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In vigore al: 27/05/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 355 del 27.07.1994
Determinazione della quota variabile - Erogazioni di anticipazioni annue - Finanziamento del servizio sanitario e determinazione del concorso delle Province autonome - Riserva all'erario di maggiori entrate tributarie

Sentenza (19 luglio) 27 luglio 1994, n. 355; Pres. Casavola - Red. Guizzi

 
Ritenuto in fatto: 1. La Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato, con ricorso in via principale, per violazione delle competenze provinciali di cui agli artt. 3 comma 3, 8 comma 1, 9 comma 1, 16 comma 1, 75 e 78 (come modificati dalla legge 30 novembre 1989 n. 386), 104 comma 1, e 107 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione (in particolare, art. 10, comma 6, d.lgs. 16 marzo 1992 n. 268), questione di legittimità dell'art. 12, commi 5 e 9, e dell'art. 16, comma 17, 1. 24 dicembre 1993 n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica).
L'art. 78 dello Statuto prevede la devoluzione alla Provincia di una quota (non superiore a quattro decimi) del gettito dell'imposta sul valore aggiunto, relativa all'importazione, riscossa nel territorio regionale: in una determinazione stabilita annualmente con accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta provinciale che tiene conto delle spese per gli interventi generali dello Stato disposti nella restante parte del territorio nazionale negli stessi settori di competenza della Provincia. La disciplina anzidetta è integrata dall'art. 10 d.lgs. n. 268 del 1992 cit., ove si prevede che, qualora non sia raggiunto l'accordo, la quota è devoluta alla Provincia nella misura concordata per l'esercizio precedente, salva la decisione definitiva del Parlamento.
La Provincia impugna l'art. 12, comma 5, 1. n. 537 del 1993, ritenendolo lesivo dell'autonomia finanziaria e delle competenze che le sono riconosciute dalle norme indicate. In contrasto con il citato art. 10, comma 6, d.lgs, n. 268 del 1992, il comma 5 stabilisce che le quote variabili per gli anni 1990, 1991, 1992 siano trasferite con notevole ritardo; e nell'ipotesi di mancato accordo ex art. 78 dello Statuto dispone, altresì, che si possa erogare l'anticipazione solo per « impegni di accertata urgenza » e sulla base di « specifiche intese ». La disposizione impugnata non dà certezza né dell'an, né del quantum dell'anticipazione sulla quota definitiva, e deroga alla normativa di attuazione statutaria; sotto tale profilo, essa è illegittima anche per violazione dell'art. 107 dello Statuto: le norme di attuazione statutaria della Regione Trentino-Alto Adige sono infatti dotate di particolare valore, che ne impedisce l'abrogazione, o la deroga, da parte di atti legislativi adottati con diverso procedimento (sent. n. 40 del 1992 di questa Corte).
1.2. La Provincia impugna, poi, l'art. 12, comma 9, primo periodo, 1. n. 537 del 1993, per violazione delle norme statutarie e di attuazione citate, e degli artt. 10 e 12 d.lgs. n. 268 del 1992 e dell'art. 3 Cost. Essa osserva, in proposito, che tale disposizione riduce l'assegnazione di parte corrente del fondo sanitario nazionale nonché i contributi sanitari spettanti alla Provincia, e ciò determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento, giacché deve essere assicurata a tutte le Regioni uniformità di finanziamento delle prestazioni di assistenza igienico-sanitaria e ospedaliera. Insieme con l'art. 3 Cost., sarebbe violato il principio dell'autonomia finanziaria della Provincia, in materia di sanità (art. 9, n. 10; art. 16; titolo VI, dello Statuto) e nelle altre materie di propria competenza, per la sottrazione dì risorse finanziarie che altrimenti sarebbero state destinate a settori diversi dalla sanità.
La disposizione impugnata consolida, in danno della ricorrente, la riduzione del finanziamento della spesa sanitaria di cui all'art. 8, comma 1,1. 23 dicembre 1992 n. 498, che questa Corte ha ritenuto non illegittima (sent. n. 357 del 1993), solo perché assistita da caratteri di urgenza e transitorietà; giustificazione che non vi sarebbe nel caso presente. La Provincia aggiunge che tagli ai trasferimenti finanziari, richiesti da eventuali difficoltà di bilancio dello Stato, si sarebbero dovuti effettuare, in ipotesi, secondo la procedura di determinazione della « quota variabile » ex art. 78 dello Statuto, ovvero mediante una modifica della disciplina della finanza provinciale stabilita dallo Statuto e dalle norme di attuazione, secondo l'iter di cui agli artt. 104 e 107 dello Statuto. Al contrario, la disposizione impugnata si pone in contrasto con l'accordo raggiunto in dette procedure.

1.3. La Provincia impugna anche il secondo periodo del comma 9 dell'art. 12, per violazione delle competenze di cui agli artt. 3 comma 3, 4 comma 1, 5 comma 1, 8 comma 1 n. 29, 9 comma 1 n. 10, 16 comma I, dello Statuto speciale, e delle relative norme di attuazione. Dopo aver richiamato le proprie competenze in materia di addestramento e formazione professionale (di tipo esclusivo) e in materia di igiene e sanità (di tipo concorrente), sottolinea che in base al decreto legislativo n. 267 del 1992 le inseriscono potestà legislative e amministrative attinenti al funzionamento, e alla gestione, delle istituzioni e degli enti sanitari. La Provincia di Bolzano è quindi autorizzata a organizzare corsi di studio per la formazione richiesta da specifiche aree professionali (art. 3 d.lgs, n. 267 del 1992, che ha integrato l'art. 5 d.P.R. 1° novembre 1973 n. 689), e questa Corte ha riconosciuto, con la sent. n. 316 del 1993, la sua competenza anche per i corsi di formazione specifica in medicina generale.

Ora, rileva la ricorrente, l'identificazione delle norme fondamentali di riforma economico-sociale non discende dalla mera definizione adottata dal legislatore, ma deve trovare corrispondenza nella natura obiettiva delle disposizioni (sentt. nn. 219 del 1984, 1033 del 1988 e 349 del 1991); e ricordando i criteri affermati nella sentenza n. 355 del 1993, denuncia l'incostituzionalità del secondo periodo del comma 9, poiché vincolerebbe la competenza provinciale non solo ai principi desumibili dalla legge-delega n. 421 del 1992 (o anche dalle disposizioni d.lgs, n. 502 del 1992), ma a tutte le disposizioni (di principio e non) di cui agli articoli e commi del decreto legislativo n. 502, indicati dal comma 9 qui impugnato. Dette disposizioni non modificano norme regolatrici di settori o beni della vita di fondamentale importanza, e la loro formulazione non è limitata alle norme di principio connesse a un interesse unitario dello Stato.

1.4. La Provincia impugna, infine, l'art. 16, comma 17,1. n. 537 del 1993, in quanto violerebbe anch'essa le disposizioni già richiamate dello Statuto e le relative norme di attuazione (in particolare gli artt. 5, 6 e 9 d.lgs, n. 268 del 1992). La riserva allo Stato delle entrate derivanti dal capo II della legge, prevista dal comma impugnato, lede la sua autonomia finanziaria: il maggior gettito tributario non è infatti destinato, ai sensi dell'art. 81 Cost., alla copertura di nuove o maggiori spese statali che non rientrano nelle materie di competenza provinciale (come richiede l'art. 9 d.lgs. n. 268 del 1992), ma è destinato a coprire, in modo del tutto generico, gli oneri per il servizio del debito pubblico e a riequilibrare il bilancio. Il comma 17, nella seconda parte, demanda a un decreto ministeriale le modalità di attuazione della normativa in esame, ma non fa salva la previa intesa con il Presidente della Giunta provinciale richiesta dall'art. 9 d.lgs. n. 268, e viola gli artt. 104 e 107 dello Statuto speciale, nel momento in cui deroga alla disciplina statutaria senza le particolari procedure collaborative prescritte appunto dallo Statuto.

2. La Provincia autonoma di Trento ha sollevato anch'essa questione di legittimità dell'art. 12, comma 5, e dell'art. 16, comma 17, 1. n. 537 del 1993 — in riferimento all'art. 78 dello Statuto speciale e all'art. 10, comma 6, d.lgs, n. 268 del 1992 — sia per il differimento dell'erogazione della quota variabile, sia per quanto previsto nel secondo periodo di detto comma 5, laddove subordina l'erogazione delle anticipazioni a « impegni di accertata urgenza », sulla base di « specifiche intese ».

La norma di attuazione esige che l'ammontare della quota variabile sia devoluta nella misura concordata per l'anno precedente, senza necessità di specifica intesa, qualora non si raggiunga accordo tra il Governo e la Giunta provinciale. Devoluzione deve qui intendersi come materiale erogazione e non solo come determinazione: anche sotto questo profilo, il differimento dell'erogazione di ben quattro anni non è ammissibile, poiché il ritardo superiore a sei mesi implica, secondo la norma di attuazione, l'effettiva erogazione di una quota eguale a quella dell'esercizio precedente.

La norma riecheggia il meccanismo della « tesoreria unica », che condiziona la disponibilità di cassa delle risorse spettanti agli enti periferici; e in questo caso si condiziona l'assegnazione delle risorse in termini di competenza, comprimendo indebitamente l'autonomia finanziaria della Provincia per la mancata iscrizione in bilancio dell'entrata.

2.2. La Provincia impugna, poi, l'art. 16, comma 17, 1. n. 537 del 1993, che sancisce la riserva allo Stato delle nuove entrate derivanti dalla legge, al di fuori delle condizioni e dei limiti stabiliti dall'art. 9 d.lgs, n. 268 del 1992. Affermare che tali entrate concorrono alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico non comporta la loro destinazione a specifica copertura di nuova o maggiore spesa (che peraltro non viene in alcun modo disposta). Né il richiamo alle linee di politica economica e finanziaria per il riequilibrio del bilancio equivale a finalizzare dette entrate alla copertura di nuove o maggiori spese. Norma analoga a quella in esame è stata vagliata da questa Corte, in un giudizio promosso dalla Regione siciliana, con riguardo all'art. 2 delle norme di attuazione statutaria di detta Regione (d.P.R. 26 luglio 1965 n. 1074), il cui contenuto, però, non sarebbe identico alle norme statutarie e di attuazione del Trentino-Alto Adige (sent. n. 362 del 1993).
Diverso è il parametro di giudizio, e ciò è decisivo, ad avviso della ricorrente, ai fini della presente pronuncia. Il d.P.R. n. 1074 del 1965 assegna alla Regione siciliana tutte le entrate tributarie riscosse nell'ambito del territorio, ma fa eccezione per quelle il cui gettito è destinato alla soddisfazione di particolari finalità dello Stato, specificate dalla legge. Lo Statuto del Trentino-Alto Adige, all'art. 75, prevede invece la devoluzione diretta e tassativa di quote prefissate del gettito di determinati tributi erariali. La relativa norma di attuazione (art. 9 d.lgs, n. 268 del 1992) richiede quindi molto di più della ricordata norma di attuazione dello Statuto siciliano, e cioè la copertura di nuove o maggiori spese, che afferiscono o a materie diverse da quelle di competenza regionale e provinciale, o a calamità naturali. E, a sostegno di tale impostazione, si richiama la sentenza n. 363 del 1993 di questa Corte.

3. Si è costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità del primo motivo di ricorso e per l'infondatezza dei restanti.

Con riguardo all'art. 12, comma 5, 1. n. 537 del 1993, osserva che per gli anni 1990, 1991 e 1992, non sono stati perfezionati i relativi accordi; nessun vincolo « da accordo » si oppone, dunque, alla statuizione sovrana del Parlamento. La quantificazione nella « misura concordata per l'esercizio precedente » non concreta, d'altra parte, un diritto soggettivo della Provincia; e in ogni caso le Camere hanno scelto una misura rispettosa dell'autonomia provinciale, non pregiudicando futuri accordi e prolungando, in pratica, il tempo utile per raggiungerli. La legge consente comunque l'erogazione di anticipazioni annue per impegni di accertata urgenza sì che vi sarebbe difetto di interesse oggettivo a ricorrere avverso il comma 5.
Quanto al comma 9 dell'art. 12, impugnato dalla sola Provincia di Bolzano, si fa presente che alla Provincia non è data « garanzia quantitativa » in ordine alla partecipazione alla ripartizione del fondo sanitario « in condizioni di parità con le altre regioni » (come si vorrebbe argomentando dall'art. 5, comma 1, 1. 30 novembre 1989 n. 386). La disposizione proroga il concorso al finanziamento del servizio sanitario previsto da leggi antecedenti, in attesa di una più marcata regionalizzazione della sanità: si è, dunque, innanzi a una disciplina transitoria, destinata a superamento.
Circa la censura mossa all'art. 16, comma 17, l'Avvocatura generale, in una memoria presentata nell'imminenza dell'udienza, segnala che questione analoga è stata decisa dalla recente sentenza della Corte n. 52 del 1994, resa nei confronti delle stesse Province. E sempre con riguardo al comma 17, secondo periodo, aggiunge che la doglianza deve ritenersi superata, visto che la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con nota 20 aprile 1994 n. 1504, ha chiarito il significato di tale inciso, escludendone l'applicabilità nei confronti delle Province autonome: al momento della quantificazione dell'imposta sarà infatti utilizzata la procedura della norma di attuazione, con la relativa intesa Stato-Province.
4. Nell'imminenza dell'udienza, la Provincia di Bolzano ha presentato memoria, richiamando, per quanto attiene al finanziamento del servizio sanitario nazionale, la sentenza n. 357 del 1993, e affermando che il periodo transitorio — come ritenuto da questa Corte — si è concluso nel 1993, per cui ulteriori tagli nei trasferimenti non avrebbero più ragion d'essere. Quanto all'impugnativa dell'art. 16, comma 17, la Provincia si sofferma sulla sent. n. 52 del 1994 e osserva che la disposizione allora esaminata era diversamente formulata, giacché conteneva una specifica destinazione delle entrate al « potenziamento degli strumenti antievasione ». Non varrebbero perciò nel presente giudizio i rilievi che hanno indotto la Corte, in quel caso, a dichiarare non fondata la questione di legittimità.
 
Considerato in diritto: 1. Le Province autonome di Bolzano e di Trento — con ricorsi in via principale che vanno riuniti e decisi con unica sentenza — hanno sollevato questione di legittimità costituzionale delle seguenti disposizioni della 1. 24 dicembre 1993 n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica):
— art. 12, comma 5, che differisce l'erogazione degli importi risultanti dalla determinazione della quota variabile ex art. 78 Statuto, e pone condizioni per l'erogazione delle anticipazioni annue;
— art. 12, comma 9, primo periodo (disposizione, questa, impugnata dalla sola Provincia di Bolzano), che prevede il concorso delle due Province autonome (e delle Regioni a statuto speciale) al finanziamento del servizio sanitario, in misura pari al 42 per cento delle risorse provenienti dal fondo sanitario nazionale e dall'attribuzione dei contributi sanitari la Provincia di Bolzano impugna altresì il secondo periodo di detto comma 9, laddove qualifica come « norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica » gli articoli d.lgs. n. 502 del 1992, ivi indicati;
— art. 16, comma 17, che riserva allo Stato le entrate derivanti dal capo II della legge, nonché il gettito dell'imposta di cui al d. l. 30 settembre 1992 n. 394, conv., con modif., in 1. 26 novembre 1992 n. 461, per la copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, nonché per il riequilibrio del bilancio.

2. Per prima va esaminata la norma introdotta dall'art. 12, comma 5, 1. n. 537, e al riguardo giova una premessa.

La quota variabile in questione — che ha lo scopo di « adeguare le finanze delle Province autonome al raggiungimento delle finalità e all'esercizio delle funzioni stabilite dalla legge » — è prevista dall'art. 78 dello Statuto speciale, nel testo che risulta dalla legge 30 novembre 1989 n. 386, art. 4: nella determinazione di detta quota, stabilita annualmente d'accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta provinciale, si terrà conto delle spese per gli interventi generali dello Stato, disposti nella restante parte del territorio nazionale, negli stessi settori di competenza delle Province.

In attuazione di tale precetto, il decreto legislativo 16 marzo 1992 n. 268 (che reca norme di attuazione dello Statuto speciale in materia di finanza regionale e provinciale, a chiusura del cosiddetto « pacchetto ») disciplina, all'art. 10, le modalità per la definizione dell'accordo e contempla espressamente (comma 6) l'ipotesi in cui esso non vi sia: in tal caso, la quota è attribuita nella misura concordata per l'esercizio precedente, perché la decisione definitiva spetta al Parlamento.

Da quanto si è esposto, risulta la differenza tra la quota variabile, di cui al citato art. 78 dello Statuto, e le quote del gettito delle entrate tributarie dello Stato riscosse nei territori provinciali, che sono assegnate alle Province in base all'art. 75 dello Statuto speciale. Per la prima, vi è un margine di apprezzamento politico-istituzionale che è rimesso alla concorde va-lutazione del Governo della Repubblica e del Presidente della Giunta provinciale; per le quote di gettito ex art. 75 non ha luogo tale ponderazione. Differenza sottolineata da quella norma di attuazione che riserva alla decisione definitiva del Parlamento la determinazione della quota variabile, nell'ipotesi di mancato accordo (art. 10, comma 6, d.lgs, n. 268 del 1992).

La revisione dell'art. 78 dello Statuto (operata con 1. n. 386 del 1989, cit. ) e la complessa elaborazione delle norme di attuazione — emanate solo il 16 marzo 1992, con d. n. 268 — spiega perché l'erogazione della quota variabile per gli anni dal 1990 al 1992 sia « slittata » di quattro anni (primo periodo del comma 5, in esame). Non trova giustificazione, invece, l'innovazione che in modo anomalo, e in spregio del valore che va riconosciuto alle norme di attuazione statutaria (v. le sentt. nn. 40 e 38 del 1992), il comma 5 apporta al meccanismo delle anticipazioni annue. La norma di attuazione è chiara: mancando l'accordo, la quota va senz'altro devoluta « nella misura concordata per l'esercizio precedente » (art. 10, comma 6, più volte richiamato). La disposizione impugnata circoscrive invece l'erogazione alla presenza di « impegni di accertata urgenza » e al raggiungimento di « specifiche intese ». Né si può adottare un'interpretazione correttiva, atta a ricondurre la norma a sistema, dal momento che i vincoli e i limiti prescritti apportano un'evidente, illegittima deroga al meccanismo introdotto dalla norma di attuazione statutaria. Va dunque dichiarata l'illegittimità del comma 5 dell'art. 12, nella parte in cui prevede che le anticipazioni annue possano essere erogate solo in relazione « ad impegni di accertata urgenza, sulla base di specifiche intese ».

3. La Provincia di Bolzano impugna il comma 9, primo periodo, dell'art. 12 1. n. 537 del 1993 cit., ritenendo che essa determini un'ingiustificata disparità di trattamento con le altre regioni.
La questione è infondata.
Questa Corte ha già avuto modo di precisare che il contenimento della spesa del servizio sanitario nazionale, disposto nei confronti di tutte le regioni, si è avvalso di strumenti diversi in relazione al complesso meccanismo di trasferimento delle risorse statali; né va dimenticato che il sistema di finanziamento per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome risulta, in concreto, più favorevole rispetto a quello previsto per gli altri enti di autonomia (sentt. nn. 357 del 1993 e 356 del 1992). Non è dunque irragionevole che, ancora una volta, il legislatore richieda agli enti di autonomia più favoriti una maggiore partecipazione, in nome delle fondamentali esigenze di solidarietà nazionale: vanno perciò disattese le censure mosse sia alla luce delle norme statutarie e di attuazione, sia dell'art. 3 Cost.. Ciò non toglie che i flussi finanziari destinati alle regioni e alle province autonome, con particolare riguardo al finanziamento del servizio sanitario, debbano fondarsi su linee ben definite, che assicurino certezza all'azione degli enti di autonomia, evitando interventi episodici dettati da esigenze di contenimento del deficit di bilancio.
4. La Provincia di Bolzano impugna, altresì, il secondo periodo del comma 9 dell'art. 12, che qualifica come norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica alcuni articoli del d.lgs. n. 502 del 1992, come modificato dal decreto legislativo « correttivo » 7 dicembre 1993 n. 517: essi difettano, secondo la ricorrente, dei caratteri di innovativita rispetto alle norme regolatrici di settori o beni della vita di fondamentale importanza, e la loro formulazione non è circoscritta ai soli principi connessi a un interesse unitario dello Stato.
La disposizione impugnata riproduce quasi integralmente quella già introdotta dall'art. 20 d.lgs. n. 517 del 1993 (che ha novellato l'art. 19 d.lgs. n. 502 del 1992). Detto art. 20 eleva al rango di norme fondamentali di riforma economico-sociale l'art. 1 commi 1 e 4, l'art. 6 commi 1 e 2, gli artt. 10,11, 12 e 13, l'art. 14 comma 1, e infine gli artt. 15,16,17 e 18 d.lgs, n. 502. Il secondo periodo del comma 9, qui in esame, dispone nello stesso senso, ma eccettua l'art. 12 (fondo sanitario nazionale); e ciò solleva già un primo interrogativo sul mancato raccordo tra l'attività del Governo, legislatore delegato, e quella del Parlamento nel momento in cui ha definito la manovra di bilancio e il provvedimento collegato alla legge finanziaria.
Nel inerito, la questione è fondata.
Come questa Corte ha rilevato nella sentenza che ha ad oggetto l'art. 20 d.lgs, n. 517 del 1993, depositata in pari data, non è sufficiente, ai fini dell'individuazione dei principi di riforma economico-sociale, la qualificazione operata dal legislatore, poiché occorre verificare gli aspetti sostanziali della normativa in questione (giurisprudenza consolidata, di cui v. specialmente sentt. nn. 219 del 1984, 355 del 1993, 349 del 1991, 85 del 1990, 1033 del 1988 e 99 del 1987).
E vero che i principi concernenti l'organizzazione delle strutture del servizio sanitario nazionale sono stati considerati quali norme fondamentali di riforma economico-sociale (v., ad es., le sentt. nn. 274 e 107 del 1988);
ed è vero che le disposizioni di dettaglio che accompagnano dette norme fondamentali possono vincolare l'esercizio delle competenze regionali, ma solo ove siano legate ai principi stessi da un rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentt. nn. 355 del 1993 e 99 del 1987). Il richiamo, operato dal comma 9, secondo periodo, a tutte le disposizioni introdotte dai vari articoli e commi indicati, non risponde dunque a un corretto rapporto fra lo Stato e le Province autonome, ed è certamente lesivo delle competenze invocate nel ricorso, con particolare riguardo alle attribuzioni provinciali in materia di addestramento e formazione professionale, in cui rientra anche quella specifica in medicina generale (sent. n. 316 del 1993).
E significativo, d'altra parte, che lo schema originario del decreto legislativo « correttivo », il n. 517 del 1993 (che la norma ora in esame sostanzialmente riproduce), trasmesso per il parere alle competenti commissioni parlamentari e alla conferenza Stato-Regioni, nella sua originaria stesura presentava una ben diversa formulazione, indubbiamente rispettosa delle esigenze delle autonomie speciali, poiché venivano innalzate a « principi fondamentali di riforma economico-sociale » non tutte le disposizioni desumibili dagli articoli e commi in questione, ma solo i principi informatori degli stessi.
Va perciò dichiarata l'illegittimità costituzionale del secondo periodo del comma 9 dell'art. 12, nella parte in cui qualifica come norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica le disposizioni del decreto legislativo n. 502 del 1992 ivi indicate, e non solo i principi da esse desumibili.

5. Entrambe le Province autonome impugnano, infine, l'art. 16, comma 17, in base al quale le entrate derivanti dal capo II della legge, nonché il gettito dell'imposta di cui al decreto- legge n. 394 del 1992, conv. nella 1. n. 461 del 1992, sono riservati all'erario per concorrere alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico e alla realizzazione degli obiettivi di riequilibrio del bilancio.

La questione è infondata.

La norma è censurata alla luce dell'art. 9, comma 1, d.lgs, n. 268 del 1992, che ammette la riserva allo Stato del maggior gettito derivante da modificazioni dei tributi, ma solo se occorra dar copertura a nuove o maggiori spese, ex art. 81 Cost., che non rientrino nelle materie di competenza regionale o provinciale.

Questa Corte ha già chiarito che il riferimento all'art. 81 Cost. non vale a stabilire una precisa relazione giuridica, in termini qualitativi, quantitativi e temporali, tra le entrate disposte e le singole spese, ma piuttosto una generale destinazione delle prime a copertura delle seconde (sent. n. 52 del 1994). Né va dimenticata l'esigenza fondamentale del riequilibrio finanziario — che vale per tutte le istituzioni della Repubblica — in vista del miglioramento della situazione del debito pubblico e in adempimento a precisi impegni comunitari, ai quali la norma impugnata fa esplicito riferimento (v. anche, su questo punto, la sent. n. 362 del 1993). Va tuttavia precisato che la riserva all'erario, prevista dal comma 17 in esame, non può interpretarsi in senso retroattivo: il che porterebbe effettivamente un vulnus all'equilibrio di bilancio delle due Province per esercizi finanziari che già si sono conclusi. La decorrenza della norma dal 1° gennaio 1994 vale anche per il gettito derivante dall'imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con il citato decreto- legge n. 394 del 1992, conv. nella 1. n. 461 del 1992.

Per quanto attiene, poi, al secondo periodo del comma 17, deve darsi di tale inciso lettura restrittiva, escludendone l'applicabilità nei confronti delle Province autonome, per le quali si dovrà seguire la procedura indicata nell'art. 9, comma 2, d.lgs, n. 268 del 1992 (sul valore di tale procedimento d'intesa, v. ancora la sent. n. 52 del 1994).

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i ricorsi,
a) dichiara l'illegittimità costituzionale del comma 5 dell'art. 12 l. 24 dicembre 1993 n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), nella parte in cui prevede che le anticipazioni annue possano essere erogate solo in relazione « ad impegni di accertata urgenza, sulla base di specifiche intese », e non secondo la procedura di cui all'art. 10, comma 6, d.lgs. 16 marzo 1992 n. 268;
b) dichiara l'illegittimità costituzionale del secondo periodo del comma 9 del citato ari. 12, nella parte in cui qualifica come norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica le disposizioni del decreto legislativo n. 502 del 1992 zvi indicate, e non solo i principi da esse desumibili;
e) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12, comma 9, primo periodo, l. n. 537 del 1993, promossa, con i ricorsi in epigrafe, dalle Province autonome di Trento e di Balzano;
d) dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 17, I. n. 537 del 1993, promossa con detti ricorsi.