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In vigore al: 21/11/2014

Corte costituzionale - Sentenza N. 341 del 20.07.1992
Corsi di qualificazione professionale per l'accesso al profilo professionale di operatore tecnico addetto all'assistenza e limitazioni delle piante organiche delle USL

Sentenza (7 luglio) 20 luglio 1992, n. 341, Pres. Corasaniti - Red. Cheli
 
Ritenuto in fatto: 1. Con ricorso notificato il 14 novembre 1991 la Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri in relazione al decreto del Ministro della sanità del 26 luglio 1991 n. 295 (Regolamento dei corsi di qualificazione per l'accesso al profilo professionale di operatore tecnico addetto all'assistenza, in applicazione dell'art. 40, comma 3, d.P.R. 28 novembre 1990 n. 384), per violazione degli artt. 8, n. 29, 9, n. 10, e 16, comma 1, dello Statuto regionale del Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670).
La Provincia rileva che — a seguito all'accordo concernente il personale del Servizio sanitario nazionale siglato il 6 aprile 1990 e recepito con d.P.R. 28 novembre 1990 n. 384 — il decreto impugnato ha inteso disciplinare i corsi di qualificazione per l'accesso al profilo professionale di « operatore tecnico addetto all'assistenza », previsti dall'art. 40, comma 3, del suddetto d.P.R. n. 384. A giudizio della ricorrente, tale disciplina, in quanto destinata ad applicarsi anche nel territorio della Provincia autonoma di Trento, sarebbe, peraltro, lesiva delle competenze legislative ed amministrative provinciali di tipo esclusivo in materia di « addestramento e formazione professionale » di cui agli artt. 8, n. 29, e 16, comma 1, dello Statuto regionale del Trentino-Alto Adige, nonché delle competenze provinciali di tipo concorrente in materia di « igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera », di cui agli artt. 9, n. 10, e 16, comma 1, dello stesso Statuto regionale.

Le censure della ricorrente investono innanzitutto (primo motivo del ricorso) l'art. 1, comma 2 (ed il relativo allegato n. 3), dove si disciplina in modo dettagliato il modello dell'attestato di qualifica da rilasciarsi alla conclusione dei corsi e si prevede che tale attestato sia sottoscritto, oltre che da un rappresentante della Provincia, anche da un rappresentate del Ministro della sanità; nonché l'art. 10, che stabilisce che nella commissione esaminatrice debba essere presente anche un rappresentante dello stesso Ministro della sanità.

Altra lesione, a giudizio della ricorrente (secondo motivo), sarebbe poi determinata dagli artt. 5 e 6, che stabiliscono l'istituzione nelle piante organiche delle UU. SS. LL. di posti di « operatore tecnico addetto all'assistenza » nella misura massima del 35 % dei posti di « ausiliario specializzato addetto ai servizi socio-assistenziali » già in organico e vincolano le Regioni e le Province autonome a determinare annualmente il numero totale dei posti da istituire presso le scuole di formazione professionale in relazione alla proporzione di cui sopra, disponendo altresì che, contestualmente all'inquadramento nella nuova qualifica, i posti di ausiliario specializzato addetto ai servizi socio-assistenziali siano trasformati in posti di operatore tecnico addetto all'assistenza. Anche tali disposizioni, secondo la ricorrente, sarebbero lesive delle norme statutarie già richiamate, che attribuirebbero alla Provincia la competenza in materia di piante organiche del personale sanitario. Inoltre, le stesse disposizioni risulterebbero lesive del principio di legalità, in quanto interverrebbero su oggetti del tutto estranei a quelli tassativamente previsti dal comma 3 dell'art. 40 d.P.R. n. 384 del 1990, che, nel demandare al Ministro della sanità l'emanazione del decreto ora impugnato, non avrebbe fatto alcun riferimento alla materia delle piante organiche del personale interessato.

Infine (terzo motivo), una ulteriore violazione dello stesso principio di .legalità e dei principi costituzionali relativi al riparto delle competenze normative sarebbe rilevabile nel fatto che le disposizioni impugnate sono state emanate con un regolamento ministeriale che trova il suo specifico fondamento in una norma non legislativa, bensì regolamentare (art. 40, comma 3, d.P.R. n. 384 del 1990), e che viene a incidere — in contrasto con quanto previsto dall'art. 17, comma 1, lett. d), 1. 23 agosto 1988 n. 400 — in materie riservate alla competenza esclusiva delle Province autonome. Nè a diversa conclusione potrebbe giungersi — conclude la ricorrente — anche qualora si ritenesse che l'impugnato regolamento configuri un atto di indirizzo e coordinamento, perché anche in tale ipotesi questo atto sarebbe comunque privo di un proprio specifico fondamento legislativo.

2. Anche la Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso notificato in data 14 novembre 1991, ha sollevato conflitto di attribuzione in relazione allo stesso decreto del Ministro della sanità n. 295 del 1991, per violazione degli artt. 8, n. 29, 9, n. 4 e n. 10, e 16, comma 1, dello Statuto regionale del Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione.
Svolgendo considerazioni identiche a quelle espresse dalla Provincia di Trento, anche la Provincia di Bolzano giudica lesive delle proprie attribuzioni le disposizioni di cui all'art. 1, comma 2 (e relativo allegato n. 3), ed all'art. 10 del decreto n. 295, in materia di attestazioni di qualifica e di composizione della commissione esaminatrice (terzo motivo del ricorso), nonché gli artt. 5 e 6 dello stesso decreto, in quanto pretendono di disciplinare la materia delle piante organiche del personale sanitario (quarto motivo).
La Provincia di Bolzano — con una prospettazione più ampia di quella adottata dalla Provincia autonoma di Trento — riferisce, inoltre (secondo motivo), la lesione della propria competenza esclusiva in tema di istruzione professionale agli artt. da 1 a 4, 5, comma 2, da 8 a 10 e agli allegati nn. 1, 2 e 3 del decreto impugnato.
Per quanto concerne, infine, la lamentata violazione del principio di legalità e dei principi costituzionali relativi al riparto delle competenze normative, la Provincia di Bolzano prospetta argomenti in gran parte analoghi a quelli avanzati dalla Provincia di Trento, pur allargando l'impugnativa al decreto nel suo complesso (primo motivo).
3. Si è costituito in entrambi i giudizi, con distinti atti di identico contenuto, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere il rigetto dei ricorsi.
A giudizio dell'Avvocatura dello Stato non sarebbe pertinente il richiamo alle competenze provinciali in materia di « formazione professionale », in quanto le norme impugnate atterrebbero, in realtà, al rapporto di impiego del personale sanitario, materia che la legge di riforma sanitaria 23 dicembre 1978 n. 833, avrebbe riservato alla competenza statale. I corsi regolati dal decreto n. 295, secondo l'Avvocatura, sarebbero, infatti, preordinati al reclutamento del personale cui attribuire la nuova qualifica di « operatore tecnico addetto all'assistenza », rappresentando una condizione per l'accesso a tale qualifica.
Le disposizioni ministeriali in questione non riguarderebbero, pertanto, attribuzioni proprie delle Province autonome, che, conseguentemente, non potrebbero lamentare alcuna lesione di proprie competenze e neppure far valere pretesi vizi di legittimità del decreto impugnato.
4. In prossimità dell'udienza, inizialmente fissata per il 3 marzo 1992, le Province di Trento e Bolzano hanno presentato memorie di identico contenuto insistendo per l'accoglimento dei ricorsi.
In particolare, le ricorrenti deducono che, contrariamente a quanto sostenuto dall'Avvocatura dello Stato, i corsi di cui al decreto impugnato rientrerebbero tipicamente nella materia dell'addestramento e formazione professionale, anche se istituiti ai fini dell'accesso ad un determinato profilo professionale.
Inoltre, le Province ricorrenti rivendicano la propria competenza, nell'ambito della materia dell'igiene e sanità, anche per quanto concerne la disciplina del personale sanitario, competenza che sarebbe stata fatta espressamente salva dall'art. 80 1. n. 833 del 1978 sulla riforma sanitaria, e successivamente dall'art. 81 d.P.R. n. 761 del 1979 sullo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali.
5. Anche l'Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria per ribadire che il decreto impugnato trova la sua fonte di legittimazione nell'accordo sul personale del servizio sanitario nazionale del 6 aprile 1990, stipulato in base alla legge quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983, che, in quanto legge di riforma economico-sociale, inciderebbe anche nell'autonomia statutaria delle ricorrenti. Il decreto interverrebbe, quindi, in una materia non disciplinata dalla legge nè riservata alla legge, bensì rimessa alla contrattazione sindacale. Lo stesso decreto risulterebbe, pertanto, in linea con l'esigenza di unicità dello stato giuridico ed economico del personale delle UU. SS. LL., sanzionata dall'art. 47 1. n. 833 del 1978.

6. A seguito di istanze presentate dalle ricorrenti la trattazione dei due ricorsi è stata rinviata al 2 giugno 1992.

In prossimità di tale nuova udienza le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno presentato ulteriori memorie di identico contenuto, per replicare alle deduzioni della difesa statale e insistere nell'accoglimento dei ricorsi, anche in considerazione del fatto che le norme di attuazione dello Statuto speciale, di cui al d. Igs. 16 marzo 1992 n. 267, non hanno fatto venir meno la materia del contendere nè l'interesse al ricorso.
 
Considerato in diritto: 1. I ricorsi per conflitto di attribuzioni proposti dalle Province autonome di Trento e di Bolzano prospettano profili ed argomentazioni in gran parte coincidenti. I giudizi relativi devono essere, pertanto, riuniti ai fini dell'adozione di un'unica sentenza.
2. I conflitti vengono sollevati dalle Province autonome di Trento e di Bolzano nei confronti del decreto del Ministro della sanità 26 luglio 1991 n. 295, mediante il quale è stato adottato il regolamento relativo ai corsi di qualificazione per l'accesso al profilo professionale di operatore tecnico addetto all'assistenza. Tale regolamento (che non assume le connotazioni, nè formali nè sostanziali, proprie dell'atto di indirizzo e coordinamento) viene a trovare la sua base normativa nell'art. 40, comma 3, d.P.R. 28 novembre 1990 n. 384, che — in sede di recepimento dell'accordo sindacale del 6 aprile 1990, concernente il personale del comparto del servizio sanitario nazionale — ha disposto l'istituzione del profilo professionale di « operatore tecnico addetto all'assistenza », cui possono accedere gli ausiliari specializzati o candidati esterni « previo superamento di un apposito corso annuale le cui modalità, requisiti di accesso, percentuali di ammissioni per candidati interni ed esterni sono stabiliti, nell'ambito della programmazione sanitaria, con decreto del Ministro della sanità.... ».
Con i ricorsi in esame, le Province autonome di Trento e di Bolzano denunciano come lesiva delle proprie attribuzioni la disciplina adottata con il regolamento in questione, deducendo vizi che investono: a) il decreto nel suo complesso, per violazione dei principi costituzionali sul riparto delle competenze normative e del principio di legalità (terzo motivo ricorso Provincia Trento e primo motivo ricorso Provincia Bolzano); b) gli artt. 1-4, 5, comma 2, 8-10 e gli allegati 1, 2 e 3, per violazione delle competenze provinciali in tema di « addestramento e formazione professionale », di « apprendistato; libretto di lavoro; categorie e qualifiche dei lavoratori » e di « igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera » (secondo motivo ricorso Provincia Bolzano); c) l'art. 1, comma 2, e all. 3, e l'art. 10, per violazione delle stesse competenze provinciali (primo motivo ricorso Provincia Trento e terzo motivo ricorso Provincia Bolzano); d) gli artt. 5 e 6, per violazione delle stesse competenze provinciali e del principio di legalità (secondo motivo ricorso Provincia di Trento e quarto motivo ricorso Provincia di Bolzano).
I ricorsi delle due Province autonome non sono fondati con riferimento ai profili richiamati sub a), b) e c), mentre risultano fondati con riferimento ad uno dei profili enunciati sub d).
3. Va innanzitutto escluso che il decreto in esame, considerato nel suo complesso, possa aver violato i principi costituzionali relativi al riparto delle competenze normative ed al principio di legalità sotto i due profili denunciati dalle ricorrenti che investono, da un lato, l'asserito difetto di fondamento legislativo del potere regolamentare esercitato dal Ministro della sanità (art. 17, comma 3, 1. 23 agosto 1988 n. 400), e, dall'altro, l'asserita invasione operata, attraverso la fonte regolamentare, in una materia riservata alla competenza (esclusiva, o, quanto meno, concorrente) provinciale (art. 17, comma 1, lett. b), 1. n. 400 del 1988).
In proposito occorre osservare che il decreto del Ministro della sanità n. 295 del 1991, pur qualificandosi sul piano formale come regolamento ministeriale, è tale da assumere, in relazione ai caratteri della disciplina cui risulta collegato in funzione attuativa (d.P.R. n. 384 del 1990), una collocazione del tutto peculiare, suscettibile di incidere anche sull'operatività dei limiti di cui all'art. 17 1. n. 400 del 1988. Il decreto in esame è stato, infatti, adottato dal Ministro della sanità al fine di attuare una disciplina espressa da una fonte speciale (ancorché formalmente riconducibile alla categoria generale dei regolamenti governativi), quale quella che ha consentito di recepire, attraverso un decreto del Presidente della Repubblica (d.P.R. 28 novembre 1990 n. 384), un'accordo sindacale (accordo del 6 aprile 1990, concernente il personale del comparto del servizio sanitario nazionale) stipulato ai sensi della legge-quadro sul pubblico impiego (1. 29 marzo 1983 n. 93).
Quest'ultima legge — che in quanto diretta a porre norme fondamentali di riforma economico-sociale vincola, attraverso i suoi principi, anche le competenze delle Province autonome (v. sent. n. 219 del 1984) — impone, com'è noto, per determinati oggetti attinenti alla disciplina del pubblico impiego (tra cui « l'identificazione delle qualifiche funzionali in rapporto ai profili professionali ed alle mansioni »: v. art. 3, n. 3), il ricorso all'accordo sindacale come strumento necessario e alternativo alla legge: accordo alla cui stipula sono chiamati a concorrere quali parti contraenti — ove la disciplina attenga al comparto del personale del sevizio sanitario nazionale — anche i rappresentanti delle Regioni e delle Province autonome (art. 9 1. n. 93 del 1983 e art. 6 d.P.R. n. 68 del 1986).
Il carattere necessitato dello strumento dell'accordo e la tipicità del procedimento di recepimento dello stesso nel sistema delle fonti statuali inducono, pertanto, a riferire al decreto presidenziale di recepimento un valore peculiare che non può non riflettersi anche nei limiti della fonte subordinata (regolamento ministeriale) chiamata a svolgere ed applicare le norme poste in sede di accordo sindacale: con la conseguenza di attenuare, nei confronti di tale fonte, sia il limite di cui all'art. 17, comma 3, in ordine al fondamento legislativo dei regolamenti ministeriali, dal momento che, in questo caso, è il decreto presidenziale di recepimento dell'accordo che assume, di necessità, la funzione propria della legge; sia il limite di cui all'art. 17, comma 1, lett. b), dal momento che l'ente regionale e provinciale ha già concorso a determinare, in sede di formazione dell'accordo, i contenuti della disciplina che, attraverso il regolamento ministeriale, si è inteso attuare.
4. Del pari infondate si prospettano le censure di cui sub b), avanzate dalla Provincia di Bolzano e riferite genericamente a numerose norme del decreto impugnato, sotto il profilo dell'asserita lesione della competenza provinciale esclusiva in materia di « addestramento e formazione professionale » (art. 8, n. 29, Statuto speciale), nonché delle competenze provinciali concorrenti in tema di « apprendistato; libretti di lavoro; categorie e qualifiche dei lavoratori » e di « igiene e sanità, ivi compresa l'assistenza sanitaria ed ospedaliera » (art. 9, nn. 4 e 10, Statuto speciale).
In proposito va rilevato che la disciplina posta dal decreto del Ministero della sanità n. 295 del 1991, ancorché diretta a regolare criteri di ammissione e modalità di svolgimento di corsi di qualificazione professionale, risulta innanzitutto indirizzata a integrare le previsioni relative all'accesso ad un profilo professionale del ruolo sanitario di nuova istituzione, quale quello di « operatore tecnico addetto all'assistenza », cioè a regolare in dettaglio i criteri di ingresso in un nuovo settore del comparto sanitario già predisposti, in generale, in sede di accordo sindacale e recepiti successivamente attraverso l'art. 40, comma 3, d.P.R. n. 384 del 1990.
I contenuti e le finalità del decreto impugnato vengono, di conseguenza, a incidere, in linea principale, nella materia della sanità e più specificamente nel settore della disciplina dello stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali, rispetto a cui l'art. 47 1. 23 dicembre 1978 n. 833, ha imposto il criterio dell'« unico ordinamento in tutto il territorio nazionale »
(criterio successivamente attuato mediante la disciplina posta dal d.P.R. 20 dicembre 1979 n. 761), salvo il riconoscimento a favore delle Regioni e delle Province autonome di una potestà di normazione attuativa, ai sensi dell'art. 117, ultimo comma, Cost. (v. sentt. nn. 122 e 181 del 1990, 484 del 1991 e 28 del 1992).
Con riferimento a tali criteri di distribuzione delle competenze relative al settore in esame, il decreto impugnato non appare lesivo della sfera di attribuzioni spettanti alla Provincia di Bolzano e questo tanto più ove si consideri che l'art. 2 dello stesso decreto — con riferimento ai profili più direttamente connessi alla materia dell'istruzione professionale — ha ritenuto di dover riservare alle Regioni ed alle Provincie autonome sia l'individuazione delle scuole e delle altre strutture destinate ad ospitare i nuovi corsi di qualificazione, sia la disciplina dell'organizzazione degli stessi corsi.

5. Anche le censure di cui sub e), formulate dalle due Province, nei confronti delle norme relative al rilascio degli attestati (art. 1, comma 2, e allegato 3; art. 10), non meritano accoglimento. La previsione di un modello di attestato unico in ambito nazionale e la disciplina unitaria relativa alla composizione della commissione chiamata a valutare l'esito del colloquio e della prova pratica possono trovare la loro giustificazione nel fatto che l'esame che conclude il corso di qualificazione ed il documento che ne attesta il superamento sono diretti ad accertare, sulla base di standards omogenei, l'idoneità all'inquadramento in un profilo professionale definito in sede nazionale e che, di conseguenza, è tale da legittimare all'esercizio della relativa attività nell'intero territorio nazionale.

Può valere, pertanto, il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte, che da tempo ha precisato come — in tema di corsi di qualificazione professionale suscettibili di abilitare all'esercizio di attività sull'intero territorio nazionale — la valutazione dei risultati (rispetto a cui i criteri di formazione delle commissioni giudicatrici rappresentano un presupposto organizzativo) comporti forme di coordinamento in sede centrale nonché l'adozione di discipline omogenee di competenza statale (v. sentt. nn. 216 del 1976, 89 del 1977, 165 del 1989, 245 del 1990 e 346 del 1991).

6. Risultano, invece, fondate le censure di cui sub d), prospettate dalle ricorrenti nei confronti degli artt. 5 e 6 del decreto n. 295 sotto il profilo della lesione del principio di legalità.
Le disposizioni in questione hanno previsto alcune limitazioni in tema di piante organiche delle UU. SS. LL. ed istituzioni assimilate (con la determinazione di un « tetto » per i nuovi posti di operatore tecnico addetto all'assistenza, percentualmente riferito ai posti esistenti di ausiliario specializzato); di conseguente determinazione dei posti disponibili nei corsi di qualificazione presso le scuole per infermieri professionali; di trasformazione dei posti di ausiliario specializzato in posti di operatore tecnico.
Nessuna di tali previsioni trova copertura nell'art. 40, comma 3, d.P.R. n. 384 del 1990 che, nel legittimare il Ministro della sanità all'adozione del regolamento dei corsi di qualificazione di cui è causa, ha delimitato l'ambito dell'intervento ministeriale soltanto alle modalità, ai requisiti di accesso ed alle percentuali di ammissione per i candidati esterni ed interni, senza in alcun modo richiamare la composizione quantitativa e qualitativa delle piante organiche.
L'assenza di un fondamento normativo idoneo a legittimare l'intervento regolamentare comporta, di conseguenza, da parte delle disposizioni in esame, la lesione della sfera di competenze spettanti, in materia, alle Province ricorrenti, lesione idonea a giustificare l'annullamento delle stesse disposizioni.

Per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i ricorsi,
1) dichiara, che spetta allo Stato adottare la disciplina di cui al decreto del Ministro della sanità 26 luglio 1991 n. 295 (Regolamento dei corsi di qualificazione per l'accesso al profilo professionale di operatore tecnico addetto all'assistenza, in applicazione dell'art. 40, comma 3, d.P.R. 28 novembre 1990 n. 384), con riferimento particolare agli artt. 1 - 4, 8 - 10 e agli allegati 1, 2 e 3;
2) dichiara che non spetta allo Stato adottare la disciplina di cui agli artt. 5 e 6 dello stesso decreto e conseguentemente annulla le disposizioni espresse da tali articoli.
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