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In vigore al: 19/04/2016

Corte costituzionale - Sentenza N. 307 del 15.07.1994
Infortuni sul lavoro e malattie professionali - Regolamento recante autorizzazione all'Istituto superiore prevenzione e sicurezza del lavoro ad esercitare attività omologative

Sentenza (6 luglio) 15 luglio 1994, n. 307; Pres. Casavola - Red. Caianielio

 
Ritenuto in fatto: 1. Con separati ricorsi le Province autonome di Trento e Bolzano hanno impugnato il decreto interministeriale (industria, lavoro e sanità) 15 ottobre 1993 n. 519 che detta il « Regolamento recante autorizzazione all'Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro ad esercitare attività omologative di primo o nuovo impianto per la messa a terra e la protezione dalle scariche atmosferiche », ritenendolo invasivo di proprie attribuzioni e quindi emesso in violazione di più norme statutarie e di attuazione, nonché privo di adeguato fondamento legislativo e contrastante con il principio di legalità sostanziale.
Entrambe le ricorrenti indicano, quali parametri di riferimento, gli artt. 9, n. 10, e 16 (cui la sola Provincia di Trento aggiunge l'art. 107) dello Statuto speciale di autonomia, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670;
l'art. 3 n. 10 delle norme di attuazione in materia di igiene e sanità, approvate con d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474, come sostituito, da ultimo, dall'art. 1 d.lgs. 16 marzo 1992 n. 267; l'art. 17, comma 3, 1. 23 agosto 1988 n. 400 in tema di regolamenti ministeriali; l'art. 2, comma 4, d. l. 30 giugno 1982 n. 390, conv. in 1. 12 agosto 1982 n. 597, concernente le attività di omologazione affidate all'ISPESL; ed infine il principio di legalità sostanziale.
In ambedue le impugnative si ricorda che il riparto di competenze in materia di prevenzione degli infortuni operato dalla legge sul servizio sanitario nazionale (1. n. 833 del 1978) prevedeva, come funzioni riservate allo Stato, quelle di « omologazione » di macchine, impianti e mezzi personali di protezione (art. 6, lett. n) e, tra quelle affidate alle USL (art. 20, comma 1) le attività di verifica e di collaudo finalizzate al controllo circa la efficienza di detti macchinari e impianti, da svolgere nel rispetto dei criteri e delle modalità (art. 24, commi 1 e 2, n. 6, lett. a) e b) che lo Stato avrebbe dovuto fissare in sede di esercizio della delega recata per la creazione dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro. La delega veniva esercitata con l'adozione del d.P.R. 31 luglio 1980 n. 619 istitutivo dell'ISPESL, cui veniva demandata in via esclusiva la individuazione dei criteri di sicurezza e delle modalità di rilevazione ai fini della attività di omologazione già propria dello Stato.
Il successivo d. l. 30 giugno 1982 n. 390, conv. in 1. 12 agosto 1982 n. 597, attribuiva all'ISPESL la funzione statale di omologazione dei prodotti industriali e precisava (art. 2, comma 2) l'ambito di detta attività omologativa come quella consistente nella « procedura tecnico-amministrativa con la quale viene provata o certificata la rispondenza del tipo o del prototipo di prodotto prima della riproduzione e immissione sul mercato, ovvero del primo o nuovo impianto, a specifici requisiti tecnici prefissati e per i fini prevenzionali della 1. 23 dicembre 1978 n. 833, nonché anche ai fini della qualità dei prodotti ».
In seguito con decreti ministeriali del 23 dicembre 1982 venivano individuate le attività omologative, già svolte dai soppressi ENPI e ANCC, di competenza dell'ISPESL, nonché le attività che le USL avrebbero svolto « in nome e per conto dell'ISPESL », tra cui quelle relative ad « installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche ed impianti di messa a terra ».
Nonostante che su tale riparto ebbe già a pronunciarsi questa Corte con la sent. n. 74 del 1987, nella quale si precisava la distinzióne tra le attività di omologazione di competenza statale e quelle di verifica e collaudo di competenza delle regioni e, quindi, delle province autonome, e si specificava altresì che le attività di omologazione potevano svolgersi non soltanto nei luoghi di produzione, ma anche nei locali di utilizzazione dei prodotti una volta installati, venendo su di essi così a convergere entrambi i tipi di attività (omologative, prima, e di verifica dell'efficienza, poi), le ricorrenti denunciano che gli artt. 40 e 323 del d.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, richiamati negli allegati al provvedimento impugnato, prevedono appunto attività del secondo tipo, ossia di verifiche e di collaudi periodici per controllare lo stato di efficienza dei prodotti e non invece attività di omologazione, mentre tale dizione figura impropriamente nel decreto interministeriale in esame. Proprio per fugare le incertezze che si erano determinate, il d.lgs. 16 marzo 1992 n. 267 recante le norme di attuazione dello Statuto speciale di modifica di norme già emanate, ha chiarito (all'art. 1, comma 2) che « non è attività di omologazione [residuata alla competenza dello Stato], quella di verifica e controllo rollo di macchine, impianti e mezzi installati nella regione » Sarebbe così provata la violazione delle competenze statutarie da parte del provvedimento impugnato.

Inoltre entrambe le ricorrenti censurano il decreto ministeriale che si autoqualifica « regolamento », ma che sarebbe privo di specifico fondamento legislativo. Ed invero nessuna norma di legge autorizza l'adozione di un decreto per disciplinare la competenza ad esercitare attività impropriamente qualificate come omologative; l'unica fonte normativa può rinvenirsi nell'art. 2, comma 4, del d. l. n. 390 del 1992 che autorizzava l'adozione di decreti interministeriali, previo parere dell'ISPESL (che nella specie si è omesso di acquisire), per la determinazione delle procedure e delle modalità amministrative e tecniche, nonché delle forme di attestazione e delle tariffe di omologazione e non per disporre in tema di competenza.

Di recente il d.lgs. 30 giugno 1993 n. 268, di riordinamento dell'ISPESL, ha previsto solo l'emanazione di regolamenti governativi per la sua attuazione (artt. 2 e 5) e di un regolamento governativo per la disciplina del coordinamento dei compiti dell'Istituto previsti dalla precedente normativa con quelli fissati dall'art. 1 del nuovo provvedimento, nonché per la disciplina delle tariffe e delle « modalità di effettuazione, in via transitoria, di omologazioni e di visite periodiche... fino alla pubblicazione degli elenchi di professionisti abilitati di cui alla 1. 30 dicembre 1991 n. 428 (art. 2, comma 3, lett. a, b f) ».

La Provincia autonoma di Bolzano aggiunge, poi, che sussisterebbe la violazione delle competenze provinciali anche se si volesse sostenere che « l'attribuzione all'ISPESL delle attività in questione fosse espressione di un potere di controllo sostitutivo del Governo in ordine ad attività delegate alla Provincia ». Sarebbe infatti violato il principio di leale collaborazione perch頗 dato che nel preambolo del provvedimento impugnato è specificato che l'attività omologativa di primo a nuovo impianto, già affidata alle USL, non viene svolta da queste con tempestività ed uniformità di indirizzo — il Governo avrebbe dovuto, prima di adottare l'anzidetto decreto, sollecitare le USL provinciali o la stessa Provincia autonoma a svolgere l'attività con maggiore cura e in modo più coerente con gli indirizzi governativi.

2. Si è costituito in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, la quale ha ricordato che la precedente sentenza della Corte n. 74 del 1987 aveva già riconosciuto la competenza statale in ordine alle attività omologative indicate nel decreto interministeriale 23 dicembre 1982, con il quale dette attività erano state affidate alle USL in nome e per conto dell'ISPESL e quindi dello Stato, e che il provvedimento ora impugnato, pur avendo disposto che dette attività siano svolte ora direttamente dall'ISPESL, non è, sul punto della competenza statale in materia, innovativo della precedente disciplina.
Quanto poi alla denuncia secondo cui il « regolamento » impugnato sarebbe privo di fondamento legislativo specifico ed adottato quindi in contrasto con il principio di legalità sostanziale, dalla difesa dello Stato si afferma la inammissibilità della questione perché con essa non si prospetterete be un profilo di competenza che è il solo censurabile in questa sede. In ogni caso la base legislativa va rinvenuta nell'art. 2, comma 4, del d. l. n. 390 del 1982, a norma del quale le procedure e le modalità amministrative e tecniche nonché le tariffe di omologazione sono fissate con decreto ministeriale; il che nella specie è avvenuto con il restituire all'ISPESL 1 esercizio diretto di funzioni prima affidate alle USL in nome e per conto di detto Istituto.
3. In prossimità dell'udienza hanno depositato memorie entrambe le ricorrenti, le quali ribadiscono che la norma di attuazione di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 267 del 1992, in tema di omologazione e di verifica e controllo di macchine, impianti e mezzi, emanata in epoca successiva alla sentenza di questa Corte n. 74 del 1987, ha inteso definire aspetti fino ad allora incerti e non del tutto chiariti nemmeno da detta pronuncia.
Ma il provvedimento impugnato da un canto ignorerebbe del tutto la nuova norma di attuazione, così vanificandone l'efficacia, e, dall'altro, considererebbe come omologative attività che in concreto non lo sono, dovendo le verifiche richieste dalle norme ivi richiamate (artt. 40 e 328 del d.P.R. n. 547 del 1955) accertare lo stato di efficienza dell'impianto e non provare o certificare la rispondenza dell'impianto medesimo a requisiti prefissati. La competenza, pertanto, dovrebbe spettare alle province autonome titolari delle attribuzioni in materia di igiene e sanità e, in particolare, di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Secondo la Provincia autonoma di Bolzano il provvedimento lederebbe le competenze provinciali anche sotto il profilo che, essendosi disposto che le USL continuino ad esercitare le successive verifiche periodiche, la nuova disciplina verrebbe ad interferire con l'autonomia della provincia a cui spetta decidere i soggetti e le modalità per l'esercizio di dette attività.
Inoltre, da un punto di vista tecnico, gli impianti contemplati nel decreto interministeriale (impianti di messa a terra e installazioni e dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche) sono sicuramente privi di quelle caratteristiche di complessità che avevano indotto la Corte, nella precedente sent. n. 74 del 1987, ad ammettere la possibilità, per determinati impianti, che la omologazione avvenga non nel luogo di produzione ma al momento della installazione in loco.
Alle considerazioni svolte dalla Avvocatura dello Stato nell'atto di costituzione la Provincia autonoma di Bolzano obietta che l'attuale regolamento di competenza non può ritenersi pregiudicato dalla sentenza più volte ricordata, dal momento che le attività considerate sono diverse.
Quanto alla eccepita inammissibilità della censura, secondo cui il provvedimento impugnato sarebbe privo di idonea base legislativa, la ricorrente ricorda la giurisprudenza della Corte sul punto (sentt. nn. 278 del 1993 e 204 del 1991). Nel merito, contesta che si possa ravvisare il fondamento del potere regolamentare esercitato nell'art. 2, comma 4 del D. L. n. 390 del 1982, come asserito dalla difesa dello Stato, sia per diversa natura e forma del provvedimento ivi previsto che non è un regolamento, sia per diversità di materia, ed in ogni caso per inosservanza dell'iter procedurale prescritto essendosi omesso di acquisire il parere dell'ISPESL.
 
Considerato in diritto: 1. Con distinti ricorsi per conflitto di attribuzione, le province autonome di Bolzano e di Trento hanno chiesto che venga dichiarato:
1) che non spetta allo Stato (e, per esso, ai Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianato, della sanità, del lavoro e della previdenza sociale) disciplinare le attività di verifica e controllo sugli impianti di messa a terra e sulle installazioni e dispositivi di protezione dalle scariche atmosferiche, e, quindi, che non è legittimo il d.m. 15 ottobre 1993 n. 519 (Regolamento recante autorizzazione all'Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro ad esercitare attività omologative di primo o nuovo impianto per la messa a terra e la protezione dalle scariche atmosferiche), dal momento che: a) la legge nazionale sanitaria (1. n. 833 del 1978) ha riservato allo Stato le funzioni di omologazione di macchine e impianti e mezzi di protezione (art. 6, lett. n), ha affidato alle USL i collaudi e le verifiche di macchine, impianti e mezzi di protezione (art. 20, comma 1, lett. a) e ha delegato il Governo a stabilire i criteri e le modalità di collaudi e verifiche periodiche di macchine, utensili, apparecchiature,... (art. 20, comma 1 e 2 n. 6, lett. a e b); in forza di tale delega il d.P.R. n. 619 del 1980 ha istituito l'ISPESL (Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro); b) il decreto impugnato chiarisce che l'ISPESL esercita direttamente le attività di cui agli art. 40 e 328 del d.P.R. 547/55, ma tali norme richiedono l'accertamento dello stato di efficienza delle installazioni attraverso una verifica, sia iniziale che periodica, e non invece un'attività di omologazione o controllo di conformità, una volte per tutte, a requisiti predeterminati; c) il d.lgs. 16 marzo 1992 n. 267, recante le norme di attuazione per il Trentino Alto-Adige, ha sostituito le precedenti disposizioni di attuazione in materia di igiene e sanità (d.P.R. n. 474 del 1975), precisando che « non è attività di omologazione — e quindi non resta di competenza dello Stato — quella di verifica e controllo di macchine, impianti e mezzi installati nella regione » ovverosia quella comportante verifiche e controlli iniziali e periodici di efficienza;
2) che il predetto d.m. 15 ottobre 1993 n. 519 è illegittimo per invasione di competenze provinciali, poiché artificiosamente considera come omologazione quella che è mera attività di verifica, facendola così rientrare nella competenza dello Stato e privandone le province autonome statutariamente competenti;
3) che il medesimo decreto, che si autoqualifica « regolamento », è illegittimo perché in contrasto con l'art. 17, comma 3,1. n. 400 del 1988, dal momento che: a) l'art. 2, comma 4, del D. L. n. 390 del 1982 autorizzava solo l'adozione di decreti interministeriali per la determinazione delle procedure e delle modalità amministrative e tecniche e delle tariffe di omologazione, e il d.m. impugnato reca invece la disciplina in tema di competenza a esercitare attività impropriamente qualificate come di omologazione;
b) la stessa norma legislativa prevedeva il parere dell'ISPESL, che nella specie non è stato acquisito;
4) che il predetto decreto ministeriale è illegittimo, dal momento che il decreto legislativo n. 268 del 1993 di riordinamento dell'ISPESL prevede solo l'emanazione di regolamenti governativi per la sua attuazione (e non decreti interministeriali), tra cui quello relativo alla disciplina delle tariffe e delle modalità di effettuazione in via transitoria di omologazioni e verifiche periodiche fino alla pubblicazione degli elenchi di professionisti abilitati di cui alla 1. 30 dicembre 1991 n. 428 (art. 2, comma 3, lett. a, b, f).
Nel solo ricorso della Provincia di Bolzano si chiede altresì che l'art. 3 del decreto ministeriale impugnato venga dichiarato illegittimo dal momento che:
5) pretende di regolare un'attività di verifica e di collaudo (e non di omologazione) affidandola alle USL della Provincia ricorrente, la quale ha competenza statutaria concorrente in materia di igiene e sanità ed esclusiva in tema di uffici incaricati di esercitare attribuzioni provinciali. Nello stesso ricorso di Bolzano si sostiene altresì che:
6) nell'ipotesi che l'attribuzione di funzioni all'SPESL sia espressione di un potere di controllo sostitutivo del Governo in ordine ad attività già delegate alla Provincia (e per essa alle USL), e nel presupposto (esplicitato nel preambolo del decreto impugnato) che le attività in questione, già affidate alle USL, non siano state svolte con tempestività ed uniformità di indirizzo, il decreto ministeriale impugnato interferisce con le competenze provinciali in violazione del princìpio di « leale collaborazione », in quanto il Governo, prima di adottare il decreto, non ha sollecitato la USL o la stessa Provincia a svolgere l'attività con maggiore tempestività e in modo più coerente con gli indirizzi governativi.
2. I ricorsi possono, per connessione, essere riuniti e definiti con unica sentenza.
3. L'eccezione di inammissibilitࠗ dedotta dall'Avvocatura generale dello Stato relativamente a talune censure, per il motivo che le stesse non investirebbero profili di competenza, gli unici sindacabili in sede di conflitto — non può essere condivisa perché tutte le questioni, denunciando l'illegittimità del decreto ministeriale impugnato, censurano in realtà l'invasione di competenze provinciali, il che, qualunque sia la formula adoperata, è sufficiente per far ritenere i ricorsi ammissibili (sent. n. 338 del 1989).

4. Entrambi i ricorsi sono invece inammissibili perché il decreto impugnato non è lesivo di poteri delle Province autonome.

Il problema della ripartizione delle competenze fra Stato, da un lato, e Regioni e Province autonome, dall'altro, in materia di omologazione e di collaudo degli impianti per la protezione dalle scariche atmosfenche è stato definito dalla, sentenza di questa Corte n. 74 del 1987, mentre altri profili sulla stessa materia sono stati affrontati e risolti con le sentenze n. 329 del 1988 e 233 del 1992. A tali pronunce si deve fare riferimento, pertanto, per delincare gli ambiti di rispettiva competenza.

Il decreto ministeriale impugnato non interferisce su tale assetto, perché esso concerne il « regolamento recante autorizzazione all'Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro ad esercitare attività omologative di primo o nuovo impianto per la messa a terra e la protezione dalle scariche atmosferiche ».

Come risulta dall'intero contesto di tale regolamento si è dunque in presenza di un provvedimento che non introduce alcuna modifica all'assetto dei rapporti tra Stato e Regioni, come disciplinato in precedenza e secondo le indicazioni contenute nelle menzionate sentenze di questa Corte che hanno delineato la portata della specifica disciplina, individuando i rispettivi ambiti di competenza.

Il decreto ministeriale impugnato regola i rapporti fra lo Stato ed un suo ente strumentale - ISPESL - per l'esercizio di funzioni già spettanti al primo e quindi costituisce un atto di autorganizzazione non contenente alcuna portata innovativa sul piano delle funzioni. Esso pertanto non è lesivo, sotto alcun profilo, anche solo potenziale, delle competenze provinciali, per cui manca il presupposto per l'ammissibilità del conflitto (sent. n. 157 del 1991 e n. 262 del 1990), sia in ordine agli aspetti sostanziali che in ordine a quelli procedurali oggetto dei motivi dei ricorsi.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i ricorsi, dichiara inammissibili i conflitti di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto dei Ministri dell'industria, del commercio e dell'artigianale, del lavoro e della previdenza sociale e della sanità 15 ottobre 1993 n. 519 (Regolamento recante autorizzazione all'Istituto superiore di prevenzione e sicurezza del lavoro ad esercitare attività omologative di primo o nuovo impianto per la messa a terra e la protezione dalle scariche atmosferiche) proposti dalle province autonome di Bolzano e di Trento rispettivamente con i ricorsi indicati in epigrafe.