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In vigore al: 21/11/2014

Corte costituzionale - Sentenza N. 632 del 10.06.1988
Adeguamento delle procedure di aggiudicazione delle pubbliche forniture alle direttive comunitarie

Sentenza (8 giugno) 10 giugno 1988, n. 632; Pres. Saja, Red. Ferri
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso del 29 aprile 1981 la Regione Sicilia ha impugnato la l. 30 marzo 1981 n. 113, in particolare la disposizione dell'art. 1 comma 2 ritenendola in contrasto con gli artt. 5 e 116 Cost. e con l'art. 14 (lett. a),g), m), o) e p)), st. reg.
2. Con la legge indicata, recante « Norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione delle pubbliche forniture alla direttiva della Comunità Economica Europea n. 77/62 del 21 dicembre 1976 », si dispone, al comma 2 dell'art. 1, che « le Regioni a statuto ordinario ed a statuto speciale, nonché le Province autonome di Trento e Bolzano, nella loro rispettiva competenza, sono tenute ad adeguare alle disposizioni della presente legge la loro normativa in materia e quella relativa agli enti di sviluppo agricolo ed alle istituzioni di pubblica assistenza e beneficenza, ai sensi dell'art. 6 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. Costituiscono norme di principio quelle contenute nei successivi artt. dal 2 al 15 ».
3. La Regione ricorrente, richiamate le analogie con la controversia definita con la sent. n. 86 del 1979 di questa Corte, rileva che, nella norma in esame, l'obbligo di adeguamento posto a carico delle Regioni viene fondato non più sull'art. 117 Cost. ma sull'art. 6 d.P.R, n. 616 del 1977, neppure questo però riferibile alle Regioni a statuto speciale.
Le disposizioni di principio, inoltre, cioè quelle contenute negli artt. da 2 a 15, essendo troppo specifiche e di dettaglio, non lascerebbero spazio ad una normazione regionale che non fosse meramente ripetitiva.
Per l'applicazione delle direttive comunitarie, sostiene infine la ricorrente, non è necessaria la mediazione della legge statale; nelle materie di competenza legislativa primaria, riconoscendosi alle direttive natura di norme di principio, spetterà alla Regione emanare la disciplina interna di attuazione.
4. Analoga impugnazione è stata proposta, con ricorso del 3 maggio 1981, dalla Provincia autonoma di Bolzano, in riferimento all art. 8 nn. 1, 17, 21 e 25 st. Reg. T.-A.A.
Oltre a censure del tutto simili a quelle formulate dalla Regione siciliana, viene eccepita la lesione della sfera di autonomia costituzionalmente garantita alla Provincia in quanto gli artt. da 2 a 15 della legge impugnata non riprodurrebbero puntualmente le prescrizioni comunitarie, esorbitando perciò dal nesso di connessione con la direttiva. Anche l'esercizio di funzioni amministrative provinciali non potrebbe essere disciplinato direttamente dalla legge nazionale di adeguamento ma andrebbe invece riservato alla competenza della Provincia, con i limiti direttamente derivanti dalla direttiva, senza l'interposizione della legge statale.
5. Si è costituito con un unico atto in entrambi i giudizi il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, il quale, richiamate le sentt. di questa Corte n. 182 del 1976 e n. 86 del 1979, pronunciate nei confronti di Regioni a statuto speciale, rivendica in primo luogo la legittimità, in via di principio, della legge nazionale di attuazione della direttiva comunitaria essendo lo Stato l'esclusivo responsabile dell'adeguamento del diritto interno ai sensi degli artt. 189 comma 3 e 191 comma 2 del Trattato di Roma.
Per quanto poi riguarda la materia regolata dalla direttiva n. 77/62, l'obbligo di adeguamento dello Stato italiano è stato affermato dalla Corte di giustizia CEE con sent. 17 febbraio 1981 nella causa n. 133 del 1980; a questo proposito viene inoltre messo in evidenza che, prima della pubblicazione della legge impugnata né la Regione siciliana, ne la Provincia di Bolzano avevano adottato, nell'esercizio dei loro poteri normativi, alcuna disposizione attuativa della disciplina comunitaria. Nel merito l'Avvocatura osserva che la legge statale di adeguamento della direttiva comunitaria, quale è prevista in via generale dall'art. 6 d.P.R, n. 616 del 1977, non si propone di disciplinare direttamente l'esercizio delle funzioni amministrative delle Regioni, o delle Province autonome: l'art. 1, l. n. 113 del 1981 stabilisce che Regioni e Province sono tenute ad adeguare alle disposizioni della legge « la loro normativa »; come disposto dall'art. 6 comma 2 d.P.R. n. 616 del 1977, solo in mancanza di legge regionale dovrà essere osservata quella statale di attuazione anche nell'esercizio delle funzioni amministrative di competenza regionale.
Ciò posto, prosegue l'Avvocatura, sono infondate anche le altre censure che riguardano il contenuto della legge impugnata ed in particolare le norme, definite di principio, degli artt. da 2 a 15.
La Provincia di Bolzano afferma che quelle disposizioni non sarebbero meramente riproduttive delle prescrizioni comunitarie né a queste conformi, sicché mancherebbe il necessario nesso univoco tra la direttiva e la legge nazionale di adeguamento.
La censura così formulata risulterebbe però del tutto generica non avendo la Provincia ricorrente indicato quali disposizioni ed articoli della legge siano difformi da prescrizioni della direttiva o non trovino in queste il loro presupposto, ne sono stati precisati ragioni e limiti della ritenuta difformità. È allora impossibile, sostiene l'Avvocatura, alcun concreto dibattito sulla censura così formulata onde l'impugnazione deve ritenersi inammissibile.
Con la legge impugnata, inoltre, non sarebbe stato posto all'autonomia normativa delle ricorrenti alcun limite che non risulti dal sostanziale contenuto della direttiva comunitaria, e che, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, richiamata nelle due sentenze prima citate, potrebbero legittimamente operare mediante legge ordinaria dello Stato anche nei confronti di Regioni a statuto speciale o di Province autonome.
Conseguentemente dovrebbe ritenersi infondata anche l'altra censura, formulata dalla Regione siciliana, pure relativa agli artt. da 2 a 15 che porrebbero non già norme di principio, ma disposizioni troppo specifiche e dettagliate che non lasciano spazio ad una legislazione regionale che non sia meramente ripetitiva.
La legge impugnata costituirebbe infatti manifestazione del potere, spettante esclusivamente allo Stato, di emanare le disposizioni necessario per dare attuazione nel nostro ordinamento alle prescrizioni della direttiva comunitaria e le disposizioni della legge stessa, che quelle prescrizioni sostanzialmente ripetono, non ledono l'autonomia costituzionalmente garantita delle ricorrenti.
È certamente esatto, prosegue l'Avvocatura, che l'art. 6 d.P.R. n. 616 del 1977, specialmente nella parte in cui prevede che la legge di attuazione delle direttive comunitarie indichi espressamente le norme di principio, non è applicabile alle Regioni a statuto speciale, tenute ad osservare, nello svolgimento della propria potestà legislativa esclusiva, non già « i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato », bensì i princìpi dell'ordinamento giuridico dello Stato col rispetto degli obblighi internazionali. Per questo però, applicando il canone ermeneutico che impone di interpretare la norma plurivoca nel senso che non la porti a confliggere con norme di rango superiore, il comma 2 dell'art. 1 andrebbe interpretato nel senso di due distinti precetti: il primo, diretto a tutte le Regioni comprese quelle a statuto speciale ed alle Provincie autonome di Trento e Bolzano, recante l'obbligo di adeguamento alla direttiva comunitaria onde evitare l'inadempimento dell'obbligo internazionale da parte dello Stato; il secondo, diretto alle Regioni a statuto ordinario, nei cui confronti soltanto è concepibile che una legge dello Stato stabilisca norme di principio che costituiscano limite dell'autonomia regionale.
Nella fattispecie, posto che le norme di principio indicate dalla l. n. 113 del 1981 coincidono, nel loro contenuto, con quelle necessario all'attuazione dell'obbligo internazionale, ne conseguirebbe soltanto che anche il limite dei princìpi posti dalla legge, da osservarsi dalle sole Regioni a statuto ordinario, venendo a coincidere con il limite del rispetto degli obblighi internazionali, da osservarsi da tutte le Regioni e Province autonome, non sarebbe in contrasto con le autonomie garantite dalla Costituzione.
 
Considerato in diritto: 1. Il ricorso della Regione Sicilia e quello della Provincia autonoma di Bolzano sollevano sostanzialmente la medesima questione di legittimità costituzionale nei confronti della l. 30 marzo 1981 n. 113: vanno pertanto riuniti e decisi con unica sentenza.
2. Le ricorrenti censurano l'art. 1 comma 2 l. 30 marzo 1981 n. 113; detta norma violerebbe le competenze primarie previste nei rispettivi statuti speciali in quanto dispone anche nei confronti della Regione Sicilia e della Provincia autonoma di Bolzano l'obbligo di adeguare alle disposizioni della legge stessa le rispettive normative ai sensi dell'art. 6 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616.
La questione così sottoposta all'esame della Corte ripropone il tema dell'attuazione delle direttive comunitarie nelle materie attribuite alla competenza delle Regioni, con riferimento nella fattispecie ad una Regione, la Sicilia, e ad una Provincia autonoma, quella di Bolzano, dotate di autonomia speciale a norma dei rispettivi statuti.
Come è stato detto in narrativa, la l. n. 113 del 1981 è stata emanata per adeguare le procedure di aggiudicazione delle pubbliche forniture alla direttiva CEE n. 77/62 del 21 dicembre 1976.
Questa direttiva è stata adottata dal Consigliò delle Comunità europee in base al Trattato istitutivo della CEE, ed in particolare all'art. 100, alla norma cioè che prevede siano stabilite direttive « volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune ».
Agli Stati membri l'art. 30 della direttiva stessa assegnava un termine di diciotto mesi dalla notifica, entro il quale mettere in vigore le misure necessarie per conformarsi.
Lo Stato Italiano non ha rispettato tale prescrizione; e, su ricorso della Commissione, è stato dichiarato inadempiente all'obbligo impostogli dal Trattato con sentenza della Corte di giustizia della CEE del 17 febbraio 1981 nella causa n. 133 del 1980. La l. n. 113 del 1981 costituisce quindi l'adempimento tardivo di un preciso obbligo derivante dal Trattato della CEE.
Le ricorrenti riconoscono pienamente tale presupposto; e riconoscono altresì che l'attuazione delle direttive comunitarie costituisce un vincolo anche per l'esercizio della potestà legislativa primaria od esclusiva nelle materie dove essa è prevista dai rispettivi statuti di autonomia speciale;
contestano invece — e questo è l'oggetto dei ricorsi — che da una legge dello Stato possano essere poste nei loro confronti altre norme vincolanti, in particolare quelle che nella legge impugnata vengono definite « norme di principio ».
3. La questione non è fondata.
La Corte si è già pronunciata più volte sul tema dell'attuazione delle direttive comunitarie in rapporto al potere statuale ed alle competenze sia delle Regioni a statuto ordinario, sia delle Regioni e Province autonome a statuto speciale. In proposito è sempre fondamentale il riferimento al principio affermato nella sent. n. 142 del 1972 secondo cui « non è sufficiente richiamarsi all'art. 189 comma 3 del Trattato di Roma istitutivo della Comunità, che fa rinvio agli ordinamenti interni degli Stati partecipanti per la disciplina del concreto esercizio delle attività necessario all'adempimento degli impegni da essi assunti; ciò perché ogni distribuzione dei poteri di applicazione delle norme comunitarie che si effettui a favore di enti minori diversi dallo Stato contraente (che assume la responsabilità del buon adempimento di fronte alla Comunità) presuppone il possesso da parte del medesimo degli strumenti idonei a realizzare tale adempimento anche di fronte all'inerzia della Regione che fosse investita della competenza dell'attuazione».
Basterà poi richiamare quanto è stato successivamente affermato nelle sentt. nn. 182 del 1976 e 81 e 86 del 1979. Come è detto nella prima delle tre sentenze citate, la sfera di competenza delle Regioni « oltre ai limiti costituzionali nei confronti dello Stato incontra limiti nelle norme e direttive comunitarie, per cui nell'ambito dell'ordinamento comunitario anche le competenze primarie o esclusive dell'autonomia regionale, non meno di quelle proprie della sovranità statale, sono soggette a modificazioni che si riflettono necessariamente nelle conseguenti disposizioni di adattamento dell'ordinamento interno ». « E certo che l'art. 189 (del Trattato CEE) dichiara le direttive vincolanti per lo Stato, e che solo allo Stato è riferibile la responsabilità internazionale nel caso di violazione degli obblighi comunitari » - recita ancora la sent. n. 182 del 1976. Perciò l'intervento dello Stato (anche in materia di competenza regionale) « trova precisamente la sua giustificazione nel generale interesse nazionale ad un puntuale e tempestivo adempimento degli obblighi in questione nell'intero territorio dello Stato, in inscindibile correlazione con l'esclusiva responsabilità internazionale dello Stato ».
Con la seconda delle sentenze sopra richiamate, la n. 81 del 1979, la Corte ha osservato che «il fenomeno della normazione, e specificatamente delle direttive comunitarie, incide con crescente rilievo sulle materie riservate alla competenza legislativa della Regione».
Tale incidenza comporta a sua volta, nella salvaguardia del nostro sistema costituzionale, che « l'attuazione in via legislativa delle direttive comunitarie non prescinda dall'osservanza dei fondamentali princìpi dell'autonomia e del decentramento ».
E riconosciuto quindi alle Regioni il potere di dare attuazione alle direttive comunitarie nelle materie loro attribuite e nell'ambito delle rispettive competenze; ma resta fermo il potere dello Stato, quale destinatario dell'obbligo di cui all'art. 189 del Trattato CEE, di stabilire le norme necessarie per assicurare sia l'esecuzione di detto obbligo in caso d'inerzia o di ritardo delle Regioni, sia, ove occorra, l'uniformità delle relative misure di esecuzione. L'apprezzamento delle esigenze unitarie compete, per costante giurisprudenza della Corte, agli organi centrali dello Stato.
In questi termini — vale a dire, in quanto sia indispensabile all'esecuzione dell'obbligo comunitario di adattamento dell'ordinamento interno alla prescrizione dell'ente sovranazionale — la normativa statale costituisce un vincolo anche per le Regioni e le Province autonome a statuto speciale nelle materie nelle quali è ad esse attribuita una competenza esclusiva.
L'ultima delle sentenze di questa Corte sopra citate, la n. 86 del 1979 — cui, del resto, le ricorrenti fanno ampio riferimento —, ha ribadito la legittimità di una norma che stabilisce come « in mancanza di legge regionale », la stessa legge dello Stato (che provvede all'attuazione di una direttiva comunitaria) « viene osservata in tutte le sue disposizioni » anche per quanto riguarda le Regioni ad autonomia speciale e Province autonome.
La stessa sentenza precisa poi: « II titolo, in base al quale le ricorrenti sono nella specie tenute al rispetto della legge statale, non risiede nell'art. 117 comma 1 Cost., ma evidentemente, in tutte quelle norme della Costituzione o degli statuti speciali, dalle quali discende che, non diversamente dalle Regioni a statuto ordinario, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano devono nell'esercizio della loro competenza legislativa, rispettare gli obblighi derivanti dal Trattato istitutivo della CEE resi operanti nell'ordinamento italiano ».
4. Dalla giurisprudenza di questa Corte si evince pertanto che compete allo Stato garantire l'attuazione delle direttive comunitarie; che la legge o l'atto normativo di attuazione è operante in tutto il territorio nazionale; che le Regioni e le Province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze, possono emanare le norme di attuazione delle direttive; che tali norme sono vincolate non soltanto, com'è ovvio, dai contenuti della direttiva, bensì anche dalla normativa statale di attuazione in quanto necessaria all'esecuzione dell'obbligo comunitario.
Siffatte regole valgono anche per le Regioni a statuto speciale e peri le Province autonome nelle materie in cui siano dotate di competenza esclusiva.
Va da sé che il limite dei princìpi fondamentali nelle singole materie — pur sempre operanti nei confronti delle Regioni a statuto ordinario in generale in forza dell'art. 117 comma 1 Cost., ed anche nei confronti delle Regioni e Province ad autonomia speciale, laddove i rispettivi statuti prevedano una competenza concorrente — non è di per sé compreso nella normativa concernente l'attuazione delle direttive comunitarie.
5. In parallelo ed in corrispondenza con i princìpi affermati da questa Corte, a partire dalla l. 16 maggio 1970 n. 281 la legislazione nazionale si è sviluppata nei successivi provvedimenti sia di carattere generale sia di specifica attuazione di determinate direttive — quale la l. n. 113 del 1981, oggetto dei ricorsi in esame — fino alla l. 16 aprile 1987 n. 183, avente per oggetto il coordinamento delle politiche comunitarie e l'adeguamento dell'ordinamento interno agli atti normativi comunitari. Detta legge dispone con l'art. 13 che « le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano nelle materie di competenza esclusiva possono dare immediata attuazione alle direttive comunitarie, salvo adeguarsi, nei limiti previsti dalla Costituzione e dai relativi statuti speciali alle leggi dello Stato di cui al comma 1 dell'art. 12 ».
Poiché detto comma prevede che la legge di attuazione della direttiva stabilisce « per le materie attribuite alle Regioni le necessarie norme di principio » appare evidente che queste vanno intese come norme necessarie all'adempimento dell'obbligo di attuazione della direttiva, non potendo altrimenti essere riferite alle materie di competenza esclusiva delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.
Questa interpretazione è ulteriormente confermata dal testo del disegno di l. n. 835 presentato al Senato nel corso dell'attuale legislatura (avente per oggetto « Norme generali sulle procedure per l'esecuzione degli obblighi comunitari »). In particolare l'art. 7 (Competenze delle Regioni e delle Province autonome) stabilisce che la legge statale di attuazione detta «tutte le norme necessarie all'esecuzione degli obblighi comunitari»; la legge stessa deve indicare « quali delle disposizioni in essa dettate per dare attuazione alle direttive non sono derogabili dalla legge regionale sopravvenuta e prevalgono sulle contrarie disposizioni della legge regionale eventualmente già emanata. Nelle materie di competenza esclusiva, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome si adeguano alla legge dello Stato nei limiti previsti dalla Costituzione e dai relativi statuti speciali »; è ribadito poi che « in mancanza della legge regionale, sarà applicato l'atto normativo dello Stato in tutte le sue disposizioni ». L'espressione « disposizioni non derogabili » che sostituisce quella « norme di principio », adoperata in precedenza è diretta evidentemente ad eliminare ogni dubbio che possa sorgere in riferimento ai « princìpi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato » previsti dall'art. 117 comma 1 Cost.
Quale che sia l'iter e la sorte definitiva del disegno di legge citato, va dato atto che nella parte surriferita che qui interessa sono chiaramente ed esplicitamente formulate le regole che scaturiscono dalle norme costituzionali secondo i princìpi elaborati dalle pronunce di questa Corte.
6. Alla stregua dei princìpi sopra richiamati, le censure della Regione e della Provincia ricorrenti appaiono pertanto destituite di fondamento.
L'art. 1 comma 2 l. n. 113 del 1981 impone alle Regioni a statuto ordinario ed a statuto speciale nonché alle Province autonome di Trento e di Bolzano, nella loro rispettiva competenza, di adeguare alle disposizioni della legge medesima la loro normativa in materia, ai sensi dell'art. 6 d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616.
Secondo quanto affermano le ricorrenti il vizio di legittimità consisterebbe appunto nel riferimento all'art. 6 d.P.R. n. 616 che potrebbe essere applicato soltanto alle Regioni a statuto ordinario e non a quelle a statuto speciale.
Ora va in primo luogo rilevato che la prescrizione di adeguamento delle rispettive normative è diretta alle Regioni a statuto ordinario ed a statuto speciale nonché alle Province autonome «nella loro rispettiva competenza». Ciò significa che il legislatore non ha inteso porre alcun vincolo contrastante con la competenza esclusiva prevista dagli statuti speciali della Regione Sicilia e della Provincia di Bolzano.
In secondo luogo è d'uopo osservare che il richiamo dell'art. 6 d.P.R. n. 616 nel contesto in cui è formulato può riferirsi soltanto alla disposizione per cui la legge dello Stato che fa proprie le direttive CEE « indica espressamente le norme di principio », nonché alla norma che prevede: « In mancanza della legge regionale sarà osservata quella dello Stato in tutte le sue disposizioni ».
In proposito si osserva che, — come è stato esposto precedentemente — alla luce dei princìpi elaborati da questa Corte cui sostanzialmente si attiene la complessa normativa nella materia, è pacificamente riconosciuta la legittimità dell'emanazione di una legge statale di adeguamento alle direttive comunitarie, anche nelle materie spettanti alla competenza normativa esclusiva delle Regioni e delle Province autonome a statuto speciale, quale mezzo idoneo a garantire la puntuale osservanza dell'obbligo che scaturisce dall'art. 189 del Trattato CEE.
E parimenti riconosciuto, — a prescindere dal richiamo all'art. 6 d.P.R. n. 616— che la legge statale debba trovare generale applicazione fino a quando le Regioni non abbiano emanato le proprie norme legislative. E qui vale la pena di sottolineare che né la Regione Sicilia, né la Provincia di Bolzano ricorrenti si sono date carico di emanare alcun atto normativo per dare attuazione alla direttiva di cui si tratta.
Quanto all'indicazione delle norme di principio, anche per essa, vale il rilievo per cui, — indipendentemente dal riferimento al citato art. 6 d.P.R. n. 616 — la cosiddetta « normativa di principio » è legittimamente adottata e vincola pure le Regioni ad autonomia speciale e le Province autonome, quando essa sia necessaria per assicurare l'uniformità delle misure di esecuzione.
Tale esigenza di uniformità, rimessa alla valutazione degli organi statali centrali e, nella specie, al legislatore nazionale, non può essere ragionevolmente contestata nel caso in esame, tenuto conto per di più —- ed è stato precedentemente messo in evidenza — che la legge impugnata è diretta ad eseguire l'obbligo di attuazione di una direttiva (la n. 77/62 del 1976) emanata in base all'art. 100 Trattato CEE, vale a dire volta al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri.
D'altra parte nell'art 1 comma 2 1. n. 113 non vi è alcun riferimento all'art. 117 Cost, né esso alla luce delle considerazioni su svolte potrebbe ritenersi implicito nel richiamo all'art. 6 d.P.R. n. 616.
7. Parimenti infondate devono essere ritenute le censure specificamente rivolte contro gli artt. da 2 a 15 l. n. 113 del 1981. Le norme in essi contenute, indicate come norme di principio dal comma 2 dell'art. 1, sarebbero troppo specifiche e di dettaglio, nonché, secondo la Provincia di Bolzano, prive di un nesso univoco con la direttiva comunitaria. A parte la considerazione preminente che le censure sono formulate in modo generico, è sufficiente rilevare che la normativa di principio, — così come è stato sottolineato in precedenza — è legittimamente determinata dalla legge statale ed è vincolante anche per le Regioni e Province autonome dotate di competenza esclusiva nella mate ria, quando sia intesa ad assicurare l'attuazione della direttiva in modo coerente ed idoneo a soddisfare l'adempimento dell'obbligo assunto dallo Stato in forza dell'art. 189 del Trattato CEE. Nella fattispecie nessun argomento in contrario è stato addotto dalle ricorrenti, né si rinviene alcun elemento che induca ad una diversa lettura delle norme in discussione.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 comma 2 e degli artt. da 2 a 15 l. 30 marzo 1981 n. 113 (« Norme di adeguamento delle procedure di aggiudicazione delle pubbliche forniture alla direttiva della Comunità economica europea n. 77/62 del 21 dicembre 1976 ») promosse con i ricorsi indicati in epigrafe dalla Regione Sicilia e dalla Provincia autonoma di Bolzano.
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ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 800 del 14.07.1988
ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 832 del 21.07.1988
ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 834 del 21.07.1988
ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 886 del 26.07.1988
ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 927 del 28.07.1988
ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 963 del 13.10.1988
ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 965 del 13.10.1988
ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 966 del 13.10.1988
ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 975 del 19.10.1988
ActionAction Corte costituzionale - Sentenza N. 999 del 27.10.1988
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