, comma 3, dello statuto di autonomia locale, l’attività di adeguamento normativo, rimessa secondo i termini statutari agli organi legislativi regionali e provinciali, non può essere ridotta, ove non si vogliano intendere ed applicare in senso esclusivamente formale i principi della autonomia locale, alla mera sostituzione della fonte normativa regionale o, in questo caso, provinciale, a quella statale, essendo in questa già dettagliatamente predeterminato il contenuto dell’intervento legislativo decentrato. Si deve, invece, prevedere, nel rispetto del perseguimento dell’obiettivo del contenimento delle spese per la gestione degli organismi rappresentativi locali, che sia il legislatore, in questo caso, provinciale ad individuare gli specifici mezzi ed ambiti di realizzazione dei predetti obiettivi.

3.3.− Il contrasto coi predetti parametri costituzionali non è, certamente, eliso, diversamente da quanto ritenuto dalla difesa erariale, da quanto previsto dal comma 3-ter dell’art. 69 del d. l. n. 83 del 2012, secondo il quale le disposizioni di cui al precedente comma 3-bis si applicano compatibilmente con le competenze statutarie delle due Province ricorrenti, posto che siffatta «clausola di garanzia» − stante la palese antinomia esistente fra quanto previsto dal ricordato comma 3-bis e le prerogative statutarie del legislatore provinciale − se applicata rigidamente, porterebbe al sostanziale annullamento del dettato del comma 3-bis, rendendo, anzi, in tale modo ancor più evidente la irragionevolezza della disposizione censurata.

4.− Restano assorbiti i restanti profili di illegittimità costituzionale dedotti nei ricorsi di parte.

 

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riservata a separata pronuncia ogni decisione sulle ulteriori questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto altre disposizioni del decreto-legge oggetto di impugnazione;

riuniti i giudizi,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 69, comma 3-bis, del decreto- legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 134.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2013.

 

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